Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. VI/Libro II/X

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Libro II - Cap. X

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CAPITOLO DECIMO.

Frutta, e Piante della nuova Spagna.


A
Dire il vero il principal frutto della nuova Spagna si è l’oro, l’argento, le perle (che si pescano ne’ suoi mari) gli Smeraldi, che si truovano fra’ sassi nel Regno di S. Fè, ed altre gemme del Perù: però avendone ragionato altrove, non fa quì d’uopo ripeter lo stesso.

Parlando adunque delle frutta prodotte dagli alberi, vi sono tutte l’Europee; fuorche le nocciuole, ciriegie, nespole, o sorbe. Del paese vi sono Plantani, Piñas, o Ananas, Anonas, Cocchi, Ates, e Dattili; delle quali altrove notai le proprietà, e figure. Le particolar, che altrove non si [p. 208 modifica]truovano, o pure, se nascono nelle Filippine, vi furono dall’America portate; sono le seguenti. L’Aguacate nasce da un’albero, simile a quello della noce, però più folto. La sua figura suol essere alle volte lunghetta, come una pera, ed altre rotonda. Di colore è verde al di fuori; e verde, e bianco al di dentro, con un grosso nocciolo nel mezzo. Di sapore, è soprammodo esquisito, tanto se si mangia crudo col sale, come cotto; perocchè ha molto dell’untuoso, e dolce. I Medici lo riputan caldo, e perciò lo vietano alle balie, acciò non perdano il latte. Certamente, chiunque l’ha assaggiato, dice che supera ogni frutto Europeo.

Il secondo luogo si deve alle Sapote, che sono di quattro diverse specie. Certe si chiamano Sapote prieto; il di cui albero è grande quanto una noce, e folto; però di frondi verdissime, e più picciole. La frutta è rotonda, e con una delicatissima scorza verde al di fuori: al di dentro ha il colore, e sapor della cassia, con quattro noccioli piccioli. Acerba è veneno a’ pesci, matura, molto salutevole agl’infermi.

La seconda spezie si chiama Sapote bianco. L’albero è alto come un pero, folto di [p. 209 modifica]foglie: il frutto è grande quanto una pera, di color verde al di fuori, e dentro bianco, con quattro noccioli, anche bianchi. Ha virtù di conciliare il sonno.

La terza si dice Sapote Boracho. L’albero è simile al mentovato; ma con rami più vistosi. Il sapor della frutta partecipa d’agro, e di dolce, però molto soave: il colore è gialliccio, e verde al di fuori, e al di dentro bianchiccio, con due noccioli.

La quarta vien detta Chico sapote. L’albero è alto, grande, e frondoso più della noce. La frutta al di fuori è quasi paonazza, e dentro più accesa. Tiene quattro noccioli piccioli, collocati, come in tante nicchie. Il sapore è dolce, e’l più celebrato, di quanti ne nascono in terra calda. Se ne fa anche una composizione, che masticano le Dame, per conservar netti i denti.

Il Mamey è un’albero molto alto, e folto, che sempre tiene frutte, da un’anno all’ altro, grandi quanto un buon limone. Al di fuori sono del color della scorza del formento; e dentro incarnate, con un nocciolo grande paonazzo, che contiene un’anima, come mandorla amara, che si chiama pestle; di cui si servono ne’ serviziali.

La Granadilla di Cina vien prodotta [p. 210 modifica]da una pianta, come edera, che avvolgendosi a qualche albero, lo cuopre tutto. Ella è grande quanto un’uovo, e così liscia: di colore giallo, e verde al di fuori, e dentro bianchiccio, con granelli simili a quei delle uva. Il sapore è dolce, ma che inchina a un’acido assai soave, che piace molto alle Dame. Alcuni vi si vanno figurando dentro, colla fantasia, gli strumenti della Passione di Cristo, come si vede nella sua figura.

Tutte le mentovate frutte si mangiano in Mexico, dal mese di Marzo sino a Settembre; però i mammei, e sapote prieto, si truovano sempre ne’ monti, a piacer di chi ne vuole.

Fra le piante dell’Indie, deesi il primo luogo al Cacao, sì per l’utile, che porta a’ padroni, come per esser ingrediente d’una bevanda, divenuta quasi generale a tutto il Mondo; e di sommo gusto, particolarmente a gli Spagnuoli. Si semina il cacao in terra calda, ed umida, coll’occhio in su, ben coperto di terreno. Nasce a capo di 15. giorni, e tarda due anni a crescere tre palmi; altezza, che fa d’uopo, per traspiantarsi: in che è d’avvertire, che bisogna sveller la pianta, con tutto il terreno, che cuopre le radici. Quando poi si [p. 211 modifica]piantano, denno stare a fila, l’una discosta dall’altra 18. palmi. Vi si pone un palo per reggere ciascheduna, e all’incorno plantani, ed altri alberi fruttiferi, perche coll’ombra di questi cresce notabilmente. Di più bisogna togliere tutt’i virgulti dal piede del cacao (acciò non impediscano l’avanzarsi in alto); tenere netto il terreno dall’erbe cattive, e custodir la pianta dal freddo, dalla soverchia acqua, e da alcuni vermi, che vi soglion nascere. A capo di cinque anni si truova cresciuta della grossezza d’un pugno, ed alta sette palmi; e dà frutto. Le sue foglie sono simili a quelle del castagno, poco però più strette: il fiore nasce per tutto il tronco, e rami, come i gelsomini; però appena la quarta parte ne rimane. Dal fiore esce una spighetta, come quella del grano d’India, la quale acerba è verderognola, e matura del color della castagna, e talvolta gialla, bianca, e turchina. Dentro di essa si truovano i grani del cacao (con molta lanugine bianca) al numero di 10. o 15. Si colgono simili spiche ogni mancanza di Luna, s’aprono con un coltello, e se ne toglie il frutto. Questo si pone in casa ad asciuttarsi per tre dì all’ombra; per tre altri poi si lascia al Sole; quindi [p. 212 modifica]altrettanti in casa; e finalmente di nuovo al Sole, acciò divenga ben secco. Rendono questi arbuscelli l’aria alquanto nociva.

La Vainiglia è una canna d’India, della grossezza d’un dito, dagli Spagnuoli detta Vexuco; che si avvolge, com’edera, al melarancio. Quella guainetta, che produce, quando si toglie dall’albero, è verde; però si fa seccare al Sole, e si stira di quando in quando, acciò non s’apra; e in fine riman dura, e nera. Gli Spagnuoli, per farle più odorigere, le sogliono bagnare con vino generoso, in cui sia bollita in pezzetti una di esse. Nasce nella Costa Meridionale della nuova Spagna.

Il Cacao, e la Vainiglia, come ciascun sa, sono i principali ingredienti della cioccolata. Gli Europei pongono ad ogni libbra di cacao altrettanto zucchero, e un’oncia di cannella. Gl’Indiani non si servono di vainiglia, o siano Nobili, o Plebei, nettampoco gli Spagnuoli, che dimorano in America; perche dicono che sia dannosa: e la bontà della lor cioccolata consiste nel buon cacao, e cannella; aggiungendovi, per ogni libbra di cacao due oncie di grano d India, acciò faccia più spuma; non per risparmiare il cacao, che in quelle parti è molto mercato. Altri vi [p. 213 modifica]pongono le scorze dell’istesso cacao, per la medesima cagione. In Europa sogliono aggiungere al cacao alquante nocciuole, per dargli un non sò che di grazia. La bevanda è antichissima, e usata dagl’Indiani prima, che gli Spagnuoli conquistassero il lor paese; però la diligenza Spagnuola la perfezionò. Oggidì è così usitata nell’Indie, che non vi è Nero, nè facchino, che non ne prenda ogni dì, e i meglio agiati quattro volte il giorno.

Per l’utile vi è un’altra pianta in India, detta Maghey, che nasce in terra temperata. Dalle foglie si tragge canape, per far funi, e sacchi, camicie, merletti, ed altri lavori dilicati, come quei di seta. Se ne cava oltracciò vino, aceto, acquavite, melo, e balsamo efficace. Il licore, quando esce dalla pianta, è dolce, come mele; indi a qualche spazio assaggiato, ha il sapore dell’acqua aloxa di Spagna, ed è giovevole alla difficultà d’urina, ed altre infermità. Gl’Indiani vi pongono dentro una radice, che lo fa bollire, e fermentare come il vino; e quindi inebbria altresì, qual vino, e si chiama Pulche. La pianta si truova ordinariamente in campagna; e in Spagna, particolarmente andando dal Porto di S. Maria, a S. Lucar. S’assomiglia [p. 214 modifica]alla sempreviva; però è molto più alta, e le sue foglie son più grosse, e solide. Quando ella è di sei anni, si tagliano lo foglie nel mezzo, facendovi una concavità, nella quale si va raccogliendo il licore; che gl’Indiani ogni mattina raccolgono, e ripongono entro vasi, per un mese continuo; dopo di che la pianta si secca, e crescono in suo luogo i germogli: di modo tale, che, con ragione, viene ella appellata, la vite d’India. Quando bene non si tagliasse, non produce altro, che un gambo, come ferula, con frutta inutili. Acquavite se ne fa della medesima maniera, che si è detto del vino di cocco, nel precedente volume.

E’ sì universale fra gl’Indiani questa bevanda, che il dazio sopra di essa in Mexico non era meno di 110. mila pezze d’otto; ma per ordine Regio si tolse, dopo il fuoco posto da essi alla piazza, e Palagio, nel 1692. com’è detto di sopra; e fu vietata anche la bevanda. Con tutto ciò non lascia d’introdursene; e alcuni Spagnuoli ne bevono niente meno, che gl’Indiani; onde, in tempo della mia dimora, era venuto ordine del Rè, che si riponesse di bel nuovo la gabella, e si permettesse la bevanda, come prima. [p. 215 modifica]

I fichi d’India non solo producono frutta saporose, ma eziandio la grana, per fare il color purpureo, siccome è detto. Per lo colore azzurro poi vi e la pianta, detta de l’Aguil, che abbondantemente nasce nell’Isola di S. Domingo, e altrove. Oltre tante piante Indiane, che per brevità si tralasciano; vi sono quasi tutte l’Europee, di cui non fa qui d’uopo, far menzione.