I naufraghi del Poplador/16. Il capodolio

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16. Il capodolio

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15. Un grido sull'oceano 17. Una nave in vista

16.

IL CAPODOLIO


Udendo quell'urlo, Michele si era precipitosamente alzato, gettando all'intorno un rapido sguardo.

A quattro o cinque gomene verso l'ovest, galleggiava una massa nerastra, enorme, che l'oscurità non permetteva ancora di ben distinguere, ma che aveva tutte le apparenze di un vascello rovesciato e disalberato. Come prima era sfuggito agli occhi di Josè e di don Guzman? E da dove era venuto? Michele non seppe rispondere a queste due domande spuntategli sulle labbra.

— Quell'urlo deve essere partito da quel rottame — disse. — Ma quale organismo umano può gettare una nota così potente?

Guardò attentamente quello strano rottame, che era perfettamente immobile, poi tese gli orecchi sperando di raccogliere qualche altro urlo, ma non udì altro che i muggiti delle onde.

Svegliò don Guzman ed il vecchio lupo di mare e mostrò a loro quella nera massa galleggiante.

— Da dove è uscita? — chiese il capitano al colmo della sorpresa. — Un'ora fa, l'oceano era sgombro fino agli estremi limiti dell'orizzonte.

— Ma cos'è prima di tutto quella roba là? — domandò Josè.

— Certamente un rottame — disse Michele.

— Ma io non vedo alcun albero, tenente — disse don Guzman.

— Saranno sottacqua.

— Ma quella massa, al posto della chiglia, ha certe prominenze... e poi la prua e la poppa hanno certe forme... Vi confesso, Michele, che io dubito molto che dinanzi a noi stia un vascello rovesciato.

— Eppure ho udito un urlo, capitano.

— Un grido di aiuto forse?

— No, una nota potente, spaventevole. Se provassi a chiamare?

— Fate pure.

— Ohe! Del rottame!... — gridò Michele.

Nessuno rispose alla chiamata, né sulla massa galleggiante apparve alcuna forma umana. Ripetè le grida parecchie volte, ma senza ottenere miglior risultato.

— Mano ai remi — disse don Guzman.

Michele e Josè immersero i remi e spinsero il canotto verso il supposto rottame, il quale conservava sempre una immobilità perfetta. Già non distavano che due sole gomene, quando un formidabile urlo uscì da quella enorme massa, seguito quasi subito da un lungo fischio e da un getto di vapore.

— Indietro!... Indietro!... — gridò don Guzman.

— È una balena! — esclamò Michele.

— Un capodolio — disse don Pablo. — Alla larga, alla larga!

Infatti non era un rottame, ma un vero capodolio ed uno dei più giganteschi, poiché era lungo non meno di venti metri e voluminoso assai. Il mostro, dopo aver mandato quel secondo urlo che sarebbe stato udito a due miglia di distanza, battè il mare colla sua poderosa coda bilobata sollevando una mostruosa onda e si spinse innanzi verso il gran canotto.

Don Guzman, Michele e Josè si precipitarono sui remi e si misero ad arrancare disperatamente.

— Stiamo in guardia, amici — disse il capitano. — Abbiamo dinanzi il più terribile mostro che nuoti sui mari. Se ci scorge si getterà su di noi e il nostro canotto non resisterà ad un colpo di coda.

— Che quel brigante se la prenda proprio con noi? — chiese Michele. — Gli scaricherò addosso tutti i nostri fucili.

In pochi istanti il capodolio giunse a soli centocinquanta metri dal gran canotto, mostrando la sua immensa bocca la cui mascella inferiore era armata di numerosi e grossi denti conici, ricurvi un po' in dentro. Michele, il capitano ed il vecchio Josè gettarono i remi ed afferrarono i fucili, quantunque non avessero speranza alcuna di ferire mortalmente il feroce cetaceo.

— Facciamo fuoco! — gridò il tenente.

— No, Michele — disse don Pablo, abbassandogli l'arma. — I capidolii ci vedono male e forse quello lì non ci ha ancora scorti.

— Ma può spaventarsi, udendo le detonazioni e fuggire.

— Non speratelo, Michele. I capidolii non hanno paura di nessuno, nemmeno di una nave armata di cannoni.

— Vira di bordo, capitano — disse Josè.

Infatti il mostro aveva fatto un brusco voltafaccia, allontanandosi dal canotto. Percorse un due o trecento metri battendo sempre le acque con gran furore, poi mandò un nuovo e più formidabile urlo e s'immerse lasciando sopra di sé un piccolo vortice spumeggiante.

— Stiamo attenti, amici — disse don Pablo. — Forse ci sorgerà a pochi passi da prua.

Il capodolio sorse dall'acque a cinquanta metri dal gran canotto sollevando un gran tratto di mare, poi lanciò la sua foltissima nota. Stette alcuni istanti immobile lasciandosi dondolare dai cavalloni, poi nuotò verso il sud empiendo l'aria delle sue grida.

Ad un tratto fece un brusco angolo e si avvicinò al gran canotto arrestandosi ad una distanza di soli sessanta passi. Don Guzman, che si teneva in guardia, afferrò la barra del timone, mentre i suoi compagni si precipitavano sui remi.

— Attenzione, amici — disse egli. — Non perdiamo la testa, altrimenti per noi è finita.

Il mostro rimase qualche po' immobile guardando il gran canotto con curiosità, poi battè la coda e mandato il suo terribile urlo si precipitò innanzi con slancio irresistibile.

Michele e il vecchio Josè, che conservavano sempre il loro sangue freddo, si curvarono sui remi spingendo da un lato il gran canotto. Era tempo! Un istante dopo il capodolio passava sul luogo poco prima occupato dall'imbarcazione, colla velocità di un treno diretto.

— Coraggio, amici! — gridò don Pablo.

— Brigante! — esclamò Michele. — Confesso che mi ha fatto passare un brutto momento. Per Bacco! Che furia!

Il mostro aveva continuato la sua corsa, ma ben presto la rallentò e volse ancora la testa verso il gran canotto, battendo rabbiosamente l'acqua. Senza dubbio preparavasi ad un secondo assalto.

Don Guzman, che non lo perdeva di vista, vedendolo avanzarsi, divenne pallido. Sarebbe riuscito ad evitare quel secondo urto? Lo temeva.

— Che fare? — mormorò.

— Corpo d'una spingarda, lo so io — disse Michele che l'aveva udito.

Don Guzman si volse; il bravo tenente stava caricando la sua carabina.

— Che volete fare Michele, con quell'arma? — gli chiese il capitano.

— Tutti i giganti hanno un punto vulnerabile, don Pablo — disse Michele. — Non possiamo cacciargli una palla in un occhio?

— Non lo ucciderete.

— Ma l'acciecherò.

— Si può tentarlo. Ai remi, amici, che il mostro torna all'assalto.

Il capodolio si avanzava colla velocità di prima, mostrando la sua enorme bocca. Michele e Josè. spinsero al largo il gran canotto, poi lasciarono i remi e afferrarono i fucili.

Il mostro, che per lo slancio preso non poteva virar di colpo, passava a sette od otto metri di distanza.

— Fuoco! — gridò don Pablo.

Due colpi di fucile rimbombarono.

Il capodolio mandò un urlo terribile, si inabissò, poi tornò a galla avventando tremendi colpi di coda.

— Al largo! Al largo! — gridò don Pablo. — È ferito!

Il gran canotto si allontanò, mentre il capitano inviava un nuovo colpo di fucile al mostro.

— Là, così va bene — gridò Michele. — Mio caro, sono confetti un po' duri anche per te, questi, e ne abbiamo ancora, se ti salta il ticchio di avvicinarti un po'.

— È proprio furibondo! — esclamò Josè.

Intatti il cetaceo, che era stato senza dubbio acciecato da una palla, pareva che fosse diventato pazzo. Mandava fuori urla spaventevoli, gettava dagli sfiatatoi, con lunghi fischi, nubi di vapore, sollevava colla possente sua coda vere montagne d'acqua, si tuffava, poi tornava a galla chiudendo ed aprendo convulsivamente la smisurata bocca e si scagliava ora a destra, ed ora a sinistra, e talvolta usciva a metà dalle onde. Guai se il gran canotto si fosse trovato nelle sue acque!

— Don Pablo, — disse Michele, che aveva ricaricato il fucile, — se mandassimo a quella canaglia qualche altra palla?

— È inutile, tenente. Non riusciremo ad ucciderlo.

— Che disgrazia! Avrei assaggiato con piacere un pezzo di lingua di capodolio. Si dice che sia eccellente.

— Mangiabile ma non eccellente, Michele.

— Se avessi un buon rampone! — disse Josè. — Non avrei paura di assalirlo!

— Eppure i capidolii fanno paura a tutti, Josè. — disse il capitano. — Sono gli esseri più brutali, più violenti e più coraggiosi che esistano. Si dice che incutono tanta paura ai pescicani, che come tu sai sono tutt'altro che codardi, che questi per sfuggirli si nascondono perfino fra le sabbie. Si sono visti degli squali in preda a tale spavento per la presenza di un capodolio, slanciarsi contro la spiaggia con tanto impeto da rimanere uccisi.

— E le balene li temono? — chiese Josè.

— Anche le balene fuggono i capidolii. Nelle lotte che talvolta accadono, la peggio l'hanno sempre le prime.

— Ed infatti han certe bocche e certi denti! — esclamò Michele. — Ditemi, don Pablo, è vero che nessun pesce ardisce avvicinarsi ad un capodolio morto?

— Così si dice.

Il mostro intanto continuava i suoi balzi ed i suoi tuffi, dirigendosi or qua ed or là, ma era già ad una grande distanza dal gran canotto. Pareva che non volesse decidersi a lasciare quelle acque senz'essersi vendicato dei suoi feritori. Verso le dieci del mattino però, dopo aver mandato due o tre note foltissime, nuotò verso il nord con tanta rapidità che in breve scomparve agli occhi di don Pablo, di Michele e di Josè.