Il Fiore delle Perle/6. Un colonnello generoso

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6. Un colonnello generoso

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5. La cattura di Than-Kiù 7. A bordo della tow-mêng


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Capitolo VI

Un colonnello generoso

L’uomo che era entrato era un vecchio colonnello che doveva aver varcato già da tempo la cinquantina, con una lunga barba quasi bianca, la pelle assai abbronzata, lo sguardo vivo e l’aspetto ancora marziale.

Doveva essersi appena alzato poichè non aveva cinto la sciabola ed aveva ancora i capelli arruffati.

Vedendo la giovane chinese parve sorpreso. S’arrestò presso la porta, guardandola con una viva curiosità, nell’atteggiamento d’un uomo che cerchi di richiamare alla memoria del lontani ricordi, poi si avvicinò frettolosamente a Than-Kiù, la prese per un braccio e traendola presso la finestra per meglio vederla in viso, esclamò con viva sorpresa:

— Voi!... Qui!...

— Mi riconoscete, colonnello?... — chiese la giovanetta, esponendo il bellissimo viso alla luce dell’aurora.

— Sì, — rispose il vecchio soldato. — Non si dimentica una fanciulla valorosa come voi, che ho veduto battersi come i più prodi soldati la notte in cui assalivo gli ultimi difensori di Malabon e che poi resi libera. Ah!... La campagna dell’insurrezione è stata tremenda, ma quanti nobili eroismi ho veduto compiersi da ambo le parti dei combattenti!... Sì, vi riconosco: voi siete quella fanciulla che don Romero Ruiz salvò da una certa morte, mettendo la sua vita nelle mie mani. Voi siete infine la sorella del fiero capo degli uomini gialli, di Hang-Tu.

— Non vi siete ingannato, colonnello.

— Che cosa fate qui voi?... Vi credevo morta o moribonda.

— Sono guarita dalla ferita che mi hanno fatto i vostri compatrioti, lo vedete.

— Lo vedo, e sono ben lieto che siate ancora viva. —

In quell’istante si udì bussare alla porta.

Il colonnello fece un gesto di stizza, poi disse:

— Entrate. —

Un sergente aprì cautamente la porta e dopo d’aver salutato militarmente il comandante, disse:

— Una delle due scialuppe che inseguivano quel veliero è ripassata or ora, tornando verso Manilla. [p. 38 modifica]

— Ah!... — esclamò il colonnello. — Chi la montava?

— Guardie civiche.

— Allora si trattava d’un inseguimento?... Che storia è questa?...

— Devo far chiedere informazioni, mio colonnello?...

— Lo si vedrà più tardi, — rispose il comandante, dopo d’aver lanciato un acuto sguardo su Than-Kiù. — Andate. —

Attese che il sergente fosse uscito, poi avvicinatosi alla giovane chinese ed incrociate le braccia sul petto, le chiese:

— Sarete voi che mi darete la spiegazione di questo misterioso inseguimento, è vero fanciulla mia?

— Io!... — esclamò Than-Kiù, fingendo la più viva sorpresa.

— Forse che non siete stata voi ad abbandonare quel veliero, scendendo in un canotto assieme a due uomini, per approdare proprio dinanzi al forte? — disse lo spagnuolo, sorridendo. — La notte era un po’ oscura, è vero, ma vi ho veduta io dirigervi verso le scogliere, nascondervi fra due rocce, poi salire la sponda. Ero alla finestra, attiratovi da quegli spari, quando lasciaste la nave.

— Ah! Mi avete veduta?... — mormorò la giovanetta, trasalendo. — Ebbene, arrestatemi un’altra volta, colonnello. —

Il vecchio soldato la guardò con stupore, poi fece un gesto di collera, esclamando:

— Allora si combatteva ed era mio dovere farvi prigioniera, ma io non sono un poliziotto per arrestarvi. —

La fece sedere dinanzi a sè, poi con voce raddolcita, continuò:

— Orsù, narratemi questa storia notturna. Perchè fuggivate?

— Per impedire alle guardie di arrestarmi. Non attendevano che la mia guarigione per trascinarmi in carcere.

Por Dios santos!... — esclamò il colonnello con indignazione. — Non bastava avervi quasi uccisa?... Cosa volevano quelle guardie?... Mandarvi alle Caroline o alle Marianne?... Una valorosa che si è battuta meglio dei più vecchi soldati di Spagna!... Quella gente non rispetta il valore, nè sa compiangere la sventura. Ah!... La vedremo, signori poliziotti! Fortunatamente io sono un soldato.

— Grazie, colonnello.

— Udiamo, fanciulla. Dove volevate fuggire? In Cina forse?...

— No, andavo a Mindanao.

— A che fare?

— A pagare un debito sacro, quel debito da me contratto con Romero Ruiz la notte della disfatta di Malabon. Egli ha salvato la mia vita, ed io cercherò di salvare la sua.

— Voi dunque sapete forse...

— Che la Concha è naufragata, colonnello. [p. 39 modifica]

— E volete andare a vedere se Romero Ruiz è sopravvissuto al disastro, è vero?

— Sì.

— Nobile fanciulla!... — esclamò il vecchio soldato, con ammirazione. — Quanta audacia in un così fragile corpo. —

Si alzò con vivacità, andò a chiudere a chiave la porta, poi tornando verso la giovane chinese, disse:

— Udiamo; cosa sapete voi del naufragio della Concha?...

— So che è naufragata sulle spiagge occidentali di Mindanao, fra le punte Tapian e Tombac, a quanto si suppone.

— Veramente non è naufragata, fanciulla, si è arenata. Le ultime informazioni ricevute dal governo, mandate da Dapitao, fanno supporre che il disastro sia avvenuto alla foce del Talajan. Sembra che la povera cannoniera avesse cercato un rifugio a Polles, e che il tifone l’abbia trascinata verso la costa, arenandola sui banchi di sabbia del fiume.

— Hanno potuto salvarsi a terra o sono stati inghiottiti dal mare?...

— Non è il mare che li ha inghiottiti, sono stati i selvaggi delle tribù dei Surran che hanno impedito loro di salvarsi sulle scialuppe. Pare che il giorno dopo l’arenamento, i mindanesi, che come sapete sono, chi più chi meno pirati, siano accorsi, abbiano circondata e quindi abbordata la cannoniera dopo un sanguinoso combattimento, conducendo a terra, prigionieri o schiavi, i superstiti. Alcuni marinai, che riuscirono a prendere il largo con una scialuppa e che furono raccolti da un veliero macassarese, hanno confermata la notizia. Pare però che fra i prigionieri vi siano il maggiore d’Alcazar, sua figlia e Romero Ruiz.

— Sua figlia!... Teresita!... — esclamò Than-Kiù, con un sospiro.

— Sì, la fidanzata di Romero. —

Than-Kiù si era bruscamente alzata e si era affacciata alla finestra, come se avesse avuto bisogno di respirare un po’ d’aria fresca. Il colonnello, che l’aveva seguita, vide che era diventata pallidissima, mentre i begli occhi, di solito così melanconici e così dolci, erano diventati cupi.

— Il vostro cuore nasconde un mistero, fanciulla, — disse il vecchio soldato. — Voi, in questo momento, soffrite molto.

— È vero, colonnello, — rispose Than-Kiù, con un filo di voce. — Sarà per me un sacrificio terribile il dovermi trovare un giorno ancora di fronte a Teresita d’Alcazar, ma lo farò.

— Povera fanciulla!... Vi ho compresa e vi ammiro più di prima. Volete partire?

— Sì, colonnello, se non me lo impedirete. [p. 40 modifica]

— No, vivaddio!... Le guardie possono attendervi un bel po’ per conto mio. Chi doveva condurvi a Mindanao?

— La giunca che avete veduta fuggire.

— Dove la ritroverete?

— Questa notte, alle dodici, tornerà qui e mi segnalerà la sua presenza con due razzi.

— Sta bene, fanciulla. Per oggi voi ed i vostri compagni sarete miei ospiti, e questa sera partirete.

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Alla sera, poco prima della mezzanotte, il colonnello e Than-Kiù, appoggiati al parapetto superiore del forte, presso un grosso pezzo d’artiglieria che con la nera gola pareva minacciasse l’orizzonte occidentale, attendevano il segnale del vecchio chinese.

La notte era limpida e chiara, illuminata da una splendida luna piena, la quale scintillava sopra il mare che aveva dei tremolìi argentei e l’aria era dolce, molle, quasi tiepida. Than-Kiù, coi gomiti appoggiati al parapetto, guardava in silenzio le stelle che salivano a migliaia e migliaia sull’orizzonte, mentre il vecchio soldato, appoggiato al cannone, fumava flemmaticamente la sua sigaretta, seguendo con occhio distratto le bianche nuvolette di fumo.

Non parlavano, ma di quando in quando gli sguardi melanconici della giovane chinese si staccavano dal mare e si fissavano sul colonnello, il quale rispondeva con un gesto della mano che voleva significare:

— Abbiate pazienza; non è ancora mezzanotte. —

Than-Kiù riprendeva le sue osservazioni, scrutando quella linea indefinita dove pareva che l’oceano toccasse il cielo, ma nessun segnale brillava, nè alcun punto nero appariva sui flutti argentei.

— Che sia loro toccata qualche sventura?... — chiese ad un tratto. — Dovrebbero già essere vicini.

— Saranno prudenti, — rispose il colonnello.

— O che le due scialuppe abbiano mandato qualche cannoniera ad inseguirli e catturarli.

— Non ne è passata alcuna dinanzi al forte, quindi nessuno li avrà molestati.

— Ho delle vaghe paure, colonnello.

— E quali?... Non siete sotto la mia protezione? Anche se la giunca non ritornasse, vi farei imbarcare io su qualche veliero in rotta per Mindanao.

— Quanto siete buono.

— Apprezzo i valorosi come voi. [p. imm4 modifica] [p. 41 modifica]

— Ah!... Potessi riuscire nel mio intento!...

— Di salvare Romero Ruiz?

— Sì, colonnello.

— Che strana fanciulla!... Eppure assieme a Romero sarete costretta a salvare la figlia del maggiore d’Alcazar.

— Sia, la salverò, — rispose Than-Kiù, con un sospiro.

Il colonnello le si era avvicinato e dopo d’averle posto le mani sulle spalle e d’averla ben guardata in viso, le disse:

— E poi?... —

Than-Kiù non rispose e abbassò gli occhi sotto lo sguardo scrutatore del vecchio soldato, ma dopo alcuni istanti di silenzio disse con un tono di voce che sembrava un lamento:

— Sono nata sotto una cattiva stella... si compia pure il mio triste destino.

— Non rimarrà alcuna speranza nel vostro cuore?... Lo amate sempre Romero, è vero?

— Sì, — mormorò la giovanetta con voce soffocata.

— Lo avevo sospettato fino da quella notte in cui Romero venne da me per salvarvi. Ma lui?... Vi ama o vi ha almeno amata?

— Sì, e se non fosse esistita la Perla di Manilla sarebbe stato ben lieto di prendere il Fiore delle perle come sua sposa, anzichè amarla come sua sorella.

— E sperate?...

— No... più nulla, — rispose Than-Kiù. — Spero solo nel tempo il quale forse rimarginerà la ferita che sanguina ancora.

— Povera fanciulla! Comprendo quanto voi soffrite!

— E me l’ha rubato!... — esclamò Than-Kiù, con uno scoppio di pianto. — Eppure io non odio Teresita d’Alcazar!...

— Devo credervi, Than-Kiù?...

— Sì, colonnello, non l’odio... ma per lui!... Se non ci fosse stato Romero, io a quest’ora l’avrei già uccisa!...

— Voi, che avete un’anima così nobile e generosa?

— Oh!... Ma voi non potete immaginare quanto ha sofferto il mio cuore, durante la sanguinosa campagna dell’insurrezione e quanto aveva sofferto mio fratello Hang nel vedere distrutto il più bel sogno della sua vita! Mi ricordo le lagrime che ha versate quella notte fatale in cui io perdevo per sempre l’uomo amato... e Hang-Tu mai aveva pianto prima d’allora, Grande Budda!... Mi pare ancora di vederlo là, ritto sulla gettata, con le braccia strette sul petto, cogli occhi bagnati di pianto... lui, che era così fiero! È orribile! È orribile!... La morte l’ha cercata, perchè aveva veduto crollare tutte le sue speranze!... [p. 42 modifica]

— Lasciate quei tristi ricordi, fanciulla. Vi fanno troppo male.

— Sono abituata ai colpi avversi del mio fatale destino, colonnello. Sono rassegnata.

— E cosa sperate da Romero?

— Nulla.

— Non vi credo, Than-Kiù.

— Ve lo giuro sugli spiriti dei miei avi, colonnello. Vado a pagare il mio debito e null’altro. Cosa potrei sperare?

— Chissà!... Che Teresita d’Alcazar sia perita nel naufragio. —

Un lampo brillò negli occhi del Fiore delle perle, ma poi disse con voce melanconica:

— La rimpiangerebbe forse troppo per sperare da lui un po’ d’affetto per la povera Than-Kiù.

— Chi?... Romero?...

— Sì.

— Eppure deve avervi amata immensamente, fanciulla. Un uomo, per quanto sia prode e deciso a tutto, non va a gettarsi nelle mani dei nemici per sottrarre alla prigionia una donna che non ama. Voi ben sapete che Romero, entrando nel mio campo e proponendomi quel cambio, perdeva d’un sol colpo la vita e anche l’amore di Teresita d’Alcazar.

— Sì, è vero... è vero, ma ha preferita Teresita, — mormorò Than-Kiù, con voce sorda.

— Guardate, fanciulla, mi sembra di vedere un punto nero scorrere sui flutti.

— Dove? — chiese ansiosamente la giovanetta.

— Laggiù... guardate diritto al mio dito.

— La giunca forse?...

— È mezzanotte ed i vostri compagni devono aver mantenuta esattamente la parola. Là!... Guardate... ecco i razzi!... —

Sull’orizzonte, proprio sopra quel punto nero che spiccava nettamente sui flutti argentei, si erano innalzate due sottili strisce luminose, le quali, dopo d’aver descritto un grand’arco, erano scoppiate spandendo all’intorno miriadi di punti azzurri e rossi.

— Sì, è la giunca — disse Than-Kiù. — «A mezzanotte segnaleremo la nostra presenza con due razzi» mi aveva detto Tseng-Kai, prima di lasciarmi.

— Dovevate rispondere?

— No, colonnello.

— Allora scendiamo e prepariamo il canotto. —

Lasciarono il bastione, scesero nel cortile dove li attendevano Sheu-Kin e Pram-Li e uscirono dal forte, incamminandosi verso le scogliere. [p. 43 modifica]

Il punto nero era allora ingrandito ed aveva preso l’aspetto d’una piccola nave. Veleggiava rapidamente verso l’isola, correndo delle lunghe bordate, essendo il vento un po’ contrario.

— Sì, è la tow-mêng, — disse Pram-Li, che aveva gli sguardi più acuti di tutti.

— Fra dieci minuti sarà qui.

— Imbarcatevi, — comandò il colonnello. — Il vostro canotto si trova ancora fra gli scogli. —

Poi volgendosi verso Than-Kiù che sembrava commossa, e mettendole le mani sulle spalle, le disse:

— Vi auguro buona fortuna, povera fanciulla, e spero un giorno di rivedervi tornare, ma felice. Lo meritereste.

— Grazie, colonnello. Non dimenticherò mai la vostra generosità e qualunque debba essere il mio destino, se non morrò fra le selvagge popolazioni dell’isola, vi prometto di venirvi a risalutare.

— Andate, Than-Kiù, e ricordatevi che qualunque cosa vi accada da parte dei miei compatrioti, io vi sarò sempre amico e pronto a proteggervi. Addio, mia valorosa. —

Il colonnello baciò la fronte che la giovinetta gli porgeva, poi le fece un ultimo gesto d’addio e risalì lentamente la spiaggia, fermandosi ai piedi del bastione.

Il canotto aveva preso rapidamente il largo sotto i vigorosi colpi di remi del malese e di Sheu-Kin e muoveva verso la tow-mêng, la quale si era messa in panna a ottocento metri dall’isola.

Un uomo stava ritto sull’alta prora della giunca e faceva cenno ai rematori di affrettarsi. Than-Kiù, quantunque il canotto si trovasse ancora lontano, lo riconobbe subito.

— Hong, — mormorò. — Sono felice di vederlo salvo ed ancora a bordo. —

Quando la piccola imbarcazione fu vicina, una gomena venne gettata dai marinai della tow-mêng, poi una scaletta di corda, e la giovane chinese ed i suoi due compagni salirono a bordo.

Hong ed il vecchio chinese strinsero la mano a Than-Kiù, mentre la giunca, virato prontamente di bordo, fuggiva al largo, mettendo la prora verso il sud-ovest.

— Sono ben contenta che siate sfuggiti all’inseguimento, — disse la giovanetta, — e vi ringrazio di essere ritornati a prendermi.

— Con due colpi di cannone ben aggiustati, ci siamo sbarazzati di quelle cocciute guardie, — rispose Hong, ridendo. — Per Fo e Confucio!... Tseng-Kai ne ha fracassata una con una palla mandata con una precisione incredibile, togliendo agli altri la voglia di seguirci più al largo.

— Dove sono i tuoi uomini che non li vedo? — chiese Than-Kiù, guardando la tolda. [p. 44 modifica]

— Sono già sbarcati con le casse delle armi e delle munizioni destinate agl’insorti.

— E dove?

— Alla punta di Luzon.

— E tu?

— Io sono rimasto per condurti a Mindanao.

— Mi segui?

— Sì, Than-Kiù. Hong doveva questa prova di amicizia allo sventurato Hang-Tu... ed a te.

— E il Giglio d’acqua?

— I capi miei colleghi mi hanno accordato il permesso di esserti compagno.

— In quale modo hai potuto informarli?

— Ho fatto imbarcare uno dei miei uomini sul battello costiero che nel momento in cui approdavamo passava dinanzi alla punta di Luzon, e quattro ore dopo ho ricevuto un telegramma di consenso dai miei colleghi del Giglio d’acqua. Come vedi, è stata una cosa semplicissima.

— E mi accompagni alla ricerca di Romero?

— Sì, Than-Kiù.

— E quale motivo ti ha spinto a prendere questa decisione?

— Quello di essere utile alla sorella dell’eroico Hang-Tu e di proteggerla.

— Grazie, Hong. Tu sei un amico fedele.

— Sì, un amico pronto a dare la vita pel Fiore delle perle, — disse il chinese, guardando fissa la giovanetta.

Than-Kiù non rispose. Pareva che si fosse immersa in tristi pensieri.

Hong se ne accorse e scuotendola dolcemente, le disse:

— Non pensare nè al passato, nè al futuro, Than-Kiù; pensiamo al presente. Sai, ho potuto sapere dove la Concha si è perduta.

— Lo so anch’io, — rispose la giovanetta. — Il tifone l’ha mandata ad arenarsi sui banchi del Talajan, dove poi venne assalita dai mindanesi.

— Come hai saputo ciò? — chiese Hong, con stupore.

— Lo seppi dal comandante del forte.

— Dal comandante del forte!... Scherzi, Than-Kiù?

— No, poichè fui per ventiquattro ore sua prigioniera, o meglio sua ospite. —

Poi la giovanetta raccontò la sua strana avventura che era terminata così felicemente, mentre avrebbe dovuto avere una fine ben pericolosa per lei. [p. 45 modifica]

— Per Fo e Confucio!... Una vera fortuna! — esclamò il chinese, che non si era ancora rimesso dallo stupore. — Se tu non avessi incontrato quel colonnello, a quest’ora saresti nelle carceri di Manilla e fors’anche imbarcata per le Caroline o le Marianne. Quel brav’uomo ti ha dato delle informazioni che io ancora ignoravo. Per Fo e Confucio!... Prigionieri delle tribù dei Surran!... Non sarà cosa facile strapparli dalle mani di quei furfanti, ma Hong possiede molte astuzie nel suo sacco e a qualche cosa riuscirà. Sta bene, andremo al Talajan prima, poi andremo a cercarli nell’interno, dovessimo spingerci fino al lago Linguasan od a quello più lontano di Butuan e chissà che qualcuno dei prigionieri non si trovi mancante. Non tutti possono sopportare la dura schiavitù di quei barbari tagliatori di teste.

— Cosa vuoi dire, Hong?... — chiese Than-Kiù, trasalendo.

— Volevo dire che non tutti possono avere la fibra forte del Fiore delle perle, ritemprata fra gli orrori della guerra e le aspre fatiche dei campi, e non tutti la fortuna di essere sfuggiti salvi dall’abbordaggio.

— Di Teresita parli?...

— Sì, di lei... ma fors’anche di altri, — aggiunse Hong, con un accento cupo.

Poi, volgendosi verso Tseng-Kai, che si trovava al timone, gridò:

— Ehi, vecchio mio, sempre al largo dalle coste, per ora. È meglio non fidarsi degli incrociatori, i quali possono aver ricevuto il comando di mandarci a picco con un paio di palle. Prenderemo il sud, all’altezza delle Calamine. —