I principii scientifici del divisionismo/XII

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CAPITOLO XII




Il divisionismo.



S
e oggidì è facile dimostrare che dalle sostanze coloranti si può ricavare un effetto più vivo di luce, le modalità del meccanismo di disposizione dei colori materiali per utilizzare praticamente questo effetto non fu rintracciato così presto come si potrebbe supporre.

La condizione delle sostanze coloranti di non comportarsi nei miscugli come i raggi luminosi, non fu scientificamente ‘riconosciuta che assai tardi, ritenendosi, anche dopo la scoperta fatta da Newton della decomposizione della luce, che il miscuglio delle luci prismatiche e dei colori materiali producesse lo stesso effetto, sicchè le osservazioni di laboratorio si facevano per comodità sui colori materiali piuttosto che sui colori del prisma.

La diversità fu notata da Lambert in una esperienza memorabile, nella quale combinando luce azzurra con luce gialla, mediante vetri colorati, fu sorpreso di ottenere luce bianca e non verde, come egli si aspettava e sarebbe ac[p. 242 modifica]caduto se per l’esperimento avesse adoperato polveri colorate gialle ed azzurre. Ciò condusse naturalmente ad uno studio separato dei colori materiali e ad una investigazione nuova dei rapporti fra sostanze di colore e luci vere, onde fu soltanto nel 1839 che il fisico Mile partendo dalle leggi del contrasto concepì l’idea di accostare tratti minuti di colori complementari ricavandone effetti analoghi al miscuglio delle luci dello spettro.

L’abitudine invalsa di ritenere che nulla si possa fare che non sia mai stato fatto, vuole che nella pittura antica non manchino esempi di scomposizione dei colori, e chi cita Tiziano, e chi Murillo ed anche Rubens, come consapevoli degli effetti speciali della scomposizione dei colori, mentre di tali pittori non si vede opera che accenni ad un processo ordinato di contrasti complementari, che deve rimanere sempre visibile perchè funzioni al modo ideato da Mile; nè d'altronde in questi maestri fu preoccupazione dominante l’effetto luminoso, caratterizzato sempre nei luministi da una tendenza a destare nel riguardante l'idea di una sorgente luminosa che incombe singolarmente sul quadro, come si vede espressa in modo tipico da Rembrandt, e quindi manca altresì la ragione per ritenere che dovessero procedere a ricerche particolari per raggiungere un effetto che non era richiesto dalla loro arte.

Meno ancora poi un’analogia col metodo di Mile e dei pittori che dal suo metodo trassero norma all’interpretazione dei colori del vero si può stabilire col punteggio dei miniatori causato dalla cattiva presa che fa il colore sulla pergamena e sull’avorio, per cui non potendosi nè distendere nè impastare il colore è giocoforza servirsi di punti minutissimi per raggiungere l'aderenza del colore sulla superficie troppo untuosa della pergamena e troppo levigata dell’avorio. [p. 243 modifica]Certamente l’osservazione che lo speciale vibrare della luce non corrisponde al senso destatoci dal bianco in uso nella pittura, non è scoperta d'oggi perchè rilevata e sentita sino da quando si tentò riprodurla accentuando l'effetto del bianco coll’esagerare il nero postogli vicino, ma si può affermare, senza tema che alcun esempio di pittura antica venga a smentirlo, che nei processi tecnici del passato manca la concreta dimostrazione che il mezzo tecnico sia derivato da una base scientifica informativa dell'adattamento meccanico delle sostanze colorate, ed abbia una riconoscibile esteriorità dovuta alla nozione delle leggi del contrasto dei colori, nel preciso scopo di destare la vibrazione che è inseparabile nel vero da ogni effetto dovuto alla luce.

Soltanto l’idea dei miscugli retinici si deve ritenere nota per la pratica del pennelleggiare a chiazze o tratti o punti in quei dipinti che, alla distanza occorrente per vederli, dovevano parere finiti nel senso di ogni scomparsa nel processo di esecuzione, mentre il metodo dei contrasti complementari non mira alla finitezza, ma alla impressione speciale risultante per il contrasto simultaneo dei due diversi colori che è necessario siano scorti dall'occhio al punto di veduta del dipinto, e perciò, evidentemente, tutt'altro effetto e tutt'altro ordine di ricerca.

Più attendibile sarebbe il supposto che nell'arte coetanea del Mile si trovasse qualche accenno d'adattamento di colori consimile, giacchè in Constable e Turner s'inizi la elaborata costituzione dei toni che tanto contribuisce all'effetto luminoso delle loro opere e della derivata scuola Francese detta del 1830, epoca abbastanza vicina alla data di pubblicità del metodo di Mile, perchè tale metodo si potesse ritenere l'ordinamento scientifico di un processo tecnico esplicato empiricamente dall'arte del tempo, se tuttavia il [p. 244 modifica]nero prevalente sempre nella costituzione fondamentale del mezzo pittorico di detta scuola e serpeggiante ancora nelle opere di Fontanesi, che ne fu la propaggine più vitale, non rivelasse che l’impiego dei complementari nella pittura non era ancora così caratteristico da suggerire un’utilizzazione immediata.

La scomposizione dei colori tendente a ricavare delle vibrazioni luminose, oltrechè dal tono complessivo del dipinto, da ogni suo singolo elemento, con derivazione visibile dal metodo di Mile, non si accentua che nei pointillistes, per assumere carattere sistematico definitivo nelle opere di Segantini, segnatamente nel grande trittico « vita, natura e morte», pietra miliare del già glorioso cammino dell’arte nella conquista della oggettività luminosa, fine della scomposizione dei colori.

A Mile dunque, finchè più circostanziate indagini sulla priorità dell’applicazione della scomposizione dei colori alla pittura si siano attivate dagli storici dell’arte, si deve riservare l'avere dotato l’impiego delle sostanze coloranti di una proprietà fino allora sconosciuta, quella cioè di potere riprodurre le addizioni di luci mediante una separazione metodicamente minuta delle tinte complementari che oggi in arte prese il nome di divisionismo.

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Gli scienziati che trattando dei fenomeni luminosi e ricercando le leggi che presiedono ad ogni parvenza dei colori, sentirono come nella cognizione delle cause originarie delle luci e dei colori fosse un ausilio assai più potente per l’interpretazione degli aspetti luminosi del vero di qualunque intuito pittorico e dedicarono agli artisti il frutto delle loro investigazioni, si arrestarono alla pura esplica[p. 245 modifica]zione dei principii relativi alla esteriorità di ciascun fenomeno luminoso, lasciando impregiudicato l’uso del mezzo materiale che meglio avrebbe servito per riprodurli pittoricamente.

Così da un lato questa libertà che non solleva l'artista dai pericoli dei tentativi e delle cadute inevitabili, non basta per sospingere ad applicare i nuovi postulati scientifici all'arte, nè basta l'esame oculare delle opere di quelli che si sono avventurati alla ricerca perchè sia possibile risalire al principio da cui l'artista ricava il suo mezzo d’interpretazione, mai più potendo essere l’arte l'applicazione di una rigorosa formula.

Onde a ragione l'artista, timoroso delle proprie forze, quanto di perdersi per false vie o, come più spesso avviene, di essere trascinato alla meschinità della imitazione formale di un maestro, vorrebbe che alla nozione teorica fosse sempre congiunta l'applicazione al caso pratico.

Ma in fondo al sentimento giusto dello studioso delia pittura di essere persuaso da prove concrete, sta il maggiore ostacolo alla conquista del carattere individuale del mezzo di copia del vero, poichè ogni caso concreto risoluto con mezzi materiali nel modo che più si ritiene convincente, non lasci altra via di scelta che la imitazione formale.

Il sistema dei precetti non potrebbe fare miglior prova nel divisionismo di quello che già fece nelle vecchie scuole, quando mancò lo spirito informatore del mezzo tecnico, cioè una sensazione profonda dal vero ed un impeto irresistibile di tradurla coll’arte. Sotto questi impulsi la cognizione dei principî scientifici si coordina meravigliosamente colle interpretazioni dei maestri che hanno operato, e apparisce evidente come nel divisionismo non è tale complicato congegno che non sia dato tracciarne da sè l’orbita d'azione pratica, nè il meccanismo d’adattamento dei [p. 246 modifica]colori di questa tecnica vincola la loro significazione ultima, che indicandone il più razionale impiego, s’intacchi quella libertà di interpretazione del vero che deve essere opera di ogni sano insegnamento, mantenere incondizionata.

In un palmo di tela vi è posto quanto basta per un esempio di scomposizione dei colori che compendia l’applicazione pratica del divisionismo.

Sia dunque un piccolo spazio di cielo azzurro visto fra i lembi di due nubi illuminate dal sole che tramonta, il soggetto che il pittore ha già schizzato sulla tela valendosi del consuetudinario impasto, ma che trova mancante di quel senso di luminosità che lo affascina nel vero e non gli è possibile di raggiungere se non ricorrendo al vieto artificio di mettere sullo stesso brano di tela qualche massa oscura di colore che assolutamente non figura nel cielo reale che copia nè entra nel suo concetto di luminosità, che vorrebbe scaturisse conservando il tono generale del suo dipinto al valore dell’azzurro brillante e del roseo che ha già accennato nel suo schizzo.

Supponiamo anzi che questo pittore abbia già provato che con l’artificio di una massa oscura di contrasto non aveva ricavato l'impressione luminosa sentita dal vero, per avere maggior ragione di credere che l’animo di tale pittore sarebbe propenso a rinunziare agli impasti, pure di ottenere l’effetto desiderato, e non abbia da proporsi la più difficile domanda per quale’ coordinamento delle nozioni riguardanti i fenomeni luminosi e per quale adattamento materiale dei suoi colori sarà per scaturire la maggiore intensità luminosa, che, per quanto gli è noto dell’assorbimento, scomparirebbe dal suo schizzo più che egli insistesse per coglierla tormentando le tinte con nuovi impasti.

Allora usufruendo del contrasto dei complementari a piccola distanza, secondo i principî già enunciati, chè per [p. 247 modifica]l'azzurro verdastro sarà nelle gradazioni del rosso e pei toni rossastri delle nubi sarà fra gli azzurri verdeggianti, il caso è dei più semplici e sbrigativi.

L'artista, nota l’Heghel, è quello che viene incontanente all'attuazione delle sue idee, ed in men tempo che non si dica, il pittore avrà cercato sulla tavolozza la tinta che stima accostarsi di più al complementare cercato e si accingerà a provarlo sul suo azzurro. Solo una riflessione istintiva lo fermerà ancora col pennello sospeso chiedendosi quale direzione darà al suo tocco col nuovo colore. Ma ancora la risposta non può essere che la più semplice. Se il cielo è azzurro nella parte che si vede non può esservi dubbio che non sia tranquillo, e assecondando questa certezza l'impulso istintivo del pittore sarà quello di dare al suo tratto la direzione orizzontale.

Il pensiero che stratificazioni atmosferiche nello stato di quiete potessero essere verticali od inclinate contraddice alla più elementare idea di quiete d'ogni sostanza fluida o aeriforme oltre al contraddire alla più semplice intelligenza del linguaggio grafico. In breve il pittore si comporterà pei tratti come avrebbe fatto per le pennellate del colore ad impasto, che senza peritanza alcuna avrebbe adagiate sulla tela traendo il pennello in senso orizzontale.

L'effetto dei colori complementari alternati verrà manifestandosi subito coll’eccitazione che essi infallantemente producono sull’occhio vivificando quello spazio azzurro che sembrava morto ad ogni espressione che non fosse quella di una tinta qualsiasi disposta da un verniciatore, e questo effetto sarà proporzionato alla giustezza dei rapporti complementari stabiliti ed all’equilibrio di tutto il tono azzurro colle nubi rossastre circostanti, sulle quali converrà procedere analogamente finchè l’effetto generale soddisfi e l’illusione cercata emani, non per virtù dei tratti, come non [p. 248 modifica]si sarà mai ripetuto abbastanza, ma in virtù della giustezza delle opposizioni impiegate e stabilite dietro la giusta intuizione del colore d’ogni parte dipinta.

Se in luogo di uno spiraglio di cielo fra i capricciosi contorni delle nubi si trattasse di dipingere una testa, un torso, una figura o più figure, una tecnica che esige nitidezza per tutti gli elementi di colore di ogni modellatura, che nulla ha da aspettarsi dalla improvvisazione mentre tanto ha da temere dalle incertezze e dai pentimenti che impiastricciano i tratti e scuotono dalle fondamenta l’armonia del lavoro, impone una traccia precisa delle forme e della distribuzione generale dei lumi e delle ombre, come fu d'altronde pratica di tutti gli artisti maturati alla severa scuola della esperienza.

Il sottostante disegno suggerisce l'andamento del modellato come l’ombreggio preparatorio aiuta a determinare il tono del colore.

Dietro questi preliminari il lavoro procede cogli stessi criteri esposti nel piccolo saggio di un tratto di cielo.

I colori per l’inizio del dipinto non possono essere altri che quelli ritenuti dall'artista più conformi a riprodurre il suo soggetto. Nulla gli vieta l'adozione del colore che vede o preferisce, la scelta delle forme che stima convenienti, l’accentuazione del carattere secondo il proprio gusto, l’insieme infine che costituisce la personalità pittorica, che non può essere così impedita dalla difficoltà del mezzo che non sia più breve ritenerla assente quando dall'opera risulti solo la vanità di un maneggio insulso di colori, si chiami questo impasto, velatura o divisionismo.

Sul tratto e l'andamento del tratto, secondo lo svolgersi naturale delle forme, che pure è uno dei precetti eterni delle arti plastiche perchè corrisponde nel senso intimo e nell’effetto esteriore a quella struttura organica che in ogni [p. 249 modifica]oggetto naturale determina la sua forma e la qualità dei movimenti che gli sono concessi, è tuttavia necessario. fermarsi per sviscerarne l’importanza nella scomposizione del colore da cui nasce la ricercata vibrazione luminosa ed una più efficace suggestione di vita, mentre al divisionismo si op- pone spesso a difetto questo modo d’adattamento dei colori.

Il tratteggio non è certo per sè così nuovo come mezzo grafico d'interpretazione delle cose naturali da diventare inintelligibile solo perchè lo si eseguisce con colori. Ned è credibile che si potesse sconfessare apertamente senza umiliazione di qualsiasi intelligente d'arte sciente che nel disegno fu il principale mezzo d'esecuzione adottato da tutti gli artisti in ogni tempo sotto le più variate forme, dalla serie dei tratti paralleli tutti obbliqui da destra a sinistra o da sinistra a destra ed anche tutti orizzontali contro ogni istintivo sentimento della forma. E pure, senza detrimento dell'intelligenza degli oggetti figurati ebbe bizzarrie infinite di incrocî retti ed obbliqui reticolati a punti nel mezzo e varietà infinite nella singolarità del segno ora secco o grasso, rigido o contorto, sino all'inverosimile ardimento di fare centro col tratto in un punto qualsiasi di un volto, e girando a spirale seguirne sempre con un segno unico e visibilissimo tutto il modellato.

L'incisione specialmente fu campo bene accetto per tutti gli adattamenti possibili di linee senza che il tratteggio fosse mai ritenuto un impaccio alla comprensione di qualunque idea e di qualunque forma si potesse estrinsecare dall'artista, senza che ad alcuno passasse mai pel capo di gridare all’offesa fatta al vero, nel quale certamente per nessuno apparisce ombra di tratteggio.

Nella pittura del trecento e del quattrocento i tratti furono il mezzo costante di unione dei colori nel processo di dipingere a tempera, nè le tempere nelle quali il trat[p. 250 modifica]teggio si vede a distanza, si osano tenere in minor conto per la visibilità del mezzo, da ognuno che abbia fior di senno e intelligenza d’arte, mentre sono ancora tanto preferibili alle legioni di opere prodotte coi più perfetti impasti di colori da parecchi secoli di decadimento artistico.

Dunque, il tratteggio se non fu nè è di ostacolo alla comprensione di un contenuto artistico, meno ancora lo può essere riflettendo che per ottenere l’effetto di vibrazione luminosa che si spera invano dall’impasto è giocoforza che la superficie coperta di colore acquisti l'apparenza di un tratteggio distinguibile anche al punto normale di veduta del dipinto; perchè altrimenti la sovrapposizione sulla retina delle immagini virtuali dei colori messi in contrasto e la conseguente vibrazione luminosa non potrebbe più apparire, bastando già per attenuarla la differenza che vi è fra una serie di punti ed una sequenza di tratti.

Inoltre la visibilità della tecnica nel divisionismo viene imposta anche per controbilanciare l'azione del tempo che in genere annerisce i colori, cosicchè se delle minute parti sono poco visibili in distanza mentre i colori sono freschi e vivaci, tanto più difficilmente saranno vedute avvolte nell'offuscamento che il tempo sempre produce sui colori se il pittore non avrà avuto presente di tenere conto di questa alterazione.

Tutte quelle cautele che nello stesso ordine di fatti erano concesse agli antichi pittori, e la posterità non ha che a rallegrarsi che gli antichi forzassero alquanto le tinte specialmente i chiari in previsione dell’effetto del tempo, devono essere tenute valide anche pei moderni, e per lo stesso argomentare, se il riguardo di esagerare alquanto i chiari era buona pratica col meccanismo degli impasti e delle velature, ragione vuole che si riconosca buona anche nel metodo della scomposizione dei colori, tanto più che i [p. 251 modifica]contatti dei colori scuri coi chiari ed anche le sovrapposizioni di tinte chiare su tinte scure, durante la elaborazione delle opere, sono pressochè inevitabili ed è risaputo dai pittori che le tinte scure sottostanti finiscono sempre per influenzare i colori sovrapposti.

Ma indipendentemente dalle alterazioni dovute al tempo, che pei colori sono molto complesse e, per una tecnica tanto diversa da quella degli antichi, non tutte facilmente prevedibili, la convenienza di non assecondare nel rapporto dei colori in contrasto nessun altro suggerimento se non che quello dell'esigenza dell’arte, diffidando sopratutto delle impressioni momentanee pregiudicate dal timore di forzare troppo i contrasti, è dimostrata altresì dalla facilità colla quale si acuisce la sensibilità dell'occhio durante il lavoro pittorico, talchè più spesso l’artista finisce per affievolire i contrasti oltre il voluto dalle condizioni speciali del procedimento di scomposizione dei colori.

La sensibilità anormale che acquista l'occhio del pittore durante l'esecuzione della propria opera, è facile d’altronde a spiegarsi pensando come il fissare per delle giornate intere lo stesso oggetto debba farne scorgere tante minute accidentalità che sfuggono ad un osservatore meno assiduo come è usualmente l'’ammiratore dell’opera, che per quanto invaghitone, non arriva mai alla insistenza del tenervi fisso lo sguardo come chi l'ha eseguita.

Da tale prolungata attenzione che sospinge per sua natura ad affievolire piuttosto che ad incrudire i contrasti, e dal fatto che difficilmente si possono rialzare i colori nel progresso del lavoro quando all'inizio dell’opera vi fu eccesso nell'impiego dei mezzi della tavolozza, vietando all'estensione dei colori stessi di raggiungere altro limite che la loro massima intensità, segue che l'elaborazione ultima conduce sempre ad una perdita di violenza di colore; senza dire che [p. 252 modifica]questa sovraeccitazione dell'occhio può avvenire anche per la prevenzione stessa contro tale tecnica, sapendosi quanto ogni prevenzione nuoccia ad un sereno giudizio e quante volte gli artisti ed il pubblico si siano ricreduti da impressioni ostili contro certe forme d’arte solo per avere riconquistata la calma indispensabile all'apprezzamento sincero e sicuro dell’arte.

È da considerare infine che una lieve accentuazione dei contrasti oltre lo strettamente necessario per la visibilità dell'effetto del dipinto al giusto punto di osservazione non può nuocere molto, bastando in caso allontanarsi alquanto perchè la impressione ricercata si manifesti, mentre facendosi troppo deboli i contrasti su cui è fondato il divisionismo si costringe l'osservatore ad avvicinarsi al dipinto facendogli perdere la distanza necessaria per abbracciare collo sguardo l'insieme dell’opera, che in tal modo non potrebbe venire giustamente apprezzata.

Ammesso il fenomeno fisiologico delle immagini conseguenti e simultanee della retina; riconosciuto l’effetto di sovrapposizione delle immagini retiniche nel contrasto dei colori accostati in brevi estensioni; posto fuori di discussione il privilegio dei colori accoppiati in tale guisa di funzionare non più per le qualità singole del colore materiale impiegato, ma con tutta l'apparenza delle luci vere, la disposizione a tratti del colore diventa condizione imprescindibile per ottenere l’effetto della vibrazione luminosa.

Così l’errore di attaccare il tratteggio nel divisionismo non è equiparato che dall'errore di sperare gli effetti della scomposizione dei colori persistendo a fonderli ed impastarli insieme, ammenochè non si voglia confessare di non sapere veramente in che consista l'impasto, la velatura, la trasparenza e l’opacità, la fusione ed il divisionismo, e da quali cause dipenda il loro carattere distintivo e la singolarità [p. 253 modifica]di effetti che è proprio di ciascuno di questi meccanismi d'impiego del colore.

Ora non varrebbe la pena di avere rilevato l’incoerenza degli appunti che sino dall'apparire della nuova tecnica si mossero contro la riduzione dei colori a righe sottili, se le ricerche verso un temperamento che conciliasse il vantaggio della vibrazione luminosa attenuando l’urto della visibilità del mezzo non avessero già sospinto a svisare il carattere della scomposizione dei colori e fatto lusinghiera accoglienza ad un mendoso divisionismo, composto di vecchi abusi tecnici o di errori, il quale infesta già abbastanza il campo della pittura per poterne delineare per sommi capi i difetti distintivi.

Consiste generalmente questo prodotto d’occasione nel preparare un fondo granuloso ruvidissimo sul quale dipingendo col consueto modo degli impasti e delle velature per gli interstizi profondi che ha la superficie granulosa, il processo ad impasto prende l’apparenza di un punteggio più o meno regolare secondo il causale appoggiarsi del pennello sui rilievi, derivandone così una effettiva discontinuità della materia colorante distesa, ma evidentemente nessuna delle influenze particolari del contrasto di coppie di colori una per una studiate e precisate con un voluto rapporto.

Questa affettazione ha ancora un altro modo di manifestarsi, sempre pel proposito di non affrontare o la difficoltà o l’effetto del mettere in vicinanza piccole coppie di colori contrastanti fra di loro.

E quest'altro mezzo consiste pure nel dipingere bravamente col solito sistema delle larghe tinte uniformi, avvertendo però di usare il pennello in modo che sul colore resti la traccia fittizia di una separazione materiale, come avviene quando con un pennello sottile si vuole riempire un largo campo procedendo a linee. Tale meccanismo certa[p. 254 modifica]mente lascia sul colore una traccia diversa da quello che se fosse disposto con atto largo e disinvolto del pennello, perchè nella striatura che ne è il risultato si hanno delle sporgenze sulle quali si accoglie maggior luce e delle rientranze che sono più oscure per ombre portate che si possono anche aumentare quando il collocamento del quadro, con ulteriore artificio discordante dall'uso dei mezzi proprî della pittura, esageri la visibilità di tali righe. Ma l’effetto di questa superficie striata composta di righe chiare e scure se per sè stessa in base alle leggi stesse su cui è fondato il contrasto dei colori giustapposti dà una sensazione più vivace, genericamente parlando, che non lo farebbe una eguale distensione di tinta grigia condotta per impasto, ciò però non entra nella costituzione tecnica di alcuna pittura propriamente detta e sta in un quadro che non sia monocromatico come sta l'impressione speciale che viene da un disegno quando è stampato con un inchiostro rosso o verde o altro qualsiasi colore piuttosto che col nero. E come questo effetto di inchiostri colorati non ha che vedere sul valore intrinseco del disegno ed è estraneo alle qualità del disegnatore e quindi non per esso si apprezza il disegno, così in dipinti condotti con tale tecnica se sensazione differente vi ha, nè potrebbe essere altrimenti, che non potrebbe venire se nello stesso dipinto si sopprimesse tale artificio, non resta meno il fatto essenziale che il divisionismo propriamente detto vi è assente e lo scambio che potrebbe esserne fatto da chi, non intendente dei mezzi della pittura, lo ritiene per divisionismo sincero ed organico, non è fondato che sull'equivoco. Perchè, non lo si sarà mai ripetuto abbastanza, la scomposizione del colore non consiste nel materiale colliocamento a tratti o punti di una tinta qualunque nè sia la sua intensità colorante e luminosa, ma esclusivamente nella [p. 255 modifica]funzione di contrasto di due tinte vicine e diverse l'una dall'altra, visibili alla distanza che si dice il punto di veduta del dipinto, senza la quale condizione l’opera non appartiene per la sua tecnica all'ordine di questo particolare impiego del colore inteso nel suo fine diretto.

D'altronde la tendenza a soverchiare sui mezzi proprî dell’arte del dipingere, i quali escludono ogni altro concorso materiale che non siano i colori, ogni altro effetto che non sia quello proveniente dai rapporti stabiliti dal pittore fra colori e colori, non è caso nuovo, ma verificatosi in tutti i tempi sia per illudere maggiormente col rilievo che in parziali effetti di certi oggetti rappresentati; ed è sempre per sorpassare le difficoltà inerenti al debole potere luminoso delle sostanze coloranti che si ricorse o ad un eccessivo rilievo di alcune parti del dipinto o per accostarsi allo splendore singolare dei metalli che si tentarono le infrazioni più audaci ad una regola che non ebbe mai bisogno di un patto formale per essere osservata, avendosi la miglior guarentigia negli inconvenienti medesimi che i rilievi conducono col tempo sul dipinto e il disgusto che i materiali estranei come l'oro, ad esempio, finiscono per determinare nel riguardante. Difetti dimostrati già incompatibili da Leon Battista Alberti nel suo Libro della pittura, con che si conferma che sono di vecchia data per infirmare i pregi del divisionismo.

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Dagli effetti intimamente diversi che discendono dal vario adattamento dei colori sorge naturale l'idea che in uno stesso dipinto si potessero applicare tutti quanti i meccanismi tecnici che aiutando ad imitare meglio la varietà degli oggetti del vero verrebbero anche a rendere più attraente il dipinto per i pregi della varietà della esecuzione. [p. 256 modifica]Ed invero teoricamente non vi sarebbe ostacolo veruno perchè il pittore rinunciasse a valersi sullo stesso dipinto di quanti adattamenti materiali riescono più acconci a conquistare quella illusione di verità che è il fine dell'impiego stesso dei colori e della copia del vero, come già in pratica dimostrarono potersi fare col massimo successo gli antichi, adoperando l’impasto e la velatura con tale sapienza che la virtuosità tecnica non trascina spesso minore ammirazione di quella che l’arte insieme congiunta si accaparra.

Anche il raziocinio suggerirebbe che, quando il meccanismo pittorico non pregiudichi la solidità del dipinto e per varietà di metodo non si intenda l’uso di sostanze incompatibili fra di loro per la conservazione e durata del dipinto, nulla dovrebbe ostacolare la condotta ad arbitrio dei colori se il risultato rispondesse all'aspettazione concepita sul vantaggio di accumulare sullo stesso dipinto differenti esecuzioni tecniche.

Per opere da vedersi a grande distanza il quesito si risolve da sè, l'importanza dell'esecuzione tecnica scomparendo colla materiale impossibilità di scorgerla, ma nel dipinto che si dice di cavalletto, soggetto all’investigazione dell'osservatore tanto nell’effetto complessivo che si vuol destare dal suo punto di veduta, quanto per i mezzi di condotta, la promiscuità degli impasti e delle velature con la scomposizione dei colori non si mostra, nell’esperienze sinora tentate, così accettabile e causa di piacevoli impressioni come indubbiamente si accerta per la velatura e l'impasto.

Da una parte l'abitudine ed il perfezionamento pratico che consegue il secolare impiego di un mezzo d’arte mancano al divisionismo per potere 'affermare o meno che i saggi apparsi sin ora rappresentino i limiti assoluti entro i quali il sistema della scomposizione dei colori può essere [p. 257 modifica]contenuto, ina è indubbio che sinora solo la velatura si presta e compenetra fra il colore suddiviso in modo da non apparirvi discordante, mentre l'impasto, come si è già detto, fa macchia comunque interposto ad un tratto qualsivoglia di colori scomposti, e la promiscuità di impasti e di divisionismo oltre allo squilibrio luminoso che trascina fra le parti eseguite con simile diversità di adattamento del colore genera quanto mai il senso di discontinuità di metodo che non è più l'offesa ad un mero convenzionalismo, ma intacca lo stile dell’opera.

L'aumento di intensità luminosa che apporta la scomposizione del colore, cozza contro l’inerte aspetto delle tinte d'impasto in tal guisa che tanto il degradare insensibile del meccanismo di scomposizione per raggiungere la opposta struttura necessaria dell’impasto quanto il tenere a grande distanza le parti dipinte con uno dei metodi da quelle condotte coll’altro, nello stesso dipinto sdoppia l’effetto complessivo a tutto scapito dell'impressione migliore che l’opera stessa potrebbe produrre essendo eseguita con uno solo dei meccanismi.

Nè infatti l'illusione di maggiore o minor verità di un colore potrebbe dipendere da una convenienza di soddisfare ad un'abitudine professionale, come è certamente quella di ribellarsi all'adozione di un mezzo tecnico solo perchè sconcerta un prestabilito e comodo sistema di lavoro; nè ai fini dell'arte necessita che l'avvento di un'utile: conquista tecnica si amalgami coi procedimenti già invalsi nell'arte perchè al professionista sia dato di non sconvolgere le sue abitudini diventate abitudini e godimento della cerchia particolare dei suoi ammiratori.

L'impero di queste abitudini spiega l'opposizione più o meno estesa che l'innovazione tecnica può incontrare proporzionatamente al disordine d’idee e di indirizzi d’arte [p. 258 modifica]che sempre si connettono all'applicazione pratica di qualunque principio che si estrinsechi con una forma materiale differente dalla esistente ritenuta perfetta, e più se essa implichi alcun notevole sforzo intellettuale o qualche maggior fatica e rischio per essere tradotta in maniera degna di lode.

E l'applicazione del divisionismo alla figura presenta difficoltà che si potrebbero dire insormontabili se l'obbiettivo della tecnica che scompone i colori per raggiungere la vibrazione luminosa non avvertisse già pel suo scopo che utilizzandosi meglio tale tecnica in quei soggetti che prendono significato dall'effetto luminoso la figura non è più considerata per il singolo interesse delle sue parti, ma per l'espressione sommaria che scaturisce dall'insieme delle forme dominate dall'effetto delle luci e delle ombre.

La prima, la più elementare causa della riuscita di un mezzo tecnico è la convenienza della sua applicazione, essendo problematico assai per quanta abilità si conceda ad un artista che egli possa vincere le proprietà intrinseche dei colori materiali sino ad invertirle ricavando effetti, ad esempio, di solidità da tinte trasparenti od effetti di trasparenza da tinte a corpo. Così, mentre l'impasto favorisce un modellare fluente e spontaneo, adatto a seguire il più complicato andamento delle forme di un volto perchè il corpo del colore in massa compatta e seguente ubbidisce alle più tenui inflessioni del pennello, ed è il mezzo preferibile quando della forma per sè faccia suo fine il pittore, altrettanto lo spezzare e disunire il colore con tratti o punti contraddice alla possibilità di un risultato analogo, perchè appunto, tolto al pennello un mezzo materiale rispondente alla sua particolare costruzione, è giocoforza che come istrumento d’impiego meccanico del colore non si presti più nella stessa guisa e colla stessa perfezione che dire si voglia. [p. 259 modifica]Non solo, ma tenuto calcolo principalmente che i tratti o punti distanti tra di loro tanto più che abbisognino di essere veduti in certa lontananza, fanno sì che materialmente tale disposizione del colore non possa seguire tutte le modulazioni di piani e contorni e tinte che si accumulano in piccolo spazio sul volto umano e dovunque nella figura si addensano particolari minuti, e quindi il divisionismo sia come mezzo tecnico improprio a sostituire in questo e simili casi e la convenienza ed i risultati dell’impasto.

Si dimostra in modo chiaro l'impossibilità di un’equivalenza assoluta nei risultati del divisionismo con quelli dell'impasto proponendosi la semplice copia di un occhio che visto alla normale distanza che si guarda un ritratto di grandezza del vero sarebbe subito coperto con tre o quattro tratti di colore quali occorrono per avere un effettivo eccitamento retinico suggestivo di luminosità a tale distanza; tratti nei quali non si potrebbero incastrare le minuzie che comporta l’impasto senza distruggerne la principale azione. Ma non bisogna confondere il criterio di applicare un processo coi risultati del processo istesso e dalla condizione nella quale un dato mezzo tecnico riesce inadatto argomentare per negare le qualità che mostra applicato razionalmente. Ciò potrà raddoppiare le difficoltà che implica il divisionismo e le energie occorrenti per superarle, quando si voglia estenderlo ai campi dove maggiori sono le difficoltà di un risultato interessante.

E le energie che si richiedono per utilizzare la proprietà dei colori scomposti non sono poche, giacchè il divisionismo richiede, oltre una matura concezione del soggetto, un'esecuzione lentissima, ma costantemente vibrata. Fondato su di una scrupolosa e ferma determinazione delle gradazioni dei golori ed un perfetto distacco dei minimi elementi di eccitamento della retina che risolva le più intricate acciden[p. 260 modifica]talità del modellato colla minore apparenza possibile di stento, ogni debolezza di contrasto, ogni confusione di colori lascia sul dipinto una traccia discordante dallo scopo.

Non si deve quindi farsi delle illusioni sulla fatica che una disposizione simile del colore viene a presentare in confronto del maneggio spedito che l'impasto e la velatura permettono nello stesso spazio di tempo, appena che la superficie da ricoprirsi di colore abbia una certa estensione e le forme alle quali il colore così ridotto si appropria, siano difficili e complicate pel numero e la qualità. E ciò tanto più che nel procedere coll'impasto e la velatura dalle molte e facili ripetizioni del colore sopra colore, trae l’artista vantaggio per la solidità materiale delle tinte, mentre pel divisionismo, essendo quasi impossibile ritornare tratto per tratto sul colore senza che si sminuzzi troppo il tratteggio o non corrispondano più colla stessa esattezza i rapporti dei colori in contrasto, il ritornare sul dipinto sia assai più difficile, accentuandosi così per questa tecnica tutti gli inconvenienti del ritocco. Onde nel divisionismo occorre, oltre alla resistenza per lo sforzo di adattamento meccanico del colore, una tensione vivissima di tutte le energie intellettuali dell'artista perchè ogni parte del lavoro che intraprende a colorire riesca, per quanto è possibile, di un effetto definitivo.

Ma non potrebbe mai dall'artista essere pretermesso un adattamento di colore che gli fa raggiungere lo scopo vo- luto per una considerazione di fatica. Se egli veramente ha la visione precisa del colore e della luminosità che con tale colore si congiunge, non saranno gli ostacoli del tempo e dello spreco delle proprie forze che gli faranno preferire di acconciarsi all'impiego dei mezzi che inchiudono l’impossibilità di raggiungere l'effetto che desidera di esprimere.

Finchè l'artista anzichè aspirare ad una perfezione d'arte [p. 261 modifica]o alla compiuta estrinsecazione dell'immagine che concepisce fa a fidanza sul debole intendimento d’arte di chi lo deve apprezzare o, sotto il movente artistico, non vive altro che un'attività interessata a compiacere l'altrui gusto; tale modo di argomentare può essere ammesso, perchè in fatto lo si vede praticato, ma di fronte all'arte mancata per queste ragioni soggettive di difficoltà tecnica o di debole resistenza al lavoro pittorico quali argomenti potrà mai addurre l’artista per persuadere chi rimane indifferente davanti alla sua opera che l’effetto vi è espresso, specialmente se subito lì a fianco della stessa sua opera ne esisterà altra ispirata da effetto analogo del vero, ma nella quale si vedrà, per l'impressione che produce, vinte e superate quelle difficoltà e quegli sforzi che si accampano come superiori alle forze umane o incompatibili con questo benedetto fuoco artistico che pur troppo si ritiene da tanti sinonimo di dover far presto a dipingere per poter dipingere molto e..... male?

Chi è abituato fra gli artisti o professa l’arte od ha intuizione delle difficoltà intrinseche dell'impiego dei mezzi dell’arte ed ha un'idea sufficiente delle energie necessarie per sorpassare quelle che pure nell’apparente giocondità dell'esercizio della pittura sfiaccano la mente ed il braccio sino all’impossibilità di aggiungere un colore alla tavolozza od un tratto di pennello alla tela, sa della tempra indomabile cui l'ostacolo è sprone a nuova lotta quanto degli inesauribili sofismi dietro i quali i refrattari ad ogni severa applicazione mentale, i pigri e gli impotenti tentano di ingannare se stessi e, bisogna pur dirlo, di trarre nello stesso inganno gli altri.

Così, mai come col diffondersi della tecnica che scompone il colore per renderne più visibili gli elementi attivi, rafforzandoli inoltre col contrasto del colore complementare, [p. 262 modifica]si vide fare tanto larga accoglienza ai processi a tempera ed a pastello, nella illusione che i colori preparati con minore quantità di glutine e quindi assai più chiari di quelli ad olio operassero il miracolo di dare ai dipinti quella luminosità che l’artista può solo ricavare da un'applicazione di principî pei quali il metodo di preparazione dei colori è affatto estraneo.

Vero è che la tempera cd il pastello, finchè il glutine che loro conferisce coesione si mantiene nelle proporzioni d'uso, non potranno mai dare le basse tonalità raggiunte dal solvente oleoso, e ciò potrà far credere pel solo cambiare processo di avere fatto del cammino sulla via della vibrazione luminosa dei dipinti, come per tanti si ritiene soddisfatta l'intelligenza della luminosità collocando i loro dipinti quanto più possono vicino alle finestre, o nelle esposizioni facendosi cornice dei dipinti altrui, più bassi d’intonazione, per rendere più chiari i proprî quadri; ma non è di questi intendimenti egualmente distanti dalla ingenuità che dalla scienza che vale la spesa d’indagare il criterio direttivo.

Qualsiasi dunque il genere dei colori materiali d'impiego, è dimostrato inutile oltre che disdicente al principio d’arte il fare a fidanza sulle qualità dei colori per sè, come lo potrebbe un verniciatore od un imbianchino; non rimane altra via al pittore veracemente compreso dell'effetto che vuole ritrarre se non quella di accettare il sussidio offertogli dai colori complementari e dalle leggi del contrasto.

Questo addentellato dell’arte colla scienza non può meravigliare che gli ignari delle vie percorse dalla pittura nel perfezionamento della rappresentazione oggettiva.

Nessuna esattezza nelle proporzioni reciproche degli oggetti componenti il quadro, che non fosse causale avanti che si determinassero le leggi della prospettiva, nessuna [p. 263 modifica]sicura interpretazione della forma umana precedette per la pittura la conquista della scienza anatomica.

Noi veniamo abbastanza tardi per accertare la verità di tali affermazioni, le quali non implicano che senza prospettiva e scienza anatomica non vi potesse essere arte ed arte capace di produrre dei capolavori, ma per accertare ancora che la prospettiva e l'anatomia avvantaggiarono l’arte generale avvantaggiando conseguenteinente i capolavori successivi, ampliando l'orbita dell'attività geniale sino alla comparsa di artefici che senza la perfetta cognizione della prospettiva e dell'anatomia non avrebbero potuto manifestarsi compiutamente.

Il progresso della pittura rispetto alla nozione positiva dei fenomeni luminosi segue lo stesso percorso di quelle scienze, differenziando solo in ciò che non potè precederle nè seguirle dappresso, potendosi dire scoperte di ieri gran parte delle verità scientifiche relative alla luce ed ai colori. E come fu necessario, per il risultato pratico, di isolare la prospettiva dai complicati problemi geometrici della teoria classica ed arrestare l'anatomia pittorica alle apparenze esteriori del corpo umano, così fu d'uopo che le teoriche della luce e dei colori si riducessero ad elementari principî, per cui essendone edotto ogni intelligente d’arte ne venisse imposto l’ossequio all'artista.

Ond'è che riconosciuto omai il fondamento dal quale discende il divisionismo e dimostrata la necessità di applicarlo nel dipinto che si propone di tradurre coi mezzi pittorici la sensazione luminosa, non sarà più chiesto all'artista se le sue attitudini gli acconsentano di assimilarsi uno speciale ordine di studi o di assoggettarsi al tirocinio faticoso che può importare l'innesto di questo mezzo tecnico nell'arte o se volontariamente abbia rinunziato ad accogliere l'aiuto prestatogli dal progresso scientifico del suo tempo. [p. 264 modifica]L'opera d’arte stessa per la costituzione dei suoi mezzi tecnici avvertirà il riguardante della vanità di cercarvi un senso che i mezzi plastici impiegati non possono destare, giacchè le sostanze coloranti non funzionano per le intenzioni di chi le adopera, ma per le sole proprietà che possono essere loro concesse dalla consistenza materiale e dal modo di adattamento loro imposto dall'artista.

FINE