Il Canzoniere (Bandello)/Le Rime Estravaganti/XXV - La greca ch'ebbe il titolo di bella

Da Wikisource.
Le Rime Estravaganti
XXV - La greca ch'ebbe il titolo di bella

../XXIV - Fenicia fu il mio nome, e indegnamente ../XXVI - Credea Romeo che la sua sposa bella IncludiIntestazione 6 marzo 2024 100% Da definire

Le Rime Estravaganti
XXV - La greca ch'ebbe il titolo di bella
Le Rime Estravaganti - XXIV - Fenicia fu il mio nome, e indegnamente Le Rime Estravaganti - XXVI - Credea Romeo che la sua sposa bella
[p. 322 modifica]

XXV.

È il sonetto-epitaffio con cui si chiude la novella dove il Bandello narra come «il cavalier Spada per gelosia ammazza se stesso ed anco la moglie perchè non restasse viva dopo di lui» (I-51).


La greca ch’ebbe il titolo di bella1
     Per cui sossopra il mondo fu rivolto,
     A par di questa fu men bella molto,
     4Com’è del sol men vaga ogn’altra stella.
E se famosa di beltà fu quella,2
     Di grazie e d’onestade in sè raccolto
     Ebbe il pregio costei di cui sepolto
     8Il casto corpo giace in questa cella.3
Ebbe un marito, ohimè, crudo e feroce4
     Che fuor di modo ingelosito s’era5
     11Senza ragion aver del suo timore;6
Che con man omicida orrenda e fiera7
     Uccidendo se stesso, a simil croce
     14La moglie ancise ch’innocente more.8

Note

  1. V. 1. La greca Elena. E infatti la protagonista della novella in questione «gentildonna che anco ella era di Grecia, venuta de la città di Modone, si chiamava Regina, giovane di tanta e sì incredibil bellezza dotata che da tutti era detta la “greca Elena„» (p. 226).
  2. Vv. 5-6. Di grazia e d’onestade. Dice la novella: «Era poi oltra l’estrema beltà in modo costumata e gentile, e di tanta onestà di quanta altra donna si ritrovasse» (p. 226).
  3. V. 8. Il casto corpo: «Ella che onestissima era e il marito unicamente amava...» ivi, (p. 227).
  4. V. 9. Marito crudo e feroce, «crudele ed inumano albanese» ivi, (p. 229) è detto il marito cavaliere Spada.
  5. V. 10. Che fuor di modo ingelosito: «egli oltra ogni credenza geloso di lei divenne» (p. 227).
  6. V. 11. Senza ragion aver: «Nè altra cagione a ciò lo sospingeva se non che com’egli molto la amava... così s’imaginava che ciascuno l’amasse e che ella ad ogni uomo piacesse, ed ancora che così cercasse di piacer altrui come a lui faceva» (p. 227).
  7. V. 12. Con man omicida: «...preso un pugnal bolognese,... diede a la donna su la testa una pugnalata e in quello stesso instante un’altra a sè nel petto, e così or sè or la moglie ferendo... Alora il fiero moglicida dandosi del pugnale nel mezzo del core cacciò la brutta e sceleratissima anima a casa di cento mila diavoli» (p. 229).
  8. V. 14. La novella si conclude col presente sonetto cui son preposte queste parole: «Furon molti epitafii posti su la sua sepoltura, tra i quali uno ora m’è a la memoria sovvenuto, non perchè sia il più bello, ma perciò che per esser in versi m’è più restato in mente» (p. 231).