Gazzetta Musicale di Milano, 1845/N. 3

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N. 3 - 19 gennaio 1845

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CAÏIITT* MULI ANNO IV. - N. 3. DI MILANO DOMENICI 4 9 Gennajo 4 845. Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scella musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio si intitolerà: ÂNl’ULUGIA CLASSICA MI SI! Al.E. COLLABORATORI. M.° Balbi. - Battaglia. - M.° Bellini. - M.° Bercanovicii. - Bermani. - Pr. Bigliani. - M.° Boucheron. - Doti. Calvi. - Cambiasi. - Avv. Casamorata. - Cattaneo. - Doit. Liciitenthal. - M.° Manna. - M.° Mayr. - Pr. Mazzucato. - Minoli. - M.° Cav. Pacini. - M.° Perotti. - M.° Picchianti. - M.° Rossi. - Doit. Torelli. - M.° Torrigiani. - Vitali. - Zucoli, eoe., ecc. Il prezzo dell’associazione alla Gazzetta e all’y/nto logia Classica Musicale è di etTetlixe Auslr. lire 12 per semestre, ed effettive Auslr. lire 14 affrancata di porto tino ai contini della Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale. -- Le associazioni si ricevono in Milano presso Tl’IIìcio della Gazzetta in casa Riconti. contrada degli Omenoni nmn. 17211, e nelle sale sotto il portico di fianco all l. R. Teatro alla Scala; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Ùnici postali. SOMMABIO. I. Polemica. - II. Teatro Re. La Figlia di Domenico. - l’arsa. - 111. Biografia. Ettore (Romagnoli. IV. Pianoforti di Boissclot. - V. Gazzettino settimanale ni Milano. - VI. Carteggio. Parma. Venezia. - VII. Notizie. - Vili. Altre cose. - IX. Nuove pubblicazioni musicali. di hi potesse dire come sia uogrande la cattiveria degli mini, potrebbe egualmente dire fin dove giunga il creato. Si dan degli esseri a questo mondo, i quali nelle loro azioni son usi di mettere tanta tenebrosità e mala fede, che negli atti i più innocenti degli altri non san vedere che opere di seduzione, di prostituzione e d’inganno. Se qualche istinto di bene vi fa camminare per la v ia degli onesti, dicono che siete Tartufi, che volete inorpellare i poveri spirito colle false apparenze. Se avete abbastanza buon cuore per mettoro una mano in tasca a sollievo d’un infelice, dicono che il fate per oslentazione di parer generoso alla vista del pubblico. Se vi ponete ad un’impresa coll’intendimento di giovare alle patrie arti, dicono che non siete mossi da altro desiderio che da quello di cavarne buon frutto di danaro. Se osate tributar qualche omaggio agii uomini che si distinguono colla chiarezza del loro ingegno, dicono che non siete che Patercoli venduti per lusingare l’altrui vanità. Fate le più belle azioni e lasciatele giudicare da chi non ha nessuna idea di bene, e vedrete con quanta desterità di mano vi verranno scambiate in opere di malignità. Vittima d’una simile interpretazione è stata, non è molto, l’opera la più semplice uscita dallo stabilimento del sottoscritto, la sopraccoperta d’ufi fascicolo musicale; la quale, venuta disgraziatamente alle mani d’un disgraziatissimo articolista napoletano, ne suscitò siffattamente tutto il foco dell’indignazione, che perduto ogni freno di discrezione, non potè a meno di prorompere in un’invettiva graveolente di mille brutture, in cui, non contento di versar l’ira sua sulla malcapitata coperta, prende a dilaniarne l’editore, il disegnatore, il pubblicatoti, i maestri di musica, le loro opere, la Gazzella Musicale, i suoi scrittori, i suoi lettori, e quanti hanno che fare colle pubblicazioni musicali c letterarie di Giovanni Ricordi (1). Sulle prime, considerata la qualità dell’individuo, da cui venivan messe fuori quelle contumelie, e considerato come sia vero ciò ch’egli medesimo asserisce, che i giornali siano affidali a nienti tanto insufficienti e maligne, mi parve che il solo silenzio del disprezzo dovesse retribuirsi a chi faceva si mal uso della stampa. Ma ben ponderato poi che la trascuranza deve passare sulle nullità, non sulle cattiverie, e ponderato che quella indegna pasquinata veniva a gettare la maldicenza sul volto di molli uomini che godono della reputazione di tutta Italia, ho credulo dover mio di non lasciarla cadere, e di far conoscere ai lettori italiani chi sia questo napoletano oltraggiatore delle persone che non conosce, e di mostrare con quanta impudenza osa venir a ragionare delle cose pubbliche al cospetto del pubblico. Prima di tutto però conviene che il lettore sia ben posto in chiaro della cosa di che si tratta. Dallo stabilimento del sottoscritto si pubblica una raccolta delle migliori opere teatrali moderne, ridotte al solo canto c pianoforte. Per la copertura dei fascicoli di queste opere venne ordinato ad un artefice intagliatore uno stampo di emblemi ed allusioni musicali, in cui fossero pra- | tirate alcune nicchie per inserirvi i nomi degli autori componenti la raccolta. L’intagliatore fece il suo lavoro; ed in ragione che le nicchie erano più o meno capaci vi furono inserti i nomi della maggior parte dei compositori. Siccome ad un’opera simile non doveva attribuirsi alcun valore, cosi venne interamente abbandonata alla discrezione dell’operajo; e l’operajo, secondo che i nomi eran di poche o molte lettere, secondo che capivano o non capivano negli spazj, secondo che facevano miglior simmetria all’architettura del suo disegno, ne fece una distribuzione che lo scrivente non ha creduto di Informare, perchè non gli parve che ne valesse la pena, e perchè in simile faccenda un ordinamento sarebbe stato peggiore che la confusione. Così i nomi di.Merendante, di Mcyerbeer, di Mandanici, di Mazzucato, tutti autori della raccolta, che son quelli che occupavano spazio maggiore, vennero collocati nelle caselle più grandi: i nomi di Ricci, di Coccia, di Coppola, ch’eran de’più brevi, vennero posti nelle caselle più piccole: quelli di Vaccaj, di Pacini, di Nini, di Marliani, vennero disposti, a seconda della loro estensione: quelli di Rossini, di Donizetti, di Bellini e di Verdi vennero [ simmetricamente collocati nei vani centrali del; foglio perchè forse parvero più simpatici al cri- • torio dell’operajo che non era giornalista; e Verdi capitò sotto Rossini per la stessa ragione che Bellini capitò sotto Donizetti, cioè perchè un nome più piccolo voleva egli collocare sotto un nome più lungo, c perchè un nome più lungo non (1) Si veda il Salvator Rosa di Napoli dello scorso 2 di novembre. avrebbe capilo in quello spazio più piccolo. Questa, nè più nè meno, è la verità dei fatto. Ora, chi si sarebbe immaginato che la raccolta dovesse camminare lino ai piedi del Vesuvio, e die quivi dovesse trovare un lunatico scombicchcratorc di carta, il quale, non sapendo con chi fare alle pugna, se la prese coll’infelice copertura, accusandola al mondo intero come l’opera la più nera che uscisse dall’umana malizia, perchè Mandanici era capitato in linea con Mcyerbeer e perchè Verdi era capitato sotto Rossini? Così è accaduto. La sopraccoperta, o il frontispizio, coni’ egli la chiama, fu veduto da cel lo sig. G. Somma di Napoli, ed il sig. G. Somma nell’immensa sua perspicacia trovando che uno de’ più maravigliasi slanci e progressi della stampa è il frontispizio (!): trovando che quando una pagina d’un libro vi dice di che si tratta e chi scrive, null’altro vi resta ad apprendere (!!); trovando che il potere d’un frontispizio è immenso nel regno delle lettere e sugli uomini e che i libri non si giudicano che pel frontispizio (!!!); trovami o finalmente che quello della raccolta non era nè architettato, nè immaginalo secondo le sue idee, si pose come un energumeno a gridare alla profanazione; e non contento, come vi dissi, di sfogar l’ira sua contro F innocente foglio di carta,se la piglia con me frontespizialorc e giornalista, qualificandomi come uomo, non solo privo di buon senso, ma di senso comune: se. la piglia col maestro Verdi, dicendo che il suo nome non è conosciuto che da me, e che egli non è altro che un maestro di terz’ordine, compositore di tre Opere, che copia sè stesso e ruba gli altri: se la piglia col maestro Mandanici qualificandolo un ingegno ben poco distinto e quasi dimenticalo nel mondo dell’armonia: se la piglia con questa Gazzetta qualificandola come, l’opera di due o Ire miei compagni che siedono a scranna e giltano alteramente sentenze e giadizj da far venir male a’morti; e così, seguitando di questo trotto, dice c disdice le tante cose del Ricordi, del Verdi, della Gazzetta, delle mie officine, de’ mici scaffali, delle mie musiche e di tutti coloro che non han la fortuna d’essere nella sua opinione, che la più sciocca e villana scrittura non è mai uscita dalla penna di un gufo. E cominciando dalla Gazzetta, volendo egli trovar modo di farla simile al Salvator Ilota di Napoli, ch’egli ingemma delle sue concezioni, per discreditarla nel pubblico, dopo avermi accusato come mal destro e maligno fabbricatore di frontespizj, viene ad asserire che quel medesimo Ricordi che dà fuori di sì belle meraviglie è quello stesso che dirige la Gazzetta Musicale di Milano, e che in unione di due o tre suoi compagni si siedono a scranna e giltano alteramente sentenze, ecc. Non fatto caso dello spropositato modo di scrivere, degno indizio del cara! 1ère dello scrittore (2), ma solamente della lealtà deH asserzionc, (2; E veramente desolante il vedere come la critica dei giornali sia caduta in mani sì inette, che [p. 10 modifica]- 40 capitò vicino a Rossini, l’altro in linea retta con Meyerbecr e Mcrcadante, c un altro scopo essendo quello di parlar bene di Mercadante e di Pacini perchè capitarono in posti, secondo lui, non abbastanza onorati, vo’ dimandare al signor Somma, con quale altra logica viene a deprimere i giudizj della Gazzella, se, nulla badando ai posti delle sopraccoperte dei fascicoli, appunto nelle sue colonne si stamparono più e più volte i più larghi elogi di questi compositori e se, appena or fan due mesi, appunto di Mercadante, ch’egli prende tanto a proteggere, venivan qui fatti gli onori più lusinghieri essendo stato dipinto come compositore di una dottrina che può dirsi non seconda a nessuna e d’un ingegno quasi eguale alla dottrina (5)? Con che buon fruito vuol egli deprimere i giudizj della Gazzetta, se il suo Giuramento veniva qui dichiarato come bellissimo ed esimio lavoro, per grandissimi pregi assai lodato, la cui rinomanza è a quest’ora sì solidamente stabilita che nessun danno potrebbe fargli una parola di censura (4)? Se tutte le volte che si fece qui menzione degli artisti che al nostro tempo illustrarono c sostennero la gloria musicale italiana insieme a Rossini, a Bellini, a Donizetti, a Pacini, fu sempre nominato Mcrcadante, molte volte prima, qualche volta dopo de’suoi competitori, che tutti in coro venivan citati come veri onori dell’arte (5)? Se molte e molte volle essendosi qui trattato dell’estetica musicale, ad esempio di bello classico, vennero addotti i lavori di.Mercadante, come in poesia si citerebbero Omero, Virgilio e Dante: se la musica veniva (pii denunciata come decaduta dacché cotesti autori avevan superata l’età in cui la floridezza della loro mente produsse i più inspirali loro capolavori (fi); c se le opere di lui insieme al Guglielmo Teli venivano indicale come lavori di tanto bello artistico e tanto scientifico magistero da far intravedere nel futuro tutto il massimo sviluppo dell’arte (7)? Son tali le sentenze della Gazzetta che fan venir male a morti, e riticn egli di favorire la fama del suo lodato, dicendo chi lo loda scrivere delle corbellerie? Perchè vorrà egli incriminarmi come maligno fabbricatore di fronlcspizj quando un nome da lui prediletto vieil collocato in posto non abbastanza cospicuo, c vorrà poi accusarmi ancora come maligno direttor di giornali quando nel foglio da me pubblicato gli vengon tributati i più grandi cncomj? Si darà egli maggior valore ad una sopraccoperta di carte di musica, ove i nomi degli autori son posti per elenco non per onoranza, oppure alle parole stampate d’un giornale imparziale che seguita per più anni a distinguere i meritevoli dagli immeritevoli, i primarj dai secondar], attribuendo a ciascuno quella misura di lode che per giustizia gli è dovuta? Legga egli! la mia Gazzetta e vedrà se, all’opposto del SalI vator Rosa di Napoli, sia ella mai venula a tranI sazionc una volta nel lodare o censurare, se ella I abbia tralasciato di criticare il maestro Verdi, quando era l’occasione, più che il maestro Mcrcadante (8), se contro gl’interessi de’ mici com(5). Si veda il primo articolo del N. 40 di questa Gazzella dello scorso 1844. (4) Vedasi lo stesso articolo. (6) È da vedersi il N. 20 del 1842 specialmente, e tutti insieme i fogli di quell’anno, in cui si è molto parlato delle presenti condizioni musicali d’Italia. (fi) È da vedersi il suddetto foglio. (7) Vedasi il N. 25 del 1845. (8) Il sig. Somma dice ch’io faccio emulo e compagno di Rossini il maestro Verdi, e dice poi ch’io son quel desso che dirige la Gazzella, cd ecco come la Gazzetta, distruggendo quello che fanno i frontespizj, parlava di lui a proposito del Nabucco: a Or a» voler dare una nuova occhiata complessiva all’ini! sieme della partizione, troveremmo da criticare un» abuso esagerato degli unisoni, un troppo frequente a impiego di melodie a frasi spezzate, quali sarebbero» a modo d’esempio quella della marcia trionfale,» quella del crescendo del finale primo, quella del a coro de’ Levili nella parte seconda, le quali ripeti tcndosi più e più volte nel dramma danno un’imn pronta di ristrettezza alle idee del compositore,» che forse è più apparente che reale. Un abuso di a terzine abbiamo pure riscontrato in mollissime mc|» lodie, come quella notata al chiudersi della profe:» zia, ecc. n. Veggasi il N. 12 del 1842. lo disegnando prego il lettore di farsi una giusta idea di lui j col risovvenirsi se abbia mai veduto figurare tra gli scrittori della Gazzetta il nome di Ricordi, e se sia vero ch’egli siasi permesso mai di farsi giudice di produzioni musicali, abbandonando la | sua qualità di semplice proprietario. Fu dichiarato nei manifesti che la direzione del foglio veniva affidata al signor Giacinto Battaglia, e dopo di lui ad altre persone così versale nell’arte che letterate, che segnano i loro scritti del loro nome. Ora, come mai il signor Somma osa parlare dell’insufficienza e malignità dei giornali, i egli che in una sola frase scrive sfrontatamente due falsità, una ch’io dirigo la Gazzetta, il che! non è vero, l’altra che siedo a scranna per dettar sentenze, il che è falso? Come mai continuando la serie delle sue invenzioni per dispregiare il foglio e i collaboratori, chiama compagni dell’editore Ricordi, che sta a Milano, il maestro Mayr che sta a Bergamo, il maestro Pacini I che sta a Lucca, il maestro Rossi e il professore [ Bigliani che stanno a Torino, il maestro Perotti che sta a Venezia, l’avvocato Casamorata j e il maestro Picchioliti che stanno a Firenze, il maestro Boucheron che sta a Vigevano, e tutti gli altri non meno distinti che non giova nominare? Con che logica vien poi egli a dire che i giudizj di questi scrittori son tali da far venir male a morti, se per la più parte son tutti maestri profondissimi nell’arte musica, c se tra. questi ve n’è qualcuno ch’egli stesso onora dell’attributo di celebre: autore di sessanlasetle opere, fra le quali la maggior parte capolavori, e che dopo tanti anni di vita artistica e di creazioni originali, ne’ quali brilla la potenza del suo genio, regala al mondo la Saffo, poema musicale, degno di vivere la vita dell’eternità? Con che logica vien egli a dire che il nome del maestro Pacini suona da quasi sei lustri onoralo ed amato in ogni parte del mondo, lo dichiara autore che in ogni tempo ha mostrato la grandezza della sua mente e la felicità del suo ingegno, e poi diventa uno degli scrittori, i cui giudizj fan venir male a’ morti, quando fa parte dei collaboratori della Gazzetta? Signor G. Somma di Napoli, ove avete lasciata la lealtà dello scrittore quando pubblicavate simili assurdi, e con che coscienza venite a parlar male di chi non v’assomiglia in nulla, dando prove sì luminose d’incapacità c di mal animo? E questo della Gazzetta non è tutto, sebbene ella non entri nella diatriba che per incidenza. Uno scopo delle parole del signor Somma essendo quello di parlar male di me, del maestro; Verdi c del maestro Mandanici, perchè l’uno ’ alla nessuna letteraria moralità accoppiano la vergogna di non saper scrivere. Il signor Somma ha voluto dar prova d’essere rimarcabile anche in ciò; ed in un solo articolo ammassa spropositi sopra spropositi che non sarebbero perdon «bili ad uno studente di grammatica. Qui c’è il Bicordi che è quello stesso che dirige la Gazzetta Musicale e che, cioè il quale, si SÌertoaao a scranna, e sentenze, ccc. Un poco più indietro c’è il maestro Pacini autore di 67 Opere, che dopo tanti anni di vita artistica e di creazioni originali, ne’ quali brilla tutta la potenza del suo genio, regala al mondo la Saffo, ecc. Un poco più indietro scambia il maestro Vaccaj- nel maestro Vanni mostrando cosi di non sapere chi sia. Un poco più indietro parla dignitariamente in numero plurale, e più indietro ancora si dimentica del plurale per parlare in singolare. Più avanti finalmente discorre delle opinioni emanale da questa Gazzetta, c non dice già che siano le opinioni che emanarono dalla Gazzetta, ma. la Gazzella che emanò le opinioni: il che è quanto dire che quando voi uscite di casa, non siete voi che bacile di casa ma la casa che esce voi. I buoni filologi sostengono essere un errore del volgare linguaggio l’uso attivo del verbo emanare in senso di pubblicare. Emanare, dal latino emanare, significando uscir di mano, venir fuori, derivare, provenire non può usarsi che nel modo passivo di pubblicarsi; e quando il Salvini disse: fecero emanare un decreto dal Senato, per lo quale erano da Roma e dall’Italia banditi i filosofi, non si deve intendere come fu inteso, che dal Senato fu emanato, pubblicato, un decreto, ma sibbene che il decreto emanò, uscì fuori, dal Senato. Se, invece di vaneggiare sui frontispizj e veder le nubi dove non ci sono, il signor Somma mettesse gli occhi nei libri, son certo che non solo imparerebbe a pensar meglio, ma eziandio a scrivere più correttamente. merci musicali non siansi moltissime volte con- | surate le opere che venivano impresse nelle mie j officine, c se la mia Gazzetta non abbia dato le prove più grandi di disinteresse c d’imparzia-! lità (9). c ’ Ora, lasciando la Gazzetta c venendo al maestro Verdi, die sembra essere stato l’oggetto principale delle morsicature del giornalista napolitano, forse perchè non ha mai voluto accaparrarsene la penna, per darvi un’idea di ciò ch’egli scrive, dovrei riportarvi metà del suo articolo, e questo sarebbe troppo. Bastivi dunque che sappiate che egli ad un bel punto, facendo mostra di non averlo mai sentito nominare tra gli uomini che valgono qualche cosa, esce a dimandare ehi è questo Verdi che io ho voluto mettere tra gli uomini della raccolta insieme a Rossini, a Bellini, a Mercadante, e a tutti gli altri che già ho menzionato? Per quanto è a nostra conoscenza, risponde egli a sè stesso, Verdi è l’autore di un’opera data tre anni or sono in Napoli, col titolo Oberto Conte di S. Bonifazio, che s ebbe l’onore di un fiasco strepitosissimo e di pochissimi esempi. Verdi è l’autore di un’opera che ebbe, per titolo la Regina di un giorno (cioè, voleva dire Un giorno di regno) e che per indicibili fischi fu l’opera di un’ora. Verdi è un giovane maestro, che dopo l’Oberto Conte di S. Bonifazio e la Regina di un giorno ha dato I Lombardi, il Nabucco e l’Emani, le quali in molte parti d’Italia si sono replicate sempre con esito diverso. I Lombardi hanno ottenuto poco successo (!), il Nabucco in molti teatri fu trovato inferiore all’Emani (!!), ed in altri l’Emani inferiore al Nabucco (!!!). Udite, lettori milanesi, che avole tanto applaudito al suo Nabucco e ai suoi Lombardi, e voi lettori veneziani che avete tanto applaudito al suo Emani, e voi lettori romani che avete tanto applaudito ai suoi Due Foscari, e voi lettori italiani che lo avete tanto festeggiato per tutte le musiche ch’egli ha scritto, udite che cosa sia il maestro Verdi? L’autore d’un’opera fallita, d’un’opera fischiata, e di tre altre opere, la prima inferiore alla seconda, la seconda inferiore alla terza, la terza alla seconda ed alla prima e così via discorrendo a questo modo. Vedendo la carriera sempre progressiva ch’egli ha corsa, e gli studj assidui che ha posto nell’arte, voi l’avete proclamato come un ingegno di bellissime speranze, avete creduto d’avere in lui uno dei sostegni dell’onor musicale italiano, dacché Mercadante, Donizetti c Pacini volgono alla meta del loro artistico cammino; ed un articolista napoletano, un impastato)’ di parole, a cui il nome del vostro maestro non suonò mai all’orecchio che come quello d’un autore fischiato, viene a far calare questa strana benda che moltissimi si son messa agli occhi per Verdi, e vien a dirvi la frenesia in cui siete caduti per una cicca e mal appoggiata predilezione. Ma bravo sig. G. Somma di Napoli! E son sempre queste le utili verità che venite a rivelar colle stampe; ed è sempre così che venite a ragionare al pubblico delle opere d’arte e degli artisti; cd è con questo modo che credete acquistar rinomanza d’uomo savio ed integro nel mondo delle lettere; cd è con tali esempi che onorate la memoria di quel gran pittore e poeta, sotto il cui nome avete la temerità di divulgare i vostri scritti. Ma bravo, ripeto io, signor G. Somma di Napoli! Se il mondo si è messa una benda per il maestro Verdi, non vi dubitate ch’egli se la voglia mettere per voi. Di simili tratti basta uno solo per farsi degnamente conoscere, c non c’è più pericolo di bende. Siffatte asserzioni non occorre ribatterle con ragioni. Ove il napoletano giornalista che va domandando a mille chi sia il maestro Verdi avesse avuto mcn premura di rispondere per aspettare una risposta, avrebbe trovato chi gli avrebbe i fronlispizj faccio Verdi compagno di Rossini e poi dirigendo la Gazzella lo faccio lodare a questa maniera! E-il sig. Somma mi slima così destro?! (!)) Chi legge da quattro anni la Gazzetta può far testimonianza quante volte siansi censurate le opere musicali da me pubblicate. Non son due mesi che siè qui criticato severamente un Metodo per suonar l’organo stampalo con questi stessi miei caratteri. SEGUE IL SUPPLEMENTO