I briganti del Riff/13. Un aiuto inaspettato

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13. Un aiuto inaspettato

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13.

UN AIUTO INASPETTATO


I riffani, dopo essersi allontanati dalla cuba e dal minareto tre o quattrocento metri, avevano lanciati i loro cavalli a corsa furiosa, descrivendo un immenso giro intorno agli assediati.

Essi per una buona mezz'ora si sfogarono a correre intorno alla cuba ed al minareto, tenendosi sempre ad una prudente distanza, poi formarono vari gruppi e s'accamparono, lasciando i cavalli in libertà.

Pedro aveva approfittato di quella corsa senza scopo, per guadagnare la cuba senza essere scorto, ed impadronirsi dei pochi viveri della strega, nonché d'un otre colmo d'acqua.

Carminillo e Zamora, per stornare l'attenzione dei cavalieri, avevano risposto con qualche colpo, poi si erano affrettati a rifugiarsi sulla scala, poiché le palle giungevano in buon numero sul ripiano del minareto.

Aiutarono Pedro a richiudere il passaggio con rottami d'ogni specie, quindi tornarono al loro posto d'osservazione, per sorvegliare, attraverso le feritoie, le manovre dei banditi.

— Assedio completo, è vero, Carminillo? — chiese Pedro.

— Siamo completamente accerchiati, mio povero amico — rispose il giovane ingegnere. — E tu che cos'hai portato?

— Miserie, Carminillo. Fave e fagiuoli secchi mescolati a pezzi di zucca ammuffita.

— Hai portato dell'acqua?

— Tre o quattro litri.

— Ci metteremo a razione e resisteremo finché potremo.

— Masticando fagiuoli secchi e fave! Pazienza! Ma quanto potremo resistere noi?

— Non vedi che non osano assalirci?

— Quando avranno ricevuto dei rinforzi, vedrai quelle canaglie montare all'assalto come i migliori soldati del mondo. Ho veduto due cavalieri partire, poco fa, ventre, a terra, verso quelle colline che devono nascondere dei popolosi duars. Vedrai che dopo l'alba gli assedianti saranno diventati duecento, se non molti di più.

— E scarseggiamo di cartucce — disse Zamora, guardando il giovane ingegnere.

— Cercheremo di non sprecarle. Ah, i briganti cominciano a impazientirsi! Ebbene, vengano avanti ed espugnino il minareto.

Infatti i riffani, stanchi di consumare polvere senza alcun risultato, poiché, i loro proiettili non riuscivano ad attraversare le pareti piuttosto massicce del minareto, erano rimontati a cavallo, avanzandosi verso la cuba. Si erano appena incamminati, quando dalla stretta valle sbucarono, a corsa sfrenata, altri cinquanta e più cavalieri, i quali si annunciarono subito con vivissime scariche sparate probabilmente contro le nubi, poiché non potevano sapere dove si trovavano gli assediati.

— Eccoli quasi in cento — disse Carminillo. — E forse ne giungeranno altri.

— Saremo costretti ad arrenderci? — chiese Pedro, il quale cominciava a perdere il suo buonumore.

— Lo faremo il più tardi possibile — rispose il giovane ingegnere. — Siamo spagnoli e saremo degni dei vecchi conquistatori, nostri antenati. Non vi trattengo più: sparate, ma badate di ben collocare le vostre palle.

I briganti si erano riuniti, e dopo un breve scambio di parole, si erano slanciati a gran corsa contro il minareto, continuando a sparare e urlare ferocemente.

Pedro si era collocato dietro la feritoia del primo piano, Zamora al secondo e Carminillo al terzo, che era l'ultimo.

Ben presto anche da parte degli assediati la fucileria cominciò a crepitare con gran vigore, gettando a terra, in brevissimo tempo, sette od otto cavalli ed un uomo.

Niente spaventati, i riffani passarono a corsa indemoniata, a soli cinquanta passi dal minareto, continuando a fare spreco di munizioni; ma poi, vista l'impossibilità di prendere d'assalto quella specie di torre che era salda come una rocca, ed impressionati per le perdite subite, voltarono le spalle ed andarono a fermarsi a sette od ottocento metri, formando un lungo semicerchio, le cui estremità si appoggiavano all'abisso.

— Credo che questo assedio durerà un bel po' — disse Carminillo, raggiungendo i compagni. — Contano di prenderci per fame.

— Masticheremo fagiuoli e fave — rispose Pedro.

— E quanto dureranno?

— Faremo economia.

— Diventeremo spaventosamente magri.

— Gli studenti di Salamanca non sono mai stati grassi, perché hanno dovuto lottare sempre coi Monti di Pietà.

— Qui non ve ne sono — disse Carminillo. — E poi non abbiamo nemmeno un miserabile orologio.

— Ed i miei dieci zecchini che porto appesi alla capigliatura, non li conti tu, señor? — osservò la gitana. — Quando ne avrete bisogno prendeteveli tutti.

— Ma che, cosa dici, Zamora? Non abbiamo il tesoro del primo re zingaro da raccogliere! — disse Pedro.

— È vero — rispose la gitana, sorridendo. — Non mi ricordavo quasi più del totem.

— Purché riusciamo a trovarlo!...

— Io non dispero, Pedro — soggiunse Carminillo. — Le indicazioni tracciate sul fazzoletto devono essere esatte. M'inquieta però una cosa che io non avevo nemmeno lontanamente previsto e che ci renderà durissima la conquista del Gurugù.

— La guerra, è vero?

— Sì, Pedro. Se tutti i riffani sono in armi non ci lasceranno passare, e se ci prenderanno non ci tratteranno colla proverbiale ospitalità araba, te l'assicuro io.

— Che i nostri compatrioti siano già sbarcati in grosso numero a Melilla e che si avanzino di già? — chiese Pedro.

— Non rimarranno a bagnarsi sulle rive del Mediterraneo lasciando dormire i loro cannoni e le loro mitragliatrici, io spero — rispose Carminillo. — Sono molti anni che la Spagna pensa a farla finita, una buona volta, con questi sanguinari briganti.

— Se cercassimo di raggiungere i nostri compatrioti?

— Dove sono, Pedro? E poi, come lasciare questo minareto senza cadere nelle mani dei banditi? Oh, sono ancora aumentati!... Carramba!... Sono ora almeno centocinquanta.

— E noi, tre!... Bel numero!... Bah! Saliamo e vediamo che cosa fanno quelle canaglie.

Lasciarono la terza feritoia e montarono sul ripiano del minareto, che i primi raggi del sole indoravano.

I briganti erano ancora aumentati, e come aveva detto Carminillo, erano diventati più di centocinquanta, però si tenevano sempre lontani, non proprio fuori di portata del tiro dei mausers, ma tanto da rendere la mira assai difficile.

Erano smontati tutti, nascondendo i loro cavalli entro una folta macchia di acace, e si erano tranquillamente accampati, accendendo le loro pipe.

— Per ora non hanno intenzione di espugnare il minareto — disse Carminillo.

— Che aspettino la notte? — chiese Pedro.

— Può darsi, — rispose il giovane ingegnere — anche perché il tempo minaccia di coprirsi, e non vi sarà lume di luna probabilmente questa sera.

— E non cercheremo noi di approfittare dell'oscurità per fuggire? — domandò Zamora.

— Stavo per fare la proposta — rispose Carminillo. — Forse ci prenderanno egualmente, poiché io ho ben poche speranze di salvare i miei orecchi.

— Oh, abbiamo delle novità! Carrai!... Un parlamentario!...

— Dov'è?

— È già in sella e si avanza velocemente, sventolando, sulla canna del fucile, uno straccio più nero che bianco.

Infatti un cavaliere aveva lasciato l'accampamento, e si accostava a piccolo galoppo.

Giunto a venti passi dal minareto, fermò bruscamente il cavallo, poi alzò la testa, gridando agli assediati che si erano affacciati, non senza tenere i fucili in mano: — Salam alikum, salam alikum!1

— Amico!... — gridò subito Pedro. — Ti avverto che noi non parliamo, la lingua dei salami, e che quindi se vorrai dire qualche cosa ce lo spiegherai in spagnolo.

Il bandito, che probabilmente non aveva rilevata l'offesa, si soffiò il naso colle dita, tossì tre volte per rendere la voce più sonora, poi dopo d'aver sventolato ripetutamente lo straccio, disse in buon spagnolo: — Lo sceicco Yemel Zamoi, capo della potente tribù dei bazir, mi invia per intimarvi la resa.

— E perché? — chiese Carminillo.

— Ci avete uccisi due uomini ed otto cavalli che valevano dei buoni duros.

— Doveva lasciarci tranquilli.

— Voi sapete che siamo in guerra coi vostri compatrioti.

— Non sappiamo niente affatto che le ostilità siano scoppiate, poiché noi siamo giunti qui su una barca contrabbandiera che portava armi a voi.

— Ma se sappiamo già che siete due spie incaricate di esplorare le nostre difese del Gurugù!... — gridò il bandito.

— Chi ve lo ha detto?

— Siza Babà.

— La Strega dei Vènti!... Ah!... Canaglia!... Quella dannata vecchia ci ha venduti a voi per qualche duros.

— Sono affari che riguardano lo sceicco. Noi sappiamo che tu ed i tuoi compagni siete degli spioni, e basta.

— Levartelo dalla testa, caro salame, sarebbe un po' difficile, quindi ci dirai che cosa intende fare il capo di noi.

— Farvi pagare gli uomini ed anche i cavalli, innanzi tutto.

Carminillo e Pedro scoppiarono in una risata.

— Se non abbiamo che poche pesetas nelle nostre tasche — disse il primo.

— Allora rimarrete schiavi!... — gridò il bandito.

— Niente affatto, noi rimarremo qui, dietro queste salde mura, che voi non sarete mai capaci di prendere d'assalto.

— Vi stringeremo d'assedio.

— Fate pure.

— E vi faremo crepare di fame e di sete.

— Ma no, signor bandito!... — urlò Pedro, comparendo a fianco di Carminillo. — Abbiamo qui dentro tutto l'occorrente per prepararci il kuskussù e per due mesi almeno, poiché non ci mancano nemmeno i montoni.

Fu il bandito questa volta che scoppiò in una risata.

— Basta, cristiano!... — disse. — Tu vuoi scherzare troppo. Orsù, vi arrendete? Lo sceicco non ha tempo da perdere, dovendo partire per la guerra.

— Nessuno lo trattiene. Monti sul suo cavallo e se ne vada a provare le delizie delle granate spagnole.

— Maledetti cani rognosi di cristiani, vi pentirete.

Fece fare al cavallo un dietro fronte fulmineo, e si allontanò ventre a terra, mentre Pedro gli gridava dietro: — I miei saluti al capo dei salami!...

I due coraggiosi si sforzavano a scherzare, mentre invece i loro cuori battevano ben forte, prevedendo una resa a non molto lunga scadenza, poiché le provviste che possedevano potevano servire appena a mantenerli in piedi pochi giorni.

Se gli spagnoli si fossero avanzati verso l'altipiano del Riff, avrebbero potuto avere qualche vaga speranza di venire salvati dai compatrioti, ma non si udiva ancora il cannone tuonare dentro le gole. Probabilmente le ostilità erano appena scoppiate, e se si combatteva ciò doveva avvenire intorno a Melilla e sulle rive del Mar Chica.

— Lasciamo i tristi pensieri e facciamo colazione — disse Pedro.

Vedendo che i briganti avevano accesi i fuochi per prepararsi il kuskussù, scesero al secondo piano e si provarono ad aprire i sacchetti di cuoio. Come già avevano previsto, non contenevano che dei leguminacei assai difficili a mangiarsi crudi, mescolati però con pochi datteri e fichi secchi.

Lasciarono in pace i primi e si attaccarono ai secondi, inaffiandoli con una scarsa sorsata d'acqua, perché tenevano più a economizzare il liquido che il solido, stante il calore terribile che regnava nel minareto.

Dopo quel magro pasto si rimisero in osservazione colle armi sulle ginocchia, chiedendosi ansiosamente come sarebbe terminato quell'assedio che prometteva di prolungarsi assai.

I briganti pareva che non si occupassero degli studenti e della gitana. Continuavano a mangiare ed a chiacchierare, tenendosi sempre ad un migliaio di metri di distanza, sicuri di far capitolare gli assediati prima che gli spagnoli, allora appena sbarcati a Melilla, giungessero sull'altipiano.

Avevano però collocate qua e là delle sentinelle, le quali si tenevano ben nascoste in mezzo ai cespugli, conoscendo già l'abilità degli studenti in fatto di tiro.

La giornata trascorse senza alcun allarme e senza che i banditi abbandonassero i loro campi improvvisati. Intanto il tempo si era guastato. Verso il mare fitte nuvole s'alzavano, illuminandosi di frequente sotto la luce di vivissimi lampi.

Il vento si era pure scatenato ed ululava intorno al minareto, scaraventando raffiche su raffiche.

Verso le otto di sera le tenebre piombarono sul mare e sull'altipiano, e quasi nel medesimo istante si spensero anche i fuochi dei briganti.

— Non chiudiamo gli occhi — disse Carminillo ai compagni. — Quelle canaglie forse cercheranno di approfittare della notte tempestosa per accostarsi a noi e tentare una sorpresa.

— Andiamo a rinforzare l'entrata — osservò Pedro. — I rottami abbondano, e potremo alzare una solida barricata.

— Rimani tu a vegliare, Zamora? — chiese Carminillo.

— Sì, señor — rispose la gitana. — Se si avanzano farò subito fuoco.

Si sdraiò dietro un mucchio di mattoni che Carminillo aveva, durante la giornata, disposti in modo da formare una piccola barricata, e spinse lontano gli sguardi.

Invano cercava. Pareva che i briganti si fossero allontanati dopo d'aver spento i fuochi, ma Zamora non era tipo da fidarsi di quella calma che poteva essere più apparente che reale.

Ogni volta che un lampo si proiettava sull'altipiano, si alzava e cercava di scoprire i banditi senza però riuscirvi, poiché grosse nubi di sabbia, che salivano dalla banchina, venivano portate lassù dalle poderose raffiche del caldissimo scirocco, impedendo di vedere.

Il momento era propizio per gli assedianti, dacché la luna era rimasta ben nascosta dietro le masse di vapore, e le sabbie volteggiavano intorno al minareto ed alla cuba.

— Che se ne siano andati? — chiese Pedro, il quale avrebbe preferito, in quella incertezza, dei colpi di fucile.

— Non lo sperare — rispose Carminillo. — Apri invece sempre più gli occhi.

— Tacete — disse Zamora.

— Vengono? — domandò il giovane ingegnere.

— Tutti a terra!...

Aveva appena pronunciate quelle parole, quando una scarica fragorosissima partì a meno di trecento passi dal minareto.

I banditi, protetti dalle tenebre e dalle sabbie, muovevano audacemente all'attacco, stanchi ed anche un po' umiliati di essere stati, fino allora, tenuti in scacco da tre soli avversari.

Il rombo della moschetteria si era appena spento, quando dalla parte del mare si udirono echeggiare due colpi di cannone. Un momento dopo due granate scoppiavano sull'altipiano, diroccando totalmente la cuba.

— Ci fanno saltare!... — gridò Pedro, precipitandosi giù dalla scala. — Sparano dal mare!...

— Non può essere che una cannoniera spagnola — disse Carminillo. — L'equipaggio ha udito gli spari e forse ha scorto i lampi, e tira colla speranza di distruggere dei briganti. Se sapesse che ci sono qui dei compatrioti da liberare!...

Erano scesi tutti al primo piano e si erano messi a rimuovere i rottami che ostruivano l'uscita, per essere pronti a saltare fuori prima che il minareto crollasse sulle loro teste.

I riffani, furiosi di aver trovato un altro nemico, nel momento in cui speravano d'impadronirsi degli assediati, da quei valorosi che veramente erano, non avevano indietreggiato.

Montati sui loro cavalli si misero a percorrere la cima dell'enorme spaccatura, impegnando risolutamente la battaglia. Avevano però contro di loro dei pezzi d'artiglieria che non si lasciavano vincere facilmente da semplici fucili.

Una cannoniera era improvvisamente apparsa a meno di due gomene dalla banchina, ed il suo comandante accortosi di aver di fronte quei terribili predoni, aveva subito ordinato il fuoco. I lampi, che di quando in quando rompevano l'oscurità, illuminavano i cavalieri, la cuba ed anche il minareto, e gli spagnoli ne approfittavano per lanciare delle buone granate, con tiro d'arcata.

Distrutto l'asilo della strega, si misero a sparare contro i cavalieri galoppanti quasi in gruppo sull'orlo dell'altipiano. Altre due granate caddero, con matematica precisione, sventrando una dozzina di cavalli e forse altrettanti cavalieri e storpiandone parecchi altri.

Urla spaventevoli s'alzarono fra i banditi, accompagnate da numerosi colpi di fucile, seguite subito da due altre cannonate.

Una granata colpì l'orlo superiore del minareto, producendo uno squarcio e provocando una terribile pioggia di materiali.

— Fuori!... Fuori!... — gridò Carminillo. — I nostri compatrioti, senza saperlo, ci accoppano!

— Sì, ma tengono occupati i briganti — disse Pedro.

Si trascinarono fuori, essendo l'apertura piuttosto stretta, poi si slanciarono attraverso l'altipiano, mentre due altre granate scoppiavano fra i cavalieri facendo una vera strage.

— Crepate, canaglie!... — esclamò Carminillo. — Venite ora a prenderci.

Aveva preso per mano la gitana e la trascinava in una corsa furiosa, cercando di guadagnare qualche gola. Avevano appena percorsi duecento metri, quando un'altra cannonata rimbombò sul mare. Il minareto, colpito in pieno, si squarciò, poi rovinò tutto con immenso fragore.

— Cinque minuti di ritardo ed eravamo ben accomodati! — disse Pedro, aumentando la corsa.


Note

  1. La pace sia con voi!... La pace sia con voi!..