Gli elogi del porco/Lettera all'abate Frugoni

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../Risposta del signor abate Frugoni IncludiIntestazione 30 dicembre 2011 100% Da definire

Capitolo secondo Risposta del signor abate Frugoni
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H
O voluto compire il mio Furto in tutte le sue parti. Oltre i Capitoli eravi ancora una Minuta di Lettera del nostro Autore, indirizzata all’immortale Sig. Abate Frugoni, e di quest’ultimo la risposta originale. Malgrado un oracolo cotanto sicuro, e animatore, egli si è tenuto infino ad ora indeterminato; e Dio sa quando fosse venuto in risoluzione per le Stampe. Io aggiungo l’una, e l’altra, sperando di far cosa grata, e che i puliti Scrittori di Lettere me n’abbiano a saper qualche grado.


Illustrissimo Sig. Sig. Padron Colendissimo


II
Nvio al temibile Tribunale di V. S. Illustriss. que’ due siffatti miei Parti = Su l’Animal di Sant’Antonio Abbate =. Ho dovuto ubbidire. Che non potrà Ella mai in ogni tempo sovra di me? Poveri sfortunati! Vengono nudi, e crudi, come son nati, senza che io possa raffazzonargli in qualche verso, e mettergli in qualche po’ d’equipaggio. Ma! La medica circoscrizione di mie fatiche mentali la vuole presentemente così. Pazienza! Oh troppo imperfetta natura! Vengono pieni di una ereditaria considerazione inverso della celebratissima Persona sua, e vengono instrutti dell’autorevole Valentuomo, a cui si deggiono presentare: Che io, se V. S. Illustriss. ancor nol fa, per ogni ragion di giustizia, per elezione, per gratitudine, e per un naturale invogliamento alle tanto difficili trionfatrici bellezze della Poetica facoltà, la venero, l’ammiro entro me stesso, e fuor di me poi la celebro coll’universale consenso per [p. xlv modifica]uno de’ primi Luminari Poetici del Secol nostro: E cultor temerario io pure d’un’Arte riserbata soltanto al fervido acume de macchinosi Talenti peregrini, non mossero giammai i passi miei, che su quell’Orme profondamente sicure, e stabilmente luminose, che a rifiorimento novello delle Italiche Muse, e a lor migliore comparsa in Greche, in Tosche, ed in Latine vaghezze impresse, e imprime pur tuttavia la feconda mai sempre, e sempre uguale a se stessa infaticabil sua mente..... Ma io salterei presto il fosso, e addio convalescenza, addio medica circoscrizione. Bella Verità, bella Virtù, siete pur tentatrici! Ritorniamo a’ miei Bambocciotti. La supplico volergli accogliere con animo prevenuto, e preparato, deposto il critico sopraciglio, e la magistrale terribilità. Li metto fra le sue braccia. Voglia soffrirgli, voglia padrocinargli. In Modena chi gli ha veduti in un rigoroso incognito, gli ha compatiti, e gli ha fatto delle moine tante, e bellin bellino; nè è mancato chi per fino ha voluto sedurmi, onde voglia emancipargli, sebben piccini, e lasciargli a lor talento entrar nel gran Mondo. Ma nò, Signore. Non vo’, che servano per Zimbello. Che si dimenino, che mi guardino col collo a vite quanto vogliono, s’ha a star meco, e dieno la lingua al Beccajo. Io mi son un di que’ Padri all’antica, e con le calze a campanella. Non vo’ rimorsi, non vo’ pentimenti. Se però V. S. Illustriss., a cui in ogni tempo, e circostanza deferirò ciecamente, consigliasse all’opposito la mia Paternità, se mi assolvesse da ogni scrupolo, se mi animasse, rompo immediatamente qual si sia clausura, gli abbraccio, li benedico, e poi gli sciolgo per sempre da qualunque filial dipendenza, e vadano, o stieno, non parlo più.

Perdoni V. S. Illustriss. il cruccio, che le reco, e la divotissima libertà del parlar famigliare, e figurato; E intanto fuori d’ogni color Rettorico si degni di credermi in realtà, qual mi soscrivo con vero, ed ingenuo rispetto


Di V. S. Illustriss.
Modena 10. Settembre 1760.


Divotissimo, ed obbligatissimo Servidore
Giuseppe Ferrari.