Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. VI/Libro III/VI

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Libro III - Cap. VI

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CAPITOLO SESTO.

Continua l’Autore a narrare ciò che gli accadde nella Vera Crux,

sino al suo imbarco.


R
itornai la Domenica 10. nella Vera Crux sul tardi; e’l Lunedi 11. portati meco i dilicati fagiani, che avea uccisi, andai a desinar col Governadore.

Il Martedi 12. andai parimente a caccia nell’azienda di S. Juan; dove, oltre il giardino, copioso di varie frutta, e spezialmente d’agrumi; trovai un boschetto pieno, e d’ucelli, e di fiere. Il padrone della massaria mi ricevette amorevolmente. [p. 283 modifica]

La mattina del Mercordi 13., colla guida d’un mulato, che mi condusse per la selva, lungo la riva d’un buon fiume; uccisi alcuni fagiani reali. Avendo poi fatto cader vivo un cinghiale, il male accorto mulato corse, e lo prese per un piede; onde la fiera voltatasi, gli passò da parte a parte il braccio, colle taglienti zanne. Dee notarsi, che quantunque i cinghiali d’America non mandino fuori alcuno escremento, per quel bellico, che dissi avere sopra la schiena, un palmo lontano dalla coda; ne tramandano però un’odor cosi reo, che se non si taglia subito dopo ucciso, infetta tutta la carne, sicchè non si può mangiare. Ritornai in casa l’istesso dì, pieno di Garrapattas; animaletti silvestri, come piattole, che dalle piante s’attaccano agli abiti de’ viandanti, e penetrano sino alle carni; tal che abbisogna gran forza, e diligenza a trarsele di dosso.

Il Giovedi 14. feci apparecchiare all’uso d’Europa il cinghiale, e poi ne feci parte al Governadore. Si diede il Venerdi 15. la paga alla milizia, coll’assistenza del Governadore, nella Contadoria Reale. La notte un gran vento Settentrionale danneggiò l’Ospedale, ed altre case della Città; e i vascelli, ch’erano nel porto stettero [p. 284 modifica]per perdersi; onde la mattina del Sab. 16. si seppe, che l’Almirante della flotta teneva sette braccia d’acqua.

Sentii messa la Domenica 17. nella Mercè; ove vidi 13. Altari, poco ornati. Il Convento è pessimo; il campanile però è ottimo. Venne il Lunedi 1 8. ordine da Mexico, che si sollecitasse la partenza della flotta.

Entrai il Mart. 19. a vedere il Convento di S. Francesco de’ PP. del suo Ordine; e trovai una Chiesa, con 11. Altari, e poi capaci dormentorj per la famiglia. Il Mercordi 20. fui in S. Domenico de’ PP. Predicatori. La Chiesa è picciola, con soli nove altari; e’l Convento povero.

Per la festività di Nostra Signora dell’antiqua, si cantò la messa, nella sua Chiesa parrocchiale, il Giovedi 21. Quindi si fece la processione; e si trasse a sorte un’orfana, per darle dote di 300. pezze, raccolte fra i Cittadini.

Il Venerdi 22. sentii messa da’ PP. Agostiniani; i quali, per la povertà, non hanno Chiesa, ma un picciolo Oratorio.

Il Sabato 23. andai nell’Ospedal de’ PP. di S.Ippolito, diviso in due; uno per le donne, l’altro per gli uomini; amendue però piccioli. [p. 285 modifica]

Udii Messa la Domenica 24. nella Chiesa Parrocchiale: ma il dopo desinare non potei uscir di casa, per la molta acqua caduta; di modo che il Lunedi 25. tutta la Città era piena di laghetti; cosa, che non suole accadere in tai tempi. Per affari della flotta venne il Martedi 26. un altro Corriere da Mexico.

Il Mercordi 27.per non starne così neglittoso, me ne andai al solito esercizio della caccia, in S. Juan; ed uccisi un cinghiale.

Il Giovedi 28. lungo il fiume (sotto l’ombra di vaghe palme, limoni, e melaranci) mene andai cacciando; ed uccisi un di quei fagiani, che gli Spagnuoli dicono Grittones.

Passai il tempo nella stessa guisa il Venerdi 29., ed avendo ferito mortalmente un pappagallo, cadendo cominciò a gridare, come un’uomo, quasi chiamando in ajuto gli altri della sua spezie; i quali correvano gridando, anch’essi, a stormo, sicche coprivano l’aria. Uccisi poscia due fagiani reali, l’un maschio, e l’altro femmina; perocchè essi vanno sempre insieme uniti. Il primo ha tutte le piume nere, fuorchè sotto il ventre, e un cimiere vagamente arricciato, sul capo; la [p. 286 modifica]femmina è a color di cannella. Quei, che si chiaman Grittones sono piccioli quanto un fagiano Europeo, e tutti neri. Le loro ossa sono velenose a’ cani.

Voleva io andar di notte a caccia di Galli d’India, che s’uccidono a lume di Luna, sopra legni secchi; però essendo occupato il Mayor dell’Azienda in uccider Tori, mi ritirai. Il Sabato 30. passai per l’Azienda di Santa Fè; e di là in quella di San Iuliano (dopo tre leghe) dove volli pernottare, perche mi dissero esservi gran quantità di Galli d’India.

La Domenica primo di Decembre, uccisi prima una fagiana Reale, e poi quattro Galli d’India. Questi silvestri sono nemicissimi de’ domestici, tanto che gli uccidono, quando vien loro in acconcio. Il Lunedì 2. a buon’ora, fatte tre leghe, me ne tornai alla Vera Crux.

La festa di S. Francesco Saverio si celebrò solennemente il Martedì 3. coll’assistenza del Governadore, Alcaldi, Sergente maggiore, e due Capitani di Fanteria, che sedettero in un Banco. Essendo andato a trovare il Governadore, che m’avea invitato a desinar seco; mentre stavamo passeggiando, nel corpo di Guardia; un’Alcalde venuto a parole con uno [p. 287 modifica]Scrivano, poco mancò, che non l’uccidesse, se non fusse stato ritenuto dal Governadore. Dissimulò questi la gravezza del delitto, di por mano alla spada in sua presenza, e in quel luogo, dove era il ritratto di S. Maestà; e ne mandò tutti e due alle loro case. Io per altro mi confesso eternalmente tenuto alla sua gentilezza; perocchè vedendomi risoluto di andare all’Avana, per quivi potermi imbarcare su i Galeoni; mi disse il Mercordì 4., che non parlassi ad alcun Capitano delle tre fregate, ch’erano in porto; ma che vedessi pure sopra quale volea andare, che sarebbe stata sua cura, siccome in fatti fece.

Tornai il Giovedì 5. nell’azienda di S. Iulian a caccia; e nel passar che feci, a veduta d’alcune antiche Piramidi, uccisi un fagiano. Il Venerdì 6. uccisi molti Pitos Reales, di cui s’è ragionato di sopra. Il Sabato 7. uccisi un’altro fagiano; però il diletto della caccia fu contrappesato dal tornar la sera a casa carico di Garrapatte.

La Domenica 8. si celebrò la festa della Santissima Concezione, nella Chiesa della Mercè; e’l dopo desinare vi fu una sacra rappresentazione sull’istesso [p. 288 modifica]soggetto. Il Lunedì 9. disperato da’ Medici, si confessò, e comunicò l’Almirante della flotta; lasciando un valsente di 150. mila pezze da otto.

Il Martedì 10. D. Francesco Loranz, y Rada, Cavaliere di San Giacomo, e Governador della Piazza, non mai sazio di favorirmi, mi diede efficaci lettere di raccomandazione, per alcuni Capitani di Galeoni suoi amici; e un’ajuto di costa per lo viaggio.

Il Mercordì 11. udii la seconda rappresentazione, in onor della Vergine; e poco dopo mi sopravvenne una gagliarda febbre, la prima che sperimentassi dopo cinque anni di peregrinatione. Il Giovedì 12. D. Antonio Peñatola, Capitan di cavalli nella Vera Crux, mi fece un buon regalo di cose dolci, per lo viaggio. Il Venerdi 13. si fecero l’esequie dell’Almirante. Precedevano due Compagnie, coll’armi rivolte: quindi venivano un Cavallo, e un Nero coperti di gramaglia; e in fine il corpo era portato da quattro Capitanj. Chiudeano la pompa tutti gli Officiali, vestiti di nero.

Giunto nella Chiesa di S. Francesco Saverio, le compagnie rimasero squadronate nella piazza; e poi fecero una scarica [p. 289 modifica]nell’elevazion dell’ostia; stando in Chiesa un Capitano, e un’Alfiere colla bandiera. La sera al mal della febbre mi si aggiunse quello, dell’essermi rubata una mula da dentro la stalle regie; sì destri sono i ladri di que’ paesi.