I principii scientifici del divisionismo/XI

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CAPITOLO XI




Il miscuglio dei colori sulla retina.



S
e le immagini che si svolgono sulla retina dietro l'impressione prodottavi da due colori posti in con trasto, agiscono in modo che questi colori si presentano al nostro occhio assai diversi da quello che effettivamente sono presi separati, emerge senza che occorra altra dimostrazione come sia possibile potere cambiare l'aspetto di un colore senza procedere materialmente su di esso introducendovi nuove sostanze coloranti. Soltanto che, accostando o circondando il colore che si vuole modificare con altro idoneo ad agire sulla nostra retina in guisa da ottenere l’effetto desiderato, poichè per quanto si è provato. per forza di contrasto si può spingere un colore verso tutte le gradazioni nelle quali si scompone la luce, si sarà proceduto ad una forma di miscuglio che non si può propriamente classificare fra i processi definiti in pittura col nome di impasti o di velature, ma tale artificio avendo per [p. 234 modifica]base l’azione soggettiva della retina così prende il nome di miscuglio retinico.

Nel contrasto detto successivo si è veduto come fondandosi l’effetto della immagine apparente o sulla intensità o sulla estensione delle luci osservate o sull’insistenza dell'occhio nel fissarle, se ne ricavasse, pittoricamente, il minore partito possibile, perchè non avendo i colori della tavolozza grande intensità non concedono di ottenere effetto di contrasto se non a patto di adoperarli in vasta estensione. E fu questo l’unico modo di utilizzare dai pittori antichi i colori complementari.

Ma col contrasto simultaneo il miscuglio dei colori sulla retina può assurgere a processo metodico di sussidio degli impasti e delle velature oltrechè nel comune impiego delle opposizioni quali Plinio ci attesta fossero fra i più usuali artifici della pittura sino dagli antichi Greci, ed essere ancora efficace rimedio a quella debole intensità luminosa riconosciuta nelle sostanze coloranti e di tanto ostacolo alla illusione di verità dei dipinti.

Perchè l'azione del contrasto dei colori posti in piccola quantità ed in vicinanza immediata si estende alla intensità luminosa della quale è tanto difetto nelle sostanze coloranti, in virtù appunto di quelle immagini virtuali, prive cioè di essenza corporea, prodotti di pura eccitazione retinica in tutto analoghi al senso provocato dalla luce sugli elementi sensibili della retina, e perciò elemento prezioso di illusione di realtà di luce che è nello scopo dell’arte di raggiungere e che arriva quando l’artificio del contrasto anzichè affidato a superficie molto estese, si riduce fra piccoli spazi sufficienti perchè, dal punto di veduta del dipinto, l'occhio possa sentirne l’influsso.

Si dimostra la verità di questo aumento di intensità luminosa di un colore qualsivoglia costituito da una succes[p. 235 modifica]sione di piccoli tratti alternati dai loro complementari, lasciando su di una superficie condotta in tal modo, delle lacune per riempirle con tinte fatte ad impasto o con velature nel modo che si ritiene migliore perchè alla distanza normale da cui si osserva questa superficie, l'occhio non abbia da scorgere irregolarità di sorta.

Per quanti sforzi. d’abilità imitativa si potessero impiegare, entro l'ordine degli impasti e delle velature, a qualunque colore si ricorra per impedire che si vedano le lacune lasciate, tutte le prove non riesciranno ad altro che a produrvi una macchia oscura, come fa macchia oscura l’appannare qualunque spazio di una superficie lucida. E la maggiore luminosità della tinta condotta coll'artificio dei contrasti, sarà dipendente affatto dalla esattezza dei complementari impiegati bastando modificare questi per vedere immediatamente aumentato o diminuito l’effetto luminoso secondo che i rapporti dei complementari stabiliti nelle tinte, si avvicineranno o si allontaneranno dai rapporti proprî dei colori dello spettro che riuniti a due a due producono la luce bianca.

Ma, come si è già dimostrato, il contrasto non avviene solo con colori complementari. Purchè vi sia differenza fra le due tinte che si avvicinano, differenza di saturazione dello stesso colore o di intensità luminosa, ciascuna di queste circostanze influirà a modificare il loro effetto.

Se le tinte avvicinate sono eguali di colore, ma l’una è più intensa dell’altra, come se all'uno fosse stato mescolato un po’ di bianco, il distacco si aumenterà di più diminuendo la ‘distanza che li divide, e la tinta pallida sembrerà ancora più bianca mentre quella intensa pel confronto sembrerà più satura di colore che essa veramente non sia.

Così la differenza d'intensità luminosa si tradurrà in una oscurità o chiarezza a scapito o a beneficio dell'uno o del[p. 236 modifica]l’altro colore secondo il grado di luminosità che li separa, ma più che tutto secondo l'estensione data a ciascun colore, essendo ovvio che un tocco troppo piccolo si perda su di una troppo grande influenza vicina, e in genere una maggiore influenza accada se uno dei colori accerchia completamente l’altro. Avviene anzi, per questo, che tanti preferiscano il punto al tratteggio ed una serie di punti alla seguenza di tratti.

La forma nella quale il colore è contenuto influisce sulla visibilità in distanza ed il tratto è preferibile ai punti perchè si scorge meglio. Delle righe vicinissime, bianche e nere, sono ancora visibili alla distanza di 2.200 volte la larghezza dei tratti, mentre gli scacchi di uno scacchiere si perdono a 1700 volte la lunghezza del lato di uno degli scacchi. Dir studiò la visibilità dei punti colorati a diverse distanze secondo tutti i colori, ricavandone che di giorno alla luce normale occorre questo rapporto di grandezza e di distanza pei principali colori.

A 5 metri. A 10 metri. A 20 metri.
Verde . . . . . . . diam. 2      mill. 4 mill. 8 mill.
Giallo . . . . . . .

"

2 1/2   " 5    " 10   "
Aranciato . . . .

"

2 1/2   " 5    " 10   "
Rosso . . . . . . .

"

3          " 5    " 10   "
Violetto . . . . .

"

6          " 12  " 24   "
Azzurro . . . . . .

"

8          " 12  " 32   "


Aubert sperimentò che un piccolo quadrato rosso di un millimetro di lato, pare nero a circa 6 metri di distanza, mentre a 2 metri e mezzo un quadrato giallo o verde si perde sul fondo se delle stesse dimensioni. Così pure posto sul bianco un piccolo quadrato azzurro di un millimetro pare nero, mentre se rosso può essere visto anche essendo più piccolo, ecc. Ma non è certamente sull’esperienza altrui e sulle sole teoriche che l’artista deve stabi[p. 237 modifica]lire se avvenga o no il miscuglio che desidera per una data distanza.

Ciò è subordinato a troppe circostanze perchè sia altri che l’esperimentatore stesso a stabilire i proprî contrasti ed il meccanismo d’adattamento dei colori, non risultando l’effetto per i tratti o i punti, ma per le entità di colori posti in contrasto.

Una tinta condotta senza impasti o velature di alcuna sorta, ma scrupolosamente a tratti o punti può esser la meno piacevole di questo mondo; i toni ricavati da uno che ha inteso perfettamente su che si fonda la vibrazione luminosa dei colori possono appartenere alle più dissonanti associazioni di tinte che si siano mai vedute su di una tela; ma tutto ciò è fuori dell'argomento del contrasto, i cui principi rimangono anche se per disavventura dell’arte fossero soltanto i più cattivi pittori che potessero penetrare in così evidenti questioni d'interesse pratico, e la cui forza non istà nell’ insegnare il modo di fare più bello, ma fare più luminoso.

Evidentemente l’effetto dell'accostamento di due colori sarà proporzionato all'effetto delle luci reali di quanto si sarà posto attenzione nel rendere i due colori più consimili alle luci spettrali. Indipendentemente però da questa condizione l’influenza reciproca dei colori posti in contatto così stretto avviene sempre, quali si siano i colori adoperati, ed è anche facile concepire come l’arbitrario uso di questo principio trascini ad effetti imprevedibili ed uscenti da ogni analogia col vero, salvo però sempre la conseguenza inevitabile che il colore risultante pel nostro occhio dall’accostamento per piccole coppie è un’addizione di luce e non il prodotto dell’assorbimento che avviene riunendo due colori col mezzo dell’impasto, epperciò un risultato nel quale la vibrazione particolare della luce deve [p. 238 modifica]manifestarsi come non lo può uno stato dei colori che, sottraendo elementi luminosi alla luce che lo tocca, deve necessariamente sottrarvi elementi di vibrazione.

Nessuna esperienza pratica e nessun argomento scientifico può contrastare la luminosità prevalente della disposizione materiale del colore in parti minute e tali da agire mutuamente non nella proporzione che divide i colori usati nell'impasto, nel quale è bensì talvolta una separazione quando lo si osservi al microscopio, ma non tale che l’occhio nostro ne risenta la presenza, e questa suddivisione del colore risponda con i rapporti stabiliti fra coppia e coppia di colori in quelle condizioni per le quali nasce l'eccitamento retinico e gli effetti si guidano verso una determinata sensazione.

Nello stesso modo che dalla densità diversa di alcune sostanze coloranti addizionate di liquidi convenienti accade la trasparenza, e non vi sia più discussione se nella velatura prevalga la luce riflessa o quella assorbita, e sia evidente non solo, ma ciascuno sia ben convinto che la luce riflessa da un fondo bianco postergato ad un colore trasparente non passerebbe più se al colore trasparente si sostituisce un colore opaco, che tale fondo nascondesse affatto e per ciò del modo di funzionare dei colori trasparenti ed opachi cioè per velatura o per impasto non si elevi più eccezione nè si ammetta che l’uno possa surrogare l’altro, così è proprio di due colori di piccola estensione ed in contatto perfetto, ma per grandezza e colore visibili nettamente, dal punto di veduta stabilito, di destare la eccitabilità dell'occhio e procurargli la sensazione di un colore quale non potrebbe mai essere destato dall’impasto e dalla velatura, perchè non provenendo dalla percezione materiale del colore costituente la coppia di contrasto, ma dall’eccitamento nervoso, provocato in modo affatto simile a quello [p. 239 modifica]delle luci del vero sulla retina, l'impressione partecipa della stessa natura vibrante delle luci reali, solo in ciò difettoso, che per quanto sia studiato il rapporto delle coppie, non giunge alla ricostituzione di luce bianca corrispondente alla luce bianca prodotta dalle luci spettrali in perfetta opposizione.

Questi effetti di esaltamento dei colori complementari e di alterazione reciproca dei colori accoppiati così davvicino, la cui azione può venire menomata dalle incongruenze nelle quali può cadere l’artista, ma che, in ogni modo avvengono, qualunque sia il rapporto esistente fra colori giustapposti in tale modo, non si possono attribuire all'impasto ed alla velatura senza malinteso sicuro delle proprietà intrinseche di questi due mezzi tecnici. Nè consiste in ciò solo la ragione di averli in particolare riguardo, perchè potendo essere guidati, a piacimento dell’artista, per tutte quelle gradazioni di effetti che si possono ricavare dalle infinite combinazioni cui si prestano i numerosi colori della tavolozza, offrono un modo non dubbio di correggere il difetto delle sostanze coloranti da cui nacque l’impiego e l'abuso del nero come artificio per raggiungere nelle pittura quella vibrazione luminosa che, essendo parte integrante delle apparenze del vero e ricerca costante dell’artista, deve logicamente cattivarsene tutto il favore, tanto più quando rinunziando all’interesse delle forme per sè, egli si prefigga di non dissociare l'oggetto del suo quadro dall'effetto luminoso che lo avvolge e preferendo l’ambiente ingommensurabilmente più luminoso dell'aperto a quello dei luoghi racchiusi affronti il problema pittorico della vibrazione luminosa nella sua più esplicita estrinsecazione.