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Il Parlamento del Regno d'Italia/Giuseppe Toscanelli

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Giuseppe Toscanelli

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Alfonso La Marmora Giacomo Durando


Questo testo fa parte della serie Il Parlamento del Regno d'Italia


Giuseppe Toscanelli.

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È nato in Pisa nel 1828 dal cavalier priore Giovanni Battista e da Angiola Cipriani. — D’ingegno sveglio, quanto irrequieto di carattere, ha progredito con molta prontezza negli studî, e quando si è trattato di scegliere una camera, si è dato alle matematiche e alle scienze naturali, seguendo i corsi universitarî nella patria città. Ma ventenne appena, il bollore dell’anima lo spinse a compromettersi prendendo parte a non sappiam quali conciliaboli politici, sicchè gli fu giuocoforza emigrare per alquanti mesi in Corsica. Tornato in Toscana al momento in cui Leopoldo II, dopo aver data la costituzione ai suoi popoli, si era fatto tanto italiano da bandire la guerra all’Austria, il Toscanelli marciò alla volta della Lombardia nelle file di quell’eroico battaglione universitario che fu così gloriosamente decimato a Curtatone.

Cessata la guerra, non cessò il Toscanelli dal militare, che recatosi a Venezia, vi si offrì a servire nell’artiglieria, le sue cognizioni in matematiche rendendolo più atto per quest’arma dotta. E di buon grado i governanti di quella nobil città l’accettavano e gli conferivano grado di luogotenente (il Toscanelli rinunciava alla paga), e gli affidavano l’importante comando del bastione N. 5 del forte di Malghera, bastione che [p. 595 modifica]trovavasi sulla fronte d’attacco. E dopo che la morte ebbe rapito alla difesa di Venezia il prode general Rossaroli, il Toscanelli s’ebbe l’insigne onore di comandare, vicendevolmente col capitano Petrosino, l’importantissima batteria del ponte della laguna, batteria detta di Sant’Antonio. Durò per tre mesi continui il fuoco di quella batteria contro la quale erano diretti tutti gli sforzi delle artiglierie dell’Austriaco; e fu da quella batteria e sotto il comando del Toscanelli che si trassero gli ultimi colpi di fuoco della prima guerra dell’Indipendenza italiana.

Recatosi dapprima in Torino, il nostro protagonista rientrò poscia in Toscana, ove ritrattosi alla campagna, si dette a sorvegliare le sue vaste tenute, e con quell’ardore ch’ei pone in tutte le cose che intraprende, si occupò a tutt’uomo degli ammegliamenti da introdurre nella coltura delle terre. Onde perfezionarsi ancora in tal sorta di ammaestramenti, riprese a studiar scienze naturali all’università di Pisa. Ma un duello, che fece alquanto rumore e nel quale ei ferì assai gravemente il proprio avversario, gli fu cagione di esilio dall’università. Pubblicò allora vari articoli sui giornali agrarî, che gli valsero l’approvazione degli uomini competenti in tali materie, che sono, come ognun sa, assai numerosi in Toscana. Un nuovo duello sostenuto da esso contro una guardia nobile, nel quale questa ricevette un grave colpo di fendente sul viso, costrinse di nuovo il Toscanelli ad esulare. Rientrato in patria, fu arrestato e imprigionato in una fortezza, ove rimase per ben 150 giorni.

Nella primavera del 1859, quando in Firenze si preparava il famoso moto rivoluzionario che doveva cacciare senza spargimento di sangue la dinastia di Lorena dal trono toscano, il Toscanelli fece parte di un comitato in Pisa, che tenevasi in relazione con altro istituito nella capitale, e per l’opera del quale doveva farsi in modo che la rivoluzione si generalizzasse. E questa una volta effettuata, il Toscanelli ebbe pure l’incarico di far parte di una commissione che si era aggiunta al prefetto, onde coadjuvarlo nell’amministrare in così anormali circostanze il compartimento [p. 596 modifica]pisano. Eletto deputato dal collegio di Empoli nelle due legislature del 1860 e del 1861, egli non ha tardato a farsi notare alla Camera per la franchezza un po’ brusca, un po’ impetuosa, se vuolsi, della sua parola, che non manca tuttavia di sale e di opportunità.