Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. V/Libro III/V

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Libro III - Cap. V

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CAPITOLO QUINTO.

Fattezze, Religione, Frutta, Clima e maravgliose

Barche dell’Isole Mariane.


S
Ono gli abitanti delle Mariane di statura gigantesca, corpulenti, e di gran forza; ponendcoi sulle spalle un peso talvolta di 500. libbre, come se fusse un nulla. Sono anche valenti notatori, correndo sotto acqua, sino a prendere i pesci; e perciò sono quasi tutti rotti. Viveano, prima, che vi entrassero gli Spagnuoli, sotto un Capo, o Principale, erranti, e nudi per lo monte. Non conosceano fuoco, nè uso di ferro; ma mangiavano il pesce crudo, (ed alcuni putrefatto) cocchi, e radici, bevendo acqua pura; quantunque tenessero quantità di cocchi, per far vino, ed olio. Non vi era, per lo passato, nè vi è oggidì fra di loro contratto dì vendita, ma solamente permutazione: e per molte pezze da otto, che vi recassero gli Spagnuoli, non vi sarebbe chi vendesse loro un Cocco, o una gallina, e si vedrebbono morir di pura fame, se non dassero tela in iscambio, panno, ed altre cose, di cui quelli han di bisogno. [p. 284 modifica]

In tutte l’Isole, scoperte sin’ora non si trovò vestigio di Religione; siccome mi riferirono più PP. Missionarj, che vi aveano fatta lunga dimora; ma solamente una gran venerazione a’ loro antepassati (e ciò non per amore, ma per timore) tenendo i teschi de’ medesimi nelle loro case, ed invocandogli nelle necessità: donde si scorge però, che hanno qualche retta opinione dell’immortalità dell’anime, e che vi sia un qualche luogo, per loro dimora, dal quale ponno dare ajuto, o far del danno. Hanno lingua differente delle Filippine. Usano per armi lancia, colla punta, fatta d’osso di gamba umana, o di pietre aguzze.

Quantunque, in queste Isole, gli alberi non siano così folti, e grandi, come nelle Filippine; non perciò il terreno non è ottimo produttore di tutto ciò, che fa d’uopo agli abitanti. Per lo passato non vi avea, che le frutta del paese, e alquante galline; ma poscia, colla dimora de’ Padri Giesuiti, e de’ soldati; evvisi introdotto il riso, legumi, ed altro dell’Isole Filippine: e quanto agli animali, cavalli, vacche, e porci, i quali si sono moltiplicati assai ne’ monti. Non vi erano nè anche sorci; però, col passo continuo de’ vascelli, ora ve [p. 285 modifica]n’ha abbastanza. Non vi nascono a patto alcuno animali velenosi.

Il maraviglioso frutto, e singolare di quest’Isola, è il Rima, che serve agli abitanti di pane, molto nutritivo. La pianta è folta, e frondosa: il frutto quanto una testa di uomo, del color del dattilo, ma spinoso, come la Giacca di Goa; e vi ha un nocciolo nel mezzo, simile a una noce bianca. Egli cotto, e arrostito serve di pane, e si conserva quattro, e sei mesi. Il sapore è di fico d’India, o plantano. Oltreacciò abbondano i monti di palme di cocchi.

Il Ducdù è un’albero simile alla Rima; e’l frutto, al di fuori verde, s’assomiglia a una pera lunghetta. La polpa interiore si è bianca, e molle, attaccata a circa 15. noccioli, che arrostiti hanno il sapor di castagna, come quei della Giacca. Vi sono medesimamente, per cibo comune, quantità di radici; cioè a dire, di Ubi, Gave, Camotte, ed altre. L’acque sono anche ottime.

L’aria è migliore, e più temperata di quella di Manila; sebbene l’Isola stia nel medesimo paralello d’Yguana, e della Sarpana.

Stravagantissime sono le picciole barchette di quelle Isole, sì per la struttura, [p. 286 modifica]come per la velocità. Elleno sono fatte di due curvi tronchi d’alberi, cavati, e cuciti insieme con vexuco, o canna d’India. La loro lunghezza è di cinque in sei braccia; e perche la larghezza non eccede i quattro palmi, e di facile si volterebbe sossopra; vi aggiungono a’ lati altri pezzi di legno intero, i quali la tengono in equilibbrio: e quanto a’ passaggieri, come che appena è capace di tre marinai Indiani, vi fanno nel mezzo un tavolato, disteso dall’una, e l’altra parte sull’acqua; e quivi va la gente, che vuol far cammino. De’ tre marinaj suddetti, uno sta sempre nel mezzo, a tor via l’acqua, che infallibilmente entra per sopra, e per le commessure della barca: gli altri due se ne stanno, a darle moto, e reggerla, nelle due estremità. La vela è come quella, che noi chiamiamo Latina, fatta di stuoja, e lunga quanto è la barca; e perciò un vento in poppa, potendola far rivoltare facilmente, lo schifano quanto ponno. Di velocità non v’è alcuna sorte di barche, che possa agguagliarla; poiche fa dieci, e dodici miglia Italiane ad ora. Avendo a ritornare da qualche luogo, senza voltar la prora, si muta solamente la vela, e quella, ch’era poppa, divien prora; e colui, [p. 287 modifica]ch’era alla prora, divien Timoniere, e per lo contrario. Avendosi ad accomodar la barca, sopra l’istessa vela si pongono le robe, e passaggieri; e prestamente si raggiusta, e raddrizza, essendosi rivoltata: stravaganze, che appena credono gli stessi Spagnuoli, che le veggono tutto dì. Benche siano acconcie solamente per cammino brieve; pure, in un caso d urgente necessità, se ne partirono due da Yguana, attraversando un golfo di 900. miglia Italiane, per venire nelle Filippine; però se ne perdette una. Acciò il lettore meglio comprenda la sua struttura, ne ho fatto intagliare il disegno.