Hypnerotomachia Poliphili/XIII

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[p. 153 modifica]Thrace non harebbe ancora lui trovato de Neptuno le profunde sedie, si lui temerario el mero et saporoso Baccho, cum la liquida Tethy primo non havesse adulterando immixto, et de gli divini stati non se havesse indignamente intromesso. Et Galantide ancilla regia a Lucina mentitora non portarebbe el parto suo nella bucca, se essa non l’havesse decepta. Onde forte questa Diva Nympha è reservata al suo Genio, o vero a qualche altro sublime Heroa, et io tal sacrilegio indignamente tentando, indignabondo contra me se potria meritamente commovere. Cusì facta ragione dunque tempestivamente aestimando cogitai, che ad quelli che levemente se assicurano levemente ancora perire, et ad tali non essere difficile lo inganno et il fallire. Et negli audaci (si sole dire) non praestarsi tutta la fallace et ludibonda Fortuna. Et oltra ciò, arduo è lo investigare el core alieno. Per la quale cosa, quale Calistone pudibonda sententise agravare il tumefacto alvo, se abdicava dalla praesentia dilla Casta Diana, cusì de pudore agitato me retraheva da tale impulso refrenando gli mei voluptici et disconvenevoli desii. Ma dirottamente cum Lynceo ochio, et indesinente examinava cum summo piacere, et cum miro affecto la bellissima Nympha, disponentime tutto al suo gratissimo amore, cum infallibile, obstinato et firmatissimo animo.


POLIA ANCORA INCOGNITA ALL’AMANTE POLIPHILO GRATIOSA ET FACETAMENTE EL FA SECURO. IL QUALE PER LE SUE MIRANDE BELLECE DA OPERA AD AMORE NELLA MENTE SUA, ET ACCOSTATISE AMBIDUI AD GLI TRIUMPHI, INNUMERI ADOLESCENTULI ET PUERE FESTIGIANTI CUM MOLTO DILECTO VIDE.

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ORTEMENTE ESSENDO EL SAGITTArio Cupidine nel mio captivato Core habilissimamente situato praeside Tyranno, et cum solidissime cathelle d’amore validamente ligatome, sentiva noxiamente pungere, et violentemente il crudo et urgente morso sforciarme, supposito già al privilegio delle sue dure, ma piacevole legge. Et completo di ancipite dilecto oltra mensura sospirando, liquabondo me strugea. La praestante Nympha cum lautissimo decoramento sencia mora blandicella, et cum la sua

k [p. 154 modifica]purpurula et melliloqua bocca, et cum violente et atractive parolette me assicuroe, et dall’animo mio ella sbandisse, et dimové tutti gli pavidi pensieri, refocillante cum l’aspecto Olympico, et refrigerando cum el suo luculento eloquio la già rinfocata anima, et cum amoroso et petulco risguardo et cum gratioso riso dixe. Poliphile voglio che tu sapi, che el vero et virtuoso amore non ha rispecto alle cose exteriore, et per questo el tuo habito non diminuisse né minora l’animo tuo forsi magnanimo et gentile, et digno questi miravegliosi et sancti loci et regni meritamente di spectare, et gli mirandi triumphi. Per la quale cosa timore alcuno la mente tua non permettere unquantulo occupare, ma accuratamente mira quali regni possedono gli incoronati dalla Sancta Venere, quegli che virilemente agonizato, et perseveranti alle sue amorose Are servendo, et sacri fochi la sua promptissima gratia legitimamente hano adepto. Et hora terminando el suo accorto et suave confabulamento, ambidui movendo gli passi né citati né ancora lenti, ma cum modesto grado, in me discutiente considerava dicendo. O fortissimo Perseo, per questa più strenuamente haresti cum lo horribile monstro pugnato, per assequire el suo dolcissimo amore, che per la tua Andromeda. Et poscia. O Iason si di questa gli legitimi hymenaei ad te fusseron stati propositi, cum molto magiore periculo (Deiero per Iove) non fue quello, di consequire la lana d’oro, ragionevolmente arbitro, che postposto quello, et per questa ferocemente certato haresti, essa iudicando, sopra tutti gli gioielli, et pretiosi thesori del spatioso mondo, et ancora della ditissima Eleutherillyde Regina pretiosissima, et de magiore talento et incomparabile pretio. Ognhora et continuamente più formosa, più nell’aspecto venusta, cum mundissimo exornato appareva. Né tale el copioso oro ad Hippodamia, et ad gli rapaci et anxii Avari grato cusì se praesta. Né tanto se offerisse similmente ad li Naute lo ingresso del tranquillo et securo porto né Prymnesio over Tonsilla al suo alligamento nelle hyberne tempestate quassati. Né cusì optata et opportuna se offeriva la cadente piogia al rogo di Croeso. Quale et quanto la delitiosa Nympha da amare quam peracceptissima offerivase. Più periucunda ad me et carissima che al furente Marte le sanguinarie pugne. Ad Dionysio la Sacrima della magna Creta. Et ad l’intonso Apolline la garulosa Cithara. Più ancora gratissima che le frugale glebe, et le crasse ariste, et il sacro Premetio, et Thesmophoria ad Dimitra. Et più oltra par a llei festivissimo procedendo per la herbescente et florida et di viridante come caesariata planitie, alcuna fiata gli ochii scrutarii et [p. 155 modifica]curiosuli ad gli delicati pediculi, di vermiglio corio calciati officiosissimi li convertiva, ad gli quali tuberuli il calciamento volupticamente extento adhaeriva, et alcuna fiata le prompte et candidissime gambe, dalle suave auree remoto alquanto il sericeo habito, volitante sopra li virginei membri cum formoso et exquisito expresso se discoprivano. Et quelle cum sincero iudicio affirmava tincte di finissima grana, quale unque s’à collecto in Peloponneso, tra bianchissimo lacte, et cum fragrante mosco compositamente concrete et coagulate. Per le quale tutte delectabilissime cose incathenulato negli difficili et inextricabili noduli di vehemente amore, più inexplicabili che l’Herculano nodo, et più che quello che il Magno Alexandro cum la spatha solvete, et nelle implicatissime rete amorosamente irretito, et il mancipato core in ardentissimi et molesti cogitamenti, et ferventissimi desii loricato stringentime dovunque me volvea, più puncture et più claviculi in esso amante core sentendo, che il fidele Regulo in Aphrica raptato intra il chiovato dolio. Diqué di null’altra cosa refrigerava gli merenti spiriti d’amoroso incendimento, et da exquisitissimi cruciamini exasperati, che egli nel tonante pecto ardevano. Si non che absorbire gli seduli singulti oscitante quale fugato damnulo. Essendo dunque in crebre anxietate praecipitatamente immerso, et al violentissimo amore di questa, tutto rapto vedentime, da me ad me diceva. O Poliphile come poi tu lassare l’amore una fiata individuamente in la tua mellea Polia exarso per qualunque altra? Et quivi ad tutto il mio valore da questo morsicante laqueo, più forpiceamente che le branchie del stringente Paguro che me traheva disnodarme volendo, non era factibile opera. Onde altro non experiva che più molestamente me illaqueasse al affecto di questa, la cruciata alma, che la verace similitudine di omni suo corporale filamento, il venusto sembiante, et gli praestanti gesti della mia dolcissima Polia. Ma sopra tutto questo ad me offerivase atrocissimo cruciamento, como potesse io cedere alla mia quam acceptissima Polia, et inmediate negli humecti ochii le calde lachryme provocate aspernabile et molto arduo mi paria rinovare il mio macerato core, et per introdure uno novitio et incognito, et impioso exulare l’antiquo suo signore. Poscia consolantime diceva. Per adventura questa è essa, secundo il divo oraculo et alte et verace sponsione della Regina Eleuterillyda, ma non se pande, perché si io non erro, questa infallibilmente a mi pare. Et facto questo amoroso et discursivo cogitato, et suasivo praesupposito et di omni altro desio fora uscito, solamente pensiculava cum il core et cum la mente reiterando ad la insigne Nympha. Dal grande amore della quale strictamente k ii [p. 156 modifica]preso non mediocremente coacto audeva cum insueta admiratione assiduamente speculare tanto invisitata factura. Et gli ochii mei delle Nymphale et incomparabile bellece aptamente copiosi et absorbentissimi Typhoni se faceano, et poscia che furono excitati cusì caldamente ad exhaurire la summa dolcecia de cusì benigna et conspicua praesentia, prehenderono aeterna fortitudine di retinire adunatamente conventicii ad tale voluptuoso ministerio inseme cum essi, tutti gli altri mei captivati sentimenti solatiosamente consentanei. Che solamente da lei, et non d’altronde chiedesse io tale refrigerio et dilecto praecipuamente alle mie incendiose flamme. Dunque per tale modo da exasperante amore cruciosamente laeso, et afflicto vacillando, pervenissimo alquanto alla parte dextra del spatioso campo. In questo loco dispositamente erano ordinati gli verdegianti arbori et copiosamente frondosi, pieni di suavissimi flori fructigeri circa il sito et di multiplice sorte di foliatura et di immortale virentia, laetificavano il core degli inspectori. La Epaphrodita Nympha affirmose, et stete quivi et io. Ove riguardando cum quasi semipotentia visiva, perché totalmente dislocare non se poteva dall’amoroso obiecto, per la benignitate della amoena plagia. Io vidi approximato el numeroso choro di una stipante caterva, festivi et corigianti, di delicatissimi, et lauti adolescentuli ephebi, cum intonse come exultanti, cum le caesarie degli annulati crini, sencia studio alcuno intorti, de serti et aureole di multiplici flori, et di vermiglie rose, et di frondoso Myrto, et di purpureo Amarantho cum Mellilothi immixto amorosamente incoronati et impexi. Et cum questi extrema multitudine di bellissime puelle. Più delicate et belle quale non sa trovarebbeno in Spartania. Et l’uno et l’altro sexo vestiti di superbo operimento, non di Milesia lana, anci di richissimi habiti di seta, et tali di undulante Thabbì, non subditi ad le lege Opie, alcuni di versicolore cangiante, mentiente el vero coloramento. Alcuni di purpura electa dalle Murice, et tali di Lino subtilissimo quale nello Aegypto non è producto candido et crispulo, et crociculato drapo texuti subtilissimamente. Et di innumerabili altri coloramenti. Alcuni de Ceruleo, altri di Phoeniceo, molti de verdegiante et Puniceo, di Sandacina, et Cyanea infectura, cum sumptuose delicie, assai di crocea tinctura, quale non produce Corico, né Centuripe, summamente al intuito gratiosi di filamento aureo intramati. Cum eximio decoramento di lucente gemme nelle extreme fimbrie circa gli astragali retinute da purgatissimo oro. Alcuni erano promiscuamente, cum sacrate infule et di divo et pontificio culto. Tali cum indumento venatricio. [p. 157 modifica]Et le più de queste egregie Nymphe, gli sui biondi capelli congrumati haveano, cum exquisiti tormentuli tripharia insieme, et di voluptica textura innodulati. Altre diffusamente le instabile et inquiete trece retro al lacteo collo effuse spandevano. Tale cum uberrimi crini invilupati negli tenuissimi velamini lassata gratiosamente la laeta fronte di retorto capillamento ombrata. Et cusì non operoso, ma la maestra natura rendeva non mediocre gratia. Et cum vitte de fili d’oro texte cum phrygiatura de perle micante, et altre haveano de richissimi et volupticosi baltei decorato el crinoso capo. Et alla dritta gola le sumptuosissime collambie, et monili pretiosi, et Armille, et spinthri, et le parve urechie bellissimamente Stalagmiate di varii gioielli. Et la dignitate del capillamento cum mundo et conspicuo exornato, circundata la fronte de infilatura di grosse et circulatissime margarite. Le quale tutte excellentissime cose inseme cum le elegantissime persone, facilmente hariano alterato, qualunque agreste, feroce, obstinato, et inhumano core. Pandevano poscia voluptuosamente gli candicanti pecti, infina alle rotonde mammillule discoperti. Daposcia el virgineo corpusculo sopra le drite gambe, cum gli picioli pedi. Et tali nudi sopra le antiquarie solee, retinute cum cordicelle d’oro, tra el maiore digito, et il mediocre, et appresso el minimo, et intorno el pieno pterna, d’indi poscia politule convenivano sopra el culmo del pede, in uno artificioso illigamento corrigiate. Alcuni strictamente calciati, et cum harpaguleti aurei ansulati. Tali cum calige soleate purpurante et di altri iucundi colori, quale nunque Caio Galicola primo portasse. Altri cum asseptati cothurni sopra le bianche et polpose sure cincti, et tali cum crepidule, cum maestrevole ansulette auree et di seta, multi cum gli prisci Sicyonii, et alcune cum eximii Socculi sericei et cum obstraguli aurei decorissime gemmati. Et ancora alla concinna testa la expedita fronte, cum volanti velamini, di conato Araneo circunligata, et cum gli mordaci et festevoli ochii, più chiari che lucente stelle, nel purgatissimo caelo, sotto alle subtile et circulate ciglie. Et el piciolo naso tra le pomulate guancie, rubicundate quale nel Autumno essi meli, dovutamente cum le alveole, overo fossule ridente. Ancora gli praecisori et gli oculari denti, cum gli altri ordinatamente dispositi picioli in colore di copellaceo argento, tra gli mustosi labii simiglianti al finissimo Coralio. Molti similmente cum gli sonori instrumenti, quali unque in Ausonia si retrovareberon, né ancora nella manu di Orpheo, celebrabondi per gli florulenti prati, et aequatissima planitie dolcissimi soni, et cum suavissime voce et ode exultanti, et cum multiplicata gloria, facientese l’uno cum l’altro amorose k iii