Il Parlamento del Regno d'Italia/Guglielmo de Pazzi

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Guglielmo de Pazzi

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Francesco Brioschi Giuseppe Bruno
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Non occorre spender parole a dimostrare la nobiltà e l’antichità dei suoi natali, mentre a chiunque sia per poco nota l’istoria della repubblica fiorentina non può essere straniero un nome, del quale nelle sue pagine è così spesso fatto menzione. Al Guglielmo De’ Pazzi di cui favelliamo poteva più che ad ogni altri applicarsi il noto adagio francese: noblesse oblige, ed egli non è stato degenere dagli avi, mentre il paese lo ha sempre avuto devoto ai più vitali suoi interessi, dissimile in questo, per ventura d’Italia, da altri patrizii fiorentini, i quali non hanno saputo posporre i frivoli vantaggi di ambizioni personali ai grandi utili della patria. Il collegio di Prato ha inviato il De’ Pazzi alla Camera, ai cui lavori egli ha preso non tenue parte, sostenendo costante coi suoi voti l’amministrazione del conte di Cavour dapprima, quindi quella presieduta dal barone Ricasoli e quella del Minghetti e Peruzzi.