I tre tiranni/Dedica

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Dedica

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I tre tiranni Persone
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A lo illustrissimo e reverendissimo signore

IPPOLITO IL CARDINAL DE’ MEDICI

Agostino Ricchi

Se la eterna Maestá a le ostie, ai tempii ed a le statue piú che ai cori, agli animi ed a la fede riguardasse, quelli che a pena porgere agli altari suoi le picciole immagini ponno, disperando de le celesti grazie, di porgerli i fidi voti si rimarrebbero. Ma perché il grande Iddio piú gode de la fervida volontá dei cori che de la gonfiata superbia dei doni, ciascuno a la somma bontá ricorso, lá dove il freddo poter manca, supplisce con il caldo volere: ne la guisa che, ne lo offerire al gran vostro nome il primo parto del mio ancora acerbo ingegno, faccio io; rendendomi certo che stenderete in accettarlo la sacra destra con quella istessa natia clemenza con la quale il grande Artaserse abbassò la real bocca, l’acqua pura gustando che con le ruvide mani il semplice pastore rozzamente gli porse. E perché lo eccelso re vie piú si umiliò in ber l’anima che insieme con le onde del fiume il boscareccio uomo gli diede che nel ricevere i preziosi doni dei potenti signori non soleva, ancora l’Altezza Vostra si umilierá nel prendere il core che insieme con queste mie prime fatiche gli offerisco non altrimenti che si faccia in accettare gli alti poemi che i chiari prencipi de le sacre scuole de le lettere, in ciascun luogo, in ogni tempo ed a tutte le ore, li consacrano. Né si creda però che io si temerario fossi che a voi, che obbietto degli onori siete, per onorarvi inviassi l’opra che io come in poco spazio di tempo forse con poca esperienza d’arte feci, ancora che a Dio, a cui né crescere né scemare si può di gloria, veggiamo, non misurando la grandezza sua, cantare inni, ardere incensi ed accender lumi; anzi perché (si come le cose poste ne’ tempii, per vili che sieno, di indegne degnissime diventano), essendo al magnanimo Ippolito consecrata, di bassa e negletta venga dagli uomini pregiata: che, per tenere sculto ne la sua picciola fronte il pregiato nome vostro, i pellegrini spiriti che vi adorano la solleveranno con la medesima fortuna che dal tempo abbattuta colonna, per la riverenza de l’antico titolo che in essa si legge, si solleva. E se a me di ciò punto vien di onore, non altrimenti lo estimerò che soglino li umili sacerdoti i fumi degli odorati incensi e gli altri onori di che essi participano, ricognoscendo tutto da colui che è cagione in loro di tali grazie. Di Ferrara, a li xxv di luglio m.d.xxxiii.