I naufraghi del Poplador/Conclusione

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Conclusione

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24. La fuga

CONCLUSIONE


La nave, apparsa in così buon punto per salvarli da una morte più che certa, era peruviana. Si chiamava l'Esmeralda e proveniva da Callao con un carico di china-china per Melburne. Il capitano, un bravo e generoso marinaio, accolse colla più squisita cortesia e colla più grande premura don Pablo ed i suoi compagni e quando conobbe le straordinarie avventure a loro toccate e seppe che erano messicani, mise a loro disposizione tutto ciò che aveva a bordo.

Don Pablo, dopo averlo ringraziato caldamente, si affrettò a chiedere notizie della guerra intrapresa dalle due repubbliche, ma il capitano peruviano poco potè dire avendo soggiornato soli sei giorni al Callao. Disse però che la guerra non era per anco cessata e che la peggio l'avevano fino allora le truppe messicane.

— Povera patria! — esclamò don Pablo, che provò una terribile stretta al cuore. — Ah! potessimo almeno giungere ancora in tempo di combattere!

— Ne dubito, signore — disse il peruviano. — Quando tornerete in patria la pace sarà senza dubbio firmata. Non dimenticate che la mia nave si reca a Melburne, che la via è lunga assai e che fra l'Australia ed i porti messicani le comunicazioni sono rarissime.

— Capitano, — disse Michele, che guardava ancora con grande attenzione l'isola, sulle cui rive si agitavano forsennatamente parecchie dozzine di selvaggi. — Capitano, sapete dirmi come si chiama quel nido di antropofaghi?

— So che quell'isola appartiene all'arcipelago delle Marchesi, ma niente più. Da due giorni il sole non si mostra e le stelle pure sono ostinatamente coperte dalle nubi, sicché mi riuscì finora impossibile fare il punto.

L'Esmeralda, spiegate nuovamente le vele, si rimise in marcia passando a breve distanza dall'isola, sulle cui rive si mostravano alcuni gruppi di selvaggi, ma punto disposti a mettersi in mare, indi piegò verso il sud allontanandosi dalle Marchesi.

Sessanta giorni dopo gettava l'ancora a Melburne. Don Pablo e Michele, dopo aver ringraziato con grande effusione il capitano e di avergli promesso di rivederlo un giorno, sette giorni dopo prendevano imbarco su di un brigantino inglese in rotta per Panama, e dopo una lunga e disastrosa navigazione causata dalle tempeste che si succedevano con grande frequenza in quell'oceano niente affatto Pacifico, giungevano a destinazione. Di là fu a loro facile trovare una nave diretta pei porti del Messico, e il 25 gennaio 1848 sbarcavano finalmente nel porto di Tehuantepec. Colà appresero che le ostilità fra le due repubbliche stavano per cessare e che la loro patria, schiacciata dalle armi dei nordisti, stava per pagare le spese.

Infatti il 2 febbraio veniva sottoscritta la pace di Guadalupa-Hidalgo, che il 29 maggio era ratificata dal congresso messicano raccolto in Queretaro sotto la presidenza del generale Herrera e che costava al Messico settanta milioni di lire e la perdita di tutte le porzioni degli Stati di Tamaulipas, Coahuila e Chihuahua, situate al di là del Rio Grande del Norte, dell'intero Nuovo Messico e della Nuova California formanti una superficie di circa 20 mila miriametri quadrati.

Il presidente Herrera però non si scordò di quanto avevano fatto i due eroici comandanti del glorioso Poplador ed il vecchio Josè per la patria, e sei mesi più tardi, riorganizzata la flotta, nominava don Pablo Guzman contrammiraglio, Michele capitano di fregata e Josè tenente di vascello.