Gli assempri/Come Santo Iacopo di Galizia liberò un mercatante al quale per aver denari si voleva dare al diavolo

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Come Santo Iacopo di Galizia liberò un mercatante al quale per aver denari si voleva dare al diavolo

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Come Santo Iacopo di Galizia liberò un mercatante al quale per aver denari si voleva dare al diavolo
D'un fanciullo religioso al quale apparbe Gesù Cristo in forma d'un venerabile uomo e mostrogli la piaga del costato D'un giovano che bastemiò San Francesco

[p. 90 modifica]Come Santo Iacopo di Galizia liberò un mercatante al quale per aver denari si voleva dare al diavolo.

CAP. 25.°


Fue ne la città d’Arezzo un mercatante el quale aveva nome Marino di Celaio. Questo Marino era uomo dissoluto, e massimamente nel giuoco, et aveva un suo figliuolo piccolo, e secondamente che viveva el padre, così el fanciullo el seguitava. E secondamente che ’l padre viveva male, così male e peggio alleva va el figliuolo. E così molte volte avviene massimamente al di d’oggi che i miseri dolorosi, tristi e sciagurati padri e madri per mal gastigare e’ lor figliuoli gli mandano allo ’nferno eziandio piccoli fanciulli, e cosi son cagione de la dannazione de lor figliuoli. E non dubbitino che l’anime loro lo’ saranno richieste da Dio de le lor mani. Avvenne che ’l sopra dette Marino infermando gravemente si botò d’andare a visitare la casa del glorioso appostolo misser Santo lacomo di Galizia, e fatto ’l boto in pochi dì fu guarito. Et essendo guarito come ingrato e sconoscente de la grazia ricevuta, non pensava di trarre a fine el boto [p. 91 modifica]suo et eziandio non amendava la sua mala vita. E una mattina en fra l’altre giocando a zara perdè dugento denar d’oro,1 e tornando a mangiare a casa per lo gran dolore e tristizia si disperava, cioè che continuamente frase medesimo chiamava ’l diavolo dicendo che voleva esser suo in anima et in corpo, et egli gli desse denari e facesselo ricco acciò che egli non venisse nell’ultima povertà; e cosi favellando fra se medesimo gionse a la casa. La moglie sua sentendolo venire aveva colto et apparecchiato, e trovò le scudelle per farle perch’egli mangiasse. Egli giognendo ne la corte entrò en camera subbitamente per lo gran dolore e malenconia. E mirando, vide sedere sul goffano appiei el letto due in abito di religiosi, e vedendoli ritornò in corte verso la moglie con dupplicata turbazione e dissele: sozza troia putta, che fanno que‘ frati in camera? Allora la moglie ch’era onestissima e buona donna, turbatamente si voltò verso lui e disseli; che vuo’ tu dire: se’ tue ‘npazzato o hai el diavolo addosso, segnati, mira quel che tu dici. Al lora Marino ritornò en camera e disse a quegli religiosi; che gente sete voi e che fate voi qui? [p. 92 modifica]Allora l’un di loro rispose e disse. Noi siamo coloro che tu hai chiamati, che t’aviamo arrecati e’ danari che tu ci hai chiesti se tu vuogli esser nostro quando tu morrai, e di questo vogliamo che si tragga carta. Allora el detto Marino disse ch’era contento secondamente ch’eglino avevano detto, pur che eglino gli dessero tanti denari che egli fusse ricco e che egli potesse vivare a onore in questo mondo. Allora l’un di loro trasse fuore una gran tasca di fiorini e disse al compagno: chiama ser Giontino da Monte Luccio, ciò fu un notaio che era morto pochi di innanzi, et era stato iniquo uomo e morto senza lengua,2 et era stato suo vicino. Allora ser Giontino apparbe ineFonte/commento: 251 visibilmente come quando era vivo. Allora Marino vedendolo si maravigliò molto, et ebbe grandissima paura però che ’nsino a questo ponto non aveva avuto paura nessuna perch’era in tanta disperazione che non aveva quasi sentimento di cavelle, et anco perchè vedeva le dimonia in abito di religiosi non ne temeva. Ma pur vedendo quel ser Giontino, perchè aveva avuto con lui molta notizia et aveva fatto mala fine temette molto e venne quasi tutto meno. [p. 93 modifica]Unde facendosi forza et assicurandosi come potè si ’l dimandò e disse. Non se’ tu ser Giontino? Egli disse di sì. Allora disse Marino, or che fate voi qui? Egli rispose: io so’ el notaio dello ’nferno che so’ venuto a rogare la carta che tu vuogli fare a costoro, sicchè se tu ’l vuogli ch’io la roghi ora ’l dì. Allo’ Marino disse ch’era contento, et anco quegli falsi religiosi gli dissero ch’egli la rogasse. Sicchè ’l notaio prese la carta e ’l calamaio e pose la penna en su’ la carta per escrivare. E posta la penna en su’ la carta la teneva ferma e non la mutava. Allora que gli falsi religiosi gli dissero: che non scrivi? E ’l notaio levò ’l capo e disse: io non posso che cotestui non vuole. E subbito visibilmente apparbe ine el glorioso Appostolo Misser Santo Iacomo di Galizia e prese el detto Marino per la mano e disse. Non temere figliuol mio ch’io t’aitarò: tu sai che tu ti botasti d’andare a la mia casa et imperò attiene in prima a me el boto che tu mi facesti e poi fa ciò che ti piace. E dette queste parole ogni cosa disparve. Allora el detto Marino, con molta contrizione e con molto pianto, andò al luogo di Santo Augustino e fecesi dimandare un venerabile maestro che v’era, el qual era aretino et aveva nome Maestro Pietro e da lui si confessò [p. 94 modifica]generalmente di ciò ch’egli aveva offeso Idio tutto ’l tempo de la vita sua, e poi prese una cappella ne la chiesa di Santo Augustino a reverenzia del glorioso Appostolo Messer Santo Jacomo e fornilla di ciò che bisogno. E lassù a Maestro Pietro che facesse dipegnare ne la sua Cappella el sopra detto assempro come detto è di sopra. E fatto questo, prese ’l figliuolo et amenduni si missero in camino. Avvenne che essendo già quasi a mezza via, una mattina per tempo essendo entrati in camino e mirando, viddesi dinanzi tanti corbi che pareva che la terra e l’aere ne fusse piena e tutti pareva che venissero verso lui. Allora Marino cominciò molto a temere però chè era tanto el gracidare che facevano che si stimava come gli fussero appresso che lo ’ncredibile romore che facevano el dovessero trarre di memoria e farlo sciaravellare. Sicchè vedendo cosi orribile cosa, ricorse al suo padrone et avocato e devotamente si raccomando a Dio et al benedetto Santo Jacomo e fecesi ’l segno de la Santa Croce, e subbitamente tutti sparirono. E cosi per tutto quel camino ebbe molte battaglie et impedimenti da le dimonia per farlo tornare adietro. Ma Marino si pose in cuore che se dovesse morire tra via egli e ’l figliuolo, mai non tornerebbe a dietro insino [p. 95 modifica]a tanto che compisse el suo viaggio. Le quali battaglie et impedimenti lasso stare per non prolongar parole. Unde per la grazia di Dio e dell’Appostolo Misser Santo Jacomo andò e gionse a la casa sua in Campostella sano e salvo. E fatta che ebbe la sua debita reverenzia e devozione si ritornaro ad Arezzo egli e ’l figliuolo sani e salvi. E poi ogn’anno faceva la festa di Santo Jacomo ne la sua cappella, e faceva a’ frati una bella refezione e veniva a mangiar con loro. E mangiato che avevano, sempre con dolci lagrime recitava le sopra dette cose. E mirabilemente mutò la vita sua in bene e visse e morì santamente. Nel figliuolo di questo Marino potrebbono e’ miseri padri e madri prendere assempro e dottrina, cioè di gastigare e’ lor figliuoli e di correggiarli e d’ammaestrargli mentre che son piccoli, però che molto giova a farli buoni, e se non in tutto almeno in parte, e se pur troppo non lo’ giovasse son poi scusati nel cospetto di Dio; che per certo abbiano che l’anime loro lo’ saranno poi richieste da Dio de le lor mani in gran giudicio sopra l’anime loro o veramente in gran merito se gli gastigharanno et ammaestreranno bene. Et avenga che ’l sopra detto Marino amendasse e correggesse la sua vita, nondimeno e1 figliuolo per lo mal [p. 96 modifica]principio e gattiva dottrina che ebbe dal padre, mai non s’amendò nè si corresse ed essendo assai giovano fece mala fine. De le sopra dette cose tanti testimoni ne fuorono quanti uomini nel tempo suo erano in Arezzo, però chè tanto godeva quant’egli aveva chi lo stesse a udire E anco la moglie ne fu testimone che udì et intese tutte le parole che fecero ne la camera.


Note

  1. Equivarrebbe a circa L. it. 4000.
  2. V. spoglio. Lengua.