I Marmi/Parte terza/Ragionamento di diverse opere e autori fatto ai Marmi di Fiorenza/Biagio Pesci speziale, Filippo bottaio e 'l Galloria beccaio

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Biagio Pesci speziale, Filippo bottaio e 'l Galloria beccaio

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Biagio Pesci speziale, Filippo bottaio e 'l Galloria beccaio
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Biagio Pesci speziale, Filippo bottaio
e ’l Galloria beccaio.

Biagio. Non beete mai la notte, perché la sete della notte procede, nei sani, da cose salate o acute o altri cibi che sono stati mangiati la sera: sopra dormendogli, adunque, si fortifica il caldo naturale a torno lo stomaco e fa smaltire quei cibi che sono occasione di quella sete; e, tolta via l’occasione, si toglie ancor l’effetto: però è buon tollerar quella sete acidentale.

Filippo. Io bevvi una notte e mi fece un gran male.

Biagio. Ogni cosa, Filippo, che proibisce la digestione di tali cibi che fanno sete è nociva a tal sete. Il bere, adunque, di notte viene a disturbare la digestione; cosí impedisce che tal cibi non si patischino, e, se bene egli par da prima che quel bere mitighi la sete, nulla di meno la cresce poi, perché la crescer l’occasione di quell’arsura, aggiungendo a quella cattiva digestione.

Galloria. Voi siate mezzo medico, perché state nella spezieria a udir ragionare i medici; vorrei che ’ vostri eccellenti vi dicessino perché non voglion che si bee dopo il desinare, e io pur beo e non mi fa male.

Biagio. Il vino si smaltisce tosto ed è molto penetrativo: il berlo dopo il pasto faria penetrare il cibo inanzi che fusse digesto, per la qual cosa si genererebbe opilazioni assai; e l’acqua fa male anch’ella, perché fa andare a nuoto il pasto nello stomaco, separandolo dal letto della sua digestione; però riguardatevene di bere quando il cibo bolle nello stomaco, perchè nuoce infinitamente.

Galloria. Quando duro fatica, non ci trovo coteste differenze; ogni cosa mi fa prò, ogni cosa mi giova e fa buon nutrimento. Dell’acqua non ne gusto gocciola. Filippo qua, che [p. 111 modifica] maneggia sempre botte da vino, ve ne mette sopra, manzi che mangi, sempre, tre o quattro ore, qualche poco.

Biagio. Egli fa bene, perché quanto l’acqua è piú mescolata con il vino e incorporata, tanto piú spegne il fummo del vino e unisconsi in natura; ma, al mio giudizio, io fo meglio, perché la fo bollir con il vino sulle tina.

Filippo. Gran cosa che ’l vin dolce non mi vadi troppo per fantasia, e tanto piú che non mi cava la sete!

Biagio. Tutte le cose che gonfiano e generano còlera fanno sete; poi, la parte grossa del vino dolce, che è upilativa, va al fegato e, opilando, nuoce a quello, ma la parte sottile penetra al polmone, dove non può penetrare la parte grossa, e per sua sottilitá apre quelle vie.

Galloria. Son tutte baie: chi è lá dentro che vegga coteste girandole? Io beo talvolta molto e talvolta poco, a tavola spesso e poco, fuor di tavola assai. Sí, per la fede mia, io ti so dire che bisogna aver tante avertenze! L’esser assuefatto a ogni cosa sta bene. Ma discorretemi sopra l’acqua e il vino particolarmente, di grazia, se i medici però v’hanno tanto insegnato.

Filippo. Pur che ne sappia per loro! Io ho veduto di quegli che non ci hanno una regola al mondo e pur son sani; io durai un tempo a non ber vino sul mellone e poi n’ho bevuto.

Galloria. Intendo che bisogna che sia buono: che dite di questo vino su’ puponi?

Biagio. Come ho detto, il vino è penetrativo e súbito corre alle veni e ne mena seco tali frutti indigesti, e si corrompono facilmente; e da questa corruzione ne nascano febri: adunque, è meglio non bere o poco bere sopra quei cibi putrefattivi, come sono simil frutti.

Galloria. Baie, vi dico. Che diresti voi che ’l vin bianco m’ingrassa? E voi dite che è di bue e che la non si può cuocere.

Biagio. Il vin dolce genera sangue grosso; la natura de’ membri con molta dilettazione lo tira a sé e lo convertisce in suo nutrimento: e questo non è nel vin brusco, perché non lo ricevono cosí volentieri le membra né con tanta dilettazione. [p. 112 modifica]

Galloria. Non ho trovato altro che ’l mosto che mi faccia male.

Biagio. Vi dirò, il mosto non è ancóra purgato, ma è grosso, ventoso e rigonfia, talmente che la parte grossa rimane nel fegato e l’opila; ma quando ha scorso alcuno spazio di tempo, discendendo le parti sue grosse al fondo, viene a rimaner piú purificato e non nuoce tanto; sí che ’l vin nuovo è doloroso a bere a chi non ha uno stomaco gagliardo.

Filippo. Il vin vecchio è la mia vita.

Biagio. Voi dovete sapere la ragione, e, se non la sapete, ve la dirò ora: il vino nuovo è molto acquoso e quanto piú s’invecchia tanto piú si vengon a consumar quelle parti acquose e riman piú netto e la sustanzia resta piú calda e diseccativa; poi, consequentemente, viene ad esser il vino piú potente che prima.

Galloria. Quando trovo de’ vini vecchi polputi, io tengo tirato.

Biagio. Non usate mai troppo il vino che sia troppo vecchio, perché è di poco nutrimento, ma disecca e riscalda; cosí ancóra è da lasciare, come ho detto, il nuovo; però attenetevi al vin di mezzo, perché ha il suo nutrimento piú lodabile.

Galloria. La mia donna non ha questi fastidi, perché bee dell’acqua.

Biagio. Pur che la non abbia piú. L’acque ancor loro hanno del buono e del cattivo: prima, l’acqua quanto è piú purgata dalle parti terrestre e fangose tanto è migliore; adunque, la si purga meglio correndo sopra il letto di terra che di iaia o sopra le pietre, perché le sue grosse parti s’apiccano meglio sopra il fango che sopra i sassi. Certe altre acque, ribattute dal sole e da’ vènti, si purgano e s’assottigliano piú che l’altre e viene l’acqua per questo a esser piú digesta; tal che ella acquista una proprietá e natura nobile e viene ad esser piú sana. Quella poi che corre contra il sole e contro a’ suoi raggi, molto s’assottiglia e si riscalda, perciò che in sé l’è di fredda natura, e per tal cosa vien meglio digesta; ma quella che corre verso l’occidente e non può esser dal sole riscaldata, non arriva a quella bontá dell’altra. Che diresti voi, che tutte l’acque che corrono [p. 113 modifica] inverso mezzo giorno son peggiori di quelle che corrono inverso settentrione? Perché dalle parti di mezzo di vengano certi vènti pieni di vapori e di superflua umiditá; cosí si uniscano e mescolansi questi cattivi vènti e vengano a non esser in perfezione.

Filippo. Non maraviglia che i medici fanno cuocer tutte l’acque, acciò che le si riscaldino.

Biagio. La ragion che la fanno cuocere non è cotesta, ma perché l’acqua è di sua natura ventosa e gonfia e ha ancóra molte parti terrestre mescolate con essa, e, nel cuocerla, la ventositá si viene a svaporare e le parti della terra vengano al fondo e spirano per virtú del fuoco, che è di sua natura separare le nature diverse: l’acqua cotta, adunque, riman manco ventosa, riman piú sottile e piú leggieri, per esser, con quel cocimento, separatasi dalle parti grave e terrestri.

Filippo. Sapete voi perché vi si mette quell’orzo dentro e non si pesti, ma si lasci integro?

Biagio. L’orzo è ventoso; la qual ventositá si corregge cosí: egli si mette nell’acqua fredda quattro ore inanzi e poi si cuoce l’acqua insin che la diventi di colore acceso; e vi si mette, inanzi, dentro l’orzo, perché prima e’ pigli l’acqua che egli bolla e s’inzuppi benissimo, perché nel cuocersi poi cava la sustanzia del granello l’acqua con il bollire e risolve la sua ventositá; e chi lo pestasse non farebbe buona infusione e la dicozzione non sarebbe perfetta; l’orzo nuovo è meglio ancóra, perché tira piú mirabilmente a sé l’acqua.

Filippo. Non credetti che ci fosse tante cose da fare intorno a queste acque: io per me non ne vo’ metter piú sul vino. L’acqua piovana è ella buona?

Biagio. Ella è di molta suttil sustanza, perché è fatta di vapori, e viene a esser per questa cagione molto putrefattibile: putrefacendosi, adunque, viene a generare umiditá putrefatta in corpo, e ancóra, essendo stitica di sua natura e costrettiva, nuoce al petto e alla canna del polmone, diseccando e costringendo; cocendola, se gli toglie la putrefazione; ma, in tutti i modi, la resta stitica. [p. 114 modifica]

Filippo. Noi altri, che abbiamo tutti i pozzi in casa, stián freschi, ché la non corre, non ha sole, non va né a levante né a ponente.

Biagio. Tutte le acque che hanno le vene chiuse non son molto sane, anzi son cattive, per esser gravi e terrestri. Se volete vedere una mirabile sperienza, togliete due panetti e tenetegli in acqua, tutti due d’un peso; e, cavati fuori e seccáti e ripesatigli, conoscerete qual è piú grave dal peso. Ancóra il pesar l’acque e tôr le piú leggieri è buon mezzo, per la sanitá. L’acqua generalmente è poi d’una natura che per le vene delle miniere, dove ella passa, la piglia di quella virtú: se la corre dove sia oro e argento, la conforta la natura umana; se la passa per quella del rame, la fortifica le debolezze del corpo; se per quella del ferro, fa utile alla milza; e aiutano tali acque il coito: se la passa per l’allume, viene a esser calda e costrettiva, e giova assai ai flussi; quelle che passano per il zolfo, son migliori a bagnare che a bere; ultimamente, per non cicalar piú d’acque e finirla, l’acque de’ paludosi luoghi son maligne, e, de’ pozzi, piú che se ne cava piú son migliori.

Galloria. Sará meglio che io vegga di avezzarla a ber del vino.

Filippo. Lo credo anch’io.

Biagio. La spesa ti ricordo.

Filippo. Poco può esser di piú.

Galloria. Non dir cotesto, perché, come costoro che beano acqua si dánno al vino, e’ rifanno il tempo passato.

Filippo. Fanne come di suo. Io vi lascio.

Galloria. E io.

Biagio. A rivederci con sanitá, ancóra che io ne guadagni delle malattie.