Grammatica Piemontese/Capo II. Delle pronunzie piemontesi/V. Pronunzia delle consonanti

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Capo II. Delle pronunzie piemontesi - V. Pronunzia delle consonanti

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§ V — Pronunzia delle consonanti.

Tutte le consonanti ritengono l’istesso suono degli italiani, eccettuata la nuova aggiunta ñ.

Della nuova ñ ossia ñ Torinese.

La nuova ñ è una specie d’ñ, la quale in gran parte si perde in bocca nel pronunziarla: ed in vero ella si pronunzia ritraendo il labbro inferiore colla bocca alquanto chiusa e sensibile azione del naso, come ne’ vocaboli baroña, baroñe, cusiña, cusiñe, Orsoliña, laña, lañi, mañi, soño, badiño, davaño, ecc., simile alla ע ain, degli ebrei, il cui suono, parte dalla bocca e parte dal naso si fa sentire. Chiameremo pertanto questa ñ torinese, per esser ella in uso specialmente presso noi, poichè, come si vede dagli addotti esempi, la usiamo nella massima parte de’ vocaboli, quando è la penultima della parola, però non monosillaba, e vien seguita dalla a e dalla i, ed anche dalla e e dalla o chiuse, e le precede altra vocale. Avvertasi però, che, quantunque in fine delle parole vi siano le n con caratteri italiani, siccome tali n hanno un suono quasi simile alla suddetta ñ, tuttavolta si pronunzieranno sempre alla torinese, e quando vogliono avere il suono italiano sarà necessario il raddoppiare le n in fine delle parole, come nei segnati casi: Giavenn, Giaveno, otonn, autunno, tonn, tonno (pesce), pann, panno, ann, anno, dann, danno, afann, affanno, bręnn, crusca; ed allora quando alla n procede la r, come nelle parole diurn, diurno, infern, inferno, etern, eterno, ecc.

Della s.

Sebbene gl’italiani abbiano due s, tuttavia si fa da essi niuna differenza; ond’è che talvolta dolce, talvolta aspra si pronunzia, senza potersene ad un tratto veder la ragione. Per noi la s sola sarà dolce, e raddoppiata aspra.

Della s dolce.

Dolce si chiama quella s, che in pronunziandosi rende il suono quasi d’una mezza z, come nelle parole italiane cosa, roso (da [p. 21 modifica]rodere), rosa (fiore), naso, piemontese, marchese, ecc.; e nei vocaboli piemontesi nas, naso, bas, bacio, pas, pace, lus, luce, vas, vaso, tas, taci, lòsa, lavagna, lasagñor, matterello, mnisera, cassetta da spazzature, ecc.

Della s aspra.

Aspra all’opposto diremo quella s che con sibilo si fa sentire, come nelle parole italiane assaggio, sapere, solito, asse, sasso, ecc.; e nelle parole piemontesi sasstu? sai tu? nass, nasce, bass, basso (stromento musicale, e significa pure il contrario d’alto), pass, passo, luss, luccio (pesce), vass, vai, siass, staccio, sarùss, ribrezzo, ecc., e si scriverà perciò raddoppiata. E qui parmi cader in acconcio il metter sotto gli occhi, che sembra da una parte che nel dialetto nostro bastar possa una sola s aspra, perchè sentasi quel suono naturale che da noi si dà alle parole Męssa, contessa, esse, essend, cassa, cassiot, ramassa, ramassęta, ecc.; sembra dall’altra, che in queste ed altre consimili alquanto più allungato si faccia sentire, che nelle parole prinssi, Sansson, senssal, sanssosi, cossì, ’nssisì, ’rissila, voleisse, ecc.; perciò due ne uso per togliere nella lettura ogni equivoco ai principianti istrutti nella lingua italiana, ed avvezzi a pronunziar non di rado dolce la s quando sola ritrovasi, persuaso massime, ch’egli è meglio abbondare di quel che sia il mancare. Ed in fatti ella è si poco sensibile all’orecchio mio quella varietà di suono, che può esservi sì nelle prime che nelle seconde parole da me per esempio addotte, che giudico di lasciarne ad altri, di maggior perspicacità d’ingegno e discernimento forniti, la decisione, ed in conseguenza l’abolizione delle ss raddoppiate; laonde bastimi il dire, che quando si troverà raddoppiata, il suono di un’aspra le si dia, il quale però se si debba alquanto o non, protrarre, per l’istesso suddetto motivo indeciso il lascio.