Idilli (Teocrito - Pagnini)/XXVI

Da Wikisource.
XXVI

../XXV ../XXVII IncludiIntestazione 2 febbraio 2024 75% Da definire

Teocrito - Idilli (III secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Luca Antonio Pagnini
XXVI
XXV XXVII

[p. 195 modifica]

LE LENE, OVVERO LE BACCANTI

Idillio XXVI

Ino, Autonoe, ed Agave, che le guance
     Pari alle mele avea, scorgeano al monte
     Tre, ch’erano, tre schiere. Ivi brucate
     D’irsuta quercia le selvaggie foglie,
     Ellera viva, ed umile asfodillo.
     Fero in netto pratel dodici altari,
     A Semele tre d’essi, e nove a Bacco.
     E tolti d’un canestro i sacri doni
     Ben lavorati gli locâr con preci
     Su i nuovi altari, come avea mostrato
     Bacco medesmo, e come a lui piacea.
     Da un’ardua rape il tutto rimirava
     Penteo nascoso fra un lentischio antico,
     Germoglio di quel suol. Lo vide in prima
     Autonoe, e mise orrende grida, e ratta
     Co’ piè turbò del furibondo Bacco
     L’Orgie vietate a profan’occhio. In furia
     Ella levossi, e con lei tosto l’altre.
     Penteo si pose sbigottito in fuga;
     Ma quelle l’inseguir co’ lunghi manti
     Fra le polpe e la cintola raccolti.
     Penteo lor disse: E che vi manca, o donne?
     Autonoe replicò: Prima d’udirlo
     Te n’avvedrai. La madre allor troncando
     La testa al figlio alto muggì, qual mugge
     Lionessa di parto. Ino gli svelse
     Con l’omero il gran tergo, e i piè cacciògli
     Sul ventre; Autonoe tenne un metro stesso.
     E l’altre donne si partir fra loro
     Quanto restò di carne, e tutte intrise
     Di sangue a Tebe se n’andar recando

[p. 196 modifica]

     Con seco pianto, e non Penteo dal monte.
     Io saper non mi curo, e nessun altro
     Con ciò si curi inimicarsi Bacco,
     S’ei di peggio patisse, ancor che appena
     Il nono egli toccasse, o il decim’anno
     Io vivrò santo per piacere ai santi.
     Da Giove egidarmato onor riporta
     Questo presagio: Tutto va propizio
     A’ figliuoli de’ buoni, e non degli empi.
     Viva il gran Bacco, cui l’augusto Giove
     Recatol fuor di sua gran coscia espose
     Sul Dracano nevoso; e viva ancora
     Semele vaga, e le Cammee sorelle
     Da cotante eroine celebrate,
     Le quai sospinte dal furor di Bacco
     Questa compiero irreprensibil’opra.
     Nessun riprender osi opra divina.