Giornale circostanziato di quanto ha fatto la Bestia feroce nell'Alto Milanese/Giornale I

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Giornale I

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Al lettore Giornale II

Giornale, 5 Luglio.

La prima vittima umana di questa Bestia feroce, per quanto sappiamo probabilmente, fu Giuseppe Antonio Gaudenzio di Cusago. Situato è questo villaggio a sei miglia da Milano presso un esteso bosco a cui dà il nome, fra il Naviglio, e la strada, che conduce a Novara. Ivi sovente albergano i lupi nell’inverno, e sen fa annualmente non inutil caccia dal Sig. Don Francesco Gallina, che ne possiede parte. Ivi frequentemente facea soggiorno la feroce Bestia.

Dicesi, che nel giorno 4 il fanciullo, com’era suo costume, conducesse la vacca, unica ricchezza della sua famiglia, a pascolare nel bosco. O foss’egli trascurato, o capricciosa oltre l’usato fosse quel giorno, la vacca s’inselvò, la perdè di vista, e già cadea il Sole, nè potea rinvenirla. Sperò, che da sè stessa fosse ita alla consueta stalla, e s’avviò a casa. Incontrò sull’aja il burbero padre, che gli chiese della vacca. Sorpreso il figlio, e dolente di non trovarla, cercò qualche scusa: il padre soverchiamente severo, va, gli disse, minacciandolo, cercala, e non osar di più tornare, se non la riconduci. Tornò il figlio piangendo, e disperato al bosco. Che gli avvenisse, non si sa. Più non si rivide da parenti alla sera, nè alla notte. Alla mattina il padre sentì rimorso della sua crudeltà; e ’l dolor, e ’l pianto della moglie glielo raddoppiava: corse al bosco: dopo molti giri trovò la vacca, che tuttavia pascolavasi: chiamò lungamente il figlio, che mai rispose; e lo pianse perduto, senza sapere qual fine avesse fatto. Solo dopo alcuni giorni seppe, che si era trovato un giupponcino, e de’ calzoncini lordi di sangue, un cappello, e alcuni avanzi del corpo di un fanciullo divorato. Sentì allora tutta la sua durezza. Se ne accusarono i lupi; benchè paresse strana cosa, che in quella stagione, il lupo animal carnivoro insieme, e frugivoro, a cui offria abbondante cibo la campagna, assalito avesse un fanciullo; e si dubitò piuttosto, che questi, stanco e abbattuto, si fosse addormentato, e ’l lupo l’avesse colto dormente. Forse così avvenne; ma quello, che si seppe poi della Bestia feroce, indusse ad accusarne lei piuttosto, che i lupi.


8. Luglio.

Questo primo male non sapeasi ancora in Milano quando vi pervenne al giorno 9 dello stesso Luglio la notizia di ciò, che avvenuto era a Limbiate. Situato è questo villaggio a 8 miglia da Milano verso tramontana, e distante ben 12 miglia da Cusago, presso al torrente Seveso, e appoggiato ad una costa, sopra la quale sta una pianura per gran parte incolta, detta la Grovana. Ivi a luogo a luogo è della boscaglia, principalmente sul pendio; e ivi è il pascolo del Comune. Alcuni ragazzi d’ambo i sessi ivi stavano in guardia delle vacche, e di altri animali loro affidati da parenti. Sull’accostarsi della sera veggon avvicinarsi a loro una brutta bestia, simile a grosso cane, ma d’orribil ceffo, e di strana forma. Si spaventano, e non sapendo che meglio fare, mentre la bestia temporeggia disegnando la preda, e studiando il miglior modo di afferrarla, salgono su vicini alberi, gridando ajuto. Lontani erano i contadini a lavorare ne’ campi, e niuno accorse. La Bestia non potendo raggiugner i fanciulli, dopo d’aver fatti alcuni giri sotto le piante, parte. I ragazzi, che più non la veggono, si fanno coraggio, e discendono. Non pensano ai loro animali, che all’aspetto della Belva feroce si erano radunati insieme, quasi disponendosi alla difesa, e quindi avviatisi senza guida al paese. Appena i ragazzi sono a terra, la Bestia, che erasi celata, sbuca dalla macchia. Chi ha migliori gambe è il primo. Rimane ultimo Carlo Oca di otto anni. La Bestia l’afferra, e presolo pel collo se lo strascina nel bosco. I contadini accorrono, ma tardi: trovano il fanciullo in parte divorato, abbandonato poc’anzi dalla Bestia spaventata, all’udire il rumore di chi andava in traccia di lei.

Sospettossi qui pure d’un lupo; e sebbene i ragazzi dicessero unanimemente, che avea testa molto larga, muso acuto, grandi denti esterni, pelo cupo, e macchiato al disopra, bianchiccio al di sotto, coda folta e riccia, orecchie alte ecc.: pur ciò che si trovava di differenza fra la descrizione loro, e la vera figura del lupo, attribuivasi alla loro spaventata immaginazione.

Ciò non ostante nacque allora pensiere ch’esser potesse un'Jena. Due di queste bestie erano state portate a Milano entro gabbia di legno e ferro da Bartolommeo Cappellini, ed erano state esposte alla pubblica curiosità sul finir dell’Inverno scorso sino ai primi di Marzo. Più di uno aveva osservato, che la maggiore, la quale mostravasi pure la più feroce, era poco assicurata, essendo la cassa poco meno che sdruscita: Non era impossibile, che rotta la prigione fosse fuggita; ma impossibil, era, che qui venuta fosse un’Jena dai deserti dell’Asia, e dell’Africa. Crebbe maggiormente il sospetto allorchè seppesi, che Bartolommeo Cappellini era colle sue bestie feroci a Cremona, e ivi una sola Jena avea. Chiesto, che avvenuto fosse dell’altra, a principio rispondea che morta gli era, e aveala sotterrata; ma udendosi accusare di sciocchezza per non averne serbata la pelle, dava in seguito meno improbabile risposta, cioè, che essendosi da lui separato il compagno, che aveva ugual diritto su quel loro capitale, a lui ceduta avea insieme ad altre bestie una delle Jene; nè sapea, che poi ne fosse avvenuto. Per ultimo vedendo crescere le inchieste, e udendo le stragi, che una Bestia feroce facea sul Milanese, stimò più sicuro consiglio l’abbandonare lo stato Austriaco, e rifuggiarsi sul Veneto, ove nemmeno osò dimorare lungamente.

Questa opinione ha tosto eccitato lo ingegno degli intagliatori in legno, ed in rame, e gli stampatori a darci ritratti della Jena, or copiati da Buffon, e da altri naturalisti, or fatti a capriccio; e innumerevoli erano le botteghe, e gli angoli delle strade, ove tali figure si vendeano. La prima stampa, che sen vide fu un inesatto ragguaglio dell’uccisione fatta di questo fanciullo: Eccone la figura.

Vegliavasi a Limbiate, e attendeasi il ritorno della Bestia feroce quando nel giorno 11 s’intese, che a Corbetta, distante da Milano 12 miglia, e altrettante da Limbiate sulla strada di Novara, aveva rapita, e sbranata, e in parte divorata la fanciulletta Giuseppa Suracchi d’anni sei. Stava questa al tramontar del Sole con una sua sorella maggiore sulla strada che da Corbetta conduce alla Cassina Pobbia, in custodia d’alcuni animali. Veggono le sorelle dalla siepe sbucare una bestia, che esse prendono per un grosso cane, di colore cinericcio scuro, con macchie nericcie, il quale avventasi alla più piccola, l’afferra pe’ panni sul fianco, e strascinandola, malgrado le alte sgrida sue e della sorella la porta sull’alta riva entro la siepe. La smarrita, e tremante sorella, che la perde di vista, corre a cercar ajuto, e racconta fra i palpiti del cuore il tristo caso. Accorrono i parenti, e altri Contadini, e dopo lunghe ricerche trovano la misera fanciulletta sbranata, entro una vigna, distante ben un mezzo miglio dal luogo ove ghermita l’avea la Fiera.

Crebbe allora vieppiù il pensiere, che fosse una Jena, avendo osservato, che scannata l’aveva alla gola, quasi per beverne prima il sangue; il che dicesi essere proprio di quella Fiera.

Non mancò però chi pensò diversamente; e chi aveva fatte molte ricerche, espose francamente, che dalle sue indagini, dalle informazioni prese, e da un ponderato esame di tutto ciò che narravasi su questo proposito, egli inferiva, che molti de’fatti che raccontavansi fossero frottole, o sogni e gli altri provassero, che i lupi, e non la Jena erano i malfattori; un sogno era stato, secondo lui, il Ragguaglio fatto da certa donna di Corbetta detta la Bella-bocca, la quale narrava, che la Fiera se le era avvicinata, e afferratala avea per la gonnella; ma essendo al di lei grido accorso il vicino marito, erasene quella fuggita attraversando d’un salto la pubblica strada; e rendea ragion così del non trovarsi sulla polve impronte de’ di lei piedi.

Un ridevole equivoco era stato quello di Teresa Janis di San Stefano Comune di Corbetta ragazza di anni 15, la quale avendo veduto un animale uscir da un campo di biade grido altamente la Bestia, e si diede alla fuga, mentre il vento trasportò il di lei fazzoletto bianco, staccatosele dal capo, sulla testa dell’animale stesso. I parenti poco lontani accorsero, e spaventati pur essi a principio, perchè un animale mansueto si, ma incognito vedeano, nell’avvicinarsegli il riconobbero per un vitello, a cui il fazzoletto alterava la fisonomia. Non fu questo il solo equivoco preso.Presso Villacortese distante da Milano 16 miglia fra ponente, e tramontana un ragazzo vede un quadrupede barbuto che salta; e tosto grida ecco la bestia: chi l’ode corre a casa ad armarsi, e ’l più zelante va a dar campana a martello. Ecco schioppi, forconi, vanghe, picche: si corre al campo, e si trova... che? una capra che aveva peloso il mento più delle altre. Un altro fatto che pur di lieto fine lo induce ad attribuire al lupo le insidie, e i mali di che veniva accagionata una Jena. A Sedriano, villaggio distante 10 miglia da Milano, e due da Corbetta, due ragazze se ne stavano in un campo alla cura di due vacche ed una troja. La Bestia arriva, e lor s’avvicina, esse corrono agli animali, e questi prendono le loro deboli, e timide custodi sotto la loro protezione: le vacche abbassando le corna, e la troja grugnendo, e mostrando le bianche zanne s’avventano alla bestia inimica, e la cacciano in fuga. Tutto ciò ai costumi del Lupo, anzichè a quei della Jena, secondo lui s’assomiglia. Un fatto consimile era avvenuto presso al bosco di Cusago. Perché i lupi qui abbondino quest’anno, e più crudeli siano dell’usato egli crede rinvenirne la cagione nelle pioggie eccessive, che hanno inondato molte valli, e ingombrato il soggiorno e ’l covile delle lupe, che presso di noi son venute a sgravarsi, del che abbiamo argomento in alcuni lupacchiotti, che si sono uccisi nel bosco di Cusago summentovato.

Malgrado questi ragionamenti ciò che dopo avvenne ci portò a credere, che lupo non fosse quella Bestia sì ghiotta di carne fanciullesca. Per molti giorni si stette cheta contentandosi di oche, dindi, polli, e qualche porcellino. Forse anche si nudrì di qualche cadavere di cavallo, involando così il pascolo ai corvi e agli avoltoj. Si narrò, che fu veduta in un campo a Cesano distante da Milano 12 miglia sulla strada comasina. Avvisati i contadini s’armano di fucili, e di picche che la Casa Borromea somministra, circondano il campo, e aspettano che si muova per farle fuoco addosso. Nulla veggono, nulla sentono. Credono d’essere stati ingannati, o che partita sia la Bestia chetamente, mentr’essi meditavano di sorprenderla. Risolvono d’abbandonare l’impresa, e a un tratto, odon rumore nell’angolo del campo stesso, vi si volgono, e veggon la fiera partire a gran balzi, sicchè nemmeno hanno tempo di far fuoco su di essa. Così a un dipresso è succeduto ai cacciatori del Sig. Don Bassano Bonanome: essi perlustrano il bosco di Cusago; lasciano intatto un angolo presso ad un capo di roggia, che noi diciam fontanile, e da quell’angolo sbuca da lor fuggendo la Fiera senza che abbiano tempo di metter alla faccia lo schioppo.

L’agilità, e la sveltezza dell’animale congiunta alla sua malizia, hanno così più volte deluse le speranze di chi credea colla sua morte acquistar ricchezza, e gloria. Due Cacciatori essendo sull’aperta brughiera di Senago; ma appiattati nell’alveo d’un rivo, odono i lor compagni che dal confin del bosco gli avvisano, che la Bestia verso loro s’avvia: ascendono la sponda, la belva passa, e non hanno tempo a tirarle, se non quando si era a distanza grandissima. Uno dei cacciatori di Valsasina, di cui parleremo, vedela da vicino; dubita, perchè diversi erano i rapporti sulla sua figura (altri bigia descrivendola, altri rossiccia, ed altri bruna), e quando si determina a farle fuoco addosso, la Bestia è fuor del tiro ordinario. I lepri, ai quali solo, mangiate erano le interiora e ’l capo, trovati da cacciatori furon certamente avanzi de’ pasti della Bestia, che gli avea presi al corso.

Certamente convien dire, che tal Bestia alla velocità, e alla malizia unisca molta fortuna; ma è vero altresì, che l’indolenza, e la viltà de’ villani fanno la fortuna sua. Molte volte i contadini accorrono alle strida de’ fanciulli assaliti o minacciati, e non mai v’accorrono collo schioppo. Talora s’armano, tirano il colpo alla fiera sdrajata, che sembra essersi posta a bersaglio; ma talmente lor trema il braccio, che il colpo va a ferir il suolo o i rami degli alberi. Così è avvenuto a un certo Rosana di Desio, che vede la Bestia giacente appiè di giovane salice, ha tempo di prendere lo schioppo carico a palle incatenate: tira il colpo, tronca l’albero, e la Bestia intatta si ritira. Colpi simili non infrequenti hanno prodotto un male, a cui la ragione non sarebbesi mai aspettata. Se il timor fece gli Dei de’ Gentili, al dir di Lucrezio, soventi anche fra Cristiani creò gli spiriti maligni, gli stregoni, i demonj ove non erano. La sagacità di questa Bestia, che sì di rado incappa in uomini armati; il timor panico de’ cacciatori i più risoluti quando la veggono; l’agitazion loro, per cui perdono e la vista per ben mirare, e la forza di tener diritto lo schioppo; l’agilità superiore a quante bestie conosciamo; la differenza d’aspetto, che rilevasi dalle diverse descrizioni, che ne abbiamo; il trovarsi poco meno che contemporaneamente in luoghi distanti: tutte queste cose, e più altre interamente sognate, al volgo contadino, inclinato al maraviglioso, e al poltrone, che ama meglio lasciar di sè la cura al cielo, che da sè stesso difendersi, destano il pensiere, che non una Bestia naturale questa sia, ma uno spirito infernale, o altrochè d’analogo. Questa, comunque insensata, opinione si sparge, e v’ha sin chi dice averla trovata di notte in mezzo ad un bosco in figura di gentil donzella. A ciò danno peso, presso chi non ragiona, le preci pubblicamente contro la Fiera ordinate come diremo in appresso. Sì strane opinioni però non trattennero punto il Governo dal prendere le più opportune misure per liberare il paese da questo flagello. Ai 14 di Luglio fu promulgato dalla Conferenza Governativa il seguente.

A V V I S O.

In questo momento giunge alla notizia della Conferenza Governativa, che la Campagna di questo Ducato trovasi infestata da una feroce Bestia di color cenericcio moscato quasi in nero, della grandezza di un grosso cane, e dalla quale furono già sbranati due fanciulli. Premurosa la medesima Conferenza di dare tutti li più solleciti provvedimenti, che servir possano a liberare la provincia dalla detta infestazione, ha disposto che debba essere subito combinata una generale Caccia con tutti gli Uomini d’armi delle Comunità, col satellizio di tutte le Curie, e colle guardie di Finanza. Al tempo stesso rende inoltre noto, che da questa Tesoreria Camerale verrà pagato il premio di cinquanta Zecchini effettivi a chiunque, o nell’atto della suddetta generale Caccia, o in altra occasione avrà uccisa la predetta Bestia feroce: somma che verrà subito sborsata dal Regio Cassiere Don Giuseppe Porta, in vista del certificato, che rilascierà il Regio delegato della Provincia, nel di cui Territorio la suddetta Bestia sarà stata ammazzata.

Milano li 14 Luglio 1792.

In vista di questo avviso s’accrebbe il numero di quei che aspiravano al premio, e all’onore di aver liberata l’Insubria da tanto nemico. Pareva facile ad ogni cacciatore l’ucciderla, e pareva impossibile ai tranquilli ragionatori, che sedendo su Caffè ne meditavano la strage, che ad ogni momento non venisse la nuova della Fiera uccisa, e la fiera stessa portata in trionfo. Fuvvi anche chi inopportuno derisore di questa ben perdonabile lusinga, mandò de’ messi fallaci per vedere il popolo vanamente accorrere. Ma si giunse al di 19, e la Belva, contenta di polli, e d’animali non domestici, poco di se faceva parlare. Molti, a vero dire, diceano d’averla or qua or là veduta; ma poco erano creduti. Ciononostante si eseguì l’intimata Caccia generale. Si sa che tutte le Comunità della Lombardia Austriaca hanno certo numero di contadini, i quali, medianti alcuni privilegj e diritti, son tenuti ad avere in casa schioppo, e munizione, ed a servire a cenni del Regio Cancelliere del distretto, qualora abbisogni della forza pubblica.

Chiamansi questi uomini d’armi. Tutti questi uomini d’armi de’ distretti XII. XIII. XIV. XXIV. XXV. XXVII. XXVIII. furono comandati. Innumerevoli cacciatori a loro s’unirono, mossi altri da zelo, altri da curiosità, altri dalla voglia di divertirsi, e di ridere; percorsero le campagne di que’ distretti, ove la Bestia soleva aggirarsi; ma le grida, gli urli, i fischi e più di tutto i tamburi avvertiano la Fiera dell’assalto che le si minacciava. O cheta siasi ella appiattata, o sia fuggita in più lontana parte, certo è che nessuno la vide. Non solo fu inutile questa Caccia generale; ma fu anche nocevole. La Campagna nostra era in que’ dì, e lo è tuttora coperta dai grani minuti, e dalle viti, ove non sono prati irrigati, o risaje.Tante persone, che vagavano senza direzione, dovevan’apportare considerevol danno, e ve l’apportaron difatti; onde sen’ebbero pubbliche lagnanze. Considerevole altronde era stata l’inutile spesa della Regia Camera, che a tutti gli Uomini d’armi pagò la giornata. Maravigliatosi il Regio Governo che in nessuno abbattuta si fosse la Bestia feroce in que’ dì ordinò a Cancellieri di far esplorare se aveasi di essa notizia, e ove fosse stata veduta, per farla ivi inseguire.Frattanto però la Bestia vivea tuttavia, e se non divorava fanciulli, or in uno, or in altro distretto atterria gli abitanti, di maniera, che i fanciulli e le donne più non voleano andare alla guardia del bestiame e ai lavori campestri. Convenia, giacchè sì facil non era togliere la cagione del timore, rassicurare almeno quelli, e queste, e a tal oggetto nulla immaginar si potea di più spediente quanto l’ordinare che ogni Comunità de’ divisati distretti avesse gli uomini d’arme in sentinella in que’ luoghi ove soleano i ragazzi condurre il bestiame, e comparir solea la Fiera. Le sentinelle furon poste: i ragazzi da loro scortati tornarono ai boschi, alle brughiere, ai campi. Alcuni Cacciatori scusavano la dappocaggine loro sulla scarsezza del premio; e la Conferenza Governativa emanò il secondo avviso che qui inseriamo.

A V V I S O.

Per vieppiù animare gli Uomini d’armi, li Cacciatori, e qualunque altra persona a far ogni tentativo per distruggere la Bestia feroce, che infesta alcuni distretti di questo Ducato, la Conferenza Governativa ha determinato di aumentare fino a cento cinquanta Zecchini il premio, che verrà corrisposto a chi avrà uccisa la Bestia predetta. Tale premio sarà corrisposto nel modo, che nell’avviso del 14 andante fu indicato per quello di cinquanta Zecchini, trovato equitativo in allora, che si ordinava pure una generale Caccia, e che ignorandosi per anche l’agilità, e la velocità della stessa Bestia, era da supporsi meno difficile il poterla uccidere.

Milano 24 Luglio 1792.

Al premio di 150 zecchini aggiugneansi i regali di illustri Cavalieri Borromeo, Litta, Crivelli, Castiglioni, Aresi, ec. ec. che promessi gli aveano qualora sulle loro terre la Bestia fosse stata uccisa. Il Sig. Cavaliere Sannazari, che ha un ricco museo del Regno Animale, per aggiugnervi pur la spoglia di questa Fiera aveva offerti per averla, 20 altri zecchini, ben’inteso, che a lui si portasse dopo che l’uccisore avesse riscosso un dovuto tributo dalla pubblica curiosità. Non puossi ben calcolare quanto, guadagnato avrebbe chi avesse mostrata la spoglia di questa Fiera ad un prezzo proporzionato all’avidità; ma certo è, che ammontato sarebbe a parecchie centinaja di zecchini. Il contadino, che l’uccidea cambiava stato, e divenia maggiore di tutti i suoi pari. L’esuberanza di questo premio accrebbe ai cacciatori la vigilanza. Alcuni vennero dalla Valassina, ed altri da Valsasina, paese, ove non di rado si ha a combattere co’ Lupi, e cogli Orsi. Ma alla Bestia non si arrecò mai danno. Essa, quasi annojata d’altro cibo volgare, ai primi d’Agosto ripensò al suo cibo favorito, cioè ai fanciulli. A Senago distante da Milano 10 miglia al nord-est, ov’è un’ampia brughiera, e qualche bosco, ai due del detto mese sull’imbrunir della sera stavano venti e più ragazzi uniti guardando i rispettivi loro animali. Da un lato avean’un boschetto detto il Deserto, e dall’altro la pubblica strada, che conduce a Saronno Esce fuori dal bosco l’Animale, e a ragazzi s’avventa: questi fuggono, chi più, chi men veloce, gridando e urlando. Non vi sono uomini d’armi, nè cacciatori. Antonio Nobili contadino poco robusto stava lì presso tagliando brugo con la falciuola: accorre alle grida, minaccia la Bestia, e questa ritta in piedi attacca zuffa con lui, che con la falciuola ne tien lontane le ugne, e i denti, finchè prendendo essa un consiglio più adattato alle sue viste abbandona il Nobili, insegue i fuggitivi, de’ quali ultima era Maria Antonia figliuola di Gioanni Beretta legnajuolo, di anni 8. La Fiera la afferra co’ denti nel collo, e colla sua preda sen torna al bosco. I compagni, e ’l Nobili cercano soccorso; i villani vengono; ma niuno ha schioppo. Alle strida, e al battere de’ ferri la Fiera abbandona la morente fanciulla, a cui trovano 45 ferite nel collo, e altre lacerazioni in altre parti del corpo.

Il Nobili, che ben vide la Bestia, per quanto la paura gli permettea di vedere, la descrisse lunga due braccia, alta uno, e mezzo, con testa porcina, orecchie cavalline, pelo caprino lungo folto, e bianchiccio sotto il ventre, e più ancora sotto il mento, e alla coda, che lunga era e spiegata, ma era rossiccio e corto sul dorso: gambe sottili, piede largo, ugne lunghe e grosse, largo petto, e stretto fianco. Tale è pur generalmente la descrizione, che i più ne hanno data. Altri però, l’hanno, o credon d’averla veduta sotto tutt’altra forma. Se il Nobili avesse avuto lo schioppo divenìa probabilmente l’Eroe liberator della Patria; ma un pover contadino come può procurarsi schioppo, e munizioni? Il proprietario del fondo ove succedè il funesto avvenimento, e di quello, che coltivavano i parenti dell’infelice fanciulla, per ovviare all’avvenire; giacchè non v’era riparo al passato, pensò ad armare tutti i suoi contadini con 18 schioppi, che chiese in prestito alla pubblica armeria, e tosto gli ebbe. Lungo camino la maligna Fiera fece alla notte. Verso la sera del giorno 3 comparve presso Asiano (a 6 miglia da Milano all’ovest verso Cusago) a tre fanciulli, che stavano presso un campo in guardia delle loro vacche. Avvicinossi a loro dimenando la coda con perfida mansuetudine, tanto che essendo presso a Domenico Cattaneo fanciullo di anni 13, età, che ad un di presso aveano i suoi compagni, l’afferrò per la gola, e via sel portò nel vicin bosco. Corsero gli altri a cercare soccorso. Vennero i contadini, tenner dietro alla strada presa dalla Bestia, che i piangenti compagni indicavano; percorsero il bosco; ma indarno; nè la predatrice Fiera, nè la preda trovarono, e cercaronla invano tutto il giorno 4. Solo dopo due giorni rinvennero nel bosco di Casorate il cadavere di quell’infelice, ignudo, e fracido. Livido n’era, e sommamente gonfio il volto; ma mancante del naso: mangiato n’era il petto, e quanto restava esposto alla voracità della Fiera di quel corpo supino: le braccia, le gambe, e gli intestini separati dal corpo erano rimasti come un rifiuto; ma il fegato era stato mangiato in parte: del vestito non vedeasi, che qualche resto di camiscia lorda di sangue. La descrizione fatta da ragazzi della feroce Bestia corrisponde a quella del Nobili. A foggia degli scelerati, che ad ogni nuovo delitto cambiano soggiorno, la Fiera abbandonò tosto le parti di Casorate, e portossi più al Nord verso Arluno. Stavan ivi alla sera, ora da lei scelta per le depredazioni, sulla pubblica strada, che confina con un bosco, in guardia del bestiame due sorelle figliuole di Pietro Sada, l’una per nome Giovanna d’anni 10 e di 11 l’altra, con Stefano Losa di anni 3. Esce la Fiera dal bosco, afferra pel busto sul petto Giovanna, e via la porta; la fanciulla grida, libere avendo le mani, e ’l volto, e come può si difende. La Fiera la depone, la prende per la gola, la scanna, e sen pasce; mentre i superstiti corrono a narrar la sventura a parenti, che sopraggiungono quando già n’era divorata gran parte di sostanza integumentale, e del collo tutto sino alle vertebre, oltre molte ferite nel resto del corpo. Nel seguente giorno 5 era tuttavia in quel luogo il cadavere, che giusta le leggi che noi rispettiamo sempre senza sempre ammirarle, non poteasi trasportare se non precedea la visita del Giudice. Cominciò quel giorno in que’ d’intorni a spargersi voce, che non una, ma due fosser le Fiere. Tale sospetto già era nato dall’udire, che in sì distanti luoghi, e in sì vicini tempi succedessero le stragi; ma fuvvi in quel dì chi disse d’averle vedute unite movere a passi lenti entro il bosco; e tali ei le descrisse, che il maschio parea più agile, e snello; e femmina l’altra con pendenti zinne. Malgrado questa minuta descrizione non sen fece gran caso. I cacciatori, e Milanesi, e de’ vicini monti, di cui parlammo, seguiano a percorrere, e devastare le campagne. La Congregazione Municipale, non già che insufficienti riputasse i mezzi opportunamente presi dal Regio Governo, ma per mostrare pur essa una giusta premura di veder presto tolto di mezzo questo orribil nemico della pubblica tranquillità, e della vita de’ contadini non solo offrì pur essa un premio di 50 Zecchini per accrescere il già proposto dalla Conferenza Governativa; ma offrì colle dovute cautele schioppi a chiunque non potea provedersene altronde col seguente

A V V I S O.

LA Congregazione Municipale di Milano notifica al pubblico d’avere in via sussidiaria alle providenze già date dalla Regia Conferenza Governativa, ed attese le straordinarie circostanze del caso, stabilito un premio di Zecchini 50 per l’uccisione di quella qualunque Bestia, che da qualche tempo infesta la Provincia, e diè morte ad alcuni fanciulli riportandosi per la prova, e pagamento al disposto nel recente Avviso della prefata Regia Conferenza, e di avere inoltre ordinata per agevolare tale uccisione la consegna de’ fucili, e bajonette dell’armerìa civica, che si richiederanno per le Comunità dai Regi Cancellieri distrettuali muniti delle opportune facoltà contro loro obbligo in iscritto di farne la restituzione in istato lodevole tosto cessato il bisogno.

Milano li 7 Agosto 1792.

Frattanto ai racconti degli avvenimenti tragici sen frammischiano de’ ridicoli; alcuni de’ quali immaginati erano, altri veritieri. Faceta fu la burla che molti Garzoni di Bottega fecero ad un oste. Essi armati di schioppo, e sciabola avviaronsi alla Caccia sul mezzo dì essendo presso a una buona osteria un buon pranzo ordinaronsi, e avendo deposte le armi, che l’oste addocchiate avea come un pegno, fecero gozzoviglia. Sul finire del pranzo prima che l’oste portasse loro il conto, ecco, uno arriva ansante, e annuncia nel vicin Campo la Bestia: ognun corre all’armi, ognuno balza fuori armato. L’oste tripudia perchè presso all’osteria sua verrà uccisa la fiera. I cacciatori si sbandano, e l’Oste col conto in mano gli aspetta ancora. Dicesi esser ciò avvenuto al giorno 10, ma al giorno 11 fummo nuovamente a tragedie più tristi delle prime. La Fiera fatta più ardita s’avvicina alla Città, e viene alla Cassina di San Siro che n’è distante appena un miglio fuor di Porta Vercellina.Sceglie il mattino, e già ben alto il sole, e s’introduce in un Campo di gran-turco. Forma il suo covaccio sotto una vite scavando il terreno a tal curvatura da potervi comodamente giacere. Vanno in quel Campo alcune ragazze a cogliere le erbe inutili, al doppio oggetto di pascerne il bestiame, di sgombrarne il fondo. La Bestia loro s’accosta, le odora per iscegliere il boccon migliore: già prendeane per la gonnella una di otto anni ma pentitasi si avventò ad una di dodici che avea nome Regina Mosca, e l’afferrò pel collo co’ denti, mentre colle ugne lacerolle il petto. Alle grida delle compagne, e de’ vicini contadini che accorsero la Bestia lasciò la preda mancante di parte del collo, sicchè parea, che le fosse al tempo stesso stato succhiato il sangue della vena jugulare. Questa avidità di sangue erasi argomentata anche in altre simili uccisioni, onde inferivasi, che nè Lupo fosse nè Orso, ma bensì Jena, o Lupo Cerviero.