Grammatica italiana dell'uso moderno/Parte II/Capitolo XI. I pronomi personali puri.

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Parte II - Capitolo XI. I pronomi personali puri

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CAPITOLO XI

I pronomi personali puri.


§ 1. Si dicono pronomi personali puri quelli che servono unicamente a distinguere la persona che parla (prima), quella a cui essa parla (seconda) e quella della quale parla (terza): le persone così accennate sono dunque tre, ma ciascuna delle tre può rappresentare più di un solo individuo. Quindi abbiamo tre maniere di pronomi personali, ed in ciascuna il singolare ed il plurale.


§ 2. Pronome di prima persona:

sing. ío                      plur. nói
me nói.
Pronome di seconda persona:
sing. tu                      plur. vói
vói.

Forme antiquate o poetiche: núi, vúi.

Pronome di terza persona:
maschile            femminile
sing. égli, éi plur. églino sing. élla plur. élleno
lúi lóro lèi lóro.

Forme antiquate: sing. élli, éllo; poetiche: plur. égli, élle. [p. 119 modifica]


§ 3. Davanti a lóro si omettono spesso le preposizioni a e di: p. es. parlái lóro; i discórsi lóro. Sarebbe errore dire le di lóro còse.

In verso si trova lúi per a lúi: p. es. Io díssi lúi: quánto posso ven prèco (Dante, Inf., xv).


§ 4. Io, tu, égli, églino, élleno si adoperano per indicare il soggetto (vedi cap. prec., § 5): , , lúi, lèi, lóro per indicare l’oggetto, o il termine dopo preposizioni; p. es. ío ámo té; tu abòrri mé; ío vádo con lóro: si usano pure dopo gli avverbii comparativi cóme, quánto e simili p. es. rícco cóme té; o quando sono attributi: p. es. ío nón sóno lúi: élla paréva té: tu sèi credúta lèi. In preposizione interrogativa, quando il pronome personale non deve troppo avvertirsi si mette sempre dopo il verbo; p. es. che di’ tu? che fa égli? Anticamente tu si attaccò ad alcune seconde persone singolari; p. es. ci fostù = ci fósti tu? che avestù di buòno?

Nondimeno lúi, lèi e lóro possono talvolta usarsi come soggetti quando il pronome debba esser messo in maggior rilievo, specialmente se posposti al verbo (senza interrogazione): p. es. lo dice lúi, nón ío; lèi è rícca, ed ío pòvero; ecc. éllo, élla, élle, élli in verso o in rima possono usarsi anche come termine, dopo preposizione.

Ugo da San Vittore è qui con elli.

(Dante, Parad., xii, 133).     


§ 5. Al pronome di terza persona si riferisce il pronome riflessivo che indica il ripiegarsi di una persona o cosa su sè medesima: quindi esso ha sempre significato oggettivo di termine, mai di soggetto:

masch. e femm. .
sing. e plur.
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I pronomi , , si compongono colla preposizione cón:

méco = con me
téco = con te
séco = con sé, con lóro.

Modi poetici e rari: nósco, vósco per con nói, con vói.


§ 6. Quando i pronomi personali (compreso il riflessivo) debbono tenere nel discorso una parte secondaria e non esser molto avvertiti, come avviene spesso accanto ad un verbo o dopo la interjezione ècco, allora, invece di essi pronomi, si adoperano certe forme accorciate e prive d’accento. Quelle, fra di esse, che debbonsi sempre anteporre al verbo, si chiamano proclitiche (cioè che si appoggiano davanti); quelle che fanno da oggetto o termine e che ora si prepongono ora si pospongono al verbo, si chiamano enclitiche (cioè che si appoggiano di dietro) quantunque si usino sovente anch’esse come proclitiche.

La interjezione ècco non ammette altro che le enclitiche, sempre attaccate in fine.


§. 7. Proclitiche:

gli ed e’ = égli
églino
la = élla
le = élleno

Gli si può adoperare dinanzi a un verbo che cominci per vocale od h, ed e’ dinanzi a un verbo che cominci per consonante: p. es. gli è bèllo; gli hánno gridáto: e’ díce, e’ crédono. La e le si adoprano senza distinzione: p. es. la vuòl partíre; l’è bèlla; le párlan pòco.

L’uso delle proclitiche è più frequente nel parlar famigliare che nella prosa eletta. [p. 121 modifica]


§ 8. Enclitiche:

1ª pers.
mi = me
mi = a me
ci, più di rado ne = nói, a nói
2ª pers.
ti = te
ti = a te
vi = vói, a vói
3ª pers. usa le medesime enclitiche de’ pronomi dimostrativi locali: vedi cap. xiii, § 5.
Riflessivo: si = , a sé
Gruppi di più enclitiche: vedi cap. xiii, § 6 bis.

Circa l’uso delle enclitiche co’ verbi, vedi il cap. xxv di questa Parte II.

Il pronome plurale di 2ª persona vói, ecc. si usa spesso invece di tu, ecc. parlando direttamente a persona di numero singolare, per esprimere ora minor confidenza, ora invece una certa superiorità, e con esso si accorda regolarmente il verbo, ma non il participio o l’attributo, che resta singolare: per es. Amico, vói siète amáto; o Giuliétta, vói siète onèsta.

Dal costume, invalso in Italia fino dal secolo xvi, di volgere il discorso non alla persona, ma alla sua dignità od al suo titolo (Signoria, Eccellenza, Altezza, Maestà, Santità, ecc.) venne l’uso di adoperare, parlando con persona di rispetto, la terza grammaticale, anche quando il titolo sia sottinteso, o sostituito dai pronomi Élla e, più popolarmente, Lèi, plur. Lóro. Più spesso però questi pronomi, siano espressi o sottintesi, vengono considerati come maschili o femminili secondo il sesso a cui si riferiscono, e quindi il discorso (sempre in 3ª persona) si accorda quanto al genere ed al numero con la persona o persone stesse, piuttosto che col loro titolo. P. es. Lèi mi è molto caro (se uomo), o cara (se donna); lóro non sóno stimáti (uomini); o stimáte (donne).