Il Tesoro (Latini)/Libro VIII

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Brunetto Latini - Il Tesoro (XIII secolo)
Traduzione dalla lingua d'oïl di Bono Giamboni (XIII secolo)
Libro VIII
Illustrazioni al Libro VIII

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LIBRO OTTAVO

Capitolo I.

Tratta della retorica, che e’ insegna a ben parlare ’.

Poi che ’1 maestro Brunetto ^ ebbe compiuta la seconda parte del suo libro, nella quale divisò assai bene, quale dee essere l’ uomo morale, e com’ello dee vivere onestamente ^ e governare sé,

1) La stampa: Tratta della retorica, che c’insegna a ben parlare, e di governare città e popoli. Ommesso l’ ultimo inciso, perchè non è del titolo del capitolo, ma del titolo della Parte III (Libro III nella divisione francese ) del Tesoro: Ci commence li tiers livres del Trésor, qui parole des enseignemens de bone parleure, et des governemenz des villes, et des cités. Il titolo del capitolo nel Tè: Ci comence rectoriqne, ce est li livres de bone parleìire, qui enseigne et monstre à bien parler.

2) Ut: Brunez Latins, il ms. Vis. Latino da Firenze.

3) Trasportato e, dopo onestamente, col ms. Vis. e col t: vivre honeslement, et governer sai, et sa maisnie.

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(j la sua famiglia, e le sue coso, secondo la scienza (Iflir etica, e tlella economica, della quale egli le’ menzione colà, ov’egli divisò li membri della filosofia, e cir egli ebbe detto quali cose disfanno la legge, e guastano la città; a lui parve quasi un’opera guasta ’, se egli npn avesse determinato della terza parte, cioè della scienza politica, la quale insegna come l’uomo dee governare la città. Che città non è altro a dire, che una gente ordinata " per vivere ad una legge, e ad uno governamento.

Tullio disse, che la più nobile parte di tutte le scienze ^ di governare la città, si è la retorica, cioè la scienza del parlare. Però che se ’1 parlare ordinato non fosse, la città non potrebbe avere alcuno stabilimento di * giustizia, né di umana compagnia. E conciossia cosa che il parlare sia dato a tutti gli uomini, Catone disse, che sapienza è donata a pochi. Però dico, che’ parlari sono di quattro ragioni. La prima si è guernita di ^ gran senno o di buona parlatura, e questa è lo fiore

1) Il t: oevre coupée. i) Il t: assemblèe.

3) Il t: la plus haute science de citò governer.

4) Mutato da, ìq di col ms. Vis. e col t: de justise.

5) Mutato gwevnito, e poi queste, in guernita, e questa, colla grammatica e col ms. Vis. Ha riscontro cou l’ altra è vuota ecc.

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del mondo. L’altra e vuota di senno e di buona parlatura, e questa è tragrande ig-noranza. L’altra è vuota di senno, olii sono troppo bene parlanti; e questo è grande pericolo. L’altra si è piena di senno, ma elli ’ si tacciono per povertà di loro parlare; e ciò richiede aiuto. E per queste diversità, furono li savi in contenzione di questa scienza, se la è di natura, o di arte.

Ed alla verità dire, innanzi die la torre di Babel fosse fatta, tutti gli uomini aveano naturalmente una lingua, cioè la ebrea. Ma poi clie la diversità delle lingue venne sopra gli uomini; sopra tutte le altre ne sagrarono tre, cioè ebrea, greca, e latina.

E noi vediamo che per natura quelli che abitano in oriente, parlano nella gola sì come parlano gli Ebrei. Gli altri, che sono nel mezzo della terra, parlano al palato, sì come sono li Greci. E quelli che nelle parti d’ occidente, parlano a’ denti sì come fanno gì’ Italiani. E tutto che questa

1) Ag-giunto l’altra è vuota di senno; elli sono troppo bene parlanti; e questo è grande pericolo. L’ altra è piena di senno, ma coi mss. M. 47 e 48 ed altri fiorentini, e col t: li autre sou toidic de sens, mais il sont trop lien parlant, et ce est grandisme péril. Li autre sont plain de sens, mais. Nessuno si accorse, clie delle quattro ragioni, mancava una!

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scienza non ’ sin mA parlaro solamente, ma in ben pai-lare; non per tanto ^ Platone disse, eh’ ò per natura, e non per arte, però che V uomo trova molti l)oni parlatori naturalmente senza alcun insegnamento. Aristotile dice, eh’ ella è arte, ma ò ria; però che per parlare è avvenuto alle genti più male che bene. Tullio dice, che ben si accorda, che sola la parola ò per natura. Ma al ben parlare conviene ^ tre cose; natura, uso, ed arte, perche uso ed arte sono pieni di molto grande insegnamento, e insegnamento ■* non ò altro che sapienza; e sapienza ò a ^ comprendere le cose secondo ch’elle sono. E però ò ella chiamata governatrice delle cose, perchè la le prevede dinanzi, e menale a certo fine, ed a diritta misura. E là

1) Ag-giunto non, col senso, col ms. Vis. e col t: ne soit en parler seulement.

2) La stampa: nienlemeno ella è in ben parlare, e pertanto. Corretto ma in ben parlare; non per tanto, col ms.

Vis. col Lau. 36, M 23, e col t: mais cu bien parler; ne porquant Platons etc.

3) La stampa, ed il ms. Vis. ma dal ben parlare viene. Il Rice, vi ene, forse ci sono. Corretto ma al ben parlare conviene, col t: mais en la bone parleure convient III choses.

4) Aggiunto infiegnamenlc, col ms. Vis. e col t: einsei(/ner.iens n’ est eles.

5) Aggiunto e sapienza, cui ms. Vis. e col r: ti sapiencc est. I mss. fiorentini concordano colle correzioni.

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ove sapienza e congiunta al parlare, chi ti dirà che ne possa nascere se non bene? Tullio dice, che al cominciamento gli uomini vivevano come bestie senza propria casa ’, e senza ^ conoscenza di Dio, per li boschi e per li luoghi riposti ne’ campi ^, sì che nullo guardava matrimonio, e non conosceva padre, né figliuolo. Allora fu un savio bene parlante \ che tanto consigliò gli altri, ^ e tanto mostrò la grandezza dell’uomo, e la dignità della ragione " e della discrezione, eh’ egli li trasse di quello selvaggio nido \e ragunògli ad abitare in uno luogo, ed a mantenere ragione e giustizia. E così per lo bello parlare che in lui era col senno, fu questo uomo quasi un secondo * Iddìo, che ri 1) Corretto cosa in casa, col ms. Vis. e Berg. e col t: sanz propres maisons.

2) Le stampe: senza cognoscimenlo, e senza conoscenza di Dio. Ommesso senza conoscimento, perchè manca al ms. Vis. ed al t, ed è ripetizione di ciò che vien dopo.

3) Corretto senza pastore che è pure nel ms. Vis. in ne’ campi, col t: parmi les respostailles champestres.

4) Ag-ginnto bene col ms. Vis. e col t: «« sages hom bien parlans.

5) Aggiunto gli altri, col ms. Vis. e col t: conseilla les autres.

6) Corretto generazione, in ragione, col ms. Vis. M. 36, 23, Rie. e col T: raison.

7) Il t: les retraist de lor sauvagines. Corretto malvagio, delle stampe, in selvaggio. Il ms. Vis. concorda colla tanipa.

8) Aggiunto un, col ms. Vis. e col t: un sccons diex.

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lovi^ il monflo por l’ordine deirumana compnprnia. E ’iò ii’ì fa manifesto l’istoria d’ Anifion, che fece la città di Tebe ’, che faceva venire le pietre e’ miii-atori pìr dolcezza del suo canto, cioò a dire, che por lo sue dolci parole e’ trasse gli uomini da’ selvaggi luoghi, ov’ elli abitavano, e menolli ad abitazione comune di quella città*. E dall’altra parte s’accorda bene Tullio con quello che dice Aristotile del parlare, eh’ esso è malvagia arte; ma questo è parlare ^ senza sapienza, chò quando l’ uom’o ha buona lingua di fuore, e non ha punto di consiglio dentro, la sua parola è fieramente.pericolosa alla città, ed agli amici suoi \

Dunque è provato, che la scienza della retorica non ò in tutto acquistata per natura e per uso, ma per insegnamento e per arte. E per ciò dico, che ciascuno uomo dee istudiare, e mettere ^

1) Qui Bono corresse il t che dice: Meinc, come il ms. Vis. ed altri.

2| Aggiunto comune, col ms. Vis. e col t: commune hahilation de cele ette.

3) Aggiunto ch’esso è malvagia arie; ma questo è parlare, col ms. Vis. e col t: que eie est maucaise art; mais ce est jjarleìire saìiz sapience.

4) Aggiunto suoi, che manca pure al ms. Vis. col t: à ses amis.

5) Aggiunto e mellere, che manca pure al ras. Vis. cui V: csluilier et mei re son enjiny.

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il suo intelletto ’ e "1 suo ingegno a sapeila. Cliè Tullio disse, che l’uomo che in molte cose è minore, e più fievole " degli altri animali, gli avanza ^ di questa una cosa, che può parlare. Dunque si pare ^ manifestamente|, che quegli acquista nobile cosa, che di ciò avanza gli uomini, di che l’uomo sormonta le bestie. Ne per niente non disse il proverbio, che nudritura passa natura ^, che, secondo quello che noi troviamo nella prima e nella seconda parte di questo libro, l’anima d’ogni uomo è buona naturalmente; ma ella muta la sua natura per malvagità del corpo, nel quale ella sta rinchiusa, così come ’1 vino si guasta per la ria botte. E quando il corpo è di buona natura, la

1) Intellello, manca al ms. Vis. ed al t.

2) La stampa ed il ms. Vis. V uomo che ha molle delle cose minori, è f ih fievole. Corretto /’ ^^omo, che in molte cose è minore, e più Jìevole, col t: // hom, q ici en mult de choses est maindres, et flus foihles.

3) Corretto fer la disusanza, in gli avanza coi mss. Amb. e Vis. e col t: les devance. Il Mussafia corregg-e cosi: Tullio disse che l’ uomo che molto delle cose minori è più fievole degli altri animali, pur li distanza (codd. disuanza) di questa, una eosa, the pnò parlare manifestamente.

4) Aggiunto Dunque si pare, coi mss. Amb. e Vis. e col T: donc apert il manifestement.

5) Corretto pasce in passa, colla Crusca alla voce nodritura, coi mss. Berg. e Vis. e col t: passe.

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sua anima signoreggia, ed aiuta la sua bontà’. Ed

allora gli vagliono l’ arte e l’ uso, però che arte insogna li comandamenti che a ciò si conviene, e lo uso lo la presto ed aperto * all’opera.

E però vole lo maestro ricordare al suo amico le regole ^ e T insegnamento dell’ arte della retorica, che molto aiuteranno alla sottilità eh’ è in lui per la buona natura. Ma tuttavia vi dirà innanzi eh’ è retorica, e sopra cui ella ò; poi del suo ultìcio, e del suo fine *, e della sua natura ^ e, delle sue parti. Che chi bene sa ciò, egli intende meglio il compimento di questa arte.

1) Il t: il conorle $’ ame.

2) Ut: apert et esraolu.

3) Corretto circostanze, che è pure nel ms. Vis. in regole, col T: règles.

4) Aggiunto e del suo fine, col ms. Vis. e col t: et de sa fin.

5) Corretto materia, che è pure nel ms. Vis. in natura, col T: nature.

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Capitolo li.

Della retorica, che cosa è, e di suo officio, e di suo fine \

Retorica è una scienza che insegna di dire bene pienamente e perfettamente " le cose comuni, e le private. E tutta sua intenzione è a dire parole,, e in tal maniera, c’ue lo uomo faccia credere lo suo detto a quelli che l’ odono. E sappiate, che retorica è sopra la scienza di governare la città, secondo che disse Aristotile qua addietro nel suo libro ^, sì come l’ arte di fare freni e selle è sotto ^ r arte di cavalleria.

L’ ufficio di questa arte, secondo che dice Tullio, è di parlare pensatamente, per fare credere lo suo detto. E la sua fine è far credere quello chr dice, in tal maniera che sia onesta °.

1) Corretto sua arte in suo Jine, col t: sa fin.

2) Aggiunto e perfettamente col ms. Vis. e col t: et perfetement.

3) Il T ha di più: qui est translaté en arriéres en romans. II ms. Vis. disse Tullio.

4) Corretto per in è sotto, il ms. Vis. e, col t: est souz.

5) In tal maniera che sia onesta, manca al ms. Vis. ed al T.

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Intra V ulìicio e la line ò questa dilteronza, che nell’ulìicio lia a p(.’nsare lo parlatore ciò che si conviene alia fine, ciò ò a dire, che parli in tal maniera, che sia creduto; e nella fine pensa e’ ’ ciò che si conviene a suo ufficio, cioè a farsi credere por suo parlare. Ragione come: L’ufficio del fisico si ò di fare medicine e cure appensatamente ^ per sanare, e ’1 suo fine si è, sanare, per sue medicine, e brevemente l L’ ufficio di retorica ò di parlare appensatamente, secondo lo insegnamento dell’arte, e ’1 fine V quella cosa, per che egli parla ^.

La materia di retorica è della cosa di che il parlatore dice, sì come l’ infermità è materia di fisici. Onde Gorgia d.sse, che tutte le cose di che si conviene parlare, sono materia di questa arte. Ermagoras disse, che questa materia si è nelle

1) Corretto pensare, che è pure nel ms. Vis. in pensa e’, col T: considère il.

2) Aggiunto appensatamente, che ha riscontro con altro appresso, col ms. Vis. e col t: apenseernent por sancr.

3) La stampa, ed il ms. Vis. e però è medicina. E brevemente. Corretto e per sue medicine, e brevemente, col t: par ses medicines, et briement.

4) Corretto il Jine in e’ ’IJìne, col t: et la fins.

5) Corretto perchè in per che, col ms. Vis. e col t: por quoi el parole.

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cause e nelle questioni ’. E disse, che cause sono quelle, sopra le quali li parlatori sono in contenzione d’ alcuna certa gente, o di altra cosa certa, e di ciò non disse egli male. Ma disse egli, che questione è quella sopra che li parlatori sono in contenzione, senza nominare certa gente, o * altre cose che appartengono a certo bisogno, sì come della grandezza del sole, e della forma del firmamento. E di ciò dice egli troppo male, che tali cose non si convegnono a’ governatori di città; anzi convegnono a’ filosofi ^ che studiano in profonda scienza. E però sono fuori della via quelli, che pensano che contare * favole, od antiche istorie, e ciò che l’ uomo può dire, sia della ^ materia di retorica. Ma ciò che l’ uomo dice di sua

1) Corretto e, ed alle in e nelle, col t: es causes, et es questions.

2) Corretto fu in o, col ms. Vis. e col t: ou autre chose.

3) Corretto conviene in convegnono, col t: sont de philosopJies. Qui il ms. Vis. è guasto.

4) Aggiunto che, col senso, col ms. Vis. e col t: qui cuident que raconter.

5) Corretto e in sia, col ms. Vis. e col t: soit. Fu corretta col T r interpunzione di questo brano, altrimenti oscurissimo. Legge infatti la stampa: E perù sono fuori della via quegli, che pensano contare favole, od antiche istorie. E ciò che l’uomo può dire, è della materia di retorica.

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hocca, manda ’ por lotterà pensataniento, por far credere, o per contenzione di lodare, o di biasimare, d’avere consiglio sopra alcuno bisogno, o di cosa che dimanda giudicio, tutto ciò è della materia di retorica. Ma tutto ciò che l’uomo non dice artificialmente, ciò è a dire, per nobili parole, gravi, e ripiene di buone sentenze, o por alcuna delle cose dinanzi dette, è fuori di questa scienza, e lungi delle sue regole ^ E però dice Aristotile, che la materia di questa arte ò sopra tre cose solamente; cioò dimostramento, consiglio e giudicio. Ed in ciò medesimo s’ accorda Tullio, e dice, che dimostramento ò, quando i parlaicri lodano o biasimano ^ uomo, od altra cosa generalmente, particularmente. Ragione come *: Io lodo molto beltà di femina, dico ^ l’uno: Ed io biasimo, dice l’altro. Quest’è detto generalmente. Ma particularmente dice l’uno: Giulio Cesare fu

1) Corretto comanda in o manda, coi mss. Amb. Vis. e Magi. 36, Laur. 23 e Rice, e col t: ou que l’ on mande.

2) Corretto, come sopra, circostanze, che è pure nel ms. Vis. in regole, col t: révèles, colla variante di un codice règles.

3) Aggiunto lodano o, col i-ns. Ambr. (e Vis. e col t: loent, ou hlasment.

4) Aggiunto Ragione come, coìr: Raison comìnent. Il ms. Vis. Y eròi grazia.

5) Mutato disse in dice, che ha riscontro appresso, col ma. Vis. e col t: dil.

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prode uomo e molto valoroso’; dice l’altro: Non fu, anzi fu traditore e disleale. E questa questione non ha luogo se non nelle cose passate, e nelle presenti. Che di quello eh’ è addivenire, non può nullo ^ essere lodato, ne biasimato.

Consiglio è, quando li parlatori consigliano sopra una proposta, eh’ è posta dinanzi da loro generalmente ^ o particolarmente, per mostrar qual cosa sia utile, o no. Ragione come ^■ Dice uno de’ cardinali di Roma generalmente ^: Utile cosa, è a metter pace tra’ cristiani: Non è, dice l’altro. E particularmente dice l’uno: Utile cosa è la pace tra ’1 re di Francia, e quello d’ Inghilterra. Dice r altro: Non è. E questa questione non ha luogo se non sopra alle ^ cose che sono addivenire. E quando ciascun ha dato lo consiglio;

1) Aggiunto e molto valoroso, che manca pure al ms. Vis., col t: et muli vaillans.

2) Aggiunto nvJio, col Magi. 36, Laur. 23, Rice, e col t: ne pxiet nus hom esire.

3) Corretta la punteggiatura, mettendo la virgola dopo generalmenle: aggiungendo due punti prima di l’un dice; punto, prima di Non è, e così poi.

4) Aggiunto Ragione come, col t: Raison comment. Il ms. Vis. Verbi grazia.

5) Trasportati i due punti dopo generalmente, col senso, e col T.

G) Aggiunto se non, col senso, col ms. Vis. e col t; se es choses futures non. Il ms. Vis. se sopra.

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r uomo s’attiene a colui (;lio mostra più ferme le suo ragioni, e più credevoli ’.

Giudicamento si ò in accusare o difendere, in domandare, o in rifiutare, per mostrare dell’uomo, o d’altra cosa generalmente, o particularmente, eh’ elle siano giuste, o no. Ragione come ’: lo dico generalmente: L’ un dice, che tutti li ladroni debbono essere impiccati. Dice l’altro: Non debbono. Dice l’uno: Quegli che governa bene la città, dee aver buon guiderdone. Dice mattamente ’ l’ altro: Non dee. Ma particularmente dice l’ uno, che Golias dee essere impiccato, però eh’ egli è ladrone: Non è, dice l’altro. Ovvero *: Ho dimandato guiderdone, però che feci lo prò’ del comune: Non hai, dice l’ altro. rispondo per avventura: Tu hai diservito pena ^ E questa questione non ha luogo, se non nelle cose passate. Che nullo dee essere dannato, né guiderdonato, se non per le cose passate.

1) Corretto più ferme le sue ragioni. F più credevole ecc. in più ferme le sue ragioni, e più credevoli col ms. Vis. e col T: plus ferme raison, el plus creable.

2) Aggiunto Ragione come, col t: Reison commenl. Il ms. Vis. Verbi grazia.

3) Matlamenie, è giunte di Bono. Manca al ms. Vis.

4) Ag-g-iunto ovvero: col t: oti: ie demani. 11 ms. Vis. io domando.

5) Il t: tu as desservie peine.

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Ma di ciò si tace il maestro, per divisare le parti di retorica ’.

Capitolo III.

Delle cinque parti della retorica.

Tullio dice, che in questa scienza ha cinque parti, cioè trovamento, ordine, elocuzione, memoria, e parlare. Boezio disse, che queste cinque cose sì sono della sustanza del parlare, che se alcuna ne mancasse, non sarebbe compiuto. Così come ’1 fondamento, le pareti e ’1 tetto sono parti della casa, senza le quali non è compiuta la casa.

Trovamento è un pensamento di trovare nel suo cuore ^ cose vere, o verisimili, a provare sua materia; e questo è fondamento e fermezza di tutta questa scienza, che innanzi che l’uomo dica, scriva, dee trovare la ragione e gli argomenti per provare suo detto, e per farli credere a colui con cui parla.

Ordine è istabilire suoi detti, e suoi argomenti, che ha trovati, ciascun in suo luogo, acciò

1) Corretto parok in parti, col ms. Vis. e col t: parties.

2) Nel suo cuore, manca al t. È nel ms. Vis.

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elio possano moglio valore; cioò a diro, rlie innanzi dee mettere le forti ragioni intorno al coMiinciamento, e nel mezzo le fragili, e nella fine li fortissimi ’ argomenti, ne’ quali egli più si fida, e * che il suo avversario non vi possa dire parola contraria.

Elocuzione è lo adornamento ^ del parlare, e di sentenze avvenevoli, a ciò ch’egli trovò *: che trovare e pensare poco varrebbero, senza accordare le parole a sua materia. Chò le parole debbono servire ^ la materia, e non la materia le parole; però che un bel ^ motto, o una buona sentenza \ o proverbio, o una similitudine, od uno esempio, ch’ò simile alla materia, conferma tutto il suo detto, e fallo bello e credevole. E però

1) Aggiunto fortissimi, col t: très fors argumens. Manca al ms. Vis.

2) Aggiunto e col ms. Vis. e col t: et que les adversaires ne puisset contrester.

3) Corretto ritorno, che ò pure nel ms. Vis. in adornamento, col ms. Berg. e col t: li atornemens des paroles.

4) Mutato trova, che è pure nel ms. Vis. in trovò, col T: il a trovè.

5) Corretto seguire in servire, col t: servir, e coi mss. Magi- 47 e 48, e Laur. 23.

6) Mutato il in «w bel col ms. Vis. e Rie. e col t: un Hans moz.

7) Buona sentenza, o proverbio, manca al t. E nel ms. Vis.

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il parlatore, quando tratta di oste, o di fornimento, dee dire parole di guerra, o di vittoria; ed in dolore, parole di cruccio; ed in gioia, parole d’allegrezza.

Memoria si è, ricordarsi fermamente di quello, eh’ egli ha pensato, e messo in ordine; però che tutto sarebbe niente, se non se ne ricordasse quando egli è venuto a parlare. E non pensi nessuno, che ciò sia naturale memoria, eh’ è una virtù dell’anima, che si ricorda di ciò che noi apprendiamo per alcun senso del corpo: anzi è memoria artificiale, che r uomo imprende per dottrina di savi, a ritenere ciò che pensa ed apprende.

Parlatura è ^ a dire ciò eh’ egli ha trovato e stabilito nel suo pensiero, e nella avvenevolezza del corpo, e della voce, e del movimento ^, secondo la dignità delle cose e delle parole ^ Ed al vero dire, quando il dicitore viene a dire il suo conto, egli dee molto pensare sua materia, e

1) Corretto fer V opera ed, che è pure nel ms. Vis. in Parlahira è, col ms. Berg-. e col t: Parleure est. Nelle stampe qui il periodo è appiccicato col precedente, per cui sembra mancare una delle accennate cinque parti della retorica. L’interpunzione è migliorata col t, e colla logica, in tutto il capitolo.

2) Il t: des mours.

3) Aggiunto delle cose, che manca pure nel ms. Vis. col T: des choses.

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suo essere. Altrimenti dee portare sue membra, e sua cera, e suo sguardo in doloro che in letizia; altrimenti in guerra che in pace ’; ed altrimenti in un luogo che in un altro. E però dee ciascuno guardare eh’ egli non levi la mano, nò * gli occhi, nò la fronte, in maniera che sia riprensibile, E sopra questa materia vale la dottrina, eh’ è qua addietro nel libro de’vizii e delle virtù, nel capitolo della guardia.

Capitolo IV. Di due maniere di parlare^ con lettere e con bocca \

Appresso dice il maestro, che la scienza della retorica è in due maniere. L’ una si è dire con bocca; l’ altra si è mandare per lettere. Ma lo insegnamento si ò comune, perciò eh’ ei ilon può calere che V uomo dica un conto, o che lo mandi

1) Aggiunto altrimenti in gxierra che in ’pace, col ms. Vis. e col T: et autrement en guerre que en pais.

2) Corretto verso in ne, colms. Vis. e col t: ne ses iex.

3) Corretto parole in parlare, col ms. Vis. e col t: De 11 manières de parler, ou de bouche, ou par letre, et sor quels choses.

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per lettere. Ma ’ T una e l’altra maniera può essere dispersamente, s’ella è per contenzione, e senza contenzione. Ciò eh’ è detto o scritto senza contenzione ^ non appartiene a retorica, secondo che Aristotile e Tullio dissero apertamente. Ma Gorgias disse, che tutto che li parlatori dicono, appartiene, a retorica/. Boezio stesso ben * si accorda a ciò, che ciò che a dire si conviene, puote essere materia del dettatore, E chi ben vole pensare la sottilità di quest’ arte, sì trova che la prima sentenza è di maggior valore. Però chiunque dice di bocca, o manda lettere ad alcuno, egli il fa per muovere il cuore di colui, od a credere, od a volere quello che dice, o no. E s’egli no ’1 fa, io dico che suo detto non appartiene alla scienza di retorica; anzi è del comune parlare degli uomini, che sono senz’ arte, o maestria. E

1) Aggiunto col ras. Rie. Ma lo insegnamento si è comme, perciò eh’ ei non può calere che l’uomo dica un conto, che lo mandi per lettere. Il t: 3Iais li enseignement sont commun; car il ne puet chaloir que r on die un conte, ou que on le mande par letres. Così anche il ms. Vis.

2) Aggiunto ciò eh’ è detto o scritto senza contenzione, coi mss. Magi. 46 e 48, Rie. e col t: et ce qui est dit, au escrit sanz contens. Il ms. Vis. varia.

3) Corretto apertamente è in appartiene col ms. Berg. e Vis. e col t: apartient à rectorique.

4) Corretto disse ch’e’ in stesso ben, col t: Boeces melsmes s’ accorde bien. 11 ms. Vis. Boezio medesim,o s’accorda.

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questo sia (lilunprato da noi, g rimanj^a alla somplicità (lo! villani ’ o del minuto popolo; però che a loro non appartengono le cittadine cose. Ma s’ egli la artificialmente per muovere lo cuore di colui, a cui egli parla, o manda lettera; conviene che ciò sia in priego *, od in dimandare alcuna cosa, per consiglio, o per minaccio, o per conforto, per comandamento, o per amoro ^ o per a tre simiglianti cose. Egli sa bene, che colui a cui manda lettere, farà dofensione contra quel ch’egli manda, e però li savi dettatori confermano le loro lettere con belle e * buone ragioni, e con forti argomenti, che l’ aiutano a ciò eh’ egli vole, sì come fosse alla contenzione dinanzi lui. E cotal lettera appartiene a retorica, così come le canzoni, nelle quali l’un amante parla all’altro, sì come si fosse dinanzi a lui alla contenzione.

E però potemo noi intendere, che contenzioni sono in due modi, od in aperto, quando l’uomo si difende per bocca o por lettere, o non in aperto,

1) Il t: des femes. Il volgarizzatore parteggia per l’emancipazione delle donne? Il ms. Vis. delle femmine.

2) Corretto pret/io in priet/o, coi mss. Vis. Rice. Magi. 36, Amb. e Berg., e col t: eìi priant.

3) per amore, manca al t. E nel ms. Vis. Il Rice. aìnonimento.

4) Agg-iunto belle e, che manca pure al ms. Vis., col t: par beles et par bones raison.

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quando l’ uomo manda lettera fornita di buoni argomenti contro alla difesa che pensa che V altro abbia.

E tutte le contenzioni ’ appartengono alla retorica, e medesimamente se ciò è ’ delle cose cittadine, e delle bisognoso a principi delle terre, e delle altre genti; e non di favole, ne del movimento del mare % né del compasso della terra, né del movimento della luna *, né delle stelle; però che di tale contenzione non s’ intramette questa scienza.

1) Coj-retto con lenzioìie in contenzioni, oolla grammatica, e col t: contentions.

2) Corretto cioè in medesimamente se ciò è, col t: meismemente si e’ est.

3) Corretto dell’ anno, che è pure nel ms. Vis., in del mare, col t: de la mer.

4| Della luna, che manca pure al ms. Vis. è giunta di Bono, che la volle distinta dalle stelle.

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Capitolo V. Del oontendimento che nasce dalle parole scritte.

Però appare che tutte le contenzioni, od elle sono per parole scritte, od elle sono per parola a bocca, secondo che Tullio disse ’. E quello eh’ è per parole scritte, puote essere in cinque modi. Clio alcuna volta il parlare non si accorda alla sentenza di colui che lo ’ scrive. Ed alcuna volta due parole, o due lcp:gi ’ si discordano ■* intra loro. Ed alcuna volta pare, eh quello eh’ è scritto significhi due cose, o più. Ed alcuna volta addiviene, che di quello eh’ è scritto l’uomo trae senno ed esempio di quello che debba fare in alcuna

1) Il T ed il ms. Vis.: dit en son livre.

2) Corretto la in lo, col testo di Cicerone Verha ipsa videntur cnm senlentia dissidere, e col t: la ’parole ne s’ accorde pas à la sentence. Il ms. Vis. la parola ecc.

3) Corretto in due luoghi, che è pure nel ms. Vis. in due leggi, col testo di Cicerone duae leges, e col t: ou li lois.

4) Ommesso spesso, che è pure nel ms. Vis. prima di si discordano, perchè contraddice con alcuna volta, e manca al testo.

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altra cosa ^ che non sia scritta. Ed alcuna volta è la contenzione su la forza lV una parola scritta, per saper quello eh’ ella significa.

Capitolo VI. Come tutte contenzioni nascono in quattro cose.

Da altra parte e’ insegna Tullio, che tutte contenzioni, o di bocca, o di scritta, nascono del fatto, del nome di quel fatto, o di sua qualità, di suo mutamento. Perchè se l’ una di queste quattro cose non fosse, non vi potrebbe nascere contenzione.

Ragione come ^: Io dico, che tu hai alcuna cosa fatta, e sì ti mostrerò alcun segno per provare che tu l’ abbi fatto, in questa maniera. Tu uccidesti Giovanni, che io ti vidi trarre lo coltello sanguinoso del suo corpo. Ma tu di’, che non vi fosti, e dici, che non l’ hai fatto, né ucciso ^ E così nasce la contenzione del fatto

1) Aggiunto altra, col ms. Vis. e col t: en ime autre

chose.

2) Aggiunto Ragione come, col t: Raison comment. Il

ms. Vis. Verbi gratia, come altre volte.

3) Il t: raais tu le nies, et diz que tu ne V a pas ocis.

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intra me o te, che è molto grave e forte a provare, pero che l’ uno ha nlti’esì forti argomenti come r altro.

La contenzione che nasce del nome ’ si è, quando ciascuna delle parti conosce il fatto; ma egli son in discordia del nome * in questa maniera. Io dico, che questo uomo ha faUo sacrilegio, però che ha involato un cavallo dentro ad una chiesa ’. Dice l’altro: Questo uomo non è sacrilego, anzi è ladrone, e così nasce la contenzione per lo nomo * del fatto. E sopra ciò si convien pensare, che è l’uno nome ^ e l’altro, che sacrilegio si è furare le cose sagrate di luogo sagrato; ma tutte altre " maniere d’ involare ò ladi’onezzo. Ed in ’ questa contenzione conosce l’uomo

Ij Corretto no, che è pure nel ms. Vis. ed altri, in nome, col t: nom.

2) Corretto no in nome, come sopra.

3) li T: danz le mostier. Il ms. Vis. concorda colla stampa,

4) Corretto no in nome, che era una breviatura male intesa, come sopra.

5) Aggiunto nome, che manca pure al ms. Vis. col t. que monte li uns noms, et que li autres.

6) Aggiunto altre, col t: contre autre maniere. 11 ms. Vis. altra maniera.

7) Mutato a in in, col ms. Vis. e col t: en ce contention.

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lo folto; ma egli sono in discordia del nome di quel fatto solamente.

La contenzione che nasce della qualitade si è quando V uomo conosce il fatto e lo nome, ed egli si discorda della ’ maniera del fatto, cioè della forza, e della quantità, e della comparazione. Ragione come: Io dico, che questo è un crudel fatto, che è più crudele, che quanto è un crudel fatto, che è pili crudele, che non è quell’ altro, o che questo è. ben fatto, secondo ragione e secondo giustizia; e l’ altro dice, che non e. E quando Catenina disse a Tullio, che non era tanto valuto al comune di Roma, come egli: e quando un ’ senatore dicea, meçrlio ^ vale a distrufr^-ere Cartagine, che lasciarla: e quando Giulio Cesare diceva, io caccio ^ Pompeio giustamente: io dico, che queste ^ questioni tutte nascono della qualità del fatto, e non del fatto, e del suo nome \

1) Mutato dalla in della, clie ha riscontro nel medesimo periodo, con della forza, della quantità, e della comparazione.

2) Mutato il, che manca pure nel ms. Vis. in un, col t: v.ns senalor.

3j Corretto meno in meglio, coi mss. Ambr. Vis. Berg. e col T: riiieh vaut.

4) Corretto caccerai, che è pure nel ms. Vis. in caccio, col t: ie cace.

5) Corretto le in queste, col ms. Vis. e col t: tiiit cist content.

6) Corretto no in nome, come sopra.

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L:i contenzione clie nasce del mutamento si è, quando un comincia una questione; e l’altro dice, che la dee essere rimossa, o perdio non appartiene a colui che l’ ha mossa ’, o però che non la mosse * contra colui a cui doveva; o non davanti quelli a’ quali doveva; o nel tempo che si conviene; o non di quella legge ^, odi quel peccato, di quella pena che deve *.

La contenzione che nasce della qualità del fatto, come che il fatto sia, Tullio dice, ch’ella si divide in due parti.

L’ una si ò ^ di diritto, che pensa delle cose presenti, e delle future, secondo l’ uso ed il ^ diritto del paese. Ed a provare ciò sì si travagliano

1) Aggiunto perchè non appartiene a colui che V ha mossa, col ms. Vis. e col t: cu porce que eie n’ appartient pas à celui qui li esmnet.

2) Corretto si mutò, in la mosse, col ms. Vis. e col t: la esmnet.

3) Aggiunto quelli a’ quali doveva, o nel tempo che si conviene, o non di quella, col ms. Vis. e col t ceulx qui i doivent estre, ou en celui tens qui convient, ou non de iteli loy. Concorda con questa correz.. il Laur. 46.

4) Aggiunto che deve, col ms. Vis. e col t: que il deust.

5) Aggiunto di, che manca pure al ms. Vis., col t: de droit. Questo di è nei mss. Magliab.

6) Corretto del in ed il, col ms. Vis. tre Magi, ed il t: selonc les us, et les droiz.

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i parlatori, per la comparazione che a loro cade a far delle simiglianti cose, o delie contrarie.

L’altra si è di legge, che considera solamente le ’ cose passate, secondo legge scritta. Ed in ciò basta a dire quello eh’ è scritto nella legge: secondo ciò sono le ^ cose giudicate, s’ elle sono giustamente fatte, o contra a giustizia; e d’un uomo, s’ egli è degno di pena, o di merito.

E questa medesima eh’ è della legge, si è doppia: chiara, e che ^ per sua chiarezza mostra immantinente se la cosa è buona, o ria, o di ragione, di torto. Ed è un’ altra improntezza, che per se non ha nulla difesa s’ella non l’impronta di fuori. E questo * impronto è in quattro maniere; per conoscenza, o per rimutanza, o per vendetta, per comparazione.

Conoscenza si è quando non nega, ne non difende lo fatto; anzi dimanda che l’ uomo gli perdoni. E può ciò essere in due maniere. L’ una senza colpa, e l’ altra per preghiera. Senza colpa

1) Mutato nelle, che è pure nel ms. Vis., in le, col t: les choses alëcs.

2) Corretto uso delle in ciò sono le, col t: sont les choses jugies. Il ms. Vis. varia.

3) Govvtttoldoppia chiara in doppia: chiara, e che etc. col ms. Vis. e col T: est double: I clere, qui etc.

4) Corretto suo, che è pure nel ms. Vis., in questo, col T: et cil emprunt.

3

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è, (jiianiT cg-li «lieo, che no ’1 foce sciontMiiente; anzi pei- non sapeco, o per necessità, o por inipacciamento. Per preghiera ’ è, quand’ e^li prej^a clie gli perdoni la sua offesa, e questo non addiviene spesse volte.

Capitolo VII.

Di rimutamento di molte maniere -.

Rimutanza si è, quando l’ uomo si vole cessare del misfatto ch’egli non fece, o ch’egli non ^’ebbe colpa, anzi lo mette sopra un altro, e così si sforza di rimutare lo fatto e la colpa da so ad un altro. E ciò può essere in due maniere; o mettendo sopra l’ altro la colpa, ^ e la cagione, mettendovi * lo fatto. E certo la cagione, e la

1) Corretto è preghiera; e in per preghiera è, col ms. Vis. e col T: par prière est.

2) Il T qui non ha divisione di capitolo; l’ ha nel capitolo precedente, al capoverso. La contenzione che nasce, col titolo: Dote conlens qui naisl de la qualité clou fait, et de ses parties. Il ms. Vis. concorda col Volgarizzamento.

3) Corretto o in e, col x: et. Ha riscontro nel periodo appresso.

4) Corretto e mettevi in o mettendovi, col T: ott metant. Il ms. Vis. in questi due luoghi è conforme alla stampa.

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rolpa mette egli sopra all’altro, quando dice, ciò eli’ è addivenuto è addivenuto per la forza, e per la signoria che quell’altro avea sopra colui diesi difende. Lo fatto puot’ egli mettere sopra un altro, quand’ egli dice, che no ’1 fé, né non fu fatto per colpa, ne per cagione di lui: ma egli mostra, che queir altro lo fece, però che potea, e dovea farlo.

Vendetta si è quando l’ uomo conosce bene eh’ egli fé ciò che l’ uomo dice di lui; ma egli ’ ne mostra che ciò fu fatto ragionevolmente, e per - vendetta, perchè dinanzi avea egli ricevuto lo perchè.

Comparazione è quando conosce che fé quello che r uomo gli appone ^; ma egli ne * mostra eh’ egli lo facesse per compire un’ altra cosa one 1) Ommesso non dopo ma, perchè manca al t, ed è contro il buon senso. Sostituito egli ne, col ms. Berg. e Vis.

2) Corretto perciò è in per, col ms. Berg. e col t: par venjance.

3) Corretto oppone in appone, col ms. Laur. 19, e col t. 4| Corretto non che è pure nel ms. Vis. e manca nei

Magi., in ne, col buon senso, il ms. Berg., ed il t: mais il riionstre.

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sta e protiUovol’, ’ elio altrimenti non potrebbe essere menata da buon fine *.

Capitolo Vili.

Delle cose, che 1* uomo dee considerare in sua materia ".

Anche ne insegna Tullio, che noi pensiamo sopra la * nostra materia, della quale noi dovemo parlare, o scrivere lettere, s’ ella è semplice, d’ una cosa solamente, o di molte. E poi che noi avemo considerato diligentemente lo nascimento ^ della contenzione, e tutto suo essere, e le sue maniere; anche ci conviene sapere che,

1) Aggiunto e ’profittevole col ms. Vis. e col t: et proJitaUe.

2) Corretto menato in menata, col t, e mss. Magi.

3) Corretto Di che in Delle cose, che, col ms. Vis. e col T: Des choses que.

4) Corretto questa in la, col t. nos regardons notre matière. 11 ms. Vis.: sopra nostra materia. Questa manca ai mss. Magi. Rice. 23.

5) Corretto conoscimento in nascimento, col ms. Vis., e col T: la naissance.

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e come ò la questione, e la ragione ’, e ’1 giudicamento, e ’1 confermamento della contenzione.

Capitolo IX. Come dee essere stabilito lo contendimento *.

Per questo insegnamento che ’1 maestro divisò ■’’ qua a dietro, dovete voi intendere, che contenzione non è altra cosa, che la discordia eh’ è intra due parti, o intra due dettatori, si come r uno dice ch’egli ha diritto *, e l’altro dice, non ha. E quando sono a ciò venuti, allora si convien vedere s’egli ha diritto, o se no; e quest’ è la questione della contenzione \ Ma però

\) l\ T: la tensons. Il ms. Vis. la ragione. Nel capitolo IX Brunetto ripete la ragione.

2) Corretto V intendiinento in lo eontendimento, col ms. Vis. e col t: Dou contens, qui est, et comment il doit estre establi par parties.

3) Mutato divisa che è pure nel ms. Vis., in divisò, col t: devisa.

4) Corretto detto in diritto, col ms. Vis. col Rice, e Magi, e col T: qu’ il a droit.

5) Corretto la contenzione della questione in la questione delta contenzione, coi mss. Fiorentini, e col t.

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che poco pli ’ vaio a diro, eh’ pgli ha diritto, se non mostra ragione, perdio *; conviene che dica immantinente hi propria rag-ione per la quale egli sì si crede ’* aver diritto nella sua questione; però che s’egli non dicesse immantinente *, sua questione per mala difesa sarehhe fievole. E quando egli ha detto la sua ragione, perchè egli f^ ciò^ al suo avversario. dice altri suoi argomenti per infievolire la ragione che l’ altro mostra ^ per avvilire sua difesa. Ed allora nasce il giudicio sopra il detto dell’ uno e dell’ altro, per giudicare se quegli ha diritto per la cagione eh’ egli ha dimostrata. E quando sono a c.ìb venuti, im 1) Corretto si vale in y/i vale, coi mss. Fiorentini, e col T.

2) Corretto mostra ragione, perchè conviene in rnoslra ragione perchè, conviene, col x: se il ne monstre raison porquoi, convieni. Si rammenti, la Ragione come, e la Ragione perchè degli scolastici, delle quali si parla nelle Illustrazioni.

3) Corretto credea, che è pure nel ms. Vis., in crede, col T: cuide.

A) Immantinente, manca al t, ed al ms. Vis.

5) Corretto ieri lo in fé ciò al, col ms. Vis. e col t: li fisi ce à son adversaire.

6) Ommesso e prima di avvilire, che è pure nel ms. Vis. perchè inceppa, e manca al t.

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raantinente dice lo suo ’ confermamento, ciò è a dire, li forti argomenti, e le buone ragioni, che

più vagliono a giudicamento. In questa maniera ordinano li savi le lettere, e le parole, per mostrar il diritto, e per confermare ^ la ragione.

E sappiate, che tutte maniere di contenzione, tanto quanto egli hanno di ’ discordia e di capitoli questionali, altrettanto vi conviene avere di questione, e di ragione, e di giudicio, e di confermamento; salvo che, quando la contenzione nasce del fatto, che l’ uomo non conosce ^ Certo lo giudicio non può nascere ^ sopra la ragione, però chi nega, e’ non insegna nulla ragione di

1) Corretto dicono loro, che è pure nel ms. Vis. in dice lo suo, col T: met il son confermement.

2i Corretto conformare in confermare, col ms. Vis. e col T: affermer lor raison.

3) Ag-g-iunto di, col senso, col ms. Vis. e col t: de descordes.

4) Corretto di che V uomo conosce in che l’uomo non conosce, col ms. Vis. e col t: fait que V un ne reconoist pas.

5) Corretto lo certo giudicio non può essere ( ms. Vis, può essere ) in Cerio lo giudizio non può nascere, premessovi il punto, col T: Certes te jugement ne pnet pas naître.

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sua negazione ’, e allora ’ il giudicamento è sopra la ((iiestione ^ solamente, ciò ò a dire s’ egli fece ciò, no. E non dee l’ uomo follemente credere

  • , che questo insegnamento sia solamente ^ donato

in su le contenzioni, che sono in piazza * ed in corte; anzi sono in tutti i detti ’, che l’uomo dice, consigliando, o pregando, od in messaggio, od in altra maniera. Ed in lettere che T uomo mandi altrui, osservi questo medesimo ordine, perchè innanti ^ dimanda egli quello che vole; e questo si ò come questione, perchè egli è in que 1) Corretto e non assegna ( assegna, anche il ms. Vis.) nulla di sua negazione in è non insegna nv.lla ragione di sua negazione, col ms. Vis. e col x: n’ enseigne pas nule raison de sa négation.

2) Aggiunto e, prima di allora, col ms. Vis. e col t: et lors est.

3) Corretto ragione in questione, col ms. Vis. e col t: sor la question. I mss. Magi, e Rice, concordano colle correzioni di questo periodo.

4) Corretto pensare in follemente credere, col Magi. 48 e Laur. 46.

5) Corretto follemente in solamente, col ms. Vis. e col t: seulement.

6) Corretto piato in piazza, col t: cn plaiz. Il ms. Vis. in praiti.

7) Corretto fatti in detti, col ms. Vis. e col t: en tout les diz.

8) Corretto non ti in innanti, col ms. Vis. Rice. 23 e Magi. 36. Il ms. Berg. tutti innani’, ed il t: tout avant.

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stione, ed in paura che Ï altro si difenda per alcuna ragione contra sua richiesta. E però dice egli la ragione immantinente, per la quale F altro debba fare ciò che chere. E perchè l’ altro non possa infievolire ’ quella ragione, mette egli forti argomenti, de’ quali egli si fida più. ed alla fine della sua lettera, fa egli lo chiudimento *, là ove gli manda ^ che s’ egli fa quello eh’ egli richiede, che ne nascerà questo e quello. E ciò è in luogo d giudicio, e di confermamento.

Ma di questo divisaraento tace il conto, per dire dell’altro parti di buona parlatura, che è bisogno del conto. Che alla verità dire, l’uomo non dee pensare solamente quello che dee contare dinanzi; ma conviene stabilire le primaie. parole, e le diretane, se egli vole che il suo detto sia bene accordante a sua materia.

1) Ommesso con prima di quella, col ms. Vis. e Fiorentini, e col t: ne puisse afoieler cele raison.

2) Corretto lo accoglimento, in lo chindimento, col t: la conclusione, e ms. Rice. Laur. 23 e Magi. 47 e 48,

3) Corretto dimanda in ^li manda, coi mss. Magi. 47 e 48. e col t: fail il la conclusion, oh il li mande.

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Capitolo X.

Di duo maniere di parlamenti ’, cioè in prosa ed in rima.

La grande divisiono " di tutti parlatori si è in due maniere. L’ una ò in prosa, e l’altra in rima. Ma la dottrina della retorica è comune ad amendue; salvo che la via di prosa, è larga e piena ^, sì come la comune parlatura della gente. Ma lo sentiero di rima è più stretto e più forte, sì come quello eh’ è chiuso e fermato di muri e di palizzi ■*, cioè a dire di peso e di misura e di numero certo, di che l’ uomo non può e non dee trapassare. Che chi vuol bene rimare, dee ordinare le sillabe delli suoi detti ^ in tal modo.

1) 11 t: Bc parler. Il ms. Vis. Di parlare.

2) Aggiunto grande, che manca pure al ms. Vis. col T: la gratis parlisons.

3) 11 ms. Vis. legge piniera in luogo di piena, e chiarisce una controversa piniera, che verrà poi.

4) Corretto palagi, che è cure nel ms. Vis. in palizzi, col T: paliz.

5) Aggiunto delli suoi detti, che manca pure nei ms. Vis. col ms. Mag-l, 48, e col t. de ses diz.

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che e’ versi siano accordevoli in nunnero. e che l’uno non abbia più che l’altro. Appresso ciò gli convien misurare le due diretane sillabe del verso, in tal maniera, che tutte le lettere delle diretane sillabe siano simili, ed almeno le vocali della sillaba che va dinanzi alla diretana. Poi gli conviene contrappesare l’accento e la voce, sì che sue rime si accordino co’ suoi accenti ’. Che se tu accordi le lettere e le sillabe, certo la rima non sarà diritto se l’accento si discorderà ^

E se ti conviene parlare, o per rima, o per prosa, guarda che ’1 tuo detto non sia magro, ne semplice, anzi sia pieno di diritto ^ e di senno, ciò è a dire di senno "* e di sentenza. Guarda che’ tuoi motti non sieno lievi, anzi sieno di

1) La stampa, |ed il ms. Vis. follemente: V intenzione. Che se tu ecc. Corretto, ed empiuta la lacuna, col ms. Vi.s. e col T: V accent et la vois, si que les accens.

2) La stampa, ed il ms. Vis. ancora follemente: ftr rima, non sia diritto alla intenzione. Corretto: certo la rima non sarà diritto se V accento, col ms. Magi. 48 e col t: certes la rime n’ iertjà droite, se li accens se descorde.

3) Il T vis, colle varianti d’ avis di un codice: de jus et de sane, di tre codici del Chabaille.

4) Corretto diritto, che è pure nel ms. Vis. in senno, col t: sens.

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gran poso ’: mn non di sì firanclp, rlio li faccia’ traboccar\ E guarda, rho non apportino laido nullo; anzi abbiano ^ bel colore dentro e di fuore. E la scienza di retorica sia nelle tue dipinture ^ per dare colore in rima ed in prosa. Ma guarda di non troppo ^ dipignere, che alcuna fiata è colore lo schifare de’ colori.

Capitolo XI.

Ora dirà il maestro dell’ordine ’.

In questa parto passata ha divisato il maestro il fondamento e la natura di questa arte, e come r uomo dee stabilire sua materia per ordine

1) Il t: ffì’iez, et de gran fesantor.

2) Aggiunto li, col ms. Rice. Pai. Laur. 23, e Magi. 36 e 48.

3) Mutato ahhia in abbiano, colla grammatica, e col t: Il ms. Vis. ommette abbiano.

4) Ut: la science de rectorique soit en toi peinturiere.

5) Aggiunto non, che manca pure al ms. Vi.s. col senso, e col T.

6) Il T ed il ms. Vis. Ci fenist des trovemcm, or commence à deviser de V ordre.

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e per parti ’. Ma per meglio schiarare ciò ch’egli ha detto, dirà delle regole ^ che appartengono all’ordine di questa arte. Ch’egli non volsi fare ^ come fece Ciclico, di cui parla Orazio; egli non vole tornare la lumiera in fumo, anzi del fumo farà lumiera. Che tutto quello che dice per regole *, mostrerà per esempio.

E voi avete ben udito dietro ^ nel cominciamento di questo libro, che poi che l’ uomo ha trovato e pensato ® nel suo cuore quello che ’1 vole dire, sì dee ordinare suo detto per ordine, ciò è a dire eh’ egli dica ciascuna cosa in suo luogo. E questo dire ordinato è in due maniere. L’ una è naturale, e l’ altra è artificiale.

La naturale se ne va dirittamente ’ per lo

1) Corretto parte, che è pure nel ms." Vis. in parli, col t: par parties.

2) Corretto ancora circostanze, che è ancora nel ms. Vis. in regole, col t: règles.

3) Mutato volse, che è pure nel ras. Vis. in volsi, col T: veult. Corretta l’ interpunzione col t.

4) Corretto circostanze in regole, come poco sopra.

5) Agg-iunto ben tidito dietro, col t: bien oi eli arrière. Il ms. Vis. avete udito Cosi anche i mss. Fior.

6) Aggiunto e pensato, col ras. Vis. e col t: rt trovè et pensè.

7) Aggiunto dirittamente, che manca pure al ms. Vis. col T: droilement.

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gran caiiiuiino, nò non .’sce ne d’ una parlo, ni’ d" altra, ciò «"^ a diro, le cose secondo eh’ olio l’uro liai conìincianiento alla line, quel dinanzi dinanzi, quel di mezzo di mezzo, e quel della fine dietro. E questa maniera di parlare ò senza grande maestria d’arte, e però non se no intramette questo libro.

Capitolo Xll. Del parlare artificialmente ’.

L’ordine del parlare artificiale non si tiene al gran cammino, anzi ne va per sentieri, e per dirizzamento, che ’1 mena più avacciamente là ov’ egli vole andare. Che egli non dice ^ ciascuna cosa secondo eli’ ella fu; anzi muta quel dinanzi nel mezzo, o dietro nel suo dire, e non disavvedutamente ^, ma con senno, per aiïermare sua intenzione. E però muta il parlatore spesse volte

1) 11 T qni non fa nuovo capitolo, ma continua il precedente. Il ms. Vis, concorda con Bono.

2) Mutato disse in dice, col ms. Vis. e col t: dif. 2) 11 t: desecenahlemeni.

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il suo prologo, e sua conclusione ’, o l’altra parte del suo conto, e non le motte nel naturale luogo; anzi là ove eglino più vagliene. Però ’ che le più ferme cose si vogliono mettere al cominciamento ed alla fine, e le più fragili nel mezzo. E quando tu voli rispondere a tuo avversario, tu dei cominciare tuo conto alla sua diretana ragione, nella quale egli per avventura più si fida. Simigliantemente è di colui che vole contare una vecchia istoria: e’ gli è buono lasciare lo suo diritto corso, e variare suo ordine, in tale modo, che paia nuova. E questo medesimo vale molto in sermonare, ed in tutte cause ^; che l’ uomo dee guardare alla fine, ciò che più piaccia, e ciò che più smuova * gli auditori.

E questo ordine artificiale è diviso in otto maniere.

1) Corretto sue condizioni in sita conclusione, col ms. Vis. coi Fiorentini, e col t: sa conclusion.

2) Ommesso il punto prima di perù colla sintassi, e col T:

3) Corretto Ire cose in tulle le cause, col ms. Amb. Vis. e Fior, e col t: en loutes causes.

4) Corretto nuova in ismuova, col ms. Rice. Il t: esmueve.

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La prima si f"^, a din’ al coriiificiaiiiL’iito (juollo

che va ’ alla lino.

La seconda Ò, a cominciare a quel elio lïi nel mezzo.

La terza si h, l’ondare lo tuo conto sopra * uno proverbio secondo ciò clie significa lo corainciamento di tal proverbio ^

La quarta ò, fondarlo * secondo che significa ^ lo mezzo del proverbio.

La quinta si ^, t’ondarlo secondo."’ la fine del proverbio.

La sosta si è, fondare tuo conto ad un esempio, secondo elio significa il cominciamento dell’ esempio.

1) Corretto fu, che è pure nel ms. Vis. iu va, col t; avoit esté.

2) Mutato od, che è pure nel ms. Vis. in sopra, col Ï: sor.

3) Aggiunto secondo ciò che significa lo cominciamento di lai proverbio, che manca pure al ms. Vis. col t: selonc ce que segnefie li cornmencemens de celui proverbe.

4) Mutato fondare che è, come appresso, nel ms. Vis. in fondarlo, col t: fonder le.

5) Mutato sefpia in siijnijica, coi mss. Ambr. e Vis. e col T: segnejie.

6) Corretto fondare in fondarlo secondo, col ms. Vis. e Col r: fonder le selonc.

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La settima si ò, fondarlo ’ secondo la significazione del mezzo delT esempio.

La ottava si è, fondare tuo conto secondo la significazione della fine dell’ esempio.

Ragione come: Alla * fine della cosa comincia quegli che dice: Addivegna che ’1 sole quando si colca ci lasci iscura notte, la mattina torna chiaro ^ e lucente. E quegli che dice: Abraam, quando volea uccidere lo figliuolo, per rendere sacrifizio a Dio, r angiolo gli mostrò ^ un montone per fare lo sacrificio. Il simile fece Virgilio, quando cominciò la istoria di Troia e di Roma ^ che cominciò lo suo libro da Enea, quando egli fuggì dalla distruzione di Troia.

Nel mezzo della cosa comincia quegli che dice: Abraam lasciò lo suo servo col somiere a pie del monte, perchè non volea ch’egli sapesse sua volontà.

1) Mutato fondare in fondarlo, col t: fonder le.

2) Aggiunto Ragione come, e corretto la in alla, col t: liaison comment. A la fin. Il ms. Vis. Verhi gralia. Alla

fine. Così pure i mss. Fiorentini.

3) Corretto chiara in chiaro, col ms. Vi?, e col t: fhi^s luisant, riferito al sole,

4) Corretto recò, che è pure nel ms. Vis. in mostrò, col T: li mostra.

5) E di Roma, manca al t, ed al ms. Vis.

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Alla sit^’nifiranza ’ del cominciamoiilo del pi’overbio coiniiicia (|uej::li, che dice: Molto serve grande merito, chi a ^ buona fede serve volentieri e avaccio, sì come Abraam fè^ che quando Dio gli comandò eh’ egli uccidesse lo suo figliuolo, incontinente andò a compire lo suo comandamento.

Alla significanza del mezzo del proverbio comincia quegli che dice: Lo servo non dee sapere lo secreto del suo ’signore; e però lasciò Abraam lo suo servo, quand’ egli andò sul monto per fare suo sacrifizio.

Secondo la fine del proverbio comincia quegli che dice: Non è degna cosa, che intera fede perda suo merito; e però liberò Dio Abraam del suo sacrificio, che già era il figliuolo legato, e posto suir altare del sacrificio.

Secondo che significa lo cominciamento d’un esempio, comincia quegli che dice: Buono arbore fa buon frutto; e però vuolse Iddio, che il figliolo d’ Abraam fosse messo sopra al suo altare, e ^ che non vi morisse.

1) Corretto la similitudine, che è pure nel ms. Vis. in alla sir/ìiijìcanza, col ms. Berg. e col t: à /i seçinefiancc.

2| Corretto ha in a, coi mss. Ambr. e Vis. Rice. Laur. 23, Mag-1. 36 e col t: de bone foi:

3) Aggiunto e, col ms. Vis. e coi mss. Fior, e col t: et que il ne norust.

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Alla signifìcnnza del mezzo dell’esempio comincia quegli che dice: L’ uomo dee trarre del grano ogni mal seme, acciò che il pane non sia amaro; e però lasciò Abraam lo suo servo, perchè non gli impacciasse lo suo sacrificio.

Alla significanza della fine dell’ esempio comincia quegli che dice: Sì come il sole non perde la sua chiarezza per la notte, così il figliuolo di Abraam non perde sua vita per lo sacrificio del suo padre; anzi tornò bello e chiaro, sì come il sole si leva.

Or avete udito diligentemente come il parlatore può dire il suo conto secondo ordine naturale; e ’ come egli puote dire secondo ordine artificiale in otto maniere. E sappiate, che’ proverbi ed esempi che si accordano alla materia sono molto buoni: ma non siano troppo spessi, perchè allora sarebbero elli gravi e sospetti.

1) Aggiunto e, coi mss. Berg. e Vis. e Fiorentini, e col T: et comment.

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Capitolo XIII.

Come lo parlatore dee considerare quattro cose nella’

sua materia dinanzi che dica,

o scriva suo conto.

Appresso conviene che tu guardi in tua materia quattro cose, se tu voli essere buon parlatore, ben dettare saviamente lettere.

La prima si ò, che se tu hai materia lunga, e scura, che tu la debbi abbreviare per parole brevi ed intendevoli.

La seconda si è, che se tu hai materia e breve ed oscura, che tu la debbi crescere ed aprire bellamente.

La terza si è, che se tu hai materia lunga e coverta % tu la dói abbreviare, e rinforzar e schiarire ^ di buoni motti.

1) Aggiunto quattro cose nella col ms. "Vi.=5. o col t: //// choses en sa matière.

2) Corretto aperta, die è pure nel ms. Vis, in coverta, col T: coverte.

3) Aggiunto e schiarire, col T: et ovrir. Il ms. Vis. coprire.

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La quarta si è, che se tu hai materia breve e lieve, tu la dèi allungare ’, ed ornare avvenevolmente.

Ed in questa maniera dèi tu pensare in te medesimo, e conoscere se la materia è lunga, o breve, o lieve, o ’ scura, sì che tu possi ordinare ciascuna secondo suo ordine. Che materia si è come la cera, che si lascia menare, crescere, e menovare ^ a volontade del maestro.

Capitolo XIV.

Come lo uomo può aeorescere il suo conto in otto maniere.

Se tua materia è da crescere con parole *, puoila crescere in otto maniere, che si chiamano colori di retorica.

1) Corretto allocare in allongare, coi mss. Gianfilippi, Berg., Vis., Rice, e col t: alongier.

2) Aggiunto lieve, col ms. Vis. e Rice, e col t: ok se eie est legiere.

3) Corretto mancare, che è pure nel ms. Vis. in menovare, col ms. Berg. e col t: aseticier:

4) Aggiunto con parole, col t; par paroles. La lacuna è pure nel ms. Vis.

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Onde la prima si cliiama ornamento, chh tutto c’\h cho r uomo può dire in tre motti ’, od in quattro, o * in poche parole, elli l’ arc-rescono per parole più lunghe e piìl avvenevoli, che dicono quello medesimo. Ragione come ^: lesìi Cristo nacque della Vergine Maria. Lo parlatore che vole ciò adornare *, dirà così: Lo benedetto Figliuolo di Dio prese carne della gloriosa Vergine Maria; che tanto vale a dire, come quel poco dinanzi. se io dicessi: Giulio Cesare fu imperatore di tutto il mondo: il parlatore che ’1 suo detto vorrà crescere, dirà così: Lo senno e ’1 valore del buono Giulio Cesare sottomise tutto il mondo a sua suggezione ^ e fu imperadore e signore di tutta la terra \

La seconda si chiama torno, elio là ove tua materia è tutta breve, tu cambierai li proprii motti,

1) Corretto modi, che e pure nel ms. Vis. in motti, col ms. Berg. e col t: moz.

2) Aggiunto 0, col ms. Vis. e col t: ou.

3) Aggiunto quello medesimo. Magione come, co\ ms. Ambr. e Vis. e Fiorentini, e col t: dient ce meisme. Raison comment.

4) Il t: amender.

5) Corretto suggestione in suggezione, coi mss. Berg. e Vis. e col T: subjection.

6) Corretto in terra in di tutta \a terra, col t: de toute la terre. 11 ms. Vis. della terra.

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e muterai li nomi delle cose e dello persone in molte parole bellamente intorno al fatto ’, e farai punto al tuo detto, e riposerai il tuo spirito, tanto quanto tu allongherai " tuo detto, ed in tempo ^ ed in parole. E questo torno ■* può essere in due maniere: eh’ egli dica la verità chiaramente. Ragione come ^: Se voli dire: Il si fa dì, dirai: E’ comincia già il sole a spandere i raggi suoi sopra la terra. eh’ egli ^ schiva la verità per suo torno ^, che tanto vale, secondo che ^ l’Apostolo ^ dice: Egli hanno rimutato l’uso eh’ è di

1) Aggiunto al fatto, coi mss. Ambr. e Vis. e col t: environ le fait.

2) Corretto ancora allogherai in allongherai, coi mss. Ambr. e Vis. e col t: esloignes ton conte.

3) Corretto senno in tempo, col senso, col ms. Vis. e col t: de tens, et de paroles.

4) Aggiunto torno, col t: cist tors. Il ms. Vis. ritorno.

5) Corretto ed allora in Ragione come, col t: Raison comment. Il ms. Vis. come sempre in questo libro, Verbi gratia.

6) Corretto lascia, che è pure nel ms. Vis. in schiva, col T: il eschive.

7) Corretto ritorno, che è pure nel ms. Vis. in torno, col T: son tor, come sopra.

8) Corretto secondo l’Apostolo, in secondo che l’Apostolo, col ms. Vis. e col T: selonc ce que li Apostres.

9) Omnie.sso che prima di dice, perchè ingombra, e manca al ms. Vis. e al t.

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natura, in quel!’ uso eli’ ^ contra natura. Por questo torno r Apostolo ’, schifa una laida parola, ch’egli volea dire; e disse quello elio tanto vaio. Lo terzo colore per accrescer tuo detto, chiamasi

  • comparazione, e questo ò il più hello accrescere

e ’1 più avvenevolo che ’1 parlatore faccia; ma ep:li è diviso in due maniere, cioò coverta e discoverta. (Questa eh’ è discoverta ^ si fa conoscere per tre motti, che significano comparazione, cioè più e meno, e tanto. Ragione come *: Per questo motto più, dice r uomo così: Questo è più forte che il Icone. Per questo motto meno, dice l’ uomo così: Questo è meno cruccevole che ’1 colombo. Per questo motto tanto, dice l’ uomo così: Questo ò tanto codardo quanto lepre. La seconda maniera eh’ è coverta.

1) Corretto perciò ritornò l’Apostolo e schifa, in per questo torno l’Apostolo schifa, coi mss. Ainbr., Vis. e Berg. e col T: par ce tor eschiva li Apostres. I mss. Fiorentini concordano in generale colle correzioni di questo brano intralciato.

2) Corretto lo tene si è colore per accrescer suo detto, e chiamasi, in lo terzo colore per accrescer suo detto, chiamasi, coi mss. Vis. e Fior, e col t: la tierce color por acroister ses diz est apelèe.

3) Corretto che in questa che, coi mss. Vis. e Rice, e col t: et cele.

4) Aggiunto Ragione come, col ms. Vis. e col t: Raison comment, come sopra più volte.

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non si fa conoscere a questi segni, ed ella non viene in sua figura; anzi mostra un’altra sembianza ’ di fuori, ed è quasi giunta con la verità dentro, come s’ ella fosse della materia medesima. Ragione come ^: D’ un uomo pigro io dirò: Questo è una testuggine. E d’ un isnello io dirò: Questo e un vento. E sappiate, che questa maniera di parlare è molto buona, e molto cortese, e di buona sentenza; e puoUa l’ uomo molto trovare ne’ detti de’ savi.

Lo _ quarto colore si chiama lamento, però che l’uomo parla, sì come gridando, e piangendo di cruccio, per disdegno, o per altre cose simiglianti. Ragione come; Io dico: ^ Ahi natura! perchè facesti tu lo re * giovane sì pieno di tutti i beni ®, e di tutti i buoni abiti ® quando il dovevi così tosto lasciare ? Ahi mala morte ! or fossi tu disfatta, quando tu n’ hai portato lo fiore del mondo!

1) Mutato significama, clie è pure nel ms. Vis. in sembianza, col t: seniblance, dehors.

2) Ag-g-iunto ancora Ragione come, col ms. Vis. e col t.

3) Aggiunto Io dico, col t: ie di. Manca al ms. Vis. che duplica: ahi vatura !

4) Corretto loro in lo re coi mss. Ambr. e Vis. Laur. 23. Magi. 47 e 48 Rice, e col t: le roy. V. Illustrazioni.

.^) Aggiunto di tutti i beni, col t: de tonz biens. Manca pure al ms. Vis.

6) Corretto atti in abiti, col ms. Vis. e col t: habits.

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Lo quinto colore lia nome fattura, però che

r uomo la parlare ’ una cosa che mn ha podere, nò naturagli parlare sì come se la parlasse, sì come noi poterne udire ^ delle genti che ciò dicono di bestie, o d’altre cose, sì come avessero parlato. E questo è sì intendevole, che "1 maestro non intende a ciò porre alcuno esempio.

Lo sesto colore si chiama trapasso, però che quando il parlatore ha cominciato suo detto per dire suo conto, egli so ne parte un poco, e trapassa ad un’altra cosa eh’ è simigliante a sua materia, ed allora è egli buono ed utile. Ma se quel trapasso non è bene accordante a sua materia, corto elio sarà malvagio e dispiacevole *. E però fé bene Giulio Cesare, quando egli volse difendere quelli della congiurazione di Roma. Egli fé suo trapasso al perdono, il quale i loro antichi avevano per addietro fatto a quelli di Rodes e

1) Aggiunto parlare col ms. Gianfilippi. t faint. Manca pure al ms. Vis.

2) Corretto cura in natura, col buon senso, e col t.

3) Corretto vedere, che è pure nel ras. Vis. in udire, col ms. Berg. e col t: oir.

4) Corretto ella in elio, e malvagia in malvagio, che è pure nel ms. Vis., col ms. Berg.. col senso, e col t: il sera mauvai.

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di Cartagine. E così fé ’ Catone, quando li volse giudicare a morte. Egli cantò Manlio Torquato, come egli giudicò a morte suo figliuolo. Altresì trapassa l’uomo spesse volte alla fine, od al mezzo di sua materia, per rinnovare quello che parca vecchio, per altra buona ragione.

Lo settimo colore si chiama dimostramento, perchè chi parla ^ dice le proprietà e’ segni della cosa ^ e dell’uomo per provare alcuna cosa che ’’ si appartenga a sua materia; sì come la Scrittura dice: Egli avea nella terra di Hus uno uomo che avea nome lob, semplice, diritto giusto ^ e temente Iddio. Altresì fé ^ Tristano quando divisò la beltà di Isotta ’. Suo’ capigli (disse) risplendono come

1) Corretto egli, che è pure nel ms. Vis. in Catone, coi mss. Berg. e Gianfilippi, e col t: Calons.

2) Aggiunto perchè chi parla, col senso, col ms. Vis. e col T: porce que li farleres.

3) Corretto ìa proprietà, che è pure nel ms. Vis: in le proprietà, col t: les proprietei.

4) Corretto che sì appartengv di provare in per provare alcuna cosa che si appartenga, col ms. Vis. e col t: por achoison de prover aucune chose qui aparteignc.

5) Aggiunto giusto, col ms. Vis. e col t: iuste.

6) Corretto che in altresì col ms. Vis. e col t: autretant.

1) Il t: la roine Tseult, colla variante; madame, di due codici. Il ms. Vis. madonna.

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fila d’oro, la sua Ironto sormonta sopr’al giglio, suo nero sopracciglia ’ sono piegato conia piccoli arconcelli, ed una picciola via di l.itte^ le diparte a mezzo ^ Io suo naso, e sì per misura, che non ha più, nò meno; suoi occhi sormontano tutti smeraldi lucenti nel suo viso come due stelle; sua faccia seguita la beltà dell’aurora, perchè la ha di vermiglio e di hianco insieme, che l’ un colore con r altro non risplende malamente; la bocca piccola, e labra spesse, ed ardenti di bel colore; e’ denti più bianchi che avorio, e sono posti per ordine e per misura; né pantera, né spezierìa * non si può comparare al suo dolce fiato della sua dolce bocca; lo mento ò assai più pulito che marmo; latte uà colore al suo collo; e* cristallo risplende alla sua gola ^; delle sue spalle escono

1) Corretto ciglia, che ò pure nel ms. Vis. in sopracciglia, col T: noir sordi

2) Aggiunto di latte, che manca pure al ms. Vis. col t: voie de lait. Il ms. del Capitolo di Verona: voie déliée.

3) Aggiunto a col ras. Arabros. Il ms. Vis. per mezzo.

4) Corretto pesce in speziera, col t: espice. Il ms. Vis. pescio.

5) Il T: nus laiz ne donne color à son col, ne cristal ne resplendit à sa gorge; ma due codici del Chabaille leggono col Volgarizzamento: lais donne couleur a son geni col, et cristaulx resplendissans à sa très gente gorge polie.

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due lìraccia isnelle ^ e lunghe, e bianche mani ^ e le dita grandi ^ e ritonde, nelle quali risplende la beltà dell’ unghie; lo suo petto * è ornato di due belli pomi di paradiso, e sono com’una massa di neve; ed è sì isnella nella cintola, che l’uomo la potrebbe avvincere con le mani. Ma io tacerò dell’ altre parti delle membra dentro ’% delle quali lo cuore parla meglio che la lingua.

L’ ottavo colore si chiama addoppiamento, però che ’1 parlatore addoppia il suo conto, e dicelo due volte insieme. E questo è in due maniere. L’ una si è, che dice sua materia, ed immantinente la ridice per il contrario del suo detto. Ra?:ione come ^: Io voglio dire d’ un uomo ch’eali è giovane, ciò è, raddoppierò mio dire in questa maniera: Questo uomo è giovane e non vecchio;

1) Corretto forti in isnelle, col t: grailles. Cosi traduce Bono appresso, el est si graille.

2) Il t: Blanches mains, oh la char est mole et tendre.

3) Ht: les doit granz, Iraitis (colla variante di due codici, covez), et reonz.

4) Il T: ses très biaus piz.

5) Trasportata la virgola dopo dentro, col t: tairai des autres parties dedanz. Ha riscontro col Cantico di Salomone: Praeter ae quae intrinsecus latent.

6) Ag-g-iunto Ragione come, col ms. Vis. e col t.

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o questa cosa ^ dolce, e non amara ’. 1/ altra maniera dico sua materia, ed immantinente ridice altre parole, che cessano il contrario di quello ch’egli avea detto in questa maniera: Vero è che quest’ uomo è giovane, ma e’ non ò folle; e tutto che ’1 sia nobile, egli non è orgoglioso; egli ì largo, e non guastatore.

Or avete udito rome l’ uomo punte accrescere la sué» materia, ed allungare suo detto; che di poco seme * si cresce uìolta biada, e picciola fontana comincia gran fiume. Però diritto è ragione ^ che ’1 maestro mostri come l’ uomo può abbreviare suo conto, quand’ è troppo grande e lungo *.

1) Mutata questo giovane non è vecchio, e questo dolce non è amaì’o, in questo uomo è giovane, e non vecchio; e questa cosa è dolce e non amara, col ms. Vis. e col t: cist hom est juenes, et non pas viel: cu ceste chose est doxi.ce, non pas amere.

2) Aggiunto seme, coi mss. Ambr. e Berg. e col t: pò de semance. Il ms. Vis. semema.

3| Aggiunto diritto è, che manca pure al ms. Vis. e col T: droit et.

4) Aggiunto grande e, che manca pure al ms. Vis. col T." grans et. Ripete i termini retorici detti sopra.

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E ciò mostrerà egli qui innanzi, là ove egli dirà del dire lo fatto ’.

Qui tnce lo maestro della dottrina del gran parlare per divisare quello del piccolo parlare ^, ciò è a dire d’ un conto, e d’ una pistola, che tu voli dire, o fare sopra alcuna materia che viene, che ’1 maestro chiama parlatura lo generale nome di tutti detti. Ma tutti i conti sono messi in uno solo detto, od in una sola lettera, od altre cose che l’ uomo conta suso sua materia l

1) Aggiunto io fatto, che manca pure al ms. Vis. col ms. Berg. e col t: dou fait dir.

2) Aggiunto fer divisare qvello del piccolo parlare, coi rass. Vis. Rice. Magi. 47 e 48 e col t: por deviser cels de la petite parlenre (V. cap. XL di questo libro.)

3) Mutato.9’ usa in materia in conta suso stia matena, col ms. Vis. e eoi T: on conte sor sa matière. Il Mussafia preferisce la lezione del m. Laur. 46: ma conto è uno solo detto, una sola lettera, altra cosa.

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Capitolo XV.

Delle parti del conto, e come il parlatore dee stabilire li suoi detti per ordine

Lo parti del conto, secondo clie Tullio c’insegna, sono sei. Il prologo, il fatto’, il divisaraento, il conf(3rmamento, il disfertnamento, e la conclusione. Ma i dettatori, che dettano le lettere, per arte di retorica, dicono che in una lettera non ò mai che cinque parti, cioè saluto, prologo, fatto, la dimanda, e la conclusione. E se alcun dimanda, perchè è discordia tra Tullio e’ dettatori, poiché ciascuno segue lo insegnamento di retorica % io dico, che la discordia è per sembianza, e non per verità. Che dove i dettatori dicono che lo saluto è la prima parte della lettera, Tullio intese e volse, che saluto fosse sotto ’1 prologo: che tutto ciò che l’uomo

1) Corretto il saluto, il prologo in il prologo, il fatto, col ms. Berg. e Vis. e col t: li prologues, li faiz. Il Carrer vi aggiunse il saluto, acciò fossero sei le parti, non osservando che mancava il fatto, che è la sesta. V. appresso.

2) Aggiunto poiché ciascuno segue lo ’nsegnamcnto di retorica, col t: puis que chascuns ensuit l’enseignement de rectorique. La lacuna è pure nel ms. Vis.

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dice dinanzi al fatto, ò come per apparecchiare ’ sua materia, ed ò prologo. Ma li dettatori dicono, che la SLilute è porta del conto, e’ suoi occhi, e però gli danno l’ onore della prima parte di lettere

  • e ambasciata; però che mandare lettere, o

messi, tutto va per una via.

E d’ altra parte, la parte ^ che Tullio chiama il divisamente, li dettatori la comprendono sotto il fatto. E quella che Tullio chiama confermamento,- e diâermamento *, li dettatori la comprendono sotto la ° dimanda. E per meglio intendere li nomi dell’uno e dell’altro, e per conoscere la intenzione di Tullio, e degli altri dettatori, vuole ^ il maestro dichiarare ora la significazione dell’ una e dell’altra parte, e del suo nome *.

1) Corretto apparecchiare chiara in per apparecchiare, col ms. Vis. e col T: por aparelHer. Cosi anche molti manoscritti, fra’ quali il Laur. 46.

2) Corretto di lei in di lettere, col ms. Vis. e col t: des epistre.

3) A^g-iunto la parte coi mss. Ambr. e Vis. e col t: cele partie.

4) Ag-giunto e dij’ermamento, coi mss. Ambr. e Vis. e col t: et deffermement.

5) Corretto loro in la, col t: sonz la demande. Il ms. Vis. sua.

6) Corretto volse in vuole, nel ms. Vis. e col t: veulc.

7) La stampa le signijicazioni dell’ uno e dell’ altro, e di ciascuna parte lo suo nome. Corretto la signijicazione del 5

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Capitolo XVI.

Delle sei parti del conto a parlare di bocca.

Prologo è comiiiciamento, e la prima parte del conto, che dirizza e apparecchia l’orecchio ’ e ’1 cuore ’ a coloro a cui tu parli, ad intendere ciò che tu dirai.

Lo fatto si è a contare le cose che furono, e che non furono, sì com’ elle fossero. E questo è ’, quando l’ uomo dice quello su ’1 quale egli ferma suo conto.

Divisamente si è, quando l’ uomo conta lo fatto, e immantinente * comincia a divisare le parti, e dice; Questo fu in tal maniera, e questo in tal maniera; e accresce quelle parti che sono

/’ una e dell’ altra parte, e del Sito nome. Ut: la segnefiance de chascune partie, et de son nom. Così anche il ms. Vis.

1) Corretto la via, che è pure nel ms. Vis. in l’ orecchio, col t: l’ oire.

2) Molti codici leggono di coloro.

3) Le stampe: questo è quello, quando l’ uomo dice quello. Levato, secondo il desiderio del Mussafia, il primo quello, che impaccia, e manca in molti mss.

4) Corretto poi in immantinente, col ms. Vis. e col t: maintenant.

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più utili a lui, e più contrarie al suo avversario ’, e ficcale lo pili ch’egli può nel cuore di colui a cui parla, e allora pare che gli sia conto il ^ fatto. E questa è la cagione, perchè li dettatori contano il divisamento sotto ’1 fatto.

Confermamento è là ove il dettatore mostra le sue ragioni, e assegna tutti gli argomenti che può a provare ^ sue ragioni, e accrescere fede e credenza al suo detto.

Disfermamento è quando il dettatore mostra le sue buone ragioni, e’ suoi forti argomenti *, che indebiliscono, impiccoliscono ^ e distruggono il confermamento di suo avversario.

1) Il t: acuille cele partie qui est plus contraire a son aversaire. Ma quattro codici del Chabaille: acq%deret teles parties qui soient plus pourjitahles à lui, et plus contraire à son aversaire.

2) Corretto che sta contra al fatto, che è pure nel ms. Vis. in che gli sia coatto il fatto, col ms. Berg. col Magi. 47, e col T. que il si ait conte le fait.

3) Corretto approvare in a provare col ms. Vis. e col t: a prover.

4) Ommesso e, prima di che, perchè intralcia, e manca ai mss. Ambr. e Vis. ed al t.

5) Ag-giuuto impiccoliscono, che manca pure al ms. Vis. col T: apeticenl.

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Conclusione è la diretana ’ parte, e la conferraazione

  • del conto.

Queste sono le sei parti ’ del conto, secondo la sentenza * di Tullio.

Ora ò buono contare le parti che i dettatori dicono. E dirà prima della salute.

Capitolo XVII.

Delle cinque parti delle lettere scritte, che si mandano ad altri ^.

Salute è cominciamento di epistole, che nomina quegli che manda, e quegli che riceve ^ le lettere, e

1) Corretto direttiva in diretana, col t: derraine.

2) Aggiunto e la confermazione, col t: et la confirmations. Nel ms. Vis. è lacuna.

3) Corretto ■parole in sei parti, col ms. Vis. e col t: VI parties.

4) Corretto scienza in sentenza, col ms. Vis. e col t: sentence.

.5) La stampa: Della salutazione delle lettere mandate. Sostituito il vero titolo del capitolo, col t: Des V parties des lettres escrites que on envoie as antres gens.

6) Il t: nome ceulx qui la reçoivent, ma la variante di quattro codici del Chabaille, seguita dal Giamboni, legge: cetdx qui mandent, et ceulx qui reçoivent les lettres.

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la dignità di ciascuno, o la volontà del cuore, che quegli che manda ha contra ^ di colui che riceve: ciò è a dire, che se egli è suo amico, si gli manda salute, e altre parole, che tanto vagliene, e più. E se gli è nimico, egli tacerà; o ^ manderagli alcuna parola coperta ^ o discoperta di male. E se gli è maggiore, sì gli manda parole di riverenza. E così dee r uomo fare a’ pari e a’ minori, come si conviene a ciascuno; in tal maniera, che non abbia vizio, né di più, ne difFalta * di meno. E sappiate, che ’1 nome di colui eh’ è maggiore, e di più alta dignità, dee sempre essere posto innanzi, se non è per cortesia, o per umiltà, o per altre cose simiglianti.

Del prologo, e del fatto, e della loro forza ^ ha detto lo maestro qui dinanzi la signifìcanza; e però non dirà più ora. Però che i dettatori se ne accordano bene alla sentenza di Tullio, Ma della dimanda dice il maestro, che l’ è quella parte, nella quale la ^ lettera e ’1 messaggio di 1| Corretto contrario in contra, coi mss. Amb. e Vis. Rice. Pai. e Laur. 23, Magliab. 46. e col t: encontre.

2) Corretto e in o coi mss. Fiorentini, e col t: ou.

3) Corretto e in o, coi mss. Fiorentini e col t.

4) Corretto di falsità, né in ne’ diffalta, col ms. Vis., Rice. Magi. 47 e 48. e col t: ne defaxUe don moins.

5) Aggiunto loro, col ms. Vis. e col t.

6) Corretto quella in la, eoi mss. Fiorentini, e col t.

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manda ciò che vuole, pregando, o comandando, o minacciando, o consigliando, o in altra maniera di cose, in eh’ egli spera di acquistare il cuore di colui a cui egli manda. E quando il dettatore lia tìnita sua dimanda, o mostra suo confermajnento, suo disfermamento, egli fa la conclusione, cioè la fine del suo detto, nel quale egli conclude la somma ’ del suo detto com’ egli è, e che ne può addivenire.

Capitolo XVIII.

Dello insegnamento del prologo secondo la diversità delle materie ".

E però che ’1 prologo è signore e principe del conto, secondo che Tullio disse nel suo libro, convenevol cosa è, che sopra ciò dia lo maestro la sua dottrina.

Di che Tullio disse, che prologo è un detto che acquista avvenentemente il cuore di colui, a

1) Corretto forma in somma, col m.s. Vis. e col t: la some de son conte.

2) Corretto maniere, come tante altre volte, in materie, col t: matières.

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cui tu parli, ad udire ciò che tu dirai. E questo può essere in tre ’ maniere, o per acquistare sua benevolenza, o per dargli volontà d’udire, o volontà di sapere tno * detto.

E però io dico, che quando tu voli ben far tuo prologo, il ti convien innanzi considerare tua materia, e conoscere la natura del fatto, e la sua ^ maniera. Fa dunque come colui che vole murare \ che non corre avaccio all’ opera ^, anzi la misura della linea * del suo cuore, e comprende nella sua memoria tutto l’ ordine e la figura della magione \ E tu guarda che tua lingua non sia corrente a parlare, ne la mano a scrivere, né non cominci ne V una, né l’ altra a corso di fortuna; il tuo senno tegna in mano l’ ufficio di ciascuna

1) Corretto due in (re, col ms. Vis. e col t: ///.

2) Aggiunto volontà di sapere, col t: ow volonté de savoir. Il ms. Vis. ommette volontà di udire, ed ha volontà di sapere.

3) Corretto i7ia in srta coi mss. Berg. e Vis. e col t: sa maniere.

4) Corretto mistcrare, che è pure nel ms. Vis. in murare, col t: maisoner. Il ms. Magi, 48 wfl_^ioMflfe.. il Magi. 47 mensongniarc.

5) Corretto dell’opera in alVoptra, col Rice, e Laur. 23.

6) Corretto lingua, che è pure nel ms. Vis. iu linea, col Magi. 48, Laur. 46 e col t: ligne.

7) Aggiunto della magione, che manca pure al ms. Vis. col t: la figure de la maison, col Magi. 47 e 48 e Laur. 46.

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in tal maniera, elio la materia sia lungamente nella bilancia del tuo cuore, e dentro lui prenda r ordine di sua via, e di suo fine. Però che i bisogni del secolo sono diversi, e però conviene parlare diversamente, e ’ ciascuno secondo lor materia ’,

Tullio dice, che tutti detti sono in cinque maniere; o egli è onesto, o contrario, o vile, dottoso, o oscuro. E però pensa, che tu dèi altrimenti cominciare e seguitare tuo conto nell’una che nell’altra, e altrimenti acquistare ^ benevolenza, e la volontà su l’ una materia che su r altra.

E sappiate, che onestade è quello che incontanente piace a quelli che l’intendono, senza prologo, e senza alcuno ornamento * di parlare.

Contrario è quello che immantinente dispiace per sua malizia.

1) Corretto in in e, col x: et chascnne.

2) Corretto ancora maniero,, che è pure nel in.s. Vis. in materia, col t: matière.

3j Oramesso sua, col t, e coi mss. Laur. Magi. 47 e 48. 4) Corretto ordinamento in ornamento, col ms. Laur. 46. e col T: aornement.

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Vile è quegli, a cui quello che dee intendere, e non vuole intendere guari per la viltà, e per la picciolanza delle cose ’.

Dottoso è ^ in due maniere; o perchè l’uomo si dotta di sua sentenza; o perchè gli è da una parte onesta, e dall’ altra disonesta, in tal maniera che la ingeneri benevolenza e odio.

Oscuro è ciò che quegli che dee udire ^ e’ non può intendere leggermente *, o perchè non è bene savio, o ch’egli è travagliato, o perchè tuo detto sia sì oscuro, o coperto, o avviluppato, che egli non può bene conoscere.

1) Corretto col Mag. 47 e 48, Laur. 46, e col t: vii est ce à quoi cil qui doit air n’ aient gaires por la moleste, et por la pefilesse de la chose. Il ms. Vis. varia. Le stampe leggouo: Vile è quello, che dee intendere, e non intendere guari per la viltà. E per la piccioleania delle cose doitoe in due maniere.

2) La stampa delira: e per la picciolanza delle cose dottose in due maniere. Corretta l’ interpunzione col ms. Vis. e col t: Doutons et en II manières. Vedi nota precedente.

.3) Aggiunto oscuro è ciò che quegli che dee udire, col ms. Ambr. e Vis. Rice. Laur. 23 e 46, Magi. 49 e col t: oscurs est ce que cil qui le doit oir.

4) Aggiunto di leggieri, col ms. Vis. e col t: ne le puet entendre legiermcnt.

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Capitolo XIX. Di due maniere di prologhi, coverti e discoverti.

Per la diversità dei detti, e delle cose, sono li prologhi diversi. E sopra ciò dice Tullio, che tutti i prologhi sono in due maniere: l’ uno si chiama cominciaraento, e l’altro copertura.

Cominciamento è quello che apertamente * in poche parole acquista la benevolenza, e la volontà

  • di coloro che l’ odono ^

Covertura è, quando il parlatore mette molte parole intorno al fatto, e fa vista di non volere quel che vole, per acquistare covertamente la benevolenza di coloro a cui parla. E però si convien sapere qual delli due * prologhi dee essere posto ^ sopra ciascuna materia di nostro conto.

1) Aggiunto apertamente, col ms. Vis. e col t: apertement.

2) B la volontà, manca al t: ma è nella variante di un codice del Chabaille: benivolence et la volonté.

3) Ut: qui o’ir doivent. E nel ms. Vis.

4) Ommesso parole, che è pure nel ms. Vis. evidente ripetizione viziosa.. Legge la stampa: parole o prologhi.

.’)) Aggiunto posto, che manca pure al ms. Vis. col T: mis.

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Capitolo XX. Quale prologo conviene sopra onesta materia ’.

Là dove ^ nostra materia è d’onesta cosa, e’ ^ non vuole copertura nulla; ma incontanente cominciare nostro conto, e divisare nostro affare, che la onestà della cosa ha * già acquistata la volontà degli auditori, in tal maniera che poco ne conviene ^ a travagliare.

E non per tanto alcuna fiata è buono un bello prologo, non per acquistare grazia, ma per accrescerla. E se noi volerne lasciare lo prologo, egli è buono a cominciare ad un buon detto, o a uno sicuro argomento.

1) Corretto nostra, che è pure nel ms. Vis. in onesta, col T: honeste.

2) Aggiunto dove, col senso, e col t; là où. Il ms. Vis. u.

3) Corretto si che in e’, col t: il ne non convient. Il ms. Vis. ed altri: non si conviene.

4) Corretto abbia, che è pure nel Vis. in ha, col ms. Berg. e Magi. 47 e 48, e col t: a jà aquise.

5) Corretto ’per coverta non abbino in poco ne conviene, col ms. Vis. e col t: pò nos en convient travaillier. Cosi anche il Laur. 46, Magi. 47 e 48, Pai. e Berg.

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Capitolo XXI. (a)

Quale prologo conviene sopra contraria materia.

Quando la materia ò contraria, o crudele, o contra diritto, che tu voli dimandare una grande cosa, cara, o strana; allora dèi tu pensare se l’uditore è commosso contra te, o s’ egli ha proposto nel suo cuore di non fare niente di tua richiesta. Che se ciò fosse, ei ti conviene fuggire alla covertura, e colore di parole nel tuo prologo, per abbassare suo cruccio, e addolcire sua durezza; e in tal maniera che suo cuore sia appaciato ’, e tu n’ acquisti sua grazia. Ma quando suo cuore non è guari turbato contra te, allora ne potrai tu passare leggermente per un poco di buon cominciamento.

1) Mutato appagato, che è pure nel ms. Vis. in appaciato, col t: apaisiez.

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Capitolo XXI. (b)

Quale prologo conviene sopra vile materia ’.

E quando la materia è vile e picciola, e che l’uditore non intende a ciò se non poco; allora conviene che tuo prologo sia adornato ^ di tali parole, che diano piacere d’udire, e che n’affinino ^ tua materia, e che lo levino di sua viltade \

1) Fatta divisione di capitolo, col ms. Vis. e col t: Quel prologue convient sor vil matière.

2) Corretto ordinato, che è pure nel ms. Vis. in adornato, col T: aornez.

3) Corretto ajìni in ajinino, coi mss. Ambr. Laur. 23, e col T: enhaucent.

4) Corretto intenzione, che è pure nel ms. Vis. in viltade, col ms. Berg. e col t: sa viltance.

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Capitolo XXI. (e)

Quale prologo conviene sopra dottosa materia ’.

E quando la materia è dottosa, perchè tu dimandi due cose, e l’ uomo dotta della sentenza la quale delle * due cose dee essere affermata,. allora dèi tu cominciare tuo prologo alla sentenza medesima della cosa clie tu voli, e ’ alla ragione in che tu piii ti fidi. E s’ ella ò dottosa, perchè la cosa è d’ una parte onesta, e dall’altra parte * disonesta; allora dèi tu ornare tuo prologo per acquistare l’amore e la grazia degli auditori, in tal maniera, che paia loro che tutta la cosa è tornata onesta.

1) Fatta divisione di capitolo, col ms. Vis. e col t: Quel frologtu convient sor doulotcse matière.

2) Corretto di due in delle due, coi mss. Mag;. 46, 47 e 48, Laur. 46 e Pai. e col t.

3) Mutato 0, che è pure nel ms. Vis. in e, col t: et.

4) Aggiunto onesta, e dall’altra parte, col t: de una part honeste, et d’ anitre dehoneste. Il ms. Vis. concorda colla stampa.

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Capitolo XXI. (d)

Quale prologo conviene sopra oscura materia ’.

E quando la materia è oscura a intendere, allora dèi tu cominciare tuo conto per parole, che diano talento agli auditori di sapere quello che tu voli dire; e poi * divisare tuo conto, secondo che tu penserai che sia lo meglio.

Capitolo XXII.

Di tre cose, che sono bisogno a ciascuno prologo^

che non può essere buono senza l’ una,

o senza l’altre ’.

Per questo insegnamento potemo * sapere, che in tutte maniere di prologhi, sopra qualunque

1) Fatta divisione di capitolo, coi mss. Vis. e col t: Quel frologue convient sor oscure matière.

2) Corretto puoi in poi, col t: et puis, e coi mss. Fior.

3) Corretto senza l’ altro, ed il ms. Vis. senza l’aria, in senza l’ ima, o senza le altre, col ms. Berg’. e col t: sanz V une, ou sanz les autres.

4) Corretto puotemo in potemo, coi mss. Ambr. e Vis. conforme alla regola dell’ accento mobile. Così il Sorio.

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materia elli sieno, ci convien fare una dello tre cose: o d’acquistare la grazia di colui a cui noi parliamo, o ’ donargli talento di udire lo nostro * detto, o di saperlo. Che quando nostra materia è disonesta ^ o niaravigliosa, o dottosa, nostro prologo dee essere per acquistare benevolenza ^ Ma se tua materia ò vile, allora dee essere per dargli talento di udire. E quando la materia è oscura, alloia dee essere per dargli talento di sapere quello che tu gli dirai.

E però è ragione, che ’1 maestro ci dica come ciò può essere fatto, ^ e in che maniera.

1) Corretto in in o col t: on. Il ms. Ws.per, Laur. 46 ed Magi. 48, o.

2) Corretto tuo, in nostro, col ms. Vis. e col t: noz diz.

3) Corretto d’ onesta cosa, che è pure nel ms. Vis. in disonesta, col t: deslioneste. La stampa è assurda.

4) Aggiunto benevolenza, col ms. Vis. e col t: aquerre la lienvoillance.

5) Aggiunto fatto, col ms. Vis. e col t: ’puet estre fait.

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Capitolo XXIII. Della dottrina per acquistare benevolenza \

Benevolenza s’ acquista da quattro parti, cioè per nostro corpo, o per lo corpo di nostro avversario, dagli auditori, o dalla materia medesima.

Dal corpo nostro s’ acquista, quando noi ricordiamo nostre opere, o nostre dignitadi cortesemente, senza nullo orgoglio, e senza nullo oltraggio. E quando l’ uomo mette sopra noi alcun biasimo, o alcuna colpa, o altro misfatto ^, se noi diciamo che noi no ’1 facemmo ^ e che ciò non fu da parte nostra; e se noi mostriamo lo male e li dolori * e disavventure che sono state, e che possono addivenire a noi, e a’ nostri; e se nostra

1) Il T: La bienvoillance des oianz. Il ms. Vis. concorda colle stampe.

2) Ag-g-iunto altro misfatto, col ms. Vis. e col t: ou autre méfait.

3) Corretto facciamo in facemmo, coi mss. Ambr. Vis. Fiorentini, e Berg-. e col t: ne le feismes pas.

4) Agg’iunto li dolori, col ms. Vis. e col t: les dolours.

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pregliiorn ò dolco, o di hiinna aria, o ’ di piofà, o di inisoricordia; o so noi no ^ ptoferiamo di buona aria agli auditori, per questa, e per altre sembraljili cose e proprietadi di noi e do’ nostri ^, s’acquista benevolenza, secondo quello che n retorica s’appartiene.

E sappiate, che ciascun uomo * e ^ ciascuna cosa ha sue proprietà, por le quali l’uomo può acquistare grazia, o disgrazia ^ E di ciò dirà lo maestro qua dinanzi, là ov’ egli sarà luogo e tempo.

Per lo corpo di tuo avversario acquisterai tu grazia, se tu conti la proprietà di lui, che il motta in ira’, in invidia, o in dispetto degli auditori. Che senza fallo tuo avversario è in odio, se tu

1) Mutato qui, ed appresso, e che è pure nel ms. Vis. in 0, col t: ou.

2) Corretto non in ne, che è pure nel ms. Vis. coi mss. Pai. e Laur. 46, e col t: se nos nos ojfrons.

3) Corretto per quesl’ altre semhrabili in fer questa, e fer altre sembrahili, coi mss. Gianfilippi, Fiorent. Vis. e Berg. e col t: far ceste, et par autres semblables proprietez.

4) Il T: chascun cors d’orile.

5) Corretto ia in e, coi mss. Vis. Fior, e col t: et chascune chose.

6) B disgrazia, manca al t. Il ms. Vis. benevoglienza e malavoglienza.

7) Aggiuuto in ira, col ms. Vis. e col t: en haine.

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dici ’ che quello eh’ egli ha fatto è contra diritto, e contra natura ^ e per suo grande orgoglio, o per sua fiera crudeltà, o per troppo malizia. Altresì cade in invidia, se tu conti la forza, e l’ardimento di tuo avversario, e sua possanza, e sua signoria, e sue ricchezze, e suoi uomini, e suoi parenti, e suo lignaggio, e suoi amici, e suo tesoro, e suoi danari, e la sua fiera natura, che non è da sostenere, eh’ egli usa di continuo ’ suo senno *, e suo podere in malizia, e ch’egli si fida più di quello, che ^ di suo diritto. Altresì vien egli in dispetto, se tu mostri che tuo avversario sia vizioso, senza senno e senza arte *’, e uomo lento e pigro, e che non si studia se non nelle cose frodolenti ^, e che egli mette tutto il suo tempo in levità ^, in lussuria, in gioco e in taverne.

1) Corretto vedi in dici, col ms. Vis. e col t: se Ui diz.

2) Il T: contre droit de nature.

3) Aggiunto di continuo, che manca pure al ms. Vis.

4) Aggiunto suo, coi mss. Fior, e col t: toz jours.

5) Corretto quello eh’ è, in quello che coi mss. Amb. Fior, e Vis. e col t: en ce, que.

6) Il T: nices et sanz art.

7) Il t: choses frivole.

8) Il T: le chérie. I mss. Rice. Magi. 36 e 47, Lau. 23 e 46, hanno leccieria, leccerie, leccheria, leccherie: Magliab. 48, ha favole.

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Per lo coi-po (lo^’li aiulitori s’ acquisii honovolonza, so tu dici li buoni costumi, o lo (nopriotà fli loi’o bontà, o lodi loro, e le loro opere, e diri che sempre è stato loro costume di fare tutto loi’o cose ’ saviamente e arditamente, secondo Iddio, e secondo Lriustizia, e che tu ti fidi di loro, e che tutto il tnondo n’ ha buona credenza, e quello che faranno ora di questa bisogna, sarà sempi"o in memoria e in esempio degli altri.

Per la materia acquisti tu grazia, se tu dici le proprietà ^ e le apparenze della cosa di ^ che tu parli, che afforzano e alzano tua parte, e confondano

  • la parte del tuo avversario, e mettanla

in dispetto.

Qui tace il conto a parlare della grazia, per mostrare come l’ uomo dà talento agli auditori d’ udire il nostro detto.

1) Il t: bien et sagement.

2) Corretto la proprietà in le proprietà, coi mss. Vis. Fior, e col t: les proprie tez.

3) Aggiunto di coi mss. Vis. Fior, e col t: dont (u paroles.

4) Mutato ajfondino in confondano col ms. Vis. Fior, e col T: confondent.

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Capitolo XXIV. (a)

Dell’ insegnamento per dare talento ’ di udire i nostri detti - agli auditori.

Quando tu parli davanti ad alcuna gente, o davanti uomo, o davanti a femina ^, o qualunque sia ^ tu le mandi lettere, se gli voli dare talento cir egli intenda tuo detto, però che ^ tua materia è picciola e dispiacevole ^, tu dèi dire al corainciamento del prologo, che tu dirai grandi novelle o grandi cose \ o che non paiono crede 1) Mutato talenti in talento, col ms. Berg. e col t: talent. Ha riscontro nell’ ultimo inciso del capitolo precedente.

2) Aggiunto li iiostri detti, col t: noi diz. 11 ms. Vis. varia.

3) Aggiunto tiomo, o davanti a femina, coi mss. Vis. Magi. 47 e 48, Laur. 40 e col x: home ou feme.

4) Aggiunto qualunque sia, che manca pure al ms. Vis. col t: qui que ce soit.

5) Ommesso se prima di tua materia, perchè manca nei mss. ed è superfluo.

6) CovvQtto spiacevole in dispiacevole coi mss. Ambros. e Vis. Fior, e col t: desprisahle.

7) Corretto e graziose, in o grandi cose, coi mss. Ambr. Vis. Fiorentini, e col t: oVf (jrans choses.

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voli, cho toccliino a tutti gli uomini’, e qnolli che son dinanzi a te, o di uomo * di grande nomo, di divine cose, o di comun pr(/ ’; o se tu prometti che tu dirai brevemente, e Mii poche parole ciò che vorrai dire%* o se tu tocchi nel cominciamento un poco della ragione in cui tu più ti confidi.

Capitolo XXIV. (b)

Dell’ insegnamento per dare talento di sapere agli auditori ’.

E quando tu voli, che l’ auditore abbia talento di sapere quel che tu voli dire; però che

1) La stampa, ed il ms. Vis. o che non tocchino a’ tuoi uomini. Corretto o che tocchino a tutti gli uomini, col ms. Ambr. Magi. 47 e 48, Laur. 46. e col t: ou que touchent a touz homes.

2) Corretto o davanti uoraini, in o d’ ìiomo, col Magi. 47 e Laur. 46 e col t: ott des homes.

3) Corretto o d’ alcuno prò’ in o di comun prò’, coi mss. Ambr. Vis. e Fior, e col t: oiì dou commm projìt.

4) Aggiunto e, col t: et en pò de paroles.

5) Aggiunto ciò die corrai dire, col t: ce q ne tu verras dire. Il ms. Vis. concorda colla stampa.

0) Fatta divisione di capitolo, col ms., Vis. e col t: Les enseignemens por doncr as oianz talent de savoir.

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la materia è oscura, o per una cagione, o per un’altra; allora d(’’i tu cominciare tuo conto alla somma della sua intenzione brevemente e apertamente \ cioè a dire, in quel punto in eh’ è la forza grande di tutta bisogna. E sappiate, che ogni uomo che ha talento di sapere, certo ha talento di udire. Ma ogni uomo, che ha talento di udire, non ha talento di sapere. E questa è la differenza tra r un e l’altro talento.

Capitolo XXV. Del prologo che è covertura.

Infin a qui ha divisato il maestro come l’uomo dee cominciare senza prologo ^ o per tal prologo che non abbia covertura nulla; ora vuol divisare come r uomo dee fare suo prologo per maestria, e per covertura. Alla verità dire, quando la materia del parlatore è onesta, o vile, o dottosa, o scura, egli ne può leggermente passare oltra, e cominciare suo conto per poca di covertura, o

1) Aggiunto apertamente, col ms. Vis. e col x: aperternent.

2) Aggiunto per tal prolofjo, coi mss. Vis. Rice. Pai. Magi. 36, e col t: oh, par tal prologue.

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senza nessuna covortura ’ secondo che il maestro divisò * qui di sopra. Quando la materia è contraria e laida, e * che il cuore delT auditore è commosso contro a lui; allora ci conviene tornare alla maestrale coverta. E ciò può essere per tre cagioni: o perchè la materia, o quello di ch’egli vole * parlare, non si la a colui, anzi gli dispiace; perchè tuo avversario, o altro qual che sia, gli fa intendere altra cosa, sì eh’ egli la crede in tutto, la maggior parto; o perchè l’auditore è travagliato ^ da molti alti-i che hanno a lui parlato dinanzi.

1) Aggiunto senza nessuna cover tura, col ms. Vis. e col T: ov, sani nulle coverlure.

2) Mutato divisa in divisò, col ms. Vis. e col t: onl devise.

3) Aggiunto e col ms. Vis. e col t: et que.

4) Corretto volle in vale, col ms. Vis. e col t: tev.lt.

5) Il T: ernhosoigniez ov, iraveilliez.

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Capitolo XXVI.

Come l’ uomo dee cominciare suo prologo quando la materia spiace agli auditori.

E se tua raaterin dispiace, il ti conviene coprire tuo prologo in tal maniera, che s’ egli è corpo d’uomo, o altra cosa che gli dispiaccia, o che non ami, tu te ne tacerai, e nominerai un uomo, altra cosa, che ^ sia grazioso e amabile a lui, sì come fé Catellina, quando nominò gli antichi suoi, e loro buone opere dinanzi li senatori di Roma, quando egli si volea ricoprire della congiurazione di Roma: e quando egli disse a loro, che ciò non era per male, anzi per aiutare li debili, e li meno possenti, sì com’ egli avea sempre in costume *. Ciò dicea egli, e così dèi tu bellamente fìngere tua volontà, e in luogo dell’ uomo che dispiace, trovarne un altro uomo, o

1) Ommesso gli pleonasmo prima di sia, pereliè manca nei mss.

2) Corretto l’interpunzione: In coshime ciò dicea egli. E così, in in costume. Ciò dicea egli, e così, col senso, e col t: Il aooit acoshdmè. Ce disoil, et si.

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un’altra cosa che sia amata, od in luogo della cosa eh" Ci l.iida, noniinorai un uomo buono, o una cosa ’ buona piacevole, in tale maniera, clie tu li ritraggi suo cuore da quello che non gli j)iace, a ciò* che gli debbia piacere. E quando ciò sarà fatto, tu dèi mostrare che tu non voglia ciò che r uomo pensa che tu vogli, o che tu non difendi ciò che tu voli difendere, secondo che fece Giulio Cesare, quando egli ’ volse difendere quelli della congiura. Allora comincia anche * addolcire li cuori degli auditori, e tu dei immantinente a poco a poco entrar a toccare ^ tua intenzione, e mostrare che tutto quello che piace agli auditori piace a te, e ciò che loro dispiace

1) Aggiunto che sia amala, ed in luogo della cosa eh’ è laida, aoifiinerai uìi nomo buono, o una cosa, col ms. Vis. e col T: qui soit aimèc, et en leu de la chose qui est laide, nomeras uti home bon, ou une chose.

2) Mutato acciò ìq a ciò, col ms. Vis. « col t: a ce qui li doit plaire.

3) Corretto il iu e^li (elli) coi mss. Fiorentini.

4) Posto il punto prima di allora, col ms. Vis, e col T, e corretto egli, che è pure nel ms. Vis. in anche, col t, anques.

5) Corretto acconciare, che è pure nel ms. Vis. in entrar a toccare, coi mss. Giamfilippi e Berg. e col t: entrer pò U pò à touchier.

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non ti sia a grado’. E quando avérai apaciato ’ coloro a cui tu parli, tu dirai che di quella bisogna a te non appartiene: ciò è a dire, che tu non facesti lo male, che un altro gli ^ fece.

Sì come disse la prima amica di Paris nelle lettere cli’ella gli mandò poi ch’ella lo perde per l’amore di Elena: Io non dimando (diss’ ella) tuo argento, ne tue gioie per ornare mio corpo ^ E questo vale tanto a dire, come s’ella dicesse: Tutto quello chiese Elena.

Appresso, dèi tu negare che tu non dici di lui quello ^ medesimo, che tu ne dici; secondo ciò che Tullio disse contra Verre: Io non dico, che tu furasti lo casiello di tuo compagno, né rubasti case, ne ville. E questo vale tanto a dire, come se dicesse: Tutto questo hai tu fatto. Ma tu dèi molto guardare che tu non dichi ne l’un, ne l’altro, in tal maniera, che sia discovertamente contra

1) Aggiunto e ciò che loro dispiace, non ti sia a grado, col ms. Vis. e col T: et ce qui lor desplaist, ne te soit pas a gre.

2) Mutato ancora appagato, che è pure nel ms. Vis. in apaciato, col t: apaisiè.

3) Corretto lo in gli, coi mss. Fiorentini, e col t: il Jist.

4) Il T: por loier de mon corps.

5) Aggiunto ipiello coi mss. L. 45 M. 46 47.

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la volontà (lefj-li auditori, o contra quelli eh’ elli ’ amano, anzi siasi sì ’ covertaraente ch’ellino stessi non si addiano %. e che tu dilunghi i loro cuori da ciò cirelli hanno proposto, e cornraovili a tuo desiderio. E quando la cosa sarà a ciò venuta, tu dói ricordare uno esempio simile, o * proverbio, o ^ sentenza, o autorità de’ savi, e mostrare che tua bisogna sia simile a coloro; sì come disse Cato a quelli della congiura: Mo dico (diss’egli) che anticamente Manlius Torquatus dannò suo figliolo alla morte, perchè egli aveva combattuto contro ’1 suo comandamento, sendo lui ’mpeiator dell’ esercito. Così sono da far condan 1) Corretto che lo in eh’ elli, col ms. Vis. e col t: contre cels que il aiment.

2) Corretto iscovertamente, in sì coverlamente, col ms. Anibr. e col t: soit si convertement. Nel ms. Vis. è lacuna

3) Corretto adirino, in addiano, coi mss. Rice. Pai. L. 23 e 19. (( tre M. accorgano, L. 46, avvengano.) Qoncovdano anche nella correzione precedente.

4) Corretto a in o, nel ms. Vis. e col t: o prouerbe. .’) Ommesso a dopo o, col ms. Vis. e col t: ou sentence.

6) Qui segue il t. le di, fist il que anciennement Mallins Torquatus dampna son fri à mort, porce qu’ il s’ estoit combattus contre le commandement de V empire, autressi doivent estre dampnè cil conjures. Empiuta la lacuna col ms. Giamfilippi, che è conforme ai mss. Berg. e Mag. 36. II ms. Vis. varia alquanto.

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nare questi traditori ’, che voleano distruggere Roma, però che hanno fatto peggio di colui.

Capitolo XXVII.

Come l’ uomo dee cominciare suo prologo quando gli auditori credono al suo avversario.

Quando colui a cui tu parli crede ciò che tuo avversario, o un altro ^ gli ha fatto veduto ^, allora dèi tu al cominciaraento di tuo conto promettere, che tu voli dire \ e dirai quello medesimo nel che tuo avversario si fida più ^, e medesimamente di ciò che gli auditori hanno creduto: tu cominci tuo conto a una delle ragioni di tuo avversario: o a quello eh’ egli dice nella

1) Aggiunto che coi mss. Fiorentini.

2) Aggiunto mi altro, col ms. Vis. e col t: oìì autres hons.

3) Il L. 8. 46, e M. 48 gli ha fatto intendere.

4) Oramesso il punto, e continuato il periodo, secondo il contesto, il ms. Vis. ed il t.

5) La stampa nel tuo avversario medesimaraente. Corretto e compiuto. Nel che Ino avversario si Jìda fin, e medesimameule, col ms, Vis. e Rice. L. 23, 46, M. 3.^, 47, e col t: en quoi li aversaires se Jìe le plus, et raeismement.

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line del suo conto: o tu di’, clic tu sci timoroso

come tu dói cominciare, nò a clic, n^ come tu deljba rispondere, nò a chi’, fare sembiante come ’ d’ una maraviglia; però che quando gli auditori veggiono che tu sei fermamente apparecchiato di contraddire, là ove tuo avversario pensava averti turbato ’\ certo * olii penseranno d’avere follemente creduto, e che il diritto sia verso te.

1) Ommesso né anche, ed aggiunto: né a che, né come tu debba rispondere, né a chi. Cosi i mss. Fior. Il r: ne a quoi, et comment tu dois respondre, ne a quoi. Il ms. Vis. è conforme alle stampe.

2) Aggiunto come col ms. Vis. e col t: contine d’une merveille.

3) Mutato avere che è pure nel ms. Vis. in averli, col t: le cuidoil avoir troblè.

4) Aggiunto certo, che manca pure al ms. Vis. col t: certes il cuidera.

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Capitolo XXVIII.

Come l’uomo dee cominciare suo prologo quando gli auditori sono in travaglio ’.

E se sii auditori sono in bisogno ^, o travagliati da molti altri parlatori innanzi ^ allora dèi tu promettere * di non dire se non poco, e che tuo conto sarà più breve che tu non avevi pensato, e che tu non voli seguire la maniera ^ degli altri che parlano lungamente. E alcuna fiata dèi tu cominciare come * una novella cosa, o ’

1) 11 t: est traveillies, ou embesoigniez, Bono dimenticò anche poco sopra di tradurre il secondo vocabolo.

2) Qui traduce embesoigiiiez, in bisogno, e non credo fedelmente. Il ms. Vis. è conforme alle stampe.

3) Ag-giunto molti, ed appresso innanzi, col ms. Vis. e col T: de mains autres parleors devant.

4) Ommesso innanzi, che è pure nel ms. Vis. Doveva allogarsi innanzi a suo luogo. Non si promette (pros-railto) mai dopo ! Manca nel t.

5) Finalmente una volta l’ amanuense sbagliò anche maniera in materia, dopo di avere sbagliato cento volte materia in maniera. Il ms. Vis. mainiera. 6) Corretto ad, che è pure nel ms. Vis. in come, col t: comme novele chose.

7) Aggiunto 0, col ms. Vis. e col t: ou.

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cIk» li Ibccia ricloro, ma ’ eh’ olla sia appartoiionto " a tuo conto, o a una fabula, o a un esempio ^ o a un’altra parola pensata, o non pensata, clic sia di riso e di sollazzo. Ma se la cosa è per corruccio *, allora sarà buono cominciare con ’^ una dolorosa novella, o con ’^ altre orribili parole; chò sì come lo stomaco carico di vivanda sì si scarica per una cosa amara, o contraria ’ per una dolce; così il cuore travagliato per troppo udire, si rinnovella, o per maraviglia, o per riso.

1) Corretto si in ì/ia, col ms. Vis. e eoi t: mais ijue eie soit.

2) Corretto apertamente, che è pure nel ms. Vis. in apparleueìile, col ms. Arabr. M. 47 e 48 e C’^1 t: apartenans.

3) a un esempio. È nel ms. Vis. manca al t.

4) Corretto è per, in la cosa è per corrticcio, col ms. Vis. e col t: mais se la chose est de corroiiz.

5) Aggiunto con, col t: commencier à une dolorouse novele. Il ms.Vi«. a una dolorosa novella. Così anche i mss. Fior.

6| Aggiunto con, che manca pure al ms. Vis. col t: ou à autre orrible parole.

7) Il t: assouagiez par une douce, che vuol dire ?«soavisce con una dolce. Bono voltò contraria, perchè pensava al vieto aforisma: contraria contrariis curantur. Cicerone, qui tradotto da Brunetto, scrisse: satietas et fastidium, aut subamara aliqua re relevatur, aut dulci mitigatur. Il ms. Vis. concorda con Bono. Il ms. Magi. 47 a suo aggio: Magi. 48, alleggialo Laur. 46 alleggerito.

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Qui tace il conto a parlare di prologhi, clic

sono per copertura, o senza copertura, però che partitamente n’ ha detto tutta la dottrina dell’imo e dell’ altro per sé. Ora vole mostrare il comune insegnamento di ciascun insieme.

Capitolo XXIX.

Dell’ insegnamento di tutti i prologhi insieme.

In tutti i prologhi di ’ qualunque maniera sieno, dèi tu mettere, secondo che disse Tullio, assai di buoni motti, e di buone sentenze. E per tutto debbono ^ esser forniti d’avvenevolezza, però che sopra tutte cose ti convien dire cose che ti mettano in grazia degli auditori; ma egli dee avere poca di doratura, e di giuoco, e di consonanza, però che di tali cose nasce spesse volte una sospezione, come di cose pensate per grande maestria; in tal maniera, che gli auditori si dottino di te, e non credano le tue parole. Certo chi bene considera la materia del prologo, il tro ll Corretto in, in di, coi mss. Fiorentini. 2) Corretto dèi lu, che è pure nel ms. Vis. in debbono, col T: doivent.

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08

voi":i, cIh! non (’. mIIio cIk; por ’ a))parncc))inrr’ li cuori ili coloro che debbono udire, cui udii-o ’ diligentenientfì tuo detto, e crederlo; e rli’’lli facciano ^ alla fine quel che tu loro * l’ai intendere.

E però io dico, clie dee esser fornito di motti intendevoli, e di sentenze ’% ciò ò a dire d’inse«j;namento di savi, o di proverbi, o di buoni esempi, ma non vogliono esser troppi, ch’egli non vole esser dorato di lusinghe, nò di motti coverli, sì che non paia cosa pensata maliziosamente V^ non di troppe parole di gioco, nò di vanità, anzi ferme, e di buon sapore.

E guarda, che non abbia consonanza, ciò è a dire più motti insieme l’ un dopo V altro che finiscano, o comincino tutti in una medesima lettera sillaba, però che quella è laida maniera di contare.

1) Ag-giunto per, col ms. Vis. e col t: por autre chose que por apereillier.

2) Corretto dirsi, in udire, col ms. Vis. e coi mss. Fior, e col t: à oir.

3) Mutato egli faccia in cUi facciano, colla grammatica, essendosi prima voltato celui in coloro. Il ms. Vis. qui ha lacuna.

4) Corretto li in loro, colla grammatica.

5) Corretto d’ inlenzioni, che è pure nel ms. Vis. in di sentenze col ms. Berg. e Magi. 47, 48 e col t: de sentences

6) Il T: pensée J’elonessement et par malice.

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99

Capitolo XXX.

Di sette ^ vizii di prologhi, e primo del generale.

Appresso la virtù del prologo, è convenevole cosa da dire de’ suoi vizii, che son sette, secondo clie disse Tallio; cioè generale, comune, mutabile, lungo, strano, diverso, e senza insegnamento.

Generale è quello, che l’ uomo puote mettere in molti conti ’ avvenevolmente ^.

Comune è quello, che l’avversario può altresì ben dire ■* come tu.

Mutabile è quello, che tuo avversario per poca mutazione può adoperare.

Lungo è quello, là ove è troppo di parole, e di sentenze, oltra a quello ch’è convenevole.

Strano è quello, che in nulla maniera."’ appartiene a tua materia.

1) Sette, manca al t. È nel ms. Vis.

2) Aggiunto conti col ms. Vis. e col t: mains conte.

3) Corretto convenevolmente in avvenevolmente, coi mss. Fior, e col t: avenahlement.

4) Il T: liien melre.

ó) Il T: nule maniere dov, monde.

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iOO

Diverso ò quello, che fa altra cosa, cìnt tua materia richiede; cioò che là ove tu tlAi acquistare grazia, tu no ’1 fai, anzi doni talento d’udire, o di sapere, o ’ quando * tu tU’i parlare per covertui-a usi ^ parole tutto discoverte.

Senza insegnamento è quello, che non fa niente di quello che ’1 maestro insegna, né acquista grazia, nò non dà talento d’ udire, né di sapere, anzi fa il contrario, che vale peggio.

Da tutti questi sette * ci conviene guardare fermninonte ^ e seguire lo insegnamento, in tal maniera che né la ^ salute, né alcuna parte di prologo sia da biasimare, anzi sia graziosa, e di buona maniera.

1) Aggiunto 0, col t: ou.

2) Corretto tjuanto in quando, coi ms.s. Berg. e Fior, e col T: quant.

3) Aggiunto ìisi, col x: hi paroles. Il ms. Vis. varia.

4) Sett;, manca al t. È nel ms. Vis.

5) I mss. hanno fermamenle, e fieramente Così anche il T,,

6) Aggiunto né la, col t: qde nus saluz. Il ms. Vis. nulla salute.

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Capitolo XXXI.

D’ un antico esemplo di grande autorità, lo quale fu dotto per più savi ’.

Ora avete udito l’ insegnamento che appartiene al prologo, e come il parlatore dee cominciare suo conto, secondo la diversità delle materie

  • che addivegnono ognora ^ ne’ bisogni del

secolo. Ma per ciò che ’1 maestro vuol mostrare più apertamente quello che disse ^; dirà egli un vecchio esempio di grande autorità, lo quale fu detto per più savi. Vero fu, che quando Catellina fé la congiura in Roma, secondo che le istorie divisano, Tullio, che fé questa arte della retorica, e che era consolo a Roma ^, per suo gran senno

1) Il T: Ci met exemple por mieuLv demosirer ce qui est devant. Il ms. Vis. varia, come spesso, nei titoli.

2j Corretto ancora col ms. Vis. e non sarà l’ultima volta, maniere in materie, col t: matières.

3) Ag’g-iunto ognora, che manca pure al ms. Vis. col t: tozjors.

4) Corretto dice, che è pure nel ms. Vis. in disse, col t: a dit.

5) Aggiunto era consolo a Roma, col ms. Vis. e col t: estoit adonqux consiile de Home.

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trovo ’ la confj^iuriì, o proso più di quelli (lolla

congiura de’ maggiori uomini di Roma, e di più possenti, e miseli in carcero, e la congiurazione fu scoperta, e saputa certamont’’. Tullio fò ragunare li senatori e ’1 consiglio di Roma, per consigliare che si dovesse iliro do’ prigioni.

Salustio dice, che Decio Sillano, cioò un nobile senatore, ch’era eletto ad essere consolo l’anno dopo, disse prima sua sentenza, che’ prigioni doveano esser giudicati a morte, e gli altri che si prendessero simigliantemente. E quand’egli ebbe così ’ compiuto suo conto, e che tutti gli altri s’accordavano quasi a sua sentenza, Giulio Cesare, che volea difendere li prigioni per covertura, raaestrevolmouto in ^ questa maniera disse.

1) Il T: enquist et trova.

’2) Mutato quasi, che manca al ms. Vis. in cos), col contesto.

3) Mutato SK in in, col ms. Vis. e col t: en ceste maniere.

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Capitolo XXXII.

Come parlò Giulio Cesare.

Signori padri conscritti. tutti quelli che voglion consigliare dirittamente \ e dare buon consiglio delle cose dottose, non debbono guardare ira, ne odio, né amore, ne pietà, perchè queste quattro cose posson far partire l’ uomo dalla via della dirittura, e partire dal dritto giudizio. Senno non vale là^ ove l’uomo vuol seguire in tutto suo volere. Io potrei nominare assai principi, che diritta via lasciarono ’ senza ragione, però ^ che ira, o pietà gli ha presi senza ragione. Ma io voglio meglio parlare di ciò che i savi uomini anziani ^ hanno fatto di questa città alcuna volta, quando lasciavano la volontà di loro

1) Consigliare dirittamente, manca al ms. Vis. ed al t.

2) Corretto lasciano, che è pure nel ms. Vis. in lasciarono (forse lasciaro) col t: laissierent.

3) Ommesso e prima di però (forse emperù) perchè intralcia, e manca nel ms. Vis. nei Fior, e nel t.

4) Anziani manca al t. È.nel ms. Vis.

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cuori, «! toneano quello elio il h\\(,n online insel^’-na,

flio torna a ’ coniun profiKo,

Lì città di Rodes ora contra noi in battaLrlia che noi avevamo contra Perseo lo re di Macedonia: e quando la batln.^lia fu finita, il sonato e li consoli * g-iudicò, che quelli di Rodes non fossero distrutti, acciò elio nullo dicosse, che cupiditcà di loro ricchezze li dislrugì^esse ^ più, che la cagione di loro fallimento.

Quelli di Cartagine ci fallirò nel tempo della iiuerra tra noi e quelli d’ Africa, e ruppero tregua e pace; e per tutto ciò nostri maestri non guardarono a quello, eh’ e’ doveano fare di loro \ ch’olii li poteano bene distruggeie, anzi li ritennero dolcemente ^. E però quel medesimo ^ si 1) Corretto trova il in (orna a coi mss. Vis. Magi. 38, 47, 48 Ambi-. Berg. e Gianfilippi e col t: tornoil. Tradusse in tempo presente altresì ensegnoit, nel periodo medesimo.

2) Corretto e ’l consiglio, in e li consoli, col t: et li consule. Un codice solo del Chabaille legge con Bono, contro alla storia, le senat et li conseillier. Il ms. Vis. lo senato o consiglio.

3) Il T: le fisi destruire.

4) Aggiunto ck’e’ doveano fare di loro, coi mss. Fior, e col t: que il dccoient faire de els. La lacuna è anche nel ms. Vis. Laur. 23, Magi. 82.

5) Il T: les retint doucors et benairetès.

6) Mutato e quel perù medesimo in e fero quel medesimo, col mss. Berg-.

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pnori padri, dovemo noi provvedere, che la fellonia

e ’1 fallo di coloro che son presi, non sormonti nostra dignità, e nostra dolcezza. E più dovemo noi guardar nostra fama, eh’ a nostro cruccio. Quelli che hanno dinanzi a me sentenziato, hanno bellamente mostrato ciò che può di male addivenire per loro congiura: crudeltà di battaglia ’, prendere pulzelle ’ a forza, togliere i garzoni di collo ai padri e alle madri sue, far forza e onta a donne, dispogliar templi, e magioni ardere, empire la città di carogne ^ e di sangue, e di pianto. Di questo non ci convien più parlare; però che più può muovere il cruccio di cotal fatto il cuore, che ’1 ricordo dell’ opere. Nullo non è, a cui non pesi suo dannaggio. E tali sono che portanlo * più grave eh’ egli non è mestieri ^; ma egli si fa ad uno quello che non si fa ad un altro. Che s’ io son un basso uomo.

1) Ommesso e, che manca al ms. Vis. ed al t, e continuato il periodo conforme al ms. Ambr. ed al t.

2) Mutato puelle, in pulzelle, coi mss. Fior.

3) Ommesso e corpi, che manca al ms. Vis. ed al t. ed è superfluo.

4) Mutato portano in portanlo, e poi gravi in grave, col ms. Vis. e col t: qui le portent plus grief.

5) Aggiunto mestieri, con un ms. della Capitolare di Verona coi mss. Fiorentini e Vi.s. e col t: que tnesiiers il’ est.

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io Mìisfaccio in alcuna cosa per mio cruccio,

pochi io sapranno. Ma molli ’ sanno se un grande uomo misfà o in giustizia, o in altra cosa. Che se ’1 hasso uomo misfà, gli è imputato ad ira; ma quello del grande uomo, è imputato ad orgoglio. E però dovemo noi guardare nostra fama. E dico bene in diritto di me, che ’1 forfatto di quelli della congiura sormonta tutte pene; ma quando l’uomo vuole tormentare alcun uomo, se ’1 tormento ò aspro., tali ci sono che sanno ben pensare ^ e biasimare lo tormento; ma del fallo non fanno parola. Io credo che Decio *, ciò ch’egli ha detto, sì ha detto ^ per ben del comune, ch’egli non guarda ad amore, nò a odio, tanto io ’’’ conosco il suo temperamento, né sua sentenza * non mi pare crudele, che uomo non potrebbe nulla crudeltà fare contra tal gente. Ma tuttavia dico io, che sua sentenza non ò convenevole a

1) Il t: tìiit.

2) La stampa aperto, il t: apers, Sallustio severior. Forse il t diceva aspers. Corretto aspro.

3) Ben pensare, manca al ms. Vis. ai Fior, ed al t:

4) Il T: Sillamis Decio Sillano.

5) Aggiunto si ha detto, che manca pure al ms. Vis. e mss. Fior, co! t: ce que Sillantis a dit, il l’ a dit.

6) Corretto e tutto, che è pure coi ms. Vis. col Mag. 48 in ta7ito io, col T: tant je connais.

7) Il t: sa sentence, ne s’ atemprance.

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nostro comune. E tutto sia che Sillano è forte

uomo e nobile eletto consolo, egli ha giudicato a morte \ per paura di male che addivenire ne potrebbe, chi gli lasciasse vivere ^ ? Paura non ha qui punto di loco ^, che Cicerone nostro console è sì * discreto, e fornito d’ arme e di cavalieri, che noi non abbiamo temere nulla. Della pena dirò io. sì come è. Se uomo gli uccide ^ morte non è già tormento, anzi è fine e riposo di pianto e cattività ^ La morte consuma tutte pene terrene; di poi la morte non cura ne gioia ’. Però non disse ^ Sill-,no, se vuoli ^ che l’uomo li bat 1).-1 morte, che è pure nel ms. Vis. manca al t, che lo sotto intende.

2) Ag’g’iunto il punto d’ interrogazione col t.

3i Corretto loro in loco, col ms. Magi. 47 e 48, e t.

4) Agg’iunto sì col ms. Vis. e col t: est si dicrez, et si garniz.

5) Corretto si come ’l succede in s\ eome è. Se nomo gli uccidCf coi mss. Fior, e col t: se V on 1er eceist. Il ms. Vi?, varia.

6) Corretto attività in cattività, col ms. Berg. e Vis. e col T: choitivete. Di pianto, che è pure nel ms. Vis. manca al t: ma un Codice del Chabaille legge: pìor et de chaitivetè.

7) La stampa, ed il ms. Vis. non curare gioja. 11 t: n’ est oevre ne joie, colla variante né cura, né gioia.

8) Aggiunto non, col ms. Vis. e col t: ne dit.

9) Corretto role, che è pure nel ms. Vis. in voli, col t: se tu veuls.

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10^

tesse tormentasse avanti, se alruna loppe vieta dio alcuno uomo non frusti uomo giudicato a morto; alcuna logge dice, che uomo non uccida cittadini dannati, anzi no vede l’ uomo tuttodì scampare ’.

Signori padri conscritti, guardate quello che fate, chò V uomo sovente ^ fa tal cosa per Leno, di che addiviene gran male. Poi che li Lacedemoni ^ ebbero preso Atene, elli ordinarono trenta uomini, ch’erano mastri del comune, e quelli al cominciamento uccideano li pessimi e disleali uomini, senza giudicamento, e di ciò era tutto il popolo allegro, e diceano che buon e santo ufficio eia questo *. Poi crebbe il costume e la licenza ^, a la picciola, sì che poi uccideano buoni e malvagi a loro volontà, tanto che gli altri n’erano ispaventati, e fu la città in tal servaggio che ben s’ accorgeano, che lor gioie gli tornavano in pianto, L. Siila fu molto lodato di ciò che giudicò, e uccise Daraasippo e altri, li quali erano

1) Il t: ainz le envoie on en essil à touz jars.

2) Aggiunto sovente col ms. Vis. e col t: sovent.

3) Corretto Macedoni, che è pure nel ms. Vis. in Lacedemoni, col t: Lacedemonieìis.

4) Il T: disait que bien /’aisoient.

5) Il T ha di più petit à petit. Il ms. Vis. alla picciola, cbc vi aiitì-iunsi.

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1 Oi)

stati contra ’1 comune di Roma; ma quella cosa fu cominciamento di gran male, che poi sì come ciascun conoscea ’, voleano le abitazioni della città, la villa % li vaselli e la roba d’altrui, e egli si sforzava di dannar colui, le cui cose egli volea avere, e erano molti buoni dannati a torto, più per cagione di lor avere, che di lor fallo ^. E così fattamente ^ della morte di Damasippo, chi furono lieti, ne furono poi crucciosi ^ che Siila non finì in questa maniera d’uccidere, fin a tanto che’ suoi cavalieri non furono tutti pieni d’avere e di ricchezze ^ Ma non per tanto di tali cose non ho io dottanza in questo tempo, e specialmente che Tullio è consolo. Ma in sì gran città, ha ’ molti diversi e pieni d’ ingegno ^; al tempo di altro consolo ^ altri potrebbe metter al 1) Ut: si comme chascims convoitoit.

2) Ag-g-iunto la villa, col ms. Capitolare veronese, e col t: la vile. II ms. Vis, la magione, la citiate, li vassalli.

3) 11 T: estoient maint autre home dampnè à tori por lor avoir.

4) Corretto fecero niente in fattamente col Mag-1. 48.

5) Ommesso sì prima di che Siila, coi mss. Fior. q) 11 t: plain d’avoir.

7) Corretto a in ha, col t,: a.

8) Corretto ingegni in ingegno, col ms. Vis, e col t: engin g.

9) Ag-giunto al tempo di altro consolo, col t: ati tens d’un autre consnle. 11 uis. Vis. varia.

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Ivo consig-lio. E se il consolo ’ ucciderebbe allora*

per (lorreto ^ del senato uomo incolpato * a torto, certo mal ne potrebbe avvenire. Quelli che furono dinanzi a noi, ebbero senno e ardimento; né orgoglio non tolse loro, eh’ elli prendessero buoni esempi di ragione agli ^ strani, e * quando elli trovavano ne’ loro nemici alcuna taccia, elli sapeano ben mettere in opera ne’ loro alberghi, e meglio amavano seguire il bene eh’ averne invidia \ Elli frustavano li cittadini eh’ aveano misfatto, al modo di Grecia: quando li mali cominciaro a montare, allora furono le leggi date, che li dannati andassero in esilio ^ Dunque prende 1) Corretto consiglio, che è pure nel ms. Vis. in consolo, col t: li consules.

2) Aggiunto allora, col t: lors.

3) Corretto per lo dello in per decreto, col ms. Vis. e col T: por le decreil.

4) Corretto in colpa, in incolpato, col ms. Vis. e col t: encolpc.

5) Corretto ragioni de’ s Ir ani in ragione agli strani, coi mss. del Capitolo di Verona e Vis., e col t: de raison as estranges.

6) Aggiunto e, che manca pure al ms. Vis. col t.

7) Corretto noia in invidia, col ms. Vis. e col t: envie.

8) Corretto cattività, che è pure nel ms. Vis. in esilio, col T: €71 essil.

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111
Ili

remo consiglio novello ’ ? Così fecero i nostri antichi: e maggior virtù, e più sapienza ò in loro che in noi ". Elli erano pochi, e si conquistare con poca ricchezza quello che noi appena potiamo tenere e guardare. Dunque che faremo noi ? Lascieremo noi questi prigioni andare per accrescer l’oste di Catellina? Dico di no; anzi è mia sentenza, che lor avere sia pubblicato al comune e riposto ^, e li loro corpi siano messi in diverso prigioni fuori di Roma, in forti castelli ben guardati ^; che nessuno parli per loro al senato, né al popolo; e chi fa contro a questo, sì sia messo in prigione come un di loro.

1) Agg-iunto il punto d’ interrogazione col t.

2) La stampa, ed il ms. Vis. in noi, che in loro.

3) Ut: soit publiez, et mis en l’osi.

4) La stampa iìi forti castelli fuori di Roma, in diverse prigioni ben guardate. Uniformata la lezione al ms. Vis. ed al T: en diverses frisons fors de Rome, et en forteresces bien garnies.

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Capitolo XXXUI.

Come parlò Cesare secondo questa arte ’.

Per questa sentenza poterne noi vedere, che il primo parlatore, cioò Decio Sillano, passò brevemente " senza prologo, e senza rovertura nulla, però che sua materia era di ^ onesta cosa, cioò a giudicare a morto li traditori del comune di Roma; ma Giulio Cesare che pensò altra cosa, si tornò alla covertura ed a ■" motti d’ oratori, però che sua materia era contraria; eh’ egli sapea bene che i cuori degli auditori erano commossi contra sua intenzione, e però gli con venia acquistare lor grazia: e dall’altra parte era sua sentenza dottosa, per più sentenze e coverture ^ eh’ egli volea

1) Corretto parla in parlò, col x: parla. Il nis. Vis. disse.

1 ) Il T: hrienent à pò de paroles.

3) Corretto ad in di, col ms. Vis. e col t: de ìioneste chose.

4) Corretto con in ed a, col t: et as moz dorez. Il testo italiano di Brunetto (V. Illustrazione a questo capitolo) disse: e motti d’oratori. Il ms. Vis. motti dorati.

5) Mutato coverte, in coverture, coi mss. Ambr., Vis. e Gianfilippi.

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consigliare. E sopra ciò gli conveniva dare talento

agli auditori d’ udire, e di sapere quello eh’ egli volea dire. Ma però che doratura di parole è sospettosa cosa, non volle egli a cominciamento iscoprirsi di benevolenza acquistare; anzi toccò la somma di sua intenza, per dar agli auditori talento di udire e intendere suo detto, là ove disse delle quattro cose che il buon consigliatore si dee guardare. E non per tanto suo prologo non fu senza benevolenza, là ov’ egli chiamò, signori padri conscritti; e là ov’ egli innalza sua materia, e la conferma per belle parole, e belle ragioni \ e per esempi di vecchie storie che sì bellamente ’ ricordò. E così in luogo della cosa che dispiacea, nominò cose che dovessero piacere, per ritrar li cuori degli auditori da quello ch’era laido, a quello che ^ fosse onesto e ragionevole. E in questa maniera passò a dire il fatto, nel qual volea fondare il suo conto, cioè del consiglio che dovea esser sopra ’1 misfatto di coloro della congiura; e fé vista di non voler difendere loro male, ma di guardare la dignità e i’ onore del senato.

1) Aggiunto belle ragioni, e, col t: heles raison, et.

2) Aggiunto sì bellamente, col t: tot bêlement. Manca al ms. Vis.

3) Mutato y^, che è pure nel ms. Vis. in fosse, col t: fusi.

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1 11

Alloca corniiiciò la terza parto di suo conto, cioò divisatnento, u divisò il divisaaiento, e divisò li detti degli altri e la crudeltà del misfatto ’ per parte, e mise quelle parti che più Taiutavaiio contro a coloro che aveano parlato, e accostolle ’ a’ cuori degli auditori tanto quanto egli potè più.

E quando egli ebbe così contato il fatto ^ cominciò la quarta parie del conto *, cioè confermamento, là ove disse che doveano guardare loro fama, e mostrava di lodar la sentenza degli altri, ma molto la biasimava; e sopra ciò confermò suo detto per molte ragioni che davano fede a suo consiglio, e toglievanla alla sentenza degli altri.

E poi eh’ egli ebbe fermato suo conto per buoni argomenti, egli se n’andò alla quinta parte, cioè al disfermamento, per infralire e distruggere li detti di coloro che aveano parlato innanzi da lui, là ove disse: Guardate che voi fate; e immantinente ricordò piti esempi, e più sentenze, e autorità di savi, eh’ erano simili a sua materia; e poi quando viene verso la fine, egli conferma

1) La stampa, ed il ms. Vis. e la crudeltà degli altri sopra fatti. Conformato al t: le lUz des avtres, et la cruanlè dou forfait.

2) Il t: les aficha es cuers.

3) Ag-g-iunto il fatto col ms. Vis., e col t: le fait.

4) Ag-g-iunto del conto, col ms. Vis., e col t: dou conte.

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suo detto con migliori argomenti, e per le più

forti ragioni eli’ egli può.

E viene alla sesta parte, cioè alla conclusione, e dico sua ’ sentenza, e mette fine al suo conto.

E poi che Cesare ebbe così parlato, l’uno dicea uno, e l’altro dicea un altro, tanto che Cato si levò, e disse.

Capitolo XXXIV. Come fa il giudi oamento di Cato.

Signori padri conscritti, quando riguardo la congiura e lo pericolo, e penso in me medesimo la sentenza di coloro che hanno parlato, io penso altra cosa che Cesare non ha detto, né alcuno degli altri. Egli hanno parlato solamente della pena di coloro della congiura, che hanno apparecchiata battaglia a loro paesi ^, ed a’ loro parenti, ed a’ loro templi e magioni distruggere; ma maggior mestieri è, che l’ uomo si consigli come si possa guardare da loro e dal pericolo.

1) Aggiunto Sita, col ms. Vis. e col t: dit sa sentence,

2) Corretto in loro paesi che è pure nel ms.. Vis. in a loro paese, col t: à lor pais.

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elio prondoro consiglio come siano dannati a morto ’. So r uomo non si provede che questo pericolo ^ non vegna sopra, niente vale Tiro ^ a consiglio, (juando sarà venuto. Se la città è presa a forza, li vinti non hanno punto d’ intendimento; tutta fia umiliata. Ora parlerò a voi che avete intendimento, avete magioni, e ville, ed insegne, e tavole d’oro e d’argento \ e più che al prò’ del comune, se voi queste cose che voi tanto amate volete guardare, e ritenere, e mantenere vostri diletti per ordine e riposo, isvegliatevi, e pensate di guardare il comune, e liberare. Se ’1 comune pericola, come iscamperete voi ? Questa bisogna non è di gabelle, né di passaggi, nò d’ aquistare la grazia de’ compagni ^; ma di guar 1) Ut: liorè a peine, et clampìiè.

2) Aggiunto questo pericolo, col ms. Vis., e colx: que cist perilz n’avieigne.

3) Corretto l’uomo, che è pure uel ms. Vis. in l’ire, col t: por neant iroit on à conseil.

4) Aggiunto, ed’ argento, che manca pure al ms. Vis. col T, et d’argent.

5) La stampa mutila e guasta ne di tuo luogo, né di suo ’paraggio. Empita la lacuna, e corretta col ms. del Capitolo di Verona, conforme al testo latino, ed al t: n’ est pas da trechìi, ne de paage, ne de querele de cornpaignons.

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dare ’ nosira franchezza, e di difendere nostri corpi \

che sono in pericolo.

Signori, io aggio molto parlato, e compianto ^ dinanzi a voi della avarizia, e lussuria, e cupidità dei nostri cittadini. Io aggio la malevoglienza d’alcutio, però ch’io non perdono volentieri altrui lo misfatto, di che io non sento nulla taccia in me. E di nullo forfatto perdonare io non dimando altrui grazia. Se di ciò non vi cale \ e vostre ricchezze facciano ^ a voi molte cose mettere in non calere; tuttavia starebbe ® il comune in diritto stato, e fermo. Oramai in diritto non parliamo noi di nostro ben vivere, ne di nostro mal vivere", ne della signoria de’ Romani accrescere, od innalzare, anzi ci (Conviene pensare se quello che noi avemo, ci può

1) Aggiunto guardare, col ms. suddetto, e col t: nostre franchise difendre.

2) Aggiunto difendere, col ms. suddetto. Il ms. Vis. è meno scorretto della stampa, ma non integro, in questo periodo.

3) Corretto con pianto in compianto nel ms. Vis. e col T: plaintes.

4) Aggiunto se di ciò non vi cale, col ms. Vis. e col t; se il ne vos chaloit de ce.

5| Mutato/acé«, in faccia, co\ ms. Vis. e col r: faisoit.

6J Mutato stava, in starebbe, col ms. Vis. e col t: estoit.

7) iVc’ di nostro mal vivere, manca al t, ma è nel ms. Vis. In due codici del Chabaille è: ne de nostre mal vivre.

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rimanere, ed essore nostro, o se sarà de’ nostri

inimici ’. Olii non dee nullo parlare di buonarilà, e di misericordia, oliò noi avemo assai perduto il diritto nome di pietà, e di mercè: che donare lo ^ altrui bene, ciò ò nostra bonari tà; ed esser cessati da mal ^ fare, ciò è nostra virtù, e però va nostro comune sì come al dichino. Or potete dunque essere di buon aere, e metter lo popolo a ventura. Or potete esser pietosi in coloro che non ci pensavano nulla a lasciare *, e pensavano 1 comun tesoro rubare. Doniauìo loro il nostro sangue, si che tutti li prodi uomini vadano a perdizione; e sì come voi vedete, pochi de’ malfattori distruggano turba di buona gente.

Cesare parlò bello, ed assettatamente^ udenti noi ^ della vita e della morte, quando disse, ap 1) Corretto vicini in inimici, col ras. Vis. e col t: ennemis.

2) Corretto ad altrui, ed il ms. Vis. alimi, in lo altrui col testo latino aliena Iona, il t: douer autrui bien.

3) Corretto ben in mal col ms. Vis. e col t: mal faire.

4) Corretto non ci lasciavano nulla a guastare in non ci pensavano nulla a lasciare, coi mss. Ambr. e Vis. e al t: qui ne vos cuident riens laissier.

5) Udenti noi, che è pure nel ms. Vis. manca al t, ma due codici del Chabaille, diversi dai due poco sopra citati, hanno oiant nos.

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presso la morte non cura nò gioia ’. Ma quand’

egli parlò così, credo eli’ egli pensava falso, di quegli si trovan air inferno, dove li malvagi sono divisi dai buoni, ed entrano in neri luoghi orribili e putenti e spaventevoli. Appresso, giudicò il loro avere fosse pubblicato al comune, ed elli fossero guardati in diverse prigioni fuori di Roma in diverse castella e forti; perchè si dubitava che se l’uomo li guardava in Roma, che quelli della congiura. od altra gente pregiata, li caveranno a forza di prigione. Non ha dunque mala gente se non è in questa città ^? per tutte parti si può trovare malvagi uomini. Da niente si ^ dotta Cesare, s’egli crede che l’ uomo non si possa guardare dentro in Roma come di fuori. E s’egli solo non ha paura che gli fuggissero delle prigioni, ov’ egli disse eh’ elli siano messi, o * egli non crede il pericolo del comune: io son quello che ho paura di me, e di voi, e degli altri: e però dovete voi sapere, che ciò che voi giudicherete di questi prigioni, dee esser giudicato di tutti quelli della compagnia di Catelli na. Se voi fate

1) Corretto anche col ms. Vis. come il Magi. 24 del cap. XXXII. Le stampe: curare gioia.

2) Aggiunto il punto d’interrogazione col t.

3) Corretto ci in si, coi mss. Arabr. e Vis. e col T: se redoute Cesar.

4) Aggiunto 0, col t: ou, e corretta l’interpunzione.

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di questi aspra g^iustizia. tutti qiiolli rlell’osto di

Catenina no saran spaventati. E se voi ne fate fievolmente ’, voi li vedrete venire crudeli e fieri contra di voi. E non pensate che’ nostri, antecessori accrescessero la sig’noria di Roma ’ solamente per arme. Che s’olii andassero così, dovunque la possanza ne migliorerehbe, che più avemo compagnia di cittadini, e maggiore abbondanza di cavalli e d’arme, ch’olii non aveano. Ma olii ebbero in loro altre cose, perchè olii furono di gran nominanza e di gran pregio, che non ha guari in noi. EUi erano in loro fatti savi ed accorti, e davano ’ diritti comandamenti a quelli di fuori. Li cuori aveano sani * e liberi a dar consiglio, senza suggezione ^ di peccato clT olii credessero, e senza seguire malvagio voluntà. In luogo di ciò può r uomo trovare in noi lussuria, od avarizia, comune povertà, e private ricchezze ^. Noi

1) Il t: foiblement et mo dément.

2) Il T: rfo% comun.

3) Corretto ed aveano in davano, col mss. Anibr. e Vis. e col T: et donoienl.

4) il T-.Jranc, colla variante di cinque codici seant.

5) Corretto suggestione, che è pure nel ms. Vis. in suggezione, col T: Sìijection.

6) Il T ha di più: nos loons les proesces, et nos ensuions les fcresces. Empiuta la lacuna col ms. Vis. noi lodiamo le ricchezze, noi seguiamo la sperditezza.

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lodiamo le ricchezze, noi seguiamo le sperdi tezze.

Noi non facciamo differenza da buoni a malvagi: tutto è ’ tornato a cupidezza. Questo è ^ lodare di virtude; e in ^ questo non è maraviglia, che ciascuno tiene sua via, e suo consiglio per sé medesimo. Voi intendete in vostre magioni a’ * vostri diletti, e intendete a ^ vostra volontà seguire. Fuori vostre magioni cercate d’ ammassare avere, e grazia ® d’altrui acquistare. Da ciò addiviene, che r uomo guerreggia lo comune, e tutti i congiurati lo vogliono distruggere. Ma di queste cose che voi così ^ fate, io non dirò ora piii.

Nobili cittadini fanno insieme congiura, che elli arderanno la città, e recano a loro la gente di Francia per movere battaglia, che niente amano la signoria, e l’ onor di Roma.

Catenina duca de’ nostri nimici, ne vien sopra le teste con tutto suo sforzo. State dunque

1) Aggiunto è, col ms. Vis. e col t: est tome.

2) Mutato è da lodare in è lodare col mss. Ambr. e col T: est li loiers.

3j Corretta l’ interpunzione, ed in questo, in e in questo.

4) Corretto e in «’ col ms. Vis.

5) Agg-iunto intendete a, col t: entendez à.

6) Corretto allegrezza in grazia, col testo latino, coi mss. Ambr. e Vis. e col t: grace.

7) Ag-g-iunto così, che manca pure al ms. Vis. col t: en tele maniere.

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in pensiero ’, elio voi farete di vostri nimici, i

quali ovete presi dentro a queste mura V E tutto cir io giudiclii, che voi ne * abbiate mercè, dite che giovani sono, e por follia e per mala cupidità l’hanno fatta, o lasciateli andar tutti armati: ma per certo io vi prometto ^ che questa pietà e questa dolcezza vi tornerà in pianto, ed in tormento \ ed in amaritudine. La cosa ò aspra ’’, e pericolosa: non avete voi temenza ? E sì ^ avete. Ma la pigrizia, la malvagità, la briga de’ vostri cuori, fii clie l’uno si tiene all’altro. Voi mettete vostra speranza no’ vostri Iddei, e dite ch’olii hanno guardato ’ il comune di diversi pericoli. L’aiuto di Dio non viene a quelli che voglion vivere come femmine; ma in tutto coso sovve 1) 11 t: que demorez vos doue, et doxitez. 2; Corretto non in ne, e continuato il periodo, col t: que vos en aiez merci. Il ms. Vis. è conforme aile stampe.

3) Il T: Je crien.

4) ed in tormento, manca al ms. Vis. ed al t.

5) Corretto della cosa aspra in la cosa è aspra, coi mss. Berg". e Vis. e col t: la chose espre.

6) La stampa, ed il ms. Vis. e sì avete malempiezze la malvagità, le brighe de’ vostri cuori, fate. Rabberciata la lezione col ï:o7/ voie. Mais la peresce et la maiovaisliè et la mollece (il cod. Cap. Ver. la moleste ) de vos cuers fait. E si l’ avete. Ma la pigrizia, la malvagità, la briga de’ vostri cuori, fa.

7) 11 T: g arde et délivré.

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gnono ’ a quelli che vogliano vegghiare in ben

fare, ed in dare buoni consigli. Per niente chiama Dio chi si motte in disperazione, e cade in malvagità ^

Manlio Torquato, uno de’ nostri anziani duca, comandò che fosse ucciso un suo figliuolo, solamente perchè combattea una battaglia in Francia a suoi nemici, contra al suo comandamento. Per tale forfatto morì quel nobil giovane. E voi dimorate a far giustizia di questi crudeli giovani pergiuri % che voleano la città distruggere. Lasciate voi loro per la buona vita ? Non morrà Lentulo per la dignità di suo lignaggio? S’egli amò unque castità, s’egli amò buona nominanza, s’ egli amò unque Iddio, s’ egli sparagnò unque uomo. Non morrà Cetego per pietà di sua gioventù, s’ egli non mosse mai briga ne battaglia in questo paese. Gabino e Statilo e Cepario che sono ^? che ne debbano dire?

1) Corretto ma tutte cose vengono in ma in tutte cose SQvvsgnono, col t: mais à toutes choses aitent. Il ms. Vis. a tutte cose avviene, riferendosi a adjntorie.

2) Aggiunto Per niente chiama Dio, coi mss. Anibr. e Vis. e col T: per neant apele Dieu qui s’alandone à peresce et à mauvaistiè.

3) T: paricides.

4) Aggiunto che sono? col t: qxii sont il? Il ms. Vis. Che debbo dire che sono elli.

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\2A

S’obli avessero ia loro ragione e ’ misura; egli non avrebbero tal consiglio preso al diritto* contra il comune. A voi dico, signori padri, che per Dio non li lasciate scampare; io non li lascerei ^ ben soffressi che voi ne foste castigati per lor oltraggio, quando voi consiglio non volete credere. Ma però io dico, che noi siamo rinchiusi, ed in pericolo da tutte parti.

Catenina con tutta sua oste ci è innanzi agli occhi là di fuori, e pensaci inghiottire. Gli altri sono dentro a questa * città d’ ogni parte. Non poterne nulla consigliare, né apparecchiare, che’ nostri nimici non sappiano. Noi ci doverne avacciare. Però ne darò io cotal sentenza. Vero ò che ’1 comune è in pericolo per lo maledetto consiglio di cittadini iscomunicati ^ e disleali:

1) Mutato né in e, che è pure nel ms. Vis. e col t: et mesure.

2) Al diritto, manca al ms. Vis. ed al t.

3) Il T ed il ms. Vis. varia qne por dieu, se mon cor en deusl eschaper, je vos en laissasse bien convenir.

4) Mutato alla (ms. Vis. della) in a questa, col t: at ceste vile.

5) Corretto is convenevoli, che è pure nel ms. Vis. in iscomunicati, col t: escnmeniei. Brunetto era guelfo. Anche nella Secchia rapita, si oltraggia il nemico, non però pagano, cou simile frase: Maledcti da De’, sconiiinegadi.

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questi hanno rabbia, e son conventati ’ per lo detto

di messaggi di Francia, che voleano la città ardere, ed uccider li migliori uomini, lo paese distruggere, donne e pulcelle vituperare, ed altre crudeltà fare; e però dico io, e do questa sentenza, che r uomo faccia di loro come di traditori, e di micidiali, e di ladroni.

Capitolo XXXV. Come Cato parlò secondo questa arte.

Questa è la. sentenza di Cato; ma ^ per meglio intendere suo detto, e come parlò secondo r ordine ^ di retorica, ne convien guardare dinanzi la maniera di suo detto, e la natura di sua materia. Di che molti dicono eh’ eli’ è dottosa, ed un poco oscura, però che sua materia è da una

1) Ut: sont convainee.

2) Il t: li contens (variante di cinque eodici contes), et la sentence.

3) Aggiunto ma, col ms. Vis. e col t: mais.

4) La stampa delira: secondo quest’ arie. Dell’arte dell’ ordine. Corretto eoi mss. Ambr. Vis. e col t: selonc les règles.

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Ì2(i

pLUtc onesta, o d’altra parte disonesta: che ’ a dire lo prò’ del comune, ed a difendere lo buono stato di Roma, e distruggere li rei, ’ onesta cosa b; giudicare a morte una gran gente di cittadini ’\ ed a dire contra Cesare che avea sì fermamente stabilito suo giudicio e con sì buone regioni *, che appena il potrebbe uomo contraddire, e clie gli auditori erano quasi accordati a suo detto; certo e’ parea crudel cosa e maravigliosa; e però egli era mestiere dorare suo prologo, sì ch’egli acquistasse la grazia degli auditori, o eh’ egli dosso loro talento di sapere quel eh’ egli volea diro, per levarli della sentenza di Cesare, secondo che il maestro divisa qui dietro, là ov’ egli insegna la diversità de’ prologhi.

E però toccò egli nel cominciamento suo brevemente e partitamente ^ ed apertamente lo punto, in che era tutta la forza della bisogna, cioè ’^ quello che gli auditori aveano creduto, quando

1) Ag-giunto e d’altra parte disonesta, e corretto eh’ è in che, col ms. Vis. e col t: ce d’autre part deshoneste.

2) Ommesso en prima di onesta, e corretta l’ interpunzione, col T: il ms. Vis. varia.

3) Il T: une (jent de nohle cltè.

4) Aggiunto e con sì buone ragioni, col ms. Vis. e col t: et par si bones raisons.

5) Partitamente, manca al t, ed al ms. Vis. G) Il T: meismement.

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disse, eh’ egli pensava altra cosa die Cesare non

avea detto, né alcun degli altri, così diede loro talento \ d’ udire e di sapere ^ quello eh’ egli volea dire; e fé sembiante di voler consigliare solamente della guardia del comune, e non della morte de’ congiurati; ed immantinente d’ avere la grazia ^ degli auditori, per appaciare lor cuori \ e per tornare la cosa a onestà, e per accrescere la grazia eh’ egli avea, però che sua materia era onesta, secondo che ’1 buon intenditore potrà sapere, conoscere, s’ egli considera, o sguarda diligentemente l’insegnamento, il quale è addietro.

E però ne tace ora lo maestro, però che ’1 vorrà dire d’altre dottrine buone ed utili.

1) Corretto di talento in diede loro talento, col t: lor dona talent.

2) Mutato di sapere e d’udire, che è pure nel ms. Vis. in di ìi’Ure e di sapere, coli’ ordine logico, e col t: de c’ir et de savoir.

3) Mutato appagare in appaciare, come altre volte, col T: apaisier.

4j Ut: d’ avoir et d’ aqnerre l’amor et la bienvoillance.

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Capitolo XXXVI.

Della seconda parto dol conto, cioè il fatto ’.

Appresso la dottrina del prologo se no viene la seconda parte del conto, cioò il fatto. Di che Tullio disse, che ’1 fatto è, quando il parlatore dice il fatto come ’1 fu, o come non fu, altresì come s’ e’ fosse stato *, ciò è a dire quando egli lascia il prologo, e viene al fatto e dice la propria cosa, di che è la cagione e ^ la materia di suo conto; e questo ò in quattro * maniere. L’una è cittadina, che dice propriamente il fatto e la cosa, di che è il conto ^ e la questione, e divisa le ragioni, perchè quella cosa può essere provata;

1) La stampa Dell’ insegnamento della pi-ima parte del prologo. Il nis. Vis. Come Catone parla sopra qxiesta parte. Corretto col buon senso, e col t: i?e la seconde branche don conte, ce est le fait.

2) Aggiunto altresì come s’è’ fosse stato, col t: autressi comme se eles eussent estèes. Il ms. Vis. varia.

3) Aggiunto la cagione, e, col t: l’achoison, et.

4) Corretto tre in quattro,co\ t: ////.

5) Corretto contenzione, in il conto, col ms. Vis. e col t: li contes.

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e questa maniera appartiene dirittamente a qiiest’

arte ’ però eh’ egli insegna tenzonare l’ un parlatore con r altro, secondo quello che il libro disse qua dietro, nel cominciamento ^

Ma qui si tace lo maestro, e non dirà più, però che dirà largamente ^ qui appresso; anzi vole dire delle due altre maniere del fatto, che non appartengono sì propriamente a questa arte.

Capitolo XXXVII.

Qui comincia a divisare del eonto, che trapassa fuori della sua materia ^

La seconda maniera ^ del fatto dire *’ si è, quando l’ uomo si diparte un poco di sua propria

1) Corretto costumi, che è pure nel ms. Vis. in quest’arte, coi mss. Ambr. Gianf. e col t: cesie ari.

2) Ag’g-iunto secondo quello che ’l libro disse qua dietro, col ms. Vis. e col t: selonc ce que li livres dit cà arriéres.

3) Corretto l’argomento, che è pure nel ms. Vis. in largamente, col t: largement

4) Ag-giunto del conto: corretto che trapasso è, in che trapassa, coi mss. Fiorentini, e col t: Dou conte qui traspasse hors de sa matière. Il ms. Vis. varia.

5) Corretto ancora materia in maniera, col ms. e Vis. e col t; maniere. ’

6) Aggiunto dire, coi ms. Fior, e t.

9

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VM)

iiiatfM’ia, o trapassa ad altro coso di l’uori a sua principale causa ’, o por biasimare lo corpo o la cosa, por accrescer il male od il bene di’ egli disse, per mostrar clie due cose sieno somiplianti

  • insieme, o per fare sollazzare gli auditori

d’alcun gabbo, che sia appartenente ^ a sua materia.

E questa maniera di dire lo fatto tiene spesso il parlatore, per meglio provare ciò che vole del corpo, o della cosa.

1) Mutato cosa, che è pure nel nis. Vis. in causa, col t: cause.

2) Corretto sì mischiate in somiçlianli, coi niss. Ambr. Bero-. Giamf. Vis. e Fior, e col t: semMables.

D

3) Corretto somigliante in. apprtenente, col t: qui aperti ent.

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Capitolo XXXVIII.

Del conto, ohe è per gioco. e per sollazzo.

La terza maniera di dire lo fatto non appartiene alle cose cittadine, anzi è per sollazzo e per giuoco: ma niente meno egli è buona cosa, che l’uomo s’ accostumi a ben contare, che l’ uomo ne diventa meglio parlante al gran bisogno, e però ne dirà il maestro la natura. Tullio dice, che ciò che l’uomo dice in questa direlana materia, o ’ divisa la proprietà ed i costumi ’ del corpo, o ^ dice le proprietà d’ una * altra cosa. E se egli divisa le proprietà d’ un’ altra cosa ^, egli conviene a forza che ’1 suo detto siano favole, od istorie,

1) Corretto quivi ove in o, col t: o%.

2) Aggiunto ed i costumi, che manca pure al ms. Vis. col t: et les mours.

3) Corretto ed ove in o, col t: ou.

4) Corretto di una cosa in altra, che è pure nel ms. Vis. in di un’ altra cosa, col ms. Amb. e col t: de une autre chose.

5) Aggiunto E se egli divisa le proprietà d’una altra cosa, col ms. Vis. e col t: Et s’il devise le proprietez d’une autre chose.

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od Mi-^oiiiciii!. Fi però si ia (;;jli a sapore ’. rlio

monta runa, e dio inJiita T altra.

E ciM’to fabula ò un conto, che V uomo dice delle cose che non sono vere, nò a vero somigliano, sì come la tabula della nave ^ che vola por aere lungamente.

Storia ^ a raccontare le antiche cose state veramente, le quali furono dinnanzi a nostro tempo ’\ e fuori di nostra memoria.

Argomento ò a dir una cosa falsa che non sia stata; ma può ben essere, e dicela per similitudine d’alcuna cosa.

E se ’1 parlatore divisa le ^ proprietà del corpo, e’ conviene che per suo detto V uomo ^ riconosca li costumi ^o le proprietà del corpo e del coraggio insieme, ciò è a dire s’ egli è vecchio, liiovane, e s’ egli è cortese, o villano, od

1) Corretto si fanno elli in si fa coi mss. Riccard. M. 23. Vis. col t: fait il bon savoir.

2i Corretto neve in nave, che è pnre nel ms. Vis. col ms. Berg. M. 46. 48, e col t: la nef.

3) Aggiunto dinanzi a nostro tempo, coi mss. Fior, e col t: devant nostre tens.

4) Corretto la proprietà che è pure nel ms. Vis. in le proprietà, col ms. Berg. e col t: les proprietez.

5) Corretto lo in V uomo, coi mss. Vis. e Fior, e col t: il conoisse.

6) Corretto la natxua, che ò pure nel ms. Vis. in //" costumi, col T: les moïirs.

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altre colali proprietà. Ed a cotali cose conviene

avere grande ornamento che sia formato ’ dalla diversità delle cose e della similitudine de’ coraggi, e della fierezza, di buonarità, di speranza, e di paura, e di sospezione, di desiderio, d’ infignitudine, d’errore, e di misericordia, di mutamento di fortuna ^ di subita allegrezza, di pericolo che r uomo non pensi, e di buona fine, secondo questo libro diviserà qui dinanzi, là ov’egli insegnerà ^ a conoscere gli adornamenti ^ e la beltà del parlare.

E però non ne dice ora più che detto n’ ha; anzi tornerà alla prima maniera del fatto dire ^, eh’ è chiamato cittadino.

1) Corretto siaìio forti. Ma, che è pure nel ms. Vis.., in sia formato, coi M. 47, 48, e col t: formez.

2) Agg’iunto di fortuna, clie erroneamente è posto dopo allegrezza anche nel ms. Vis, Il t: remuement de fortune.

3) Corretto insegna in insegnerà, col ms. Vis. e col t: enseignera. Ha riscontro con diviserà, poco sopra.

4) Corretto argomenti in ornamenti, coi mss. Fior, e col t: aornemenz.

5) Corretto come sopra wirtiem del fatto del dire in maniera del fatto dire, col t.

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i:n

Capitolo XXXIX. Del conto, eh’ è chiamato cittadino.

Dice lo maestro, che la cittadina maniera di dire ’, che divisa la cosa propriamente, dee avere tre cose: cioè ch’ella sia breve, e chiara, e verisimile

  • .

Di tutte ^ dirò lo maestro, e prima della brevità.

1) Ommesso è, perchè manca al t, ed ai mss. Ambr. e Vis. e Fior, e nuoce al senso.

2) Corretto ricordevole in verisimile, col ms. Ambr. e col T: voirsemblable, e col testo latino di Cicerone. Il ms. Vis. versemblahile.

3) Corrotto tulli in iulte colla grammatica.

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Capitolo XL.

Qui c’insegna egli a contare lo conto brevemente.

Tullio disse, che allora è il fatto contato brevemente, quando il parlatore s’ incomincia al diritto cominciamento di sua materia, e non di lunga cominciaglia ’, che non fa utile a suo conto, sì come fece Salustio volendo contare la storia di Troia, che cominciò alla creazione del cielo e della terra, che gli bastava cominciare a Paris, quando furò Elena. Altresì sarebbe breve, se là ov’ egli ^ è assai a dire la somma del fatto, egli noi divisa ^ per parti; che basta ben dire così; Quest’ uomo uccise quell’ altro; e non dire: Egli lo prese, e misegli man alla gola \ e cosi fu que 1) Corretto cominciarla in cominciaglia. coi mss. Vis. e Fior, e col T: commencaille.

2) Corretto s’ ella od egli, che è pure nel ms. Vis. in se là ov’ egli, coi M. 47 e 48 e L, 46, e col t: de là où il est.

3) Corretto senza divisar, che è pure nel ms. Vis. in egli noi divisa, col M. 47, L. 46, e col t: in le devise pas.

4) Il T: il traisi le coulcl de le gaine, il le leva.

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sto, cosi fu (|iioll’alti"(); che lo più volto Imsta a dire quel eh’ ò fatto, senza diro il coriio, od in che maniera.

Altresì ò breve, s’ egli non dice più cose che mestiere sarebbe di sapere, e non trapassa a dir altre cose strane, che di nulla non appartiene a sua materia, e s’ egli non dice quel che l’ uomo può intendere per quel eh’ egli avea detto. E so tu dici: Egli andare là ove poterò, e’ non converrebbe ’ a dire: Egli non andare là ov’ egli non poterò E se io dico: Aristotile dice cotal cosa: egli non si conviene che l’uomo dica: Egli lo disse di sua bocca, che bene lo può ciascuno intendere, per quello eh’ è detto dinanzi -.

Altresì è egli breve, se non ^ eonta ciò che li può annoiare *, o quel che non può aiutare, nò noiare; e se dice ciascuna cosa ^ una volta, e non più; e s’ egli non ricomincia ® spesso alla

1) Mutato ma egli basterebbe in e’ non converrebbe, col M. 48. Il t: il ne t’estuet, colla variante di tre codici del Chabailles. el ne convient. 11 ms. Vis. varia.

2) Aggiunto detto col ms. Vis. e col t: esloit dit devant.

3) Aggiunto non, col ms. Vis. e coIt: se il ne raconte.

4) Corretto nominare in annoiare, mutato eh’ egli può, in che li può, coi mss. Ambr. e Vis. e col i’: ennier.

5) Ommesso ad, col ms. Vis. e Fior, e col t: nncj’oiz. Le stampe leggono erroneamente: ad ttna volta.

6) Mutato comincia iu ricomincia, coi mss. Fiorentini.

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parola ch’egli ha detta. E sì come il parlatore

si dee guardare della moltitudine de’ motti e delle parole \ altresì ^ che non dica troppe cose, perchè molte genti ne sono ingannate, e che dove si studiano ^ in poco dire, dicono troppo, però ch’egli si procacciano di dire ■" pili cose e poche parole, ma eglino non si sforzano di dire poche cose tanto quanto gli bisogna, e non piii. Ragione come ^: Tu penserai brevemente dire, se tu dirai in questa maniera: Io andai a richiedere voi, ed io richiesi vostro garzone; ed egli rispose, quando dimandai di voi, non vi eravate. E tutto che tu dirai brevi motti, tu conti più cose che mestieri non t’ è; che assai bastava a dire: L’ uomo mi disse, che voi non eravate in vostra casa. Però si dee guardar ciascuno, che sotto li brevi motti

1) Agg-iunto e delle parole, col ms. Vis. e col t: et des paroles, se doit il garder.

2) Mutato e ili altresì, coi mss. Fiorentini.

3) Corretto che si studia (ms. Vis. studiano) in che dove si studiano, col t: car là où il s’ estudient.

4) Aggiunto più cosa e poche parole, ma eglino non si sforzano di dire, coi mss. Berg. e Vis. e M. 47, 48, L. 46 e col t: choses plusors à pò de paroles; mais il ne s’ es forcent de dire.

W\ Aggiunto Ragione come, col ms. Vis. ecolx: Raison comment.

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non dica tante coso ’, che suo conto sia noioso a ascoltare.

Capitolo XLI.

Qui e’ insegna a contare lo fatto intendevolmente -,

Appresso ciò dee il parlatore studiar di dire chiaramente quello che dice, e che suo detto sia aperto ed intendevole. Tullio dice, che ’1 fatto è contato chiaramente, quando il parlatore, o il dettatore comincia suo detto a quel eh’ è stato ^ dinanzi, e segue l’ ordine della cosa, e della stagione, così com’ ella fu, o come ella può essere, in tal maniera, che suo detto non sia turbato, né confuso, ne inviluppato sotto strane parole, e che non trapassi ad altre cose dissimili, o dilungi da

1) Omraesso acciò, perchè manca al t, ai mss. Ambr. e Gianf. e Vis. e Fiorentini, ed oscura il senso.

2) Mutato chiaramente in intendevolmente, col ms. Berg-. e col T: iutcudcblenicnt II ms. Vis. Iretemenle.

3) Corretto detto in stato, col t: devant a esté. I mss. Vis. e Fior, davanti è stato detto.

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sua materia, e che non cominci a troppo lunga

incominciaglia, e che non prolunghi la fine di suo conto, tanto com’egli potrebbe dire, e che non lasci nulla di ciò che a contare faccia.

Ed in somma egli dee guardare tutto quello che ’1 maestro insegna qui dinanzi sopra la brevità del fatto, perchè egli addiviene molte fiate che ’1 conto n’è più confuso per molto parlare, che per la brevità ’ delle parole. E sopra tutto ciò dee il parlatore usare motti proprii, e belli, e costumati, secondo che ’1 maestro divisa qui davanti nel capitolo del bene ^ parlare.

1) Corretto scurità, che è pure nel ms. Vis. in brevità, col T: coriesce.

2) Ag-giunto bene, che manca pure al ms. Vis. col t: bone parleure.

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Capitolo XLII.

Qui c’insogna a contare il fatto in maniera che sia verisimile ’.

Appresso dee il parlatore contare il fatto, in tal maniera, clic sia verisimile, ciò ò a dire che gli auditori possano credere quelle cose, e ch’egli dica la verità. Tullio dice, che a ciò fare gli conviene dire ^ le proprietà del corpo s’ egli è vecchio, giovane, o paziente, o uomo che si crucii ^ d’ altre simili proprietà che sieno testimonio a suo detto.

Appresso, gli conviene wiostrar la cagione del fatto, ciò è a dire, la ragione perchè, e come si *

Il Ag-giunto in maniera, conforme al periodo che segue, ed al T: voirsemhlahlement. Il ms. Vis. varia.

2) Ommesso fer prima di proprietà, perchè manca ai mss. ed al t.

3) Il T ha di più: ou ireus ou tacieres. Manca pure al ms. Vis.

4) Corretto lo in sì, col ms. Vis. e col t: ou devoit.

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potea, e dovea far quella cosa’, e ch’ebbe e potere

e piacere di ciò fare, e eh’ ebbe convenevol tempo a ciò fare; e che il luogo " fu buono, e sufficiente a far ciò che il parlatore mette dinanzi. Appresso dee mostrare, che l’uomo, o la cosa di ch’egli dice, sia di ^ tal natura, ch’egli potrebbe e saprebbe ben fare ciò che ^ la nominanza, e la voce del popolo n’ è sopra lui, e che ha tal fede, e ha tale credenza, e tal opinione, ch’egli farà bene una sì fatta cosa.

1) Corretto (^we/Ze’ cose, che è pure nel ms. Vis. in quella cosa, col T: cete chose, ed aggiunto: e di’ ebbe e potere e piacere di ciò fare, e ch’ebbe, correggendo la stampa, ed il ms. Vis., che leggono: e coiffa convenevol lempo. Il t: e’ que il ot et pooir et loisir de ce faire, et que il ot avenable tens. xXnclie M. 48, L. 46 leggono eh’ egli ebbe, e non colga.

2) Aggiunto luogo, coi mss. Vis. e Fiorentini, e col t: li leus fu bons.

3) Corretto in in di coi mss. Fiorentini.

4) Aggiunto ciò che, col t: ce que. Manca eziandio al ms. Vis.

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Capitolo XLIll.

De’ vizii del diro lo fatto.

Ora avete udito, come il parlatore, lo ’ fatto dee diro in tal maniera, che sia breve, e chiaro, e verisimile, che queste tre cose sono fieramente bisognevoli - a ben dire. E sì come il parlatore dee seguire le virtù che appartengono a ben dire; così si ^ dee guardare da’ vizii che disornano * suo dire, che sono quattro. L’ uno si è, quando egli è suo danno a contare lo fatto. Lo secondo è, quando non gli fa prò’ niente a dirlo. Lo terzo si ò, quando il fatto non è contato in quella maniera eh’ egli è. Lo quarto è, quando egli non dice in quella parte del conto ciò che è mestiere.

1) Corretto del in lo, col ms. Vis. e col t: le fait dire.

2) Corretto bisogno in bisognevoli, col ms. Vis. e col t: fierament hesoignables.

3) Aggiunto si, coi mss. Vis. e Fior, e col t: se doit il garder.

4) Il T: empeschent, et horoissenl. Il ms. Rie. disnorano.

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Onde sappiate, che allora è dannaggio ’ al parlatore

contare lo fatto eh’ egli è stato, quando quella cosa dispiace agli auditori, che elli sieno contra lui mossi ^ ad ira, o a mal talento, se elli non si addolcissero per buoni argomenti che confermino la sua causa l E quando quello addiviene, tu non dèi contare lo fatto tutto a motto a motto insieme, sì come fu, anzi il convienti divisare per parti ■*, una branca qua e un’ altra là; e immantinente giugnere la ragione di ciascuna parte in suo luogo; in tal maniera, che ciascuna colpa abbia sua medicina, e la buona difensa addolcisca li cuori turbati degli auditori.

Anche sappiate, eh’ egli non è prò’ coìitare lo fatto, quando tuo avversario, o altri davanti a te abbia parlato e detto tutta la cosa e la ragione ^ in tal maniera, che non bisogni che tu

1) Corretto è mestieri a sapere, onde fìa lode maggiore, che è pure nel ms. Vis. in sappiate, die allora è dan~ naggio, coi mss. Berg. e Fior, e col t: sachiez, que lors est il domage.

2) Corretto ritolto in raossi, col ms. Vis. e col t: esmeu à ire.

3) Corretto sue cose in la sua causa, col t: sa cause. Cosi anche li mss. Vis. e Fior, e cento altre volte.

4) Corretto parte, che è pure nel ms. Vis. in parli, col T: par parties.

5) Il T: tonde la cause.

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la ridirli!, nò rosi, nò altrimenti di lui; o ’ quando colui a chi tu parli sa la cosa, in tal maniera, che non ha bisogno di mostrare ch’dla sia d’altia guisa.

E quando questa cosa addiviene, Tullio comanda clie tu taccia, e non dichi lo fatto.

Lo terzo vizio ^ si ò, quando il fatto non è contato in quella maniera che dee, cioè quando ciò che dee ^ far prode a tuo avversario tu medesimo lo divisi bene e bello; o quando ciò ’’ che dee giovare a te, tu ’1 dici turbato e crucciatamente.

Tullio dice, che per schifare questo vizio, tu dèi recare tutte cose ad utile di tua ragione ^ e tacere il contrario tanto quanto potrai. E se ti conviene nulla dire di quello che appartiene all’ altra parte, tu ne passerai leggermente, e tuttavia dirai la tua parte diligentemente, e apertamente, e fermamente ^

1) Aggiunto 0, coi mss. Vis. e Fior, e col t: ou.

2) Aggiunto vizio, col ms. Vis. e col t: vices.

3) Aggiunto ciò che, coi mss. Arabr. e Vis. e col t: ce qui.

4) Aggiunto ciò, col mss. Vis. e col t: ce.

5) Il T: de la cause.

6) Aggiunto e apertamente, e fermamente, col ms, \ is. e col T: et aperlement, et fermeriient.

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E però se ne tace ora lo maestro infino là

ove tratterà dell’ordine, come l’uomo dee stabilire suo conto, e sue parti.

Capitolo XLIV.

Della terza parte del conto. cioè divisamento.

Appresso la dottrina del fatto, viene la terza parte del conto, cioè divisamento. Di che Tullio dice, che divisamento è quando lo parlatore lo dice secondo suo senno, bene e chiaramente ’. Certo egli n’ è più ordinato ^ e più bello, e più intende voi e ^ E tutto che queste branche, cioè il fatto e ’1 divisamento, sieno * per dire la cosa, nondimeno infra loro ha differenza; che il divisamento dice tutto a certo lo punto in che lo parlatore si ferma, e eh’ egli vole provare, ma il fatto non dice così.

1) Corretto diritto, che è pure nel m. Vis. in senno, bene, e chiaramente, col t: sens, bien et clerement.

2) Il T: plus riches.

3) Ommesso e meglio, perchè manca al t. Il ms. Vis. e meglio intendevole.

4) Corretto si sono in sieno, coi mss. Ambr. Vis. e Berg. e col t: soient.

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Lo parti l’’l (livisamento sono duo. L’ una elio divisa c\h t’ho l’ avversario riconosce ’, e ciò * eh’ egli nega ^ in tal maniera, che ciascun può ben intendere lo punto che il parlatore vole provare. L’altra ò, quando il parlatore divisa brevenaente per parti tutti li punti * ch’egli vorrà provare, sì che l’uditore lo sa in suo cuore, e intende ben che egli ha dett"; tutta la forza di sua cosa. E però si convien divedere ^ la dottrina dell’ un divisamonto e dell’altro, e " come ’1 parlatore lo dee usare nel suo conto ’.

1) Corretto conosce, che è pure nel mss. Vis. in riconosce (ras. Giamf. confessa) t: reconoìsl.

2) Corretto acciò in e ciò, coi mss. Ambr. M. 36, 48, L. 4G. Pai. Rice, e Vis. e col t: et ce.

3) Corretto dica in tal modo in nega, col ms. Vis. e col t: nie.

4) Corretto per parte tutto lo punto, che è pure nel ms. Vis. in per parti tutti li punti, col t: far parties tons les poinz.

5) Corretto dividere in divedere, col ms. Vis. e col t: deveoir.

6) Aggiunto e, col ms. Vis. e col t: et comment.

7) AtrS’iuuto nel suo conto, col ms. Vis. e col t: en son conte.

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14:

Capitolo XLV. Come il parlatore dee divisare suo conto ’.

Nel primo divisamente che conta ciò che l’avversario riconosce ^ e ciò ch’egli nega, dee il parlatore prima recare quella riconoscenza al prò’ di sua causa, sì come l’avversario d’Oreste, che non disse che Oreste conoscesse che egli avesse morto sua madre ^ anzi disse altre parole, che più affermano la causa * contra ad Oreste. Egli ha ben conosciuto (diss’ egli) che la madre fu morta per man di suo figliuolo; che a dire, che il figliuolo uccise sua madre, è ’" più crudel cosa, che a dire il nome dell’ un e dell’ altro. Così fece Cato in sua sentenza. Egli non disse, che ellino avessero conosciuta la congiura solamente, che

1) Il t: De premier devisement.

2 Corretto conosce iu riconosce, come nel capitolo precedente, il t: reconoist.

3) Il t: Clitemeslren.

4) Mutato cosa in caiisa, come anche poco sopra, ed appresso, col t: cause.

5) Il T ha di più: por lien, che manca nel ms. Vis. è in due codici del Cbabaille.

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molto genti dicoano, drilli non l’avevano fatta contra il comune di Roma, ma contra alquanti che governavano male il comune. Però recò Cato la loro conoscenza all’ utile della causa, e disse contra loro fiore parole, e maravigliose, cioè che olii voleano la città ardere, e uccidere i migliori, lo paese distruggere, e vituperare donne e donzelle.

A questo vedi tu che l’ un e l’altro disse ciò eh’ era riconosciuto; ma ciascun lo tornò ’ a suo miglioro. E quando tu avrai quel medesimo fatto in tuo conto, tu dèi dire ciò che tuo avversario nega, e stabilir la questione sotto ^ ’1 giudizio per sapere lo diritto.

Ragione come ^: Oreste riconoscea l’omicidio; ma egli negava ch’egli no ’1 feee a torto, anzi a diritto. Ma qui sta la questione che rimane sotto ’1 giudizio, per sapere s’ egli fece a torto, o a diritto.

1) Corretto torna, che è pure nel ms. Vis. in tornò, col T: le torna.

2) Mutato sopra, che è pure nel ms. Vis. in sotto, col t; soz«z, e colla variante di quattro codici del Chabaille. Nel periodo che segue, Bono traduce souz, sotto.

3) Aggiunto Ragione come, col ms. Vis. e col t: liaison comment.

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Capitolo XLVI.

Come il parlatore dee divisar suo fatto brevemente ^

Il " secondo divisamente, è ^ che numeri ■* per parti li punti ^ eh’ egli vorrà provare. Dèi tu guardare eh’ egli sia breve, e delibero e corto ^

Breve è quando tu non dici ^ alcun motto, se ^ non bisogna a tua causa ’"; che tu non dèi

1) Il t: Del secont devisement.

2) Corretto Nel in il col t.

3) Aggiunto è, che manca pure al ms. Vis. col t: est.

4) Corretto menerà in numeri, coi mss. Ambr. Vis. M. 36, L. 23, Rie. e Berg. e col t: nombre.

5) Corretto per parte lo punto, che è pure nel ms. Vis. in per parti li punti, col t: par partiez les poinz.

6) Aggiunto e delibero e corto, coi 3. M. L. 23, 46, e Rice, e col t: briez, et délivre, et cours. Il ms. Vis. breve e libero e corpo breve ! !

7) Corretto e quando tu ne dici, che è pure nel ms. Vis. in Breve è quando tu. non dici, coi ms?. Ambr. e Fior, e col T: Brietez est que tu ne dies.

8) Ommesso qui, dopo se, perchè manca al t. Il ms. Vis. quei.

9) Corretto se non bisognavano a tua cosa, che è pure nel ms. Vis. in se non bisogna a tua causa, col x: se tels non qxù besoignent à la cause.

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travagliare li cuori agli auditori por parole, o por

maravigliosi ornamenti ’, quando tu divisi tuo fatto, e tue parti *.

Delibero è ^ quando tu dici generalmente tutto ciò che comprende tutte cose di che tu voli dire. E sopra ciò ti conviene fieramente guardare, che tu non lasci di * mentovare nulla general cosa che ti sia utile, e che tu noi dichi tardi, cioè fuori il tuo divisamento, che questo è male detto e vizioso.

Corto è lo divisamento ^: là ove tu dici lo generale motto della tua causa, tu non dèi ridire ^ lo speciale motto eh’ è compreso sotto il generale che tu avevi già detto.

E sappiate, che generale motto è quello che comprende molte cose sotto il suo nome; che questo motto animale, comprende, uomo, e bestia e pesce,

1) Corretto argomenti in ornamenti, col rus. Vis. Il t: ornements.

2) Corretto e t%(,a farte in e tue farti, col t: et tes parties.

3) Corretto tv, deliberi in delibero è, col senso, coi mss. Fior, e col t.

4) Aggiunto di, prima di mentovare, coi mss. Fior.

5) Aggiunto coi ms. Vis. e Fior, che questo è male detto e vizioso. Corto è lo divisamento. Il t: car ce est mal dire et oicious. Cour est li devisemens.

6) Corretto redire in ridire, col t: ne redies avec le special.

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e uccello ’. Speciale motto è quello che è compreso

sotto un altro; che questo Pietro, Carlo ’, Giovanni, è ben compreso sotto general nome, cioè uomo. Ma egli ci ha motti che sono generali ^ sotto l’uno, e sono speciali sotto un altro, che questo motto uomo è speciale sotto questo motto animale; ma egli è generale sopra questo motto, Pietro o Giovanni.

Questa dottrina del generale e dello speciale dice il maestro, acciò il parlatore si guardi * nel suo generale divisamento, eh’ egli non metta la special parte; che quegli divisò il fatto suo in questa maniera; Io mostrerò, diss’egli, che per cupidità, e per lussuria, e per l’ avarizia dei nostri nemici, tutti i mali sono addivenuti a nostro comune; egli non intese bene ^, che nel suo divisamento egli mischiò

1) Ag-g-iunto e pesce, col ms. Vis. e col t: et peissons. Nella storia naturale di Brunetto Latini, i pesci formano una classe da sé, non compresa nel genere bestia. Vedi i primi libri del Tesoro.

2) Il T, ed il ms. Vis. laques,

3) Corretto generali che sono in che sono, generali, col ms. Vis. e col t: nioz qui sont general.

4) La stampa: del generale dee il parlatore s\ guardare. Corretto coi mss. Vis. e Fior, del generale e dello speciale dice il maestro, acciò il parlatore si guardi. Il t: dou general et de l’ especial dit li maistres porce que li parleres se garde.

5) Corretto è in intese bene, coi mss. Vis. e Fior, e col T: n’ entendi pas bien.

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pli ’ speciali motti col suo generale ’; ch^ senza

fallo cupidità h general nomo di tutti li dosiri, e lussuria e avarizia sono parti di lei ^

Guarda dunque, ohe quando tu hai divisato lo generale, che tu non dichi quelle parti sì com’elle fossero altre cose strane. Ma nell’altre branche vengono appresso, cioè del conferraamento, potrai ben mettere le speciali parti del generale detto innanzi \ per meglio fermare lo tuo fatto % e lo tuo divisamento. Ragione come ’^: Tu vuoi provare che Oreste fece omicidio. Di’ dunque appresso lo divisamente^: Uccise egli Clitemnestra, dunque fece omicidio.

1) Corretto mischia, che è pure nel ms. Vis. in mischiò, col t: mesla.

2) Corretto appresso li generali in col suo generale, col T: avec son general. Il ms. Vis. appresso lo generale.

3) Le stampe: partiti da lei, ms. Vis. partili di lei: corretto in parli di lei, col t.

4) Corretto delle generali dette innanzi in del generale detto innanzi, coi mss. Fior, e col t: dou general devant dit.

5) Aggiunto ^0 tuo fallo, e, col ms. Vis. e col t: ton fait, et.

6) Aggiunto Ragione come, coi ms. Vis, e col t: liaison comment.

7) Aggiunto appresso lo divisamenlo, col ms. Vis. e col T: après le dimsemenl.

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Appresso, guarda in tuo divisamento, che tu

non divisi più parti ’ che mestieri sia a tua causa ^, che se tu divisassi in questa maniera: Io mostrerò bene che mio avversario aveva bene lo podere di ciò fare, e eh’ egli volea, e eh’ egli lo fé; certo cotale divisamento è grave, perchè v’ha entro troppe cose; e basterebbe a dire: Io mostrerò ch’egli lo fece. Altresì, guarda, che se ^ la tua cosa sia semplice, e una cosa senza più, e’ non vi conviene se non poco divisare, eh’ egli è assai a dire lo punto della questione. E non per tanto egli addiviene spesso, che una cosa può essere provata per più ragioni. E quando questo è, lo parlatore si dee divisare le sua prova, in tale maniera: Io mostrerò che tu facesti la cotal cosa, per tale ragione, e per carte, e per testimoni.

Sopra questa branca dice Tullio, che egli * trovò in filosofia molti insegnamenti, ma egli lasciò

1) Corretto ancora parte in jìarii, col t: parties.

2) Mutato ancora cosa in causa, col t: cause. Il ms. Vis. in ambe queste correzioni è conforme alle stampe.

3) Aggiunto se, col senso, col ms. Ambr. e col t: là où ta chose est simple.

4) Corretto trova in trovò, ed appresso lascia in lasciò, che e pure nel ms. Vis. col t: trova, laissa.

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15 i

(jiiolli olio sono sì fioramento bisognevoli ’ a l)on pai-lare, come (jnolli che qui sono, E ancora ne comanda una altra cosa, che l’uomo non dee dimenticare in suo conto. Quando avrà finito suo divisamente, egli comincia l’altra branca, cioè confermamento, per provare ciò che egli ha detto Savvengagli ch’egli confermi dinanzi, ciò che divisa dinanzi, e poi ciascuna parte in suo luogo, in tal modo, che quando vorrà finire suo conto, egli non abbia dimenticato niente di suo confermamento, eh’ egli sarebbe laida cosa a ricominciare un altro piato appresso la fine del suo parlamento.

Capitolo XL VII.

Qui dice della quarta branca del conto, cioè del confermamento

Appresso la dottrina del divisamento viene la quarta parte del conto, cioè confermamento, di che Tullio dice: Confermamento è, quando il par 1) Corretto insegnevoli in bisognevoli, ed aggiunto Jieramente, coi mss. Ambr. e Berg. Vis. M, 47, 48, e col t: si fièrement heisoijnables.

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latore dice buoni argomenti che accrescono autorità

danno ’ fermezza a sua causa ’.

Perchè diverse cose richiedon di diversi confermamenti, vorrà lo maestro innanzi mostrare e insegnare i luoghi de’ ^ quali i parlatori possono ritrarre * suoi argomenti; e poi quando sarà luogo e tempo egli dirà come l’ uomo dee confermare ^ suo confermaraento sopra ciascuna maniera delle cause ^

E sappiate, che nulla scienza insegna luogo di provare suo detto, se non dialettica e retorica. Ma tanto ha differenza tra l’ una e l’altra, che retorica considera speciali cose, secondo il suono del nome, e secondo la voce solamente. Ma dialettica considera le generali cose, secondo la significazione de’ nomi e delle voci. E addivegna che quelli che sanno leggi, e divinità, e altre arti

1) Corretto e fermezza, che è pure nel ms. Vis. in e danno fermezza, col t: conjìrment.

2) Mutato ancora cosa in causa, col t: cause.

3) Corretto per li in de’, coi mss. Fior.

4) Corretto ritenere in ritrarre, coi mss. Ambr. Vis. e Fior, e col t: retrairre.

5) Corretto formare, che è pure nel ms. Vis. in confermare, col T: confirmer.

6) Mutato ancora cosa in cause, col t: causes. Anche il ms. Vis, legge sempre cose, e non cause.

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156
150

facciano prova poi’ luogo; io (lieo elio ciò ò por dialettica, o per retorica.

Capitolo XLVIII.

Qui divisa gli argomenti per provar ciò che il parlatore dica.

Tutte cose sono confermate per argomenti, che sono retratti dalle ’ proprietà del corpo, o dalle proprietà ^ della cosa.

E sappiate, che Tullio ^ chiama corpo colui, per cui detto, o per lo cui fatto nasce la questione. Ma cosa si chiama quel detto, o quel fatto, di cui la questione nasce.

Di queste proprietà dirà il maestro l’ insegnamento tutto, e prima dirà del corpo.

1) Corretto dalla in dalle, col t: des propriété:.

2) Aggiunto del corpo, o delle proprietà, coi mss. Fior, e col T: dou cors, ou des proprietez.

3) Corretto si in Ttillio. col t: Tnlle. Il ms. Vis. corregge come noi questi tre errori delle stampe.

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Capitolo XLIX.

Qui divisa le proprietà del corpo, ohe danno argomento di provare ’.

Le proprietà del corpo son tali, che per loro può lo parlatore dire e provare, che quel corpo è tornato ^ a fare alcuna cosa, o non fare. Tullio dice, che queste proprietà sono undici, lo nome, la natura, la nodritura, la fortuna, Tabito, la volontà, lo studio, lo consiglio, l’opera, lo detto, e lo caso ^.

Nome è * una propria e certa \oce, eh’ è posta a ciascuna cosa com’ ella sia chiamata. Onde r uno è ’1 nome, l’altro è il soprannome, e dell’ un e dell’altro può il parlatore fermare suoi

1) Corretto e prova in di provare, col t: de prover.

2| Corretto (jìiel corpo, e torna in che quel corpo è tornato, coi mss. Ambr. e Vis. e con L. 23, M. 36, Rice, e col t: que cil cors est atornez. Cicerone dice persona e non corpo.

3) Corretto la cosa in lo caso, coi mss. Fior, e t: chevite.

4) Corretto non in norae è, coi mss. Ambr. Vis. e col t: non est.

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argumonti. Ragione come ’: Io dico die quest’uomo

de’ ben esser * fiero, che egli ha nome Lione. Così dice la santa Scrittura: Io dico, dice l’ angelo, eh’ egli avrà nome Gesù, però eh’ egli salverà ^ lo popolo.

Natura è molto grave cosa a scriver suo essere, che uno dice, che natura ò cominciamento di tutte cose, l’altro dice, che non ò; che se ciò fosse, dunque avrebbe avuto Iddio cominciamento da parte di * natura. Ma Platone dice, che natura è la volontà di Dio, e però può essere ^ che Dio e natura siano insieme; ma natura è doppia, una che fa nascere, un’ altra di quel eh’ è nato. Delle cose che sono nate, altre sono divine, altre sono mondane, l’ una appartiene agli uomini, e l’altra alle bestie. Di ciò che appartiene agli uomini per natura sono sei luoghi, per li quali lo parlatore può prendere suoi argumenti.

1) Aggiunto Ragione come, col ms. Vis. e col t: Raison comment.

2) Corretto dehbe esser fatto in de’ ben esser fero, coi mss. Fior, e col t.

3) Corretto avrà (nome di salvare in salverà, coi mss. Vis. e Fior, e col t: sauvera. Cosi anche il testo dell’Evangelio.

4) Corretto di parte da natura in da farte di natura, coi mss. Berg. e Vis. e col t: de far nature.

5) Il T: aperl.

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Lo primo si è, s’ egli è maschio o femina.

Ragione come ’: Voi non dovete credere che madonna facesse la battaglia, però che questo non è opera di femina.

Lo secondo luogo si è suo paese. Ragione come: Noi dovemo creder che quest’ uomo sia savio, però che è greco.

Lo terzo si è sua ’ terra. Ragione come: Noi dovemo credere che questo sia buon drappiere, poich’egli è di Provenza ^

Lo quarto si è suo lignaggio. Ragione come: Ben dee Carlo esser leale, per ciò eh’ è figliuolo del re di Francia.

Lo quinto si è suo tempo. Ragione come: E’ non è maraviglia se questi è leggieri e aitante \ però eh’ è fortemente giovane.

Lo sesto luogo è lo bene e ’1 male, che Tuomo ha per natura nel ^ suo corpo, e nel suo cuore. Nel corpo s’ egli è sano o malato, grande piccolo, bello o sozzo, veloce o lento. Nel cuore

li Aggiunto Ragione come, e cosi quattro volte poi col ms. Vis. e col t.

2) Corretto una in sua, col ms. Vis. e col t: aa terre.

3) Corretto Proino, che è pure nel ms. Vis. in Provenza, col T: Proviìiz.

4) Il T: muaòles et legier.

5) Corretto del in nel, coi mss. Fior. Ha riscontro con altro nel appresso.

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160
ino

si Ô, s’egli ha ’ duro ’ ingegno o sottile, di tenace memoria o no ^, o dolce, o aspro, o sofferente, orgoglioso. E in somma tutte le cose che r uomo ha per natura nel corpo, o nel cuore, son contate sotto luogo di natura; ma quelle che son acquistate sotto insegnamento, son contate sotto il luogo dell’ abito, sì come il maestro dirà qui appresso.

Nodridura dimostra come, e tra che gente, e per cui l’uomo è stato nodrito e educato \ cioè a dire, chi furono suoi maestri, e chi suoi amici, e suoi compagni, che arte ^ egli fa, e di che s’intramette, e com’egli governa le cose sue, di sua masnada ^, e de’ suoi amici, e come mena sua vita. E queste e altre simiglianti proprietà appartengono a nodritura, e di tutti può prendere suoi argumenti. Ragione come ’: Alessandro dovea

1) Corretto è in ha coi 4 M. 46, Rie.

2) Corretto cìiore in ingegno, col ms. Vis. e coi t: engin.

3) Aggiunto di tenace memoria, o no, col t: 5^ il est bien rememhrans, on non. Il ms. Vis. compendia.

4) Aggiunto e educato, che manca pure al ms. Vis. col T: et apris.

5) Corretto arti in arte, col ras. Vis. e col t: qtiel ari.

6) Aggiunto le cose sue, di sua masnada, e de’, col ms. Vis. e col T: ses choses, et sa maisnia, et des.

1) Aggiunto Ragione come, col ms. e t.

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ben esser savio, però che Aristotile fu suo maestro.

Questo prete non dee esser vescovo, perchè mena sua vita in lussuria.

Fortuna comprende ciò che addiviene all’uomo di bene o di male, ciò è a dire se ’ quest’uomo è servo, libero: ricco, o povero; proposto, senza propostia; o s’ egli è ben augurato, di buona nominanza, o no; o che figliuoli egli ha, che femina. Ma se tu parli d’uomo morto, considera le sue proprietà, cioè adire, che uomo egli fu, e come morì; che di tutte queste cose puoi tu prender argomento per luogo di fortuna. Sì come disse Giovenale: E’ non ha nel mondo (diss’ egli) sì grave cosa come ricca femina.

Abito si è un compimento che l’ uomo ha d’ una cosa permanente nel suo cuore, o nel suo corpo. Nel cuore si è il compimento delle virtù, che son divisate nell’altro libro ^ ed ^ il compimento dell’arti e delle scienze che l’uomo sa adoperare, le quali l’ apprende nel suo cuore. Nel corpo sono li compimenti che l’ uomo non acquista per natura, ma per suo studio, o per inse 1) Aggiunte se, che manca pure al ms. Vis. col t: se cist hoM.

2) Corretto nel secondo in iieW altro, col ms. Vis. e col T: en V autre livre.

3) Ag-g-iunto cr/, col ms. Vis. e col t: et el cornjdiement.

11

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\(j2

j;rta(n(;nto, sì corno di ben comliattoro, o Ii ben baj^ordarc ’, o di ben cavalcare.

Volontà si ò un leg’gier mutamento che alcuna volta viene al corpo e al cuore per alcuna cagione, si come allegrezza, cupidità, paura, cruccio, malizia, fievolezza, e altre simiglianti cose.

Studio si è una continua impresa che il cuore fa con grande volontà, sì come ò studiare in filosofia, e in altre scienze ^ Di ciò può il parlatore formare suoi argomenti in questa maniera: Quest’ uomo sarà ^ buon avvocato, eh’ egli studia sollecitamente in legge.

Consiglio ò una sentenza * lungamente pensata sopra a fare o non fare ^ alcuna cosa; ma egli ha differenza tra consiglio e pensamento, che pensamento è a considerare tra una parte e l’altra; ma consiglio si è la sentenza quando prende l’ una delle due parti; però conviene a tutti i consigli che la materia, e ’1 ^ con 1) Il T: bien Initier.

2) Il T: et en clergie.

3) Corretto è in sarà, col t: sera. Il ms. Vis. si è.

4) Corretto scienza in sentenza, coi mss. Vis. e Fior, e col T: sentence.

5) Aggiunto non fare, coi mss. Vis. e Fior, e col t: ou non faire.

6) Corretto del in e ’l, col ms. Vis. e col t: et (e conseilleur.

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163
sig-liatore e ’1 tempo siano convonevoli a ciò die

r uomo vole provare; chò s’io dicessi: Quest’uomo ha ben barattato di suo cavallo, però che se ne consigliò col suo prete, certo lo consigliatore non è convenevole; ma se io dico: Quest’ uomo è ben confessato ’, però che s’è molto consigliato col suo prete, questo è argomento buono e credevole.

Opera in questo conto non è la propria causa "^ sopra che l’ uomo parla, anzi è una usanza che l’uomo ha di fare alcuna cosa, o di non fare; e di ciò può il parlatore prendere suoi argomenti a mostrare s’ egli fé quella cosa, o se la fece ^ incontanente, ovvero s’ egli lo farà. Sì come uno delli cavalieri di Catellina disse: Io credo (diss’egli) Catenina farà la congiura contro voi *, perch’egli n’ è usato.

Detto è l’usanza ^ che l’uomo suole avere d’una cosa fare o non fare ®; e così di tutta la

1) Il T: repentans.

2) Corretto capone, che è pure nel ms. Vis. in ca%sa, col T: cause.

3) Aggiunto se la fece, col ms. Vis. e col t: ou se il la jist mailenaiU.

4) Corretto iioi, che è pure nel ms. Vis, in voi, col t: encontre vos.

5) Corretto di lutte l’icsanze in Detto è l’usanza, preponendovi il punto, col ms. Vis. e col t: Dis est li usages.

6) Corretto dire e non dire, che è pure nel ms. Vis. in fare e non fare, col t: faire o non faire.

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natura ’ che ^ divisata dell’opera qui di sopra *.

L’ argomento fa l’ uomo in questa maniera: Io non credo che quest’ uomo dica di me male, però che non suole dire male d’altrui.

Lo caso ^ è delle cose che sono per ventura, non pensatamente, e seguisce la natura dell’opere, del * detto. Che l’ uomo può trarre suo argomento di ciò eh’ è addivenuto, di ciò che avviene ’, e di ciò eh’ è a divenire, in questa maniera: Voi dovete ben creder che quest’ uomo uccise quest’ altro, però ch’egli avea il coltello in mano sanguinoso: o in questa maniera: E’ non è maraviglia se quest’uomo ride, eh’ egli ha trovato un gran monte d’oro.

Qui tace il conto delle proprietà del corpo, per divisare le proprietà ^ della cosa.

1) Corretto ancora materia in naliira, col ms. Vis. e col T: natura.

2) Corretto divisata dall’opera qui di sopra l’argomento, in divisata dall’ opera qui di sopra. L’ argomento ecc. Il t: devisèe de V uevre ci dessus. L’ argument.

3) Corretto Lo detto, che è pure nel ms. Vis. in Lo caso, col T: chevite, e col latino di Cicerone casus.

4) Corretto adunque il in o del, trasportando il punto, che era prima di adunque, dopo detto.

5) Aggiunto di ciò che avviene, col ms. Vis. e col t: de ce qui avient.

0) Aggiunto le propriété, col ms. Vis. e col x: les proprietez de la chose.

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165
Capitolo L.

Delle proprietà della cosa.

la questa parte ’ dice il maestro, che le proprietà della cosa son tali, che per loro può il parlatore dire e provare la sua intenzione ^.

Di quella cosa, Tullio dice, che le sue ^ proprietà son in quattro maniere. L’ una si è, che si tiene in tutta * la cosa; l’altra si è, che si tiene ^ nella cosa facendola; la terza si è giunta alla cosa; la quarta si è intorno alla cosa.

1) Aggiunto In questa parte, che manca pure al ms. Vis. col T: Fn ceste partie.

2) Corretto la tensione di quella cosa, in la sua intenzione. Di quella cosa, coi mss. Berg. Vis. L. 23, 46, M. 36, Pai. e Gianf. e col t: sa entencion. De cele chose.

3) Corretto queste, che è pure nel ms. Vis. in le sue, col T: ses proprietez.

4) Corretto che si tiene la cosa, in che si tiene in tutta la cosa, col t: qtd se tient en toute la chose.

5) Aggiunto che si tiene, col t: q^ii se tient. Il ms. Vis. in ambi i luoghi concorda colle stampe.

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Lo pfoprictà che si tengono in tutta ’ In rosn,

sono in tie maniero; cioè la somma dei l’atto, la cagione, e l’apparecchiamento del latto.

La somma del fatto è quando lo parlatore dice lo nome del tatto ", o della cosa che ò latta, oh’ ò presento, o eh’ è a divenire in una somma brevemente, in questa maniera: Quest’uomo fé omicidio, quest’altro fé ladronezzo, e quest’ altro farà ^ tradigione.

La cagion della cosa si è doppia; l’una pensata, e l’altra non pensata. La cagion ch’ò pensata, si è quando l’ uomo fa una cosa pensatamente, e * con consiglio. La cagion non pensata, si è quando alcun si muove a fare alcuna cosa per alcun sùbito movimento, e ^ senza consiglio.

L’apparecchiamento è in tre maniere. L’una ch’ò innanzi al fatto, in questa maniera: Questo

1) Corretto con, che è pure nel ms. Vis. in in UUta, col T: en Ionie la chose.

2) Aggiunto è quando il parlatore dice lo nome del fatto, 0, coi mss. Berg. e Vis. e Fior, e col t: est quant li parleres dit le nom dou fait, ou,.

3) Mutatola tre volte di seguito, in fé due volte, e qui farà, coi mss. Fior, e t.

4) Aggiunto e col ms. Vis. e col t: et par conseil.

5) Aggiunto e col ms. Vis. e col t: et sanz conseil.

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167
uomo appostò colui, e cacciollo ’ lungamente con

la spada ignuda in mano. L’altro apparecchiamento si è in sul fatto, in questa maniera; Quand’ egli r ebbe giunto, egli il gittò in terra, e diègli tanto che morì. Lo terzo apparecchiamento si è dopo il fatto, in questa maniera: Quand’egli r ebbe morto, e egli lo seppellì nel bosco.

Queste, e altre somiglianti proprietà ^, si tengono in tutte le ^ cose sì fermamente, che appena può una cosa essere fatta senza loro; e però ne * può il parlatore stabilire suoi argomenti, e ^ provar la cosa bene, e fermamente.

Le proprietà che sono nella cosa facendola, sono cinque; luogo, tempo, modo, la stagione, ed il podere ^

1) Corretto apposto cacciato in appostò colui, e cacciollo, coi mss. Amb. e Fior, e t: agualta cet autre, et le chaca. Il ms. Vis. agguaitò. Così alcuni Fior.

2) Corretto questi e altri sembianti, che è pure nel ms. Vis. in queste, e altre simigliami proprietà, col t: cets, et autres semblables proprietez. Qualche ms. semblabili. ’

3) Corretto con la cosa, che è pure nel ms. Vis. in in lutte la cose, col t: en toutes les choses.

4) Corretto non in ne, col ms. Vis. e col t: en pnet.

5) Corretto a che è pure nel ms. Vis. in e, col t: et prover.

6) Corretto pror/e in podere, come è ripetuto poi, col ms. Berg-. e col t: povir.

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168
Lo luogo ^ quella parto, là ovo la cosa fu

fatta; e corto egli si fa molto a provar beno ’ suo dotto, che ’1 parlatore isgiiardi * bene tutte le proprietà del luogo, cioè se ’1 luogo è grande, o picciolo, da lungi, o presso, o diserto, od abitato, di che natura è il luogo, e tutto il paese d’ intorno, ciò ò a dire, s’ egli v’ ha monti, o valli, riviera, o fiume, o senz’acqua, e se l’aria è buona, o ria, e se ’1 luogo è sagrato, o no, o s’ egli è comune o privato % e s’egli è, o fu * di lui, che fé la cosa, o no.

Tempo é lo spazio che l’ uomo ha di fare la

cosa, ciò è a dire, per anno, o per mese, o per

settimana, o per dì, o per ora, o novellamente, o

anticamente, o tosto, o tardi, che l’uomo dee

molto ^ guardare se una gran cosa può esser fatta in quel tempo.

E sappiate, che queste due proprietà, cioè

luogo e tempo, sono sì utili al provare la cosa,

1) Aggiunto bene, col ms. Vis. e col t: prover bien.

2) Mutato si guarda in isgiiardi, col ms. Vis. L. 46 M. 47, Rice, e col t: esgarde.

3) Aggiunto s’ egli è comune, o privato, col ms. Vis. e col t: ou se il est communs ou privez.

4) Soppresso detto, dopo di fu, perchè manca al ms. Vis. al T, al M. 35, e 47, non che latino di Cicerone.

5) Aggiunto molto che manca altresì al ms. Vis. col t: mah garder.

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che ’ quelli che misero in scritto l’anziane istorie, e

quelli che fanno carte e lettere, scrivono il luogo ed il tempo per meglio affermare la bisogna.

Stagione è compresa sotto il tempo, ma tanto ha differenza tra l’ un e l’ altro, che ’1 tempo sguarda lo spazio e la quantità del tempo passato, e del presente, e di quel eh’ è a divenire; ma la stagione sguarda la maniera del tempo, ciò è a dire, s’ egli è notte, o giorno, o se mostra tempo chiaro, o scuro, o s’ è festa, o feria *, o s’ è tempo di seminare, o di segare, o se quell’ uomo dorme, se fa nozze % o seppellisce suo padre. Vedi dunque, ch’una stagione appartiene a tutto un paese, sì coni’ è segare ■*; un’ altra appartiene a tutta una città, sì come è il dì della festa, e di luoghi costumati, per eleggere lo proposto ^, o ve 1) Corretto propri quelli, che è pure nel ras. Vis. in quell), col ms. Gianf. e col t: quencis cil.

2) /l’rm, g’iunta- diBono, chemanca al ras. Vis. ed al t.

3) Corretto se grida in fa nozze, col M. 48 e Berg-. t: ou se il fait nom.

4) Il T: ueissons et vendeuses. Il ms. Vi.s. concorda colle stampe.

5) Corretto opere leggieri, in o per eleggere, coi mss. Ambr. Vis. Berg-. e col t: ou por eslire.

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scovo: un’altra appartiene ’ ad un solo, rioè

nozze ’ e sepolture.

Maniera è a mostrare come quell’ uomo fece quella cosa, ed a che cuore; ciò è a dire, se ’1 i’ò scientemente, o no; o per suo grado, o contro suo grado.

Podere si è in due maniere: l’ una ò, che aiuta a far la cosa più leggiermente; ed un’ altra senza la quale non può esser fatta. Di ciò può lo parlatore stabilire suoi argomenti, in questa maniera; Egli non è maraviglia, se questo cavaliere vinse la giostra, però che gli è meglio a cavallo che l’altro; o così: Quest’ uomo non farà la giostra, però che non ha cavallo; o Questi non fé il coltello, però che non avea ferro.

Delle proprietà che sono aggiunte a stabilire la cosa ^ fa il parlatore suoi argomenti in questo modo, quand’ egli li trae d’ un’ altra cosa più grande, o più picciola, e simigliante, o d’ una *

1) Corretto ed un altro appartiene in un’ altra appartiene, col ms.Vis. e col t: un autre apartient.

2) Corretto a chiese, che è pure nel nis. Vis. in nozze, col T: no’:es. Questo periodo nei mss. Fior, è guasto.

3) Corretto alla cosa, che è pure nel ms. Vis. in a stabilire la cosa, col T: à la chose estahlir.

4) Corretto ad una, in o d’ una, col ms. Ambr. e Vis. e co 1 T: ow fi?’ une.

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171
ITI

contraria, o del generale, o dello speciale, o della fine della cosa. E sappiate, che cosa pari, più ’ grande, o più picciola. si è considerata e ^ per la forza, e per lo numero, e per la figura di lei \ Ragione cornea Forza è in due maniere. L’ una, eh’ è nel corpo: l’altra eh’ è nella cosa ^ L’ una eh’ è nel corpo, si è la forza quando suo nome significa la proprietà di lui; ch’essere chiamato Salomone non significa altro che sapienza ^; ed a essere chiam-ato Nerone non significa altro che crudeltà e follia. Nella cosa è la forza, quando il nome della cosa significa la proprietà di lei " però che a dire patricida * significa di gran cru 1) Corretto si è più grande e più picciola in o più grande più picciola, col ms. Vis. e L. 46 e col t: ou plus grant ou plus petite.

2) Aggiunto e, col t: et par la force.

3) Corretto di lui, che è pure nel ms. Vis, in di lei, colla grammatica, e col t: de li.

4) Aggiunto: Ragione come, col ms. Vis. e col t.

5) Aggiunto /’ una eh’ è nel corpo, l’ altra eh’ è nella cosa, coi mss. Vis. L. 43, 46, M. 36, 48, Rie. e col t: une est au corz, et une autre qui est en la chose.

6| Il T: sens et savoir.

7) Corretto lui, che è pure nel ms. Vis. in lei, col senso, e col T: de lui.

8) Il T: parricide et matrecide.

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deità aDioo agli uomini. Altresì ò da ’ considerare

lo numero quando il parlatore dice uno, due tre sensi ^ o s’ egli dica, una, due, o più cose ^ Altresì ò a * considerare la figura del corpo, quando l’uomo dice, egli è grande, o picciolo; e la figura della cosa quand’ ella ha più di proprietà. Che più ò a dire: Quest’ uomo uccise un prete su l’altare, nel giorno di pasqua; che ò a dire: Egli uccise un uomo privatamente.

Simil cosa non è pari cosa, che pari cosa significa la gruadezza e la misura; ma simile non significa altra cosa che la qualità; che simiglianza è la proprietà che fa due diverse cose essere simiglianti tra loro. Ragione come: Quest’ uomo ò leggiere come il tigre; e questo prete dovrebbe sermonare al popolo come san Piero.

Contrarie cose ^ son quelle, che sono dirittamente ^ r una contra l’ altra, siccome freddo

1) Aggiunto è da, che manca pure al ms. Vis. col t: ezt en considérer.

2) Corretto //enti, che è pure nel m?. Vis. in sensi, col T: sans.

3) Ag’g’iuuto se egli dica, una, due, o più cose, che manca pure al ms. Vis. col r: ow se il dit nne, II, ou phisors choses.

4) Aggiunto () a, che manca pure al ms. Vis. col t: est considérer.

5) Corretto così in cose, col ms. Vis. e col t: choses.

6) 11 T: tout droit, front a front.

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173
contra a calcio, e morte contra vita, e male contra

bene, e vegghiaro contra dormire, e orgoglio contra umiltà; di che il parlatore può suoi argomenti fare in questa maniera; Se tu danneggi colui che ti liberò da morte, che farai dunque a colui che ti vole uccidere ?

Generale cosa è ciò eh’ è di sopra, ciò è a dire, quello che comprende molte cose sotto se. Che virtù è generale, però che comprende giustizia, senno, temperanza, e molte altre bontà sotto se; Animale è generale, però che di sotto lui sono uomini, e bestie \

Special cosa è quella, che è sotto la generale. Che avarizia è speciale, però che V è sotto cupidità; e senno è sotto virtù.

La fine della cosa è ciò che già n’ è addivenuto ^ n’ addiviene, o che n’ è a divenire. E di queste cose sì trae lo parlatore suoi argomenti quando mostra quello che dee addivenire, o che addivenire ne suole delle cose simiglianti, in questa maniera: Per orgoglio vien oltraggio, e per oltraggio vien odio.

1) Aggiunto animale è generale, però che di sotto luì, sono nomini, e bestie, col ms. Vis. e col t: animai est cenerai parce que desouz lui sont home et testes.

2) Aggiunto n’ e’ addivenuto, o col ms. Vis. e col t: jà eu est avenu, ou.

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174
La (|iuuta mariioia dulie proprietà dello cose son

quelle, che addivognono intorno la cosa, non così dentro come le altre dette dinanzi. In che l’uomo dee innanzi guardare come quella cosa è chiamata, e di qual nome, e chi fu il capitano, od il trovatore della cosa, e chi T aiutò a fare. Appresso, dee egli guardare qual legge, o qual uso, e ’ che giudicamento è sopra a quella cosa, o quale arte, quale scienza, o qual mestiere. Altresì dee egli guardare se cotali cose sogliono addivenire spesso, per natura, o no, *o se elle ’sogliono dispiacere alle genti, o no ^

Queste proprietà ^ e molte altre ^ che sogliono addivenire appresso il fatto presente, o tardi, e se ciò è onesto, o utile, dee considerare lo parlatore, in tal maniera, che di tutte le proprietà egli sappia confermare "^ suo detto, e

1) Aggiunto e, die manca pure al ms. Vis. col t: et qv,el jìigement.

2) Aggiunto se elle sogliano dispiacere alle genti, o no, coi mss. Vis. Rie. Pai. M. 36, e col t: oìi se eie soloit desplaire as gens, ou non.

3, Aggiunto Queste, col ms. Vis. e posto il punto avanti, col t.- Ces proprielez.

4) Ommesso cose, dopo altre, perchè si riferisce a proprietà, col T: Ces proprietez, et maintes autres. Così anche il ms. Vis.

5) Corretto conformare in confermare, coi mss. Ambr. e Vis. e col t: conjermer.

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175
IO

ritrarre suoi argomenti a provare la sua causa ’ però che male s’ intramette di parlare chi non prova sue parole ragionevolmente, sì che sia creduto di quel che dice, o della maggior parte.

E però vole il maestro mostrare come il parlatore dee fare suoi argomenti.

Capitolo LI. Di due maniere di tutti argomenti

Tutti argomenti, che ^1 parlatore fa per proprietà davanti dette % Tullio disse, ch’eglino debbono esser necessari, o verisimili ^; che argomento si è un detto trovato sopr’ alcuna materia che la dimostra verisimilmente, o che la prova necessariamente.

1) Corretto cosa, che è pure nel ms. Vis. in sua caiisa, col T: sa cause.

2) Corretto di vanilads in davanti delle, col buon senso, col ms. Vis. e col T: devant dites.

3) Corretto egli dee esser necessario o verisimile, che è pure nel ms. Vis. in eglino debbono essere necessari, o verisimili, col T: il doivent eslre necessaire ou voir semblable.

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176
17G

Capitolo LU. Degli argomenti necessari.

Necessario argomento si è quello, che mostra la cosa in tal maniera, che altrimenti esser non può. Ragiono come: Questa femina giace in parto, dunque giacque ella ’ con l’uomo.

E sappiate, che argomento che prova la cosa di necessità può esser detto in tre maniere, o per replicamento ’, o per numero, o per semplice conclusione.

Replicamento si è, quando il parlatore divisa due, tre, o più parti, delle quali se suo avversario conferma l’una, quale ch’ella sia, sì ^ è certo eh’ egli sarà concluso. Ragione come *: Tommaso,

1) Mutato quella in ella, coi mss. Ambr. e Vis. e col T: eie.

2) Mutato rimprocciamenlo, che è pure nel ms. Vis. in replicamenlo, e cosi appresso, col ms. Gianf. Il t: refloiemem. Cicerone complexio.

3) Corretto quegli in qtile, egli in ella, ha in sia, coi mss. Ambr. Vis. e Fior e col t: qicele que eie soit.

4) Ag’g’iunto Ragione come, col ms. Vis. e col r.

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o Gi^li ò liuoiio. () (’fili ò roo. E so tu dicpssi elio

’1 fosse buono, io dirò; Dunqne perchò ’1 biasimi tu? E se tu dicessi che fosse rio, io dirò: Perchè conversi tu con lui ? E così va di replicaraento, che qualunque parte tu prenderai, io metterò mio argomento, che ti conclude per necessità.

E sappiate, che questo argomento è in tre modi. L’ uno è per forza di due contrarie cose, che r uomo dee dire tutte insieme ’ V una dopo l’altra, sì come l’esempio che ho detto di sopra. L’ altro si è per forza di due cose che son contrarie tra loro, per forza di una negazione, ’ in questa maniera: Io dico che questo uomo ha danari, od egli non ha nullo. Cotale argomento fé santo Agostino alli Giudei, quando disse loro: Lo santo dei santi, od egli è venuto, o no. S’egli è venuto, è perduto vostro ugnimento ^: e se non è venuto, non è lo ugnimento perduto. E se l’agnimento non è perduto, dunque avete voi re, e se avete

1) Tutte insieme, manca al t, ma è in cinque codici del Chabaille: tout ensemble, e nel ms. Vis.

2) Corretto due negazioni in una negazione, col ms. Vis. e col t: far la force d’une negacion.

3) Corretto nocimento, che è pure nel ms. Vis. in ìipiimento, col M. 48, Berg-. e col t: enoifjnemens.

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17S

voi IO ’. (luiKjuo ò’ Cristo, o un;ilti(i. Ma olirò ro non avole voi: dunque egli "■ Ciislo,

Numero ò quando Io parlatole conta nel ^ suo dfìtto molte rose, ed * immantinente lo trae tutte via, se non una solamente, la quoi e’ ^ prova per neressitade. Rag-ione come ’’’: lo dico così: è conviene per viva forza, se ’ quest’uomo ucciso queir altro, ch’egli lo fé per odio che intra loro fu. per paura, o por isperanza, o per amore d’alcun suo amico. E s’egli non ha nulla di queste cagioni, dunque non l’uccise egli, che senza cagione non può esser fatto colai malificio. Ma io di^o. che intra loro non avea odio alcuno, ne paura, nò speranza d’esser suo erede, o di aver alcun nitro utile di sua morte, né egli, ne alcun suo amico. Dunque io dico, cli’egli non l’uccise. Questa maniera d’ argomento è profittabile *

1) Aggiunto e se l’ agnirnento non è perdulo, e poi, e se avete voi re, col ras. Vis. e col r: et se ras avez roi.

2) Corretto e’ è ia o è, ool t: cu e’ e est.

3) Corretto numerò in numero, ed aggiunto è quando lo parlatore conta, coi mss. Ambr. Fior, e Vis. e col t; nombres est quant li parleres conte.

4) Aggiunto ed col ms. Vis. e col.t: et maintenant.

5) Corretto t’ in e’, col t: // prueve. Il ms. Vis. ella prova.

6; Aggiunto Ragione come, col ms. Vis. e col t. 7| Corretto che in se, coi mss. Vis. Fior, e col t: se. 8) Corretto è per numero proprietabile in è projìttabile, coi mss. Vis. e Fior.; e col t: est profitable.

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a colui vho. difendo siui iiisotinn. sì come l’esempio

dimostra di sopra. Altresì è ella ’ utile a colili che accusa: Ragione come ’; Io dico, che mio argento o egli fu arso, o egli è nella borsa ■\ o tu r hai imbolato: ma arso non fu egli, nò nella boi-sa non è; dunque rimane questo, che tu r hai imbolato.

Semplice conclusione e, quando il parlatore? conclude necessariamente ciò eh’ egli vole provar per forza d’una cosa eh’ è detta dinanzi. Ragione come *: Tu di’ ch’io feci questo omicidio d’agosto; ma in quel tempo era io oltra mare: dunque pare egli per necessità, che io non il feci.

Ora avete udito le due ^ maniere de’ necessarii argomenti ne’ ^ quali lo parlatore si dee fieramente guardare, che suo argomento non abbia solamente il color e la simiglianza di necessità, anzi sia di sì necessaria ragione, che l’avversario non possa nulla contraddire.

1) Corretto è queW nule in è ella utile, col t: est eie frqfitahle. Il ms. Vis. è quello ’profittabile.

2) Ag-g’iunto Ragione come, col ms. Vis. e col t.

3) Corretto fonda, che è pure nel ms. Vis. in borsa, col T: hiice. Così anche appresso.

4) Ag-giunto Ragione come, col ms. Vis. e col r.

5) Corretto tre, che è pure nel ms. Vis. in fhi.e, col t: il

6) Mutato // in ne’, coi mss. Ambr. Vis. Fior, e col T: esquels.

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so

Capitolo LUI.

Qui dice corno si dividono li verisimiglianti argomenti.

Lo verisiinigliante argomento è di quelle cose che sono usiite ’ di venir spesso, o delle cose che l’uomo pensa che siano % o delle cose che’ gli hanno alcuna simiglianza di essere vere ^ o verosimili.

Delle cose usate di venire, prende il parlatore suo argomento, in tal maniera: Se questa femina è madre, dunque ama ella suo figliuolo:

1) Corretto è quella cosa che è usata in è di quelle cose che sono usate, col t: est des chose qui ont acostumè. Il ms. Vis. f’osa che è accustumata.

2) Ag-giunto delle cose che uomo pensa che siano, coi mss. Ambr. e Gianf. e Vis. L. 23, 46, M. 36, Rie. Pai. e col t: ou des choses que on ciiide qui soieni.

3) Corretto ovvero simili, iu essere vere ed aggiunto: a verosimili, col ms. Ambr. e Gianf. e col t: de estre roirsemblables.

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Se questo uomo ’ è disperato, dunque non teme ’

egli sacramento.

Delle cose che l’ uomo pensa che sieno, prende il parlatore argomento in tal maniera: Se quest’ uomo è peccatore, la sua anima ^ anderà alla eternale morte; e se quest’ uomo è filosofo, dunque non crede egli negl’ idoli \

Delle cose che hanno alcuna simiglianza, prende il parlatore suo argomento in tre modi: per contrario suo, o per sue parole ^, o per quelle che sono d’ una medesima ragione.

E per lo contrario fa l’ uomo suoi argomenti in questa maniera; Se i peccatori vanno in inferno, dunque li giusti ^ vanno in paradiso.

Per le simiglianti: Sì come luogo senza porto non è sicuro alle navi, così lo cuore senza fede non è durabile all’amico. Che luogo senza porto,

1) Corretto e qiceslo in se questo uomo, col t: se cist Jiotn. Il ms. Vis. e questo ìioìno.

2) Corretto: tiene in teme, coi mss. Fior, e t: doutet.

3) La sua anima, che è pure nel ms. Vis. manca al t.

4) Il T: es diex.

5) Quantunque i ni.ss, ed il T Xe^^nno parole, il Mussafia opina che debbasi leggere fer sue fari, o fareglic, o fer farilitade, o fer le somiglianti, come è detto poi, Il T legge: fer les farcies.

6/ Il T: /^ religions.

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1S2

(1 cuore seiizii l’odo sono simili in niutal)ilit;’i ’; ■

nave e amico sono’ simili in figura ^

Per le cose che sono d’una medesima rap:ione, prende il parlatore suoi verisimili argomenti in questa maniera: S’egli non ^ laida cosa a’ cavalieri donare le lor ■* robe, dunrjue non è laida a’ menestrelli^ s’ elli le vestono.

Or sappiate, che questi argomenti, e altri, sono necessarii in questa maniera: S’egli ’’ ha piaga. dunque egli fu ferito. Ma il verisimile si è così: S’ egli ha molta polvere su’ calzari, dunque è egli ito lunga via. Cotali argomenti sono probabili; ma elli non sono necessarii. Però che potrebbe ve 1) Corretto a’ imitabili, che è pure nel ms. Vis: in in ìnutabilità, col M. 48, e col x: en nnahletè.

2; Il t: et nës à port, et cuers en foi, sont semblable à seurtè. M. 36, Rie. Pal. sicurtà, M. 47 fede.

3) Il Volgarizzamento, ed il ms. Vis. qui segue: per stabilimento degli uomini, si è quando elli stabiliscono per loro medesimi sopra una cosa dottosa che ne debba essere. Ommesso perchè manca al t, ai mss. Fior, ed è ripetuto a suo luogo poco dopo.

4) Aggiunto lor, col ms. Vis. e col t: ses robes.

5) Corretto ministrarli in menestrelli,mss. Vis. L. 26, M. 23, 46, e Rice, ministrali M. 47 ministrieri, M. 45 savi, col r: rnenesires.

6) Corretto andò inai grado in ha piaga, coi mss. M. 36, 47 e Berg. Il t: se il a la marge. Forse è da leggeie male di ghiado.

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nire molta polvere su’ calzari senza essere ito

lunga via: ma male di ghiado non potrebbe aver l’uomo senza innaveratura ’.

Per eh’ io ho detto, che tutti argomenti verisimili, elli son segni, o elli son credevoli, son stabiliti, o son simiglianti.

Segno si è una dimostranza che dà presunzione che la cosa fu, o sarà secondo la significanza di quel segno ^. Ma ella non è vera prova, e però richiede maggior confìrmamento. E questi segni sono secondo li cinque sensi del corpo, cioè del vedere, dell’ udire, del fiutare ^ del saporare, e del toccare. Che se io dico: Egli ha d’ intorno a qui carogna, perchè ci è grande puzza, certo questo è segno; ma non è sì certo, che non vi bisogni ancora maggiore prova.

Credevole è quello, che senza testimonianza dà fede e credenza in questa maniera: E’ non è

1) Corretto mal grado in male di ghiado; inn aventura in innaveratura, con L. 46 t. I)ice il Mnssafia: Si cancelli dalla Crusca inuavenliira, registratavi con quest’ unico esempio.

2) Mutato collii in quel segno, col t: celui signe.

3) Corretto fiatare in fiutare, col t: Jlairier. Il ms. Vis. ha lacuna.

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nullo, ciic non desideri die suo lìgliiudo sin

sano ’ hen apurato.

Stabilimento ò in tre maniere, o per legpe. per comune uso, o per istabilimento d’ uomini. Per legge è stabilita la pena de’ ladroni ed omicidiali. Per comune uso è stabilito, che l’ uomo ronda onore a’ vecchi e a’ maggior di lui. Per istabilimento degli uomini s’ò quando gli uomini istabiliscono per loro medesimi sopra una cosa dottosa che debba essere. Ragione come: Graccus * quando fu censore^ di Roma, non (e nulla senza il senno de’ suo’ compagni. Quali gli tornavano a senno, e quali a follia. Ma la comunità del popolo stabilì eh’ egli fosse console Tanno appresso, e così fu fermato ch’egli avea fatto grandissimo senno.

Simile s’ è quello, che mostra alcuna simile ragione in tra due diverse cose; e ciò per tre ragioni: o per imagine ^ o per comparazione, o per esemplo.

1) Sia santo, che è pure nel ms. Vis. manca al t. Tre codici del Chal)aille e quello del Capitolo di Verona, hanno la variante saina. INIutato santo in sano.

2) Corretto gratis, che è pure nel ms. Vis. in Graccus, col M. 48, e col t Graches.

3) Corretto senatore, L. 23, Vis. conciatore, in censore, col t: censo r.

4) Corretto imaginazione in imagine, colla linea seguente.

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Imag-ine s’^ ciò, che dice che due o j)iii diverse

cose hanno alcuna similitudine tra loro secondo le ’ proprietà del corpo e della natura, in questa maniera: Quest’ uomo è più ardito che un leone, e quest’ altro è più codardo che lepre ’.

Comparazione è, che mostra che alcune diverse cose abbiano in tra loro simiglianza secondo le proprietà del cuore, in questa maniera: Questo uomo è ingegnoso come Aristotile; e quest’ altro è grosso come asino.

Esemplo è quello argumente, che mostra alcuna simiglianza nelle cose per lo detto e per lo comandamento che T uomo trova ne’ libri de’savi, e per ciò ^ eh’ è addivenuto a’ savi uomini, o alle cose che furono di quella simiglianza.

Ma di questi argomenti si tace ora lo conto, perdi’ egli ritornerà agli altri, li quali appartengono a confirmarnento.

1) Corretto la in le, col t: les proprielez.

2) Il t: cours comme lièvres.

3) Corretto e però in e per ciò, col ms. Berg-. e col t et per ce.

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l^G

Capitolo LIV.

Dell’ argemento in due maniere, o da presso o da lungi.

Appresso ciò che ’1 maestro ha mostrato li luoghi, e gli argomenti ’, e le proprietà, e la ragione come il parlatore può prendere argomenti (li provare sua materia e suo detto; a lui parvo che s’egli divisasse questi argomenti per parti, la ragione sarebbe più bella, e più intendevole ’, simiglianteniente, però che questa è una scienza che pochi parlatori sanno, perchè la è grave a sapere e mostrare. E però dice egli in questa parte ^ che tutte maniere d’ argomenti, di qualche proprietà, o di qualunque ragione elli sieno,

1) E (jli argomenti, manca al ms. Vis. ed al t.

2 Oinniesso il punto prima di simiçliantemcnle, e continuato il periodo come il ms. Vis. ed il t.

3) Corretto maniera in parie, coi mss. Vis. e Fior, e col T: partie.

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certo ’ e’ convien eh’ elli siano presi " dappresso,

da lungi, perchè ^ alcuna fiata, la materia * del parlatore si è tale % eh’ egli non la ’’’ potrebbe provaro, s’egli non la ’ prendesse da lungi. E però è dritto a divisare Tinsegnamento dell’ un e dell’ altro.

1) Corretto certi, e in ccì’to e’, coi. mss. Fior, e t.

2) Agg-iunto presi, col ms. Vis. e col t: pris ou de long ou de près.

3) Corretto per in perchè, col ms. Vis. e col t: car.

4) Ominesso il punto prima di la materia, conforme al ms. Vis. ed al x.

5) Aggiunto tale, che manca pure al ms. Vis. col t: est tale.

6) Corretto no ’l in non la, col t: il ne la. Il ms. Vis. noìi.

7) Aggiunto la, col t: se il ne le. Il ms, Vis. no 7

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IKS

Capitolo LV.

Di quel)’ argomento che e preso ’ da lungi.

Da lungi ò preso ^ quello argomento, clie per la simiglianza di ’ certane cose, da lungi * mena lo suo avversario a consentire e ^ conoscer quella cosa, die ’1 parlatore voi mostrare. Ragione come:

10 parlo *’ ad Aldobrando, che non amava sua moglie, né ella lui, in questa maniera: Dimme, Aldobrando,se ’1 vostro vicino ha miglior cavallo di voi, qua) vorreste voi innanzi, o ’1 suo, o ’1 vostro? Lo suo, diss’egli. E s’egli avesse più bella casa di

1-2) Ag-g-iunto preso, coi mss. Vis. e Fior, e col t: pris de loign.

3) Corretto delle, che e pure nel ms. Vis. in ài, col t: de certaines choses.

4) Corretto da ImiifaMenle a in da lungi mena lo, col M, 48, col Berg-. e col r: de loing ameine son aversaire.

11 ms. Vis. da lungi a menato a suo avversario.

5) Ag-g’iunto consentire, e col ms. Vis. e col t: consentir, et

6) Corretto parlai in parlo, col ms. Vis. e col t: je parole.

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1 8Î

voi, (jual vorreste voi innnnzi. o In sun. o In vostra? La sua, diss’ep’li. E s’ pc:li avesse miglior femina di voi, qiial vorreste voi innanzi ? A questo motto, non disse nulla. E io andai alla moglie, e dimandaila in questa maniera: Se vostra vicina avesse maggior tesoro di voi, qual vorreste voi innanzi tra ’1 suo o ’1 vostro? Lo suo, diss’ ella. s’egli avesse miprliori e pii^i belli drappi, e più ricchi arnesi di voi, quali vorreste voi, o suoi, vostri ? Li suoi, diss’ella. E s’ella avesse miglior marito ’ di voi, qual- vorreste voi più tosto tra ’1 suo, o il vostro? A questa parola si vergognò; e non disse nulla. Quando fuia ciò venuto, immantinente dissi loro: Però die nullo non rispose a ciò che volea udire ", io dirò che ciascun pensa. Voi vorreste aver buona moglie, e voi buon marito: perciò io dico, che se voi non ^ fate tanto che ciascun sia lo migliore, voi non finirete giammai di chiedere * quel che buono ^

1) Il T, come altrove: haron.

2) Corretto dire in udire, col senso, coi mss. Vis. e Berg. e col t: oir.

3) Aggiunto non, coi ms.s. M. 47, 48, e col t.

4| Aggiunto chiedere, che manca pure al Vis, coi M. 47, 48, e col t: querre.

5) Corretto nomo in buono, col nis. Vis. e col t: trea bon. Bono ommise il superlativo anche poco sopra due volte, e fu pago di buono: (très bon mari, et (rèa bone feme).

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190
l’.IO

sia. l)ilii(|il’ \i (.(iiivicii prMlsaic. di*’ voi siato

buona tnop^lie, e voi ’ buon tnat-ito.

Guardate dunque che per la siraiglianza di rertano cose, e ’ da hinpri io li recava a consentire ciò c)i’ io volea; che se io dimandassi semplicemente se quelli volesse migliore mofrlie, e quella mip-lior marito, certo elli non sarebbero consentiti a mia dimanda.

Colali argomenti usò ^ molto Socrate in suoi detti: e tutte volte ch’egli volea nulla provare, mettea egli innanzi cotal ragione, che l’uomo non potea negare; e allora facea egli sua conclusione di ciò eh’ era nel suo prologo *. e nel suo proponimento.

Ma in questo argomento ^ dee il parlatore guardar tre cose. Prima, che quella cosa, eh’ egli prende da lunga, per simiglianza di sua cosa, sia certa e senza dottanza, che cosa dottosa dee esser

1) Aggiunto- voi, col ms. Vis. e col t, che mette prima il marito, e poi la moglie.

2; Corretto (/elle terrene cose da lungi. che è pure nel ms. Vis. in ili certane cose, e da lungi, col t: de certaines choses, et.

3) Corretto tisa, che è pure nel ms. Vis. in usò, coi mss. Fior, e col t: usa.

4) Nel suo proloco, che è pure nel ms. Vis. manca ali".

5) Aggiunto ma in questo argomento, coi mss. Vis. e Fior, e cui t: mais en tel argument.

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provata per certe rag-ioni. Appresso, dee eerli p:uaidare

eh’ ella sia nel tutto simigliante a qnel che vole ’ provare; che s’ ella fosse strana, o non simile, ei^li non potrebbe formare sua prova. Appresso, dee egli guardare, che l’auditore ^ non sappia in che lo parlatore intende, ne perchè faccia sua dimanda: che s’egli se n’accorgesse, egli si tacerebbe, o egli negherebbe, o egli risponderebbe per contrario.

E quando tu avérai a ciò menato tuo avversario, e’ gli ^ conviene a viva forza ’’, che faccia una di queste tre cose: o ch’egli taccia: o ch’egli nieghi, che confermi tua ^ prova. E s’ egli la niega, e tu la provi per la simiglianza di quel che tu avevi dinanzi detto, o d’altre simili cose che tu dichi immantinente. Ma s’egli non *"’ conferma, ecrli si tace; immantinente dèi tu con 1) Corretto volle in toh, come altrove, col t: veidl.

2) Corretto gli atidilori non sappiano, clie è pure nel ms. Vis. in V auditore non sappia, col t: qtie li vieres ne sache pas.

3) Aggiunto gli coi mss. Fior, e t.

4) Aggiunto a riva forza, che manca pure al ms. Vis. col T: i Jine force.

5) Corretto sna in tua, col ms. Vis. e col t: ta prueve.

6) Agg’iunto non, che manca pure al ms. Vis. col r: mais se il ne conferme.

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cIikIi’I’*’ I:i iliiii:iiiil:i. c (Hii!(r liin’;i| luu ’ ilftlo.

CIk’’ ’rullio dire, rlio colui elio tnco. ". simile» a colili clie conlorinn.

Per ((uosti insegnamenti * potete voi intendere, che in questo argomento da lungi conviene avere tre cose. La prima si ò la simiglianza, che ’1 parlatore dice innanzi. La seconda s’ è la propria cosa, ch’egli vole provare. La terza ì’^ la conclusione, che mostra ciò che si segue di suo argomento, e conferma ^ prova.

Ma perciò * che sono molte genti di sì duro cervello ^ che per l’ insegnamento che sia posto sopra alcuna scienza no ’1 potrehbe intendere, se egli no ’I vedesse * per esempio, vole ’ lo maestro mostrare anche un esempio del piato. che

1) Corretto suo dello iu tuo dello, coi mss. Fior, e t.

2) Agg’iunto che colui che si lace, è simiglianle a colui che conferma. Per ifuesli insegnamenii, coi mss. Vis. e Fior, e col T: cil qui se laisl est semblables à celui qui con/erme. Par ces anseignemens.

3) Corretto o raoslra, che è pure nel ms. Vis. in e conferma coi mss. M. 47, 48, e col t: et conferme.

4) Corretto ma acciò in ma perciò, col ms. Vis. e col T: mais porc e qne.

5) Il T: dur cerviche.

()’ Ommesso per mostrarlo, dopo vedesse, perchè mancii ai mss. Vis. ai Fior, ed al t.

7) Corretto ancora i^olle in rote coi mss. Fior, o col t: re II II

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durò lungamente tra’ Greci, che avevano una legge,

che se ’1 vecchio contestabile non rimandasse tutti li cavalieri al novello contestabile, ch’egli dovesse perdere la testa. Ora venne che Epaminiinda ’ non rimandò tutti li cavalieri al contestabile novello quando dovea; anzi se n’andò con tutta la sua oste contra a’ Lacedemoni ^ e vinseli per forza d’arme. E quando egli ne fu accusato, egli dicea, che quelli che fece la legge intese, che ^ se ’1 vecchio contestabile ritenesse. li cavalieri per lo prò’ del comune, che non fosse ^ di ciò dannato. E suo avversario facea suo argomento contra lui in tal maniera: Signori giudici, ciò che Epaminunda vole ^ giungere alla legge fuori di ciò che trovate scritto^ sofFerestelo voi? No: e se ciò fosse che ^ lo sofferiste per la vittoria che’egli ha avuto, questo sarebbe contra la dignità di voi,

1) L. 23, M. 36 Epanimas, M. 48 Ypaminnes, M. 47 Paniamus, Rie. Bpaniniaus.

2) Corretto Macedoni, che è pure nel ms. Vis. in Lacedemoni, col T: Laceodomiens.

3) Corretto che ’l in che se ’l, col ms. Vis. e col t: que se li.

4) Ommesso e, prima di fosse, perchè manca al ms. Vis. ed al t.

5) Corretto ancora volle in vole, coi ms. Fior, e col t: veult.

6) Ommesso non prima di li sojferisie, coi mss. Fiorentini e T.

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e contra vostro onore. E pensate voi die ’1 popolo

il sofferi ? Certo non sarà. E se è torto questo aggiugnere alia legge; pensate voi ’ ch’egli sia diritto a farlo? Certo io conosco tanto senno e sapere ^ in voi, che non vi parrebbe buono ’. Per ciò io dico, che * se la legge non può essere emendata nò per noi, nò per altrui; dunque non potete voi riniutare la sentenza, poi che voi non potete rimutare un solo motto.

Qui tace lo maestro a parlare degli argomenti ^ da lungi, di ch’egli ha detto assai, e torna agli argomenti da presso ^

1) Corretto questo è in è torto questo aggiungere alla legge: pensate voi, col ms. Arabr. M. 47, 48, e col t: et ce est tort joindre à la loi, cuidiez vos. Il ms. Vis. e se questo si giunge alla legge ecc. Ed aggiunto il pnnto di interrogazione, col T.

2) Aggiunto e sapere, che manca pure al ms. Vis. col t: et savoir.

3) Aggiunto buono, che manca pure al ms. Vis. col t: sembleroit bon.

4) Aggiunto che col ms. Vis. e col t: que se la lois.

5) Corretto dallo insegnamento, che è pure nel ms. Vis. in degli argomenti, col t: des argìimens.

6) Corretto all’ argomento in agli argomenti, col t: as argumens. Il ms. Vis. concorda colle stampe.

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Capitolo LVI.

Dell’argomento^ che è preso da presso ’.

Da presso è preso ^ quello argomento, che per alcuna proprietà del corpo, o della cosa, mostra che ’1 suo ^ detto sia verisimile, e confermalo per sua forza, e per sua ragione, senza nullo argomento da lunga. Di questo argomento dice Aristotile e Teofrato \ che si ha ^ cinque parti.

La prima è proponimento, ciò è a dire, quando tu proponi brevemente la somma di tuo argomento. Ragione come: Tu dici, che tutte cose son meglio governate con consiglio che senza consiglio. Questo è tuo proponimento, ed è la prima parte di tuo argomento.

Or ti conviene andare alla seconda, cioè a confermarla per molte ragioni, in questa ma 1) Aggiunto eh’ è preso, col t: qui est pris.

2) Aggiunto preso col ms. Vis. e col t: pris.

3) Aggiunto Sìio, col ms. Vis. e col t: ses dix.

4) Aggiunto e Teofrasto, che manca pure al ms. Vis. col T: et Teofrastes.

5) Corretto ya, che è pure nel ms. Vis. in ha, col t.

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niera: La magione ch’ò stabilita (x.t raj^iono, ò

meglio guarnita ’ di tutto cose, elio qiiolla che ò guarnita follomonto. L’ oste che ha buon capitano buun signore, ò piìì saviamente menata di quella eh’ lia folle capitano e signore. La nave la bene suo eorso quando ha buono governatore ’.

Ora ò compiuta la seconda parte del tuo ^ argomento, cioè il conferraamento del primo proponimento. Ora ti conviene andare alla terza parte, cioè a prendere * ciò che tu voli provare por la prima proposta in questa maniera: Nulla cosa non è sì ben governata per consiglio come tutt’ il mondo. Quest’ è l’ impresa che tu vuoli provare.

E immantinente ti conviene andare alla quarta parto delf argomento, cioè a confermare r impresa per molte ragioni in questa maniera: Noi vedemo che ’1 corso del sole ^, e delle pianeta, e di tutte le stelle è stabilito in loro

1) Corretto governata in giiarnita, e così appresso, col ms. Berg. e t: gamie.

2) Corretto buoni governatori, che è pure nel ms. Vis. in buono governatore, col t: sage governeor.

3) Aggiunto tuo, che manca pure al ms. Vis. col t: ton argument.

4) Corretto apprendere, che ò pure nel ms. Vis. in a prendere, col t: à prendre.

5) Il T: li cours des signes.

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ordine. Li ’ movimenti del tempo sono ciascuno ^,

per necessità, o per la utilità di tutte terrene cose, ne l’ordine del dì e della notte non sono per danno d’ alcuno. Tutte queste cose son segni, che ’1 mondo governato è per grandissima previdenza ^.

Ora è compiuta la quarta parte dell’ argomento, cioè r affermamento e l’ impresa ^ Ora ^ ti convien andare immantinente ^ alla quinta parte dell’argomento, cioè alla conclusione, che può esser detta ’’ in due maniere. senza ridire niente del primo proponimento, né dell’ impresa, in questa maniera: Dunque io dico, che il mondo è governato per consiglio. ridicendo il primo proponimento, e la impresa, in questa maniera: Se tutte le cose son meglio governate con consiglio che senza consiglio, e nulla cosa non è sì ben

1) Posto il punto dopo ordine, col ms. Vis. e col t.

2) Corretto per ciascuno anno in ciascuno, col t: sont chascun. Il ms. Vis. sono ciascun anno.

3) Ut: grandisme conseil.

4) Corretto dell’ impresa, che è pure nel ms. Vis. in e l’impresa, col t: et la prise.

5) Corretto si in ti, col t: te convient.

6) Agg-iunto immantinente, che manca pure al ms. Vis. col T: maintenant.

7) Corretto detto in detta col m.s. Vis. colla grammatica, e col T: estre dite.

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198
19S

governata por consiglio come tutto ’1 mondo; dunque dico, che ’1 mondo è governato per consiglio.

Queste sono le cinque parti dell’argomento da presso, cioè il proponimento, il confirmamento, r improsa, il suo confermamento, e la conclusione. Ma sono molte genti che dicono, che in questo argomento non è mai che tre ’ parti senza più; eh’ olii credono che ’1 proponimento e ’1 confermamento sieno lina cosa medesima, e l’impresa e ’1 suo confirmamento " una cosa, e la conclusione sia ’ un’ altra cosa. Ma elli sono malamente ingannati ^ Ragione perchè: Quello, senza ^ che una cosa ’^ può essere, non è quella cosa medesima; anzi è un’ altra cosa per sé: e così sono due cose, e non una. Ragione come ^: Se io possa

1) Corretto quattro, che è pure nel ms. Vis. in tre, come dice appresso, coi mss. M. 46, 47, 48, Berg. e col t: ///.

2) Ommesso e, che è pure nel ms. Vis. perchè manca al T, ed altera il senso.

3) Corretto e in sia, col ms. Vis. e col t: soit. 4) Il T; et orrez raison por quoi.

5) Aggiunto quello, col t: ce sanz quoi. Il ms. Vis. è guasto.

6) Ommesso non, perchè manca al ms. Vis. ed al t, e contraddice.

7) Aggiunto Ragione come, col ms. Vis. e col t.

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essere uomo senza sapere leggere; dunque sono

io una cosa, e leggere è un’altra. Così è ’ d’un proponimento, che può essere fermato e stabilito senza nullo confermamento^, in questa maniera: Se ’1 dì che ^ questo omicidio fu fatto a Roma, io ora a Parigi; dunque non fui io a quest’ omicidio. Qui non ha mestieri nullo confermamento; ma * immantinente farai tua impresa, e dirai in questa maniera; Ma ^ a Parigi era io senza fallo. Quando tu avrai ciò detto; dèi confermare, e provare, e fare poi tua conclusione, e dire: Dunque non fui io a questo omicidio.

E altresì una impresa può essere fermata e stabilita senza nullo confermamento, in questa maniera: Se tu voli essere savio, dèi tu istudiare in filosofia. Questo è il primo proponimento che richiede d’essere confirmato, però che molte genti pensano che lo studio della filosofia sia rio. E

1) Aggiunto è, coi mss. Vis. M. Rice, e col t: autressi est.

2) Aggìanto e stabilito senza nullo confermamento coi mss. Vis. 23 M. Rice, e eoi t: et eslahliz sanz nul confermement.

3) Ommesso coi mss. Vis. e Fior, fìi fatto, dopo di il di che, perchè manca al t, ed è evidente duplicazione dell’ amanuense.

4i Aggiunto ma col ms. Vis. e coIt: mais maintenant. 5) Aggiunto ma col ms. Vis. e col t: 7nais à Paris.

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200
quando tu Tavrai confermato di buono rap-ioni, tu

l’arai tua impresa in questa maniera: Tutti g^li uomini desiderano essere savi. Questa impresa h sì certa, elio non si convien confermare; ma immantinente la tua conclusione in questa maniera: Dunque dee ciascuno istudiare in filosofia.

Per queste ragioni ’, e por (questi esempli, puoi tu ben conoscere cbe sono di t;ili (tropuniraenti, e di tali imprese, che vogliono essere confermate, e di tali che no. E però s’accorda Tullio alla sentenza d’ Aristotile, e dice, che in quest’ argomento è cinque parti, e " (juelli son in errore che pensano ch’elle sieno tre parti tanto. Ma non per tanto, e’ può ben esser alcuna volta, che l’argomento è di tal natura, che non vi sono ^ se non le quattro, o le tre parti senza più. E alla verità, l’argomento ha tutte cinque le parti, quand’ egli dice lo proponimento e lo suo confirmamento, e r impresa e suo confermamento, e *

1) Aggiunto e col ms. Vis. e col t: et par ces exemples.

2) Con-etto l’ interpunzione, ommettendo il punto prima di e ffueili, col nis. Vis. e col t.

3l Corretto usano in vi sono, coi mss. Fior, e t: il n’ i a.

4) Aggiunto e suo confermamento, coi mss. V’is. e Fior, e col T: et son confermament.

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201
la conclusione; raa quando il proponimento o ^

l’impresa sono sì stabiliti ^ che Tun di loro non ha mestieri di nullo confermamento, non ha che quattro parti. E se ’l proponimento e l’ impresa sono tali, che l’un ne l’altro non dimanda confermamento: allora non ha l’argomento ma che tre parti: cioè confermamento, impresa, e conclusione. Ma vi sono molte genti che dicono, che questo argomento può essere di due, parti o d’una solamente^. Che se ’1 proponimento e la impresa sono sì stabiliti, che la conclusione ne nasca chiaramente \ sì che non la conviene dire, allora non ha egli ma che due parti. E se ’1 proponimento è sì forte, che ’1 parlatore ne ^ può formare sua conclusione senza impresa, allora non ha ma che due parti in questa maniera: Questa feraina partorì, dunque conobbe ella uomo. E se ’1 proponimento è SI forte stabilito, che l’ uomo intende ben la conclusione senza dirla ^, allora non ha egli ma

1) Corretto e in o, col mss. Vis. e col t: ow.

2) Corretto da che è pure nel ms. Vis. in di, col t: de II parties:

3) Aggiunto d’ una solamente, coi mss. Fior, e t.

4) Corretto avea niente in ne nasca chiaramente, coi mss. Vis. e Fior, e col t: n’ aist tonte etere.

5) Corretto non che è pure nel ms. Vis. in ne, col senso e col t. en puet.

f)) Corretto udirlo, che è pure nel ms. Vis. in dirh, col t: dire.

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(.ho una parto. Che se tu di’; Questa feraina è

grossa, ciascuno intende eh’ olT ha conosciuto maschio, sì che non ti ’ resta nulla a dire *.

Sopra queste parti ’, dice Tullio, ch’egli non pensa che diritto argomento possa esser fatto secondo quest’arte di meno di tre parti. E tutto che diverse scienze abbiano diversi insegnamenti; non per tanto h scienza di retorica vole argomenti chiari e certi, che si facciano credere agli auditori.

E però ha il maestro divisato diligentemente tutte maniere di provare quello che l’uomo vole dire, e di * confermare suo detto secondo che appartiene alla quarta parte del conto, cioè a confirmamento, e ritorna a sua materia per dire della quinta parte, che è ^ del differmamento.

1) Corretto li in ti, coi niss. Fior, e t.

2) Corretta l’ interpunzione, trasportando, il punto da dopo parole, a dopo dire, col ms. Vis. e col t.

3) Corretto parole in parti, col ms. Vis. e col t: parties.

4) Corretto « in e di, col ms. Vis. e col t: el der confermer.

5) Aggiunto che è, col ras. Vir. e col t: ce est.

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203
Capitolo LVII.

Della quinta parte del conto, cioè differmamento ’.

Appresso la dottrina del confermamento viene la quinta parte del conto, cioè del differmamento, dì che Tullio dice; che differmamento ^ è chiamato, quando ’1 parlatore menima e strugge gli argomenti ^ del suo avversario in tutto, o in maggior parte. E sappiate, che differmamento esce di quella medesima fontana che ’1 confermamento, che come una cosa può esser confermata per le * proprietà del corpo e della cosa, così può essere differmata. E però dèi tu prendere lo ’nsegnamento medesimo ^ che ’l maestro divisa in addietro nel capitolo del confermamento. E nondi 1) Aggiunto del conto, col t: dou conte.

2) Ommesso 7 prima di differmamento, coi mss. Fiorentini.

3) Corretto V argomento in gli argomenti, col ms. Vis. e col T: les argnmeuz.

4) Mutato la in le coi mss. Fiorentini.

5) Corretto li argomenti, che è pure nel ms. Vis. in lo ’nsegnamento, col t: l’ enseignement.

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204
meno egli lu; dii-à alcuna cosa ’ per meglio dimostraro

la forza e la natura del conferrnaraento. E ciascheduno può intendere più leggermente (juando l’ un contrario ò messo appresso l’altro.

Tutti argomenti si ^ dilfermano in quattro maniero. La prima, ò so tu voli negare l’impresa del tuo avversario, quel medesimo eh’ egli vole provare. Appresso, se tu confermi ^ l’impresa, ma tu nieghi la conclusione. Appresso, se tu dici che suoi argomenti siano viziosi *. Appresso, se ^ contra suo argomento tu ne dichi uno altresì fermo, più.

E però vole lo maestro mostrare la dottrina che si conviene a ciascuna di queste quattro maniere.

1) Corretto alcuno, che è pure nel ms. Vis. in alcuna cosa, col T: aucune chose.

2) Corretto difermano in si difermano coi ms.s. Vis. L. 46, M. 36 Rice, e col t. sont defermè.

3) Corretto ciò che ’l confermi in se tu confermi V impresa, ma, col ms. Vis. L. 47 M. 36, Rice, e col t: se tu conj’ermes la prise, mais.

4) Ommesso che, prima di se, coi mss.Vis. e Fior, e mutato suo argomento sia vizioso, che è pure nel ms. Vis. in numero plurale col t: ses argumens soit vicions.

5) Corretto che in se col ms. Vis. e col T: se encontre.

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205
Capitolo LVIII.

Delle quattro maniere di diflfermamento ’,

Lo primo di iferma mento è a negare ciò che tuo avversario prende a provare per argomenti necessarii, e per argomenti verisimili. E se quello eh’ egli dice è argomento verisimile, tu ’1 potrai negare in quattro maniere. La prima è ^ quand’ egli ha detto di ^ una cosa verisimile, tu dici chenon è, che suo detto è chiaramente falso in questa maniera. Tuo avversario dice, che non è nullo che non sia più cupido di danari che di senno. Certo di ciò non dice egli lo vero, ch’elli ne sono molti, che più. amano senno che danari. se ’1 suo detto è tale, che ’1 suo contrario sia altresì credevole, come ’1 suo detto in questa maniera. Tuo avversario dice, che non è nullo, che

1) Il T: Dou dìf fermement qui nie le voirsemblable argument.

2) Corretto l’ %ina in la prima, col ms. Vis. ecol t: la premiere est.

3) Agg-iunto di con M. 36, L. 46, Rice, e t: d’ une chose.

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206
200

non sia più desideroso di signoria, che di denari. Certo altresì puoi tu dire fermamente il suo contrario, clie non è nullo che non desideri più denari, che signoria. se ’1 suo detto non è credevole in questa maniera: un uomo eh’ è fieramente avaro dice, che per un picciolo servigio d’ un suo amico lasciò un suo grandissimo prò’. E se ciò che suole addivenire alcuna volta, tuo avversario dice eh’ egli addiviene tutto dì usatamente ’: in quesia maniera egli dice, che tutti i poveri desiderano più danari che signoria. Certo egli avviene bene alcuna volta, che un povero desidera più signoria che denari \: ma elli ne sono d’altri, che amano più li denari ^, sì come in alcun luogo diserto fa l’uomo (omicidio per denari

  • , e non in tutti. ^ se quel che addiviene

alcuna volta, tuo avversario dice che non addiviene mai, in questa maniera. Egli dice, che nullo

1) Corretto tutto diversamente in tulio dì ìisatamente, COI mss. Ambr. Fior, e Vis. e col t: tozjor tiseement.

2) Aggiunto certo egli avvien bene alcuna volta, che un povero desidera più signoria che denari, coi mss. Vis. e Fior, e co\ t: certes il arient bien aucune foiz, que uns poures convoite plus seignorie que deniers.

3) Mutato la signoria, che è pure nel ms. Vis. in li denari, col t: li deniers.

4) Aggiunto per denari, che manca pure al ms. Vis. col T: for deniers.

5) Corretto e in o col ms. V^is. e col t; ou.

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uomo può essere preso d’amore per femina per

un solo isguardo; perchè questa è una cosa che può avvenire, che per un solo isguardo, e per una sola veduta \ V uomo l’ama per amore.

La seconda maniera di negare il detto di tuo avversario è quando dice il segno ^ d’ una cosa, e tu lo difFermi per quella medesima via ^ eh’ egli coaferma: che in tutti li segni * conviene mostrare due cose: l’una, che quel segno sia vero; r altra, che sia proprio segno della cosa che vole provare; sì come sangue eh’ è segno di mislea, e carbone è segno di fuoco. E poi conviene mostrare, che sia fatto quello che non ^ conviene, che non è fatto quello che si conviene; e che r uomo, di cui il parlatore dice, sapea la legge e il costume di quella cosa; che tutte queste cose appartengono a segni e simiglianze. È però quando tu voli differmare li segni di tuo

1) Il T ha solo: par une seule vene.

2) Corretto col ms. Ambr. l’ insegnamento in il segno, come poi volta lo stesso Bono, il t: le signe. Così anche il ms. Vis.

3) Corretto col ms. Ambr. e col t: voie, voce, che è pure nel ms. Vis. in via.

4) Corretto con lutto insegni in che in tutti li segni, coi mss. Vis. e Fior, e col t: car en toz signes.

5) Aggiunto non col ms. Vis. e col t: qui ne convieni pas.

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208
avversario, tu (l(’’i p:uarclare coni’ ei\’ì lo dice, ch^

s’egli dico che ciò sia segno di quella cosa, tu dèi dire che non ò, in questa maniera. Egli dice che la tocca sanguinosa che tu porti ) segno che tu fosti alla mislea; e tu di’, che ’ questo è leggier segno, chò la tocca sanguinosa può esser segno che tu sei sanguinato ^ tu di’, che quel segno appartiene più a te che a lui. Che se dice, che sia fatto quello che non si conviene, in questa maniera: Tu hai rosso nel volto, però che tu hai colpa in quello misfatto; e tu di’, che ciò non fu por male, anzi per onestà, e per diritto. tu di’, che quel segno s’ è del tutto falso; che s’ egli dice che tu avevi H coltello sanguinoso in mano, tu di’ che sanguinoso non era egli già, ma era rugginoso. tu di’, che quel sia appartenente all’altra sospezione che tuo avversario non dice. Che se dice, che non è fatto quello che si conviene, in questa maniera: Tu te n’ andasti senza prendere commiato, questo è sembianza di ^ ladroneccio;

1) Aggiunto e tu di’ che, col ms. Vis. e col t: et tu dis que non £st.

2) Il T: tu as este seigniez.

3) Corretto somigliante al, che è pure nel ms. Vis. in sembianza di, col t: est semblance de larrccin.

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e tu di’ che ciò non fu per male; anzi fu perchè

tu non volevi isvegliare lo signore \

La terza maniera di negare lo detto di tuo avversario, s’ è quando egli fa nel suo detto una comparazione entro "^ due cose, e tu di’ che quella cosa non è simile a quell’ altra, però ch’elle sono di ^ diverse maniere. Che se egli dice: Tu vorresti aver miglior cavallo che tuo vicino, dunque vorresti aver miglior femina; e tu nieghi suo detto, perchè femina è d’ altra ragione che cavallo, e però che sono di diverse nature. Che s’ egli dice, che l’uomo dee dottare ^ come leone, e tu nega suo detto, però che l’uomo è d’altra natura che ’1 leone; e ^ però che son di diversa forza. E s’egli dicesse, che Pirro dee essere dannato a morte per la donna Lirestis ^, eh’ egli furò, sì come Paris che furò Elena; e tu

1) Il t: seignor de laiens.

2) Corretto contra in entro, col ms. Vis. e col t: entre Il choses.

3) Ag-giunto di coi mss. Ambr. Vis. e col t: sont de diverses manières.

4) CoiTetto dee lottare in dee dottare, col ms. Vis. e col T: on le doit redouter.

5) Aggiunto e, col ms. Vis. e col t: et force ’que.

G) Corretto moglie d’ Oreste, che è pure nel ms. Vis. in donna Lirestis, col t: la feme Lirestis.

14

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210
nioghi suo (letto, però elio ’1 forfatto di Paris fu

maggiore elio quel di Pirro, o ’ però eli’ elli non sono d’una grandezza. Che s’egli dice: Quest’uomo dee essere giudicato a morte, però che ha ucciso un uomo, così come quest’ altro che n’ ha morti due; e tu nioghi suo detto, per ciò chf non fé così gran male come quell’ altro. Altresì dico io in somma ^ della diversità del luogo e del tempo, del corpo e dell’ opinione, e di tutte le diversità che sono negli uomini, e nelle cose; che di ciascuna può il buon parlatore riprendere suo avversario, e dilfermare suo confermamento.

La quarta maniera di negare ’1 detto di tuo ^ avversario s’è quand’egli ricorda alcun giudicio di savio; che colali argomenti possono elli confermare in quattro maniere. per la lingua di colui che dà il giudicio, sì come Giulio Cesare disse, che gli anziani di Roma aveano per lo lor gran senno perdonato a quelli di Rodes *. egli lo può confermare per la simiglianza di quel giudicamento alla cosa di cui egli parla; sì come

1) Corretto e peì’ò, in o però, col ms. Vis. e col t: ou force que.

2) Ag-giunto in somma coi mss. Fior, e col t.

3j Corretto suo in tuo, col ms. Vis. e col t: ton adversaire.

4) 11 T: Cartate.

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211
fece un pretore ’ di Roma, quando disse: Si come

i nostri antichi perdonar© a quelli di Cartagine, così devemo perdonare a quelli di Grecia. Altresì lo può egli confermare, per ciò che dice che ’1 giudizio ch’egli mentovò fu confermato per tutti gli nomini ^ per tutti quelli che l’udirò, e che ’1 doveano confermare, x^ltresi il può " egli confermare, però che quel giudicio fu maggiore e più grave che la cosa di eh’ egli parla, sì come Cato quando disse, che Manlio Torquato giudicò a morte il figliuolo, solo perchè combattè con Franceschi contro suo comandamento.

Queste sono le quattro maniere per confermare lo giudicio, e tu sii immantinente apparecchiato a differmare ciò che dirà * per lo contrario di suoi argomenti ^ se tu unque puoi, ciò è a dire, s’ egli lo loda, e tu lo biasimi, e se dice che ’1 giudicamento fu confermato, e tu di’ che non fu.

1) Corretto predicatore, che è pure nel ms. Vis. in pretore, col ms. Gianf. e M. 47 e col t: pretor de Rome.

2) Aggfiunto per tutti gli uomini, col ms. Vis. e col t: par trestonz homes.

3) Corretto potea in p%w, col ms. Vis. e col t: piiet.

4) Aggiunto dirà, che manca pure al ms. Vis. col ms. Berg*. e col t: il dira.

5) Corretto suo difermamenlo, che è pure nel ms. Vis. in suoi argomenti, col t: ses argumens. I m ss. M. 47-48 suo conf ermamente.

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212
Altresì fa ’ di tutte le ragioni eh’ egli dice sopra

lo giudicaiiionto, e tu di’ le ragioni contrarie ’.

Ma però che l’ insegnamento del parlatore dee esser comune a un parlatore e all’altro, dice il maestro, clie ’1 parlatore che ricorda del giudicio, debbo molto guardare che ’1 giudicio non sia dissimile da quella cosa di che ^ parla, però che suo avversario lo potrebbe leggermente riprendere. E poi dee guardare di non contare tale giudicio, che tocchi ad alcun degli auditori; però che gridano immantinente, e dicono che ciò fu contra giustizia, e che ’1 giudice ne dovrebbe esser dannato. Appresso dee egli guardare, che quand’ egli può mentovare molti buoni giudicamenti

  • lodati e saputi % ch’egli non mentovi

strano e sconosciuto, che quell’ è una cosa, che

1) Aggiunto fa, col ms. Berg. e col t -.fai. Il ms. Vis. fai.

2) Aggiunto eh’ egli dice sopra lo pudicamente, e tu di’ le ragioni contrarie, col ms. Vis. e col t; que il dit sor le jugement, que tu dies les contraires raisons.

3) Mutato da quello che parla in da quella cosa di che parla, col ms. Vis. e col t: de cele chose de cui il parole.

4) Corretto giudici in giudicamenti, col ms. Vis. e col T: iugemens.

5) Il T: loez et seurs. Il ms. Gianf. Boni laudabili.

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213
’1 tao avversario può leggermente riprendere, e

infermare tuo ’ detto.

Ora avete udito, come V uomo dee infermar tutti verisimili argomenti: dunque è da dire del differmaraento degli argomenti necessarii.

Capitolo LIX.

Del dififermamento ohe nega gli argomenti necessari ^.

Se il tuo avversario fa sopra il suo detto argomenti ^ tu dèi immantinente considerare s’elli sono necessarii, o elli paiono \ E s’ elli sono veramente ^ necessarii, tu non hai podere di con 1) Corretto suo in tuo, col ms. Vis. e col t: ton dit. I mss. Fior, cosa di che ’l tuo avversario può riprendere e differmare tuo detto. Leggono difermare anche nella linea seguente.

2) Aggiunto che nega gli, col t: qui nie le.

.3) Ommesso necessarii, che è pure nel ms. Vis. dopo anjomenti, perchè evidente ripetizione viziosa dell’ amanuense, in contraddizione col contesto.

4) Il T: oìi s’il porle semblauce de nécessité.

5) Il T: droitement.

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traddirli. Ma s’elli pareno necessarii. o non sono;

allora potrai tu differmaro per quelle medesime vie ehe sono dette di sopra nel capitolo do’ necessarii argomenti, cioò per replicamento, o \ninumero ’, o per semplice conclusione.

Replicamento, ò quando il parlatore divisa duo, tre. o più parti, delle quali se tu confermi runa, quale che la sia, certo ella ^ si conchiude s" ella è vera; ma s’ella Ô falsa, tu la puoi differmare in duo maniere: o diifermando^ tutte le sue parti, o difFerraando T una senza ()iìi. Ragione come: Tuo avversario vole concludere, che tu non dói * castigare lo tuo amico, e sopra ciò divisa due parti in questa maniera. egli teme vergogna, o no. S’ egli la teme; non castigare,

1) Qui, e poi, mutato rimprocciamento che è pure nel ms. Vis. in replicamento, come sopra, ed aggiunto e per numero, coi mss. Ambr. Vis. e Fior, e col t: par repliement et par nombre.

2) Corretto il te conchixide in ella si conchiude, col ms. Vis.

3) Aggiunto in due maniere: o dij’ermando, coi mss. Fior. Berg. e Gianf. e Vis. e col t: en II manières ou en dejfermant toutes ses parties, ou dcfermant.

4) Aggiunto non, col senso, col ms. Vis. e Fior, e col T: tu ne doit pas chastier.

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215
che egli ’ è buono. E se non la teme; no ’1

castigare, eh’ egli ha per niente tuo castigamento ^ Quest’argomento non è necessario, ma pare; tu dei immantinente differmare amendue le parti in questa maniera: Anzi lo debbo castigare, che s’ egli teme vergogna, e’ non dispregierà lo mio detto: e s’egli non teme vergogna ^ tanto il debbo io piìl tosto castigare, però che non è ben savio. E se tu vuoli differmare l’una di queste parti senza piii \ tu dirai così: S’ egli teme la vergogna ’^ veracemente, il debbo più. castigare ^ eh’ egli si ammenderà per mio detto, e lascierà suo errore.

1) Corretto non in e^li, col senso, coi mss. Vis. e Fior, e col T: il est bons.

2) Il T: ces enseig nemens.

3) Corretto dispregia in dispregierà, ed aggiunto il mio detto: e s’ egli non teme vergogna, coi mss. Gianf. Vis. e Fior, e col T: il ne despilera mes diz: et se il ne drient honte.

4) Corretto dirai parte in vuoli difermare l’ una di queste parti, col ms. Vis. e M.. e Rice, e col x: om veul deffermer V une de ces parties.

5) Corretto non la terne in teme la vergogna, coi mss. Fior, e col t: se il crient honte. Il ms. Vis. s’ egli la teme veramente, lo debbo castigare.

6) Aggiunto più che manca pure al ms. Vis. col x: k doi je plus chastier.

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216
Numero ò quando il parlatoro conta noi suo

conto molto cose per provarne una, secondo che ’1 conto divisa nel capitolo de’ necessari argomenti. Allora immantinente ’ ti conviene ditlermaro suo ^ numero, che può avere tre vizii. Lo primo si ò, s’egli non ^ numera quella parte che tu voli affermare. Ragione corno ^: Tuo avvcisario dice così: tu hai comperato questo cavallo, od egli ti fu donato, od egli fu allevato in tua casa, od egli ti rimase per retaggio, e se ciò non è ^ dunque l’ hai tu imbolato senza fallo. Ma io so bene, che tu non Y hai comperato, né ti fu donato, né lasciato per retaggio, nò nacque in tua casa: dunque tu l’hai imbolato senza fallo ". E

1) Aggiunto immantinente, che manca pure al ms. Vis. col T: maintenant.

2) Corretto tuo in suo, col senso, col ms. Vis. e col t: son nombre.

3) Aggiunto non, col senso, coi mss. Ambi*, e Vis. e Fior, e col t: ne nombre pas.

4) Aggiunto Ragione come, col ms. Vis. e col t.

5) Il T: 026 se non.

6) Aggiunto coi M. 47, 48 e L. 46. Ma io so bene, che tn non V hai comperalo, né ti fu donato, né lasciato fer retaggio, ne nacque in tua casa: dunque tn l’ hai imbolato senza fallo. Il t: mais je sai bien que tu ne l’ as acheté, ne il ne te fut douez, ne t’ escher de héritage, ne ne nasqui en ta maison: donc V as tu emblé saur faille. La lacuna è anche nel ms. Vis.

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217
quando egli ha ’ sì concluso, tu dói immantenente

dire la pyrtech’egli lasciò in suo numero, e di’, che tu r hai guadagnato al torniamento: che ’ suo argomento ò tutto differmato, se ciò è la verità, eh’ egli non avea contato.

Lo secondo vizio è, quand’ egli numera una cosa che tu puoi contraddire. Che se dice che quel cavallo non ti rimase per redità, tu puoi dire che sì fece, certo suo argomento è tutto spezzato.

Lo terzo vizio si è, quando una delle cose eh’ egli numera, tu la puoi riconoscere bene, ed affermare ^ senza laidura. Ragione come: Tuo avversario dice così: tu stai qui per lussuria, o per agguato, o per lo prò’ di tuo amico. Tu puoi bene affirmare, come qui sii per lo prò’ di tuo amico ^

1) Corretto è in ha, col ms. Vis. e col i: Va ainsi conclus.

2) Ommesso il punto, e corretto e, che è pure nel ms. Vis. in che, col T: car.

3) Corretto e ferraare in è bene afermare, che ha riscontro appresso col t: et bien affermer. Il ms. Vis. è conforme alle stampe.

4) Aggiunto coi mss. Ambr., Gianf. e Vis. M. 47, 48, L. 46, Pai. tv, puoi bene affermare, come qui sii per lo prò di tuo amico. Il t: tu pues bien affermer que lu i soies por U profit ion ami.

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218
Semplice conclusione è, quando il parlatore

conclude quel che vole per la forza d’ una cosa (ir ("^ (lotta innanzi. E questo ò in due maniere; egli lo prova por necessità, o per sembianza di necessità. Che s’ egli prova per necessità ’, tu non lo * puoi contraddire; che se dice: Questa foraina ò grossa; dunque giacque con uomo; e se quest’ uomo fiata, dunque è egli vivo; certo non potrai dire contra. Ma s’ egli pare di necessità "’ in questa maniera; S’ ella è madre, dunque ama ella i figliuoli; certo tu ’1 potrai ben riprendere, e mostrare che cìì’j non sia per necessità, anzi può essere in altra maniera *.

1) Aggiunto col ms. Vis. egli lo prova per necessità, o per sembianza di necessità. Il t: ojt il le prueve par nécessité, ou par semblance de necessiè.

2) Aggiunto lo, col ras. Vis. e col t: tu ne le puez.

3) Ommesso si è dopo necessità, perchè guasta il senso, e manca al t. Il ms. Vis. vari^

4) Corretto per maniera in in altra maniera, coi mas. Vis. M. 36, Rice. Pai. e col t: tout autrement.

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219
Capitolo LX.

Del secondo diflfermamento ’.

Lo secondo diiferma mento si è, quando tu conosci che ’1 proponimento. o V impresa di tuo avversario sia vera; ^ ma tu nieghi la sua^ conclusione, però che quella non nasce di quel che tu avevi conosciuto, anzi conclude altra cosa che non dee, ne può. Ragione come: Le genti della cittade andarono nell’oste, e addivenne che quando tu andavi, una infermità ti prese nella via, che non ti lasciò andare infìn all’ oste, sì che tuo avversario te ne accusa *. e conclude in questa maniera: Se tu fossi venuto nell’ oste, nostro contestabile vi t’ avrebbe veduto; ma egli non ti vide; dunque non vi volesti tu venire. Or guarda, che in questo argomento tu affermi bene il proponimento di tuo avversano, cioè che se tu fossi stato.

1) Il T: De difermament qui nie la conclusion.

2) Aggiunto ma, che manca pure al ms. Vis. con M. 47, 48 e col t: mais.

3) Aggiunto sua che manca pure al ms Vis, col t: sa conclusion.

4) Ne accusa, manca al t. È nel ms. Vis.

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220
li contestabili vi t’ avrebbero veduto, ed afferma

l’impresa, cioè ch’elli non ti videro; ma la sua ’ conclusione non nasce di ciò; che là ov’egli dice, che tu non vi volesti andare, egli non dice vero; però che tu vi volesti ben andare, ma tu non potesti. Ma questo esemplo è sì chiaro, e sì aperto, che gli è leggier cosa a conoscere lo suo vizio; e però vi volo lo maestro mostrare un’ altra ragione " ed un altro esempio più sicuro ad intendere, per meglio insegnare quello che appartiene al buon parlatore. Che là ove li vizii sono scuri ad intendere, e’ può ben essere provato sì come s’egli fosse vero; e ciò può essere in due maniere; perchè egli crede che tu affermi al certo una cosa dottosa; o perchè crede, che non ti sovvegna di quello che tu abbi affermato, o riconosciuto. Che s’ egli crede, che tu abbi affermato al certo ^ una cosa dottosa, per che * tuo avversario ti conclude; allora ti conviene immantinente mostrare ^

1) Aggiunto sua che manca pure al ms. Vis. col t: sa conclusion.

2) Aggiunto un’ altra, coi mss. Vis. M. 36, L. 23 e col T.

3) Aggiunto al certo, che ha riscontro poco sopra. Manca nel ms. Vis. È nel x: a certes.

4) Mutato perchè in per che, col t: por quoi.

5) Aggiunto immantinente, che manca pure al ms. Vis. col T: tu maintenant.

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221
r intendimento che tu avevi quando tu aiformasti ’

quella cosa, e dire eh’ egli ha recato suo argomento ed altra cosa. Ragione come: tuo avversario dice così: Tu hai bisogno d’argento, e tu aflermi che sì, secondo la tua intenzione, ciò è a dire, che tu ne vorresti avere più gran somma che tu non hai; ma tuo avversario pensa altra cosa, e dice così: Tu hai mestiere d’ argento, che se ciò non fosse, tu non faresti mercanzia: dunque se’ tu povero. Guarda dunque, ch’egli ti conchiude ^ per altra intenzione; e però puoi tu differmare suo argomento, eh’ egli piegò e mutò ciò che tu intendevi. ^ Ma s’ egli pensa che tu abbi dimenticato quello che tu hai conosciuto, e come * egli no farà una malvagia conclusione contra te, in questa maniera: Se il reditaggio del morto appartiene a te, ciascuno dee credere che tu r uccidessi. E sopra questo motto, tuo avversario dice molte parole, ed assegna piiì ragioni da pro 1) Mutato fermasti in affermasti, che ha riscontro poco sopra, col ms. Vis. e col x: tu affermas.

2) Corretto ti conviene in ti conchiude, coi mss. Ambr. e Vis. e col t: te conchst.

3) Corretto tuo in suo, pieghi in piegò, muti in mutò, intendi in intendevi, coi mss. Fior, e col x: son argument, car il deploia et mua ce que tu entendoies.

4) Corretto come egli ne in e come: egli ne, col ms. e col X: et comment: il en fera.

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222
varo su:i causa ’. E quando of^li lia ciò fatto, o’ *

prende suo argomento, e dice: Senza l’alio lo roditaprgio appartiene a te, dunque V hai tu u’^ciso. Guardati dunque, che questa conclusione non sia ^ di (;ìò, che il reditaggio appartiene a to; e però ti convi(;no diligentemente guardare la l’orza di suo argomento, d’ onde egli tragge, e come *.

Capitolo LXI.

Del terzo differmamento

Lo terzo differmamento è quando tu dici che r argomento di tuo avversario è vizioso. E può essere in due maniere. perchè il vizio è nel 1) Mutato ancora cosa in causa, col t: cause.

2) Corretto e in e’, col t. il, ms. Vis. elli.

3) Corretto esce in sia, col t: soil. Il ms. Vis. escisse.

4) Corretto e come egli lo ritragge in d’ onde egli lo tragge, e come, col ms. Berg. Fior, e Vis. e col t: dont il le trait, et comment.

5) Il r: Comment on doit deffermer l’argument qui est vicions.

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223
l’argomento medesimo; o ’ per ciò che non appartiene

a quel che ’1 parlatore ’ propose.

E sappiate, che vizio è nell’argomento, quando egli è tutto ^ falso, o comune, od universale, o leggieri, o lontano, o male appropriato, o dottoso, certo, non affermato, o laido, o noioso, o contrario, mutabile, od avversario.

Falso è quello, che è appartenente di menzogna \ Ragione come: Nullo potrebbe essere savio che dispregia i danari: Socrate dispregiò ^ i danari: dunque non fu egli savio.

Comune è quello, che non appartiene piti a te che a tuo avversario. Che se tu dici così: Io dirò brevemente, perciò eh’ io aggio diritto; altresì lo può dire tuo avversario come tu.

Universale è quello), che può essere retratto sopra alcuna altra ^ causa che non è verace, in

1) Aggiunto 0, col ms. Vis, e col t: ou parce qu’ il.

2) Ommesso lo prima di propose, perchè manca al ms. Vis. ed al t.

3) Aggiunto neW argomento, quando egli è, col M. 47 48, e col T: en l’ arpimeìit, quant il est. La lacuna è pure nel ras. Vis.

4) Corretto dee appartenere a in eh’ è appartenente di, col M. 47 e Rice, e col t: qui est apartenant de men— congés.

5) Corretto dispregia in dispregiò, col t.

6) Mutato ancora cosa in causa, col t: cause.

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224
quosta maniera; Signori giudici, io non mi sarei

messo in voi, se io non credessi avere lo diritto.

Leggiero si è in due maniere. L’una eh’ « detto a torto ’, sì come lo villano elio dice: S’io avessi creduto r-ho’ buoi mi fossero imbolati, io avorei serrata la stalla. L’altra maniera ò a coprire una laida cosa di leggiere covertura, sì come fé’ lo cavaliere, che abbandonò suo re quand’ egli era in sua alta ’ signoria; e quando lo re fu esiliato ^, suo cavaliere lo scontrò un dì, e disse: Signore, voi mi dovete perdonare perchè io v’abbandonai, però ch’io m’apparecchiava * di venire io solo ^ al vostro soccorso.

Lontano è quello argomento, che è preso troppo lungi, sì come fé’ la cameriera di Medea, che disse: Dio volesse, che ’1 legname non fosse tagliato di che le navi furon fatte!

1) Corretto tardi, che è pure nel ms. Vis. in a torto, col T: à tort.

2) Corretto 5« in sua, col ms. Vis. e col t: sa haute seignorie.

3) Corretto disertato in esiliato, col t: essilliez. Il ms. Vis. diseretato.

4) Mutato apparecchio, che è pure nel ras. Vis. in apparecchiava, col T: appareilloie.

5) Corretto son in solo, coi mss. Vis. M. 36, 47 col t: seul.

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225
Male appropriato si è in tre maniere. Una

che dice le proprietà, die altresì ’ sono comuni ad un’ altra cosa. Che se ^ tu mi domandi delle proprietà dell’uomo che e ^ discordevole, io dico che discordevoli son quelli che son malvagi, e noiosi intra gli uomini: certo queste proprietà non sono più di un discordevole ^ che di un orgoglioso, d’un folle, e d’un altro mal uomo. La seconda maniera dice tali ^ proprietà, che non son vere, anzi false. Che se tu dimandassi delle proprietà di sapienza, ed io dicessi che sapienza non è altro che guadagnare argento, io ti direi falsa proprietà. La terza maniera dice alcuna proprietà, ma non tutte. Che se tu mi dimandassi

1) Corretto altri sa che in altresì, coi mss. Vis. e Fior, e col T: aulressi.

2) Aggiunto se col ms. Vis. e col t: se tu.

3) Corretto son discordevoli, che è pure nel ms. Vis. in discordehole, colla grammatica, e col t: est descordable.

4) La stampa certo queste proprietà non sono più discordevoli che l’ orgoglio d’ un folle, che d’ «jj altro nomo. Il ms. Vis. più discordevole dell’ orgoglio o d’ un folle, o d’ un altro mal tiomo. Corretto non sono più di ttn discordevole, ma di un orgoglioso, d’ un folle, e d’ un altro mal uomo. Col T: ne sont plus doit descordable, que de l’ orguilloìis, ne que doue, ne que d’ tm autre mauvais home. In luogo à’ìfel, quattro codici del Chabaille leggono fol. Il ms. Bcrg. concorda colla correzione di tutto questo periodo.

5) Corretto e’ di in dice, col ms. Vis. e col t: dit.

15

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226
22G

delle proprietà di follia, ed io dicessi, che lollia è desiderare alta nominanza, certo, già sia ’ ciò follia d’alcuna parto, non dico di tutte le proprietà di follia.

Dottoso ò quell’argomento, che per dottose cause ’ volo provare una dottosa cosa in questa maniera: Signori principi della terra, voi non dovete avere guerra l’ un con l’ altro, però che li Dei che gove’nano i movimenti del cielo, non combattono ^

Certo è queir argomento quando il parlatore conclude quel medesimo che suo avversario conferma, e lascia ciò che si dovrebbe provare, sì come fece l’avvversario di Orestes. Quando dovea mostrare che Orestes avea morta sua madre a torto, egli mostrò eh’ egli l’avea uccisa; e ciò non bisognava, però che egli no ’1 negava, anzi dicea eh’ egli l’avea uccisa a diritto.

Non affermato argomento è quando il parlatore dice molte parole e confermamenti * sopra ad una cosa, che suo avversario niega pienamente.

1) Mutato si è, coi ms. Ambr. e Fior, in sia.

2) Mutato ancora cose in cause, col t: causes.

3) Il t: ne s’ entre combatent mie.

4| Corretto parole di confermamenlo in parole e confermamenti, col t: mult de paroles, el de con/ermcnient. Il ms. Vis. pai-ole e di eonfermauenlo.

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227
Ragione come/: Ulisse fu accusato eh’ egli avea

morto Aiace; ma egli dicea che non avea; e tuttavia suo avversario facea gran remore, che ciò era laida cosa molto, che ^ un villano uccidesse un così nobil cavaliere.

Laido argomento è quello, eh’ ò disonesto per ragione del luogo, ciò è adire eh’ egli l’ha morto ^ innanzi l’altare. per ragione di colui che lo dice *, cioè se un vescovo parla di femine, o di lussuria. per ragione del tempo, cioè se il dì di pasqua l’ uomo dicesse, che Cristo non resuscitò. per ragione degli auditori, cioè se dinanzi a religiosi l’ uomo parla di vanità, e di diletti del secolo. per ragione della cosa, ciò è a dire, che chi parla della santa croce, non dee dire eh’ ella sia forche.

1) Aggiunto Ragione corâe, col ms. Vis. e col t.

2) Mutato e, che è pure nel ms. Vis. in che, col t: que.

3) Corretto motti in eh’ egli ha morto, col t: qu’ V ait mort devant V hotel. Il ms. Vis. e di adurre morti davanti l’altare.

4) Corretto li in lo, col t: li dit.

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228
22S

Noioso ò quello, nlio noia a ’ la volontà degli auditori; elio se dinanzi a’ prestatori ’ io lodassi la leggo che danna l’usura ^ certo mio argomento noierebbe agli auflitori.

Contrario ò quello, (juando il parlatoi-o dice contra quello che gli auditori farebbero. Ragione come *: Io vo dinanzi ad Alessandro ad accusare alcun prode uomo che avesse vinta una città per forza d’arme, a dire: che al mondo non è sì crudel cosa, come è" a vincere una città per forza, e guastarla. Certo cotale argomento è molto contrario, però elio Fauditore, cioò Alessandro, distrusse più città e castella.

Mutabile si ò quando il parlatore d’ una medesima cosa dice due diversità che sono V una contro l’altra, secondo ciò che un uomo ^ dice:

1) Aggiunto a, coi mss. Fior, e perchè ha riscontro appresso: nojereòbe ayli audilon.

2) Corretto predicatori in prôstatori, col M. 48 e col t: presteors. È curiosa questa variante, h non senza malizia, di prestatori ed usi(.ra in predicatori e lussuria. Il L. 46 per salvare i predicatori: lodassi la h’/i/e che la divina iscriptura.

3| Corretto lussuria, che è pure nel ms. Vis. in l’usura col T: /’ usure.

4) Aggiunto Ragione come, col ms. Vis. e col t,

5) Corretto l’uomo in un uomo, coi mss. Fior, col t: uns hom disi.

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229
Chi ha ’ la virtù, non ha mestiere d’altrui a ben

vivere; e poi appresso disse egli medesimo, che nullo può ben vivere senza sanità. Ed un altro quando ebbe detto ch’egli serviva ^ suo amico per amore, e poi appresso disse, eh’ egli attendeva di lui gran servigio.

Avversario è quello argomento, che più fa contro il parlatore, che per lui; che se io volessi confortare li cavalieri a battaglia, ed io dicessi: Vostri niraici sono grandi e forti e ben agurosi, certo questo sarebbe più contra me, che per me.

Or conviene dire dell’altre maniere d’argomento viziose ^ cioè quando egli non appartiene a quello che ’1 parlatore propose. E questo può essere in molte maniere; cioè se ’1 parlatore promette che dirà più cose, e poi non dice se non una: o s’ e^’li dee mostrare tutto, e sì non mostra più che l’ una parte. Ragione come ^: Se ’1 parlatore volesse mostrare che tutte femine sien avare, ed egli non mostra se non d’ una o due.

1) Corretto che, che è pure nel ms. Vis. in chi ha, col T: qiiiconques a les vertus.

2) Corretto seguiva, che è pure nel ms. Vis. in serviva, col T: servait.

3) Corretto argomenti viziosi, che è pure nel ms. Vis. in argomento vizioso, colla g’rammatica e col t: d’argument qui est vicions.

A) \\ T\ ce est à dire.

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230
s’ egli non si tli fende di quel cli’ egli ’ ) biosiniato,

secondo che fò Pacuvio ^ (juando volse difenderò musica biasimata per piTi. egli non la difese, ma egli lodò molto sapienza. Cosi fò quegli eh’ era biasimato di vanagloria, eh’ egli non so ne difese, anzi disse eli’ egli ^ era molto fiero od ardito d’ arme. se la cosa ò biasimata per lo vizio dell’ uomo, sì come fanno quelli che dicono malo della santa chiesa per la malvagità de’ prelati. se io volessi lodare un uomo, ed io dicessi ch’egli fosse molto ricco e bene aguroso, e non dicessi ch’egli avesse niuna virtù. s’io faccio comparazione intra due uomini, od intra due cose; in tale ^ maniera ch’egli non creda ch’io possa l’ una lodare senza biasimare l’altra, o s’egli loda l’una, e non fa dell’altra menzione. Come ^ se noi fossimo al consiglio per

1) Corretto che gli in eh’ egli, col t: il est hlasmez. Il ms. Vis. che biasimato.

2) Corretto Paces, che è pure nel ms. Vis. in Pacuvio, col T: Pacuves.

3) Aggiunto non se ne difese, anzi disse eh’ egli, coi mas. Ambr., Vis. e Fior, e col t: ne se defendi pas, ainz dit.

4) Corretto od in olirà maniera, che è pure nel ms. Vis. in tale maniera col ms. Vis. è col t: en tele maniere.

5) Corretta l’ interpunzione, ed aggiunto: se col ms. Vis. e col T. comme se.

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231
vedere ’ quai è meglio o la pace, o la guerra,

e io non finissi di lodare la pace; ma della guerra non facessi altra menzione: o se io dimandassi d’ una certa cosa, e tu mi rispondessi d’ una generale; che se io ti dimandassi dell’ orso ^ se ’1 corre, e tu mi dicessi eh’ un uomo ed un animale corre ^: o se la ragione che il parlatore rende è falsa; che s’ egli dice che’ danari sono buoni, però che danno più felice vita che cosa del mondo, certo la ragione è falsa, però che’ danari danno ad altrui grandissimo travaglio e mala ventura, secondo Iddio, e secondo il mondo: o se il parlatore rende fievoli ragioni di suo detto, sì come dice Plauto *: Egli ^ non è buono (diss’ egli) che r uomo castighi suo amico del misfatto anzi tempo, e però non voglio io oggi castigar lo mio amico dal mal eh’ egli ha fatto: o se il parlatore rende

1) Mutato provvedere in vedere, col ms. Vis. e col t: eslablir.

2) Corretto dell’ uomo in dell’ orso, col t: de l’ors. Il ms. Vis. vana, è cosi molti mss. in modo comico.

3) Aggiunto nn tiomo ed, col t: uns hom, et uns animaus courz.

4) Corretto fece Plaustro, il ms. Vis. Plauctus, in dice Plauto (V. Illustrazioni) Erroneamente il t: Platons dit, colle varianti, Plautus di tre codici, Plauciìis, di due del Chabaille.

5) Omme.?so ed, col ms. Vis. e col t: il n’ est mie bon.

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232
tal rai^iono di suo dotto, ohe sia quel dotto inedcsiino;

chò so dico elio avarizia h tropj)0 mala cosa, poro che cupidità d’argento ha fatto g-ià molti dannaggi, o molto grandi ’, a molto genti; corto avarizia o cupidità sono una cosa: o so il parlatore rendo picciolo ragioni là ov’ egli le potrebbe rendere più grandi; che se dice, buona cosa ò amistà, perù che l’ uomo n’ha molti diletti, certo egli può rendere migliore ragione, e dire, che n’ ha molti beni, ed onestà, e virtudi.

Capitolo LXll.

Del quarto differmamento..

Lo quarto differmamento si è, quando tuo avversario ha dotto suo argomento, tu no dici un altro contra altresì forte, o più; e tale argomento appartiene più nelle contenzioni ^, che son su

1) Aggiunto e molto grandi, col t: el maint grant. Il ms. Vis. molli grandi dannagyi.

2) Il t: De deffermement qui dit aussi fermes raison, ou plus que ses aversaires.

3) Corretto:^/ conti in nelle contenzioni, coi mss. Fior, e t.

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prender consiglio \ che in altre cose. E nota, che

questo differmamento può essere fatto in due maniere.

La prima si è, quando tuo avversario dice una cosa che tu consenti, e così è ella fermata; ma incontanente tu dici incontra più ferma ragione eh’ è fermata; per necessario argomento; come là ove Cesare dicea: Noi dovemo perdonare a’ congiurati, però ch’elli sono nostri cittadini. Vero è, disse Catone, che elli sono nostri cittadini *, ma s’ elli non sono dannati, e’ conviene a forza che Roma sia distrutta per loro.

La seconda maniera si è, quando tuo avversario dice d’ una cosa che l’ è utile, e tu dici che l’è vera ^ ma tu mostri immantinente, che quello che tu dici ■* è onesta cosa, che senza fallo onestà, è più ferma cosa che utilità, od altrettanto.

1) Ommesso dopo consiglio: Né l’intenzione che "sofi’a consiglio, ripetizione viziosa, clie manca ai mss. Ambr. e Gianf. e Vis. ed al t.

2) Ag’g-iunto vero è, disse Calone, che elli sono nostri cittadini, eoi 3 Magliabeccli. e col t: voirs est, dit Catons, que il sont nos citeien.

3) Mutato vero in vera, colla grammatica e col t: voir est.

4) Corretto ch’egli dice in che tu dici, col senso, e col T: que je di. Usa io, anzi che tu, in tutto il periodo. Il ms. Vis. concorda colle stampe.

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234
Qui tace ora il maestro a parlare della quinta

parto del conto’, cioò del difformamento; di che egli ha detto ciò ch’egli ne sa dire; e dirà della sesta; cioò della conclusione.

Capitolo LXIII. Della sesta parte, cioè conelusiono -,

Appresso la dottrina del differmamento, e di tutte lo prime cinque parti del conto, viene la diretana, cioè la conclusione, cioè là ove il parlatore conclude sue ragioni, e fa fine a suo conto. Ma non per tanto noi troviamo che Ermagora nel suo libro, dice che innanzi alla conclusione si dee mettere lo trapasso, e cosi facea sette parti nel conto. Ma il sapientissimo Tullio, che di ben parlare passò tutti gli altri uomini, biasima troppo

1) Corretto delle cinque parti in della quinta parte, col senso e col T: de la cinquieine branche. Il ras. Vis. della quinta branca.

2) Il T: De la siseime branche don conte, ce est de la conclusion, qui est la derroine.

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235
la sentenza di Ermagora. E voi avete bene udito

in addietro, clie trapasso si è quando il parlatore esce un poco di sua materia propria, e trapassa ad un’ altra per lodare sé, o sua parte, o ’ biasimare suo avversario, o sua parte; o per cagione di confermare, non per argomento, ma per accrescere la causa ^, secondo che ’1 maestro divisa qui in addietro, nel capitolo come l’uomo puote accrescere sua causa, o ^ sua materia, e molti altri luoghi. Di questo trapasso dice Tullio, che non è, ne ^ dee essere per sé parte ^ del conto, anzi è sottomesso agli argomenti delle parti del conto ^

E però tace ora il maestro, e dice, che conclusione è l’uscita ’, e la fine del conto. E sap 1) Corretto e in o, col senso, (e col t: ou.

2) Mutato, come cento altre volte, concordando sempre colle stampe il ms. Vis. cosa in causa.

3) Aggiunto sn,a causa, o, che manca pure al ms. Vis. coIt: sa cause, ou.

4) Aggiunto è, né, col ms. Ambr. col Vis. eucol t: est, ne.

5) Corretto somiglianza in fer sé parte, col ms. Ambr. col Vis. e col t: ne doit estre tout par lui.

6) \Aì!:i è sottomesso agli\ argomenti delle parti del conto, glossa di Bono, che è pure nel ms. Vis. il quale traduce, come sopra, branche in luogo di parti.

7) Corretto uscio in uscita, col ms. Vis. e col t: V issue.

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236
piate, che la conclusione ha tre parti, cio^ riconto,

disdegno, e pietà; ed udirete di ciascuna Darlo.

Capitolo LXIV..

Del riconto.

Riconto è quella fine del conto, in che ’1 parlator dice brevemente, ed in somma riconta ’ tutti suoi argomenti, e le ragioni eh’ egli ha contate nel suo detto, l’ una qua e l’altra là, ed egli le riconta in brevi parole per recarle alla memoria degli auditori più fermamente. Ma però che se ’1 parlatore facesse suo riconto d’ una marniera solamente, gli auditori ne sariano sospetti, e crederebbero che ciò fosse cosa pensata, sì " ti conviene spesso variare, e ricontare, ora in una ma 1 Corretto ed insieme in suo riconto in ed in somma ricanta, eoi t: el en somme reconle. Il ms. Vis. hreveviente in suo riconto.

2) Ommesso che prima di ti, coi mss. Amb. Gianf. e Vis.

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237
niera, ed ora in un’altra, secondo clic si dirà

qui di sotto. E puoi bene alcuna volta riconiare la somma di tutti gli argomenti tuoi per so; che ciò è assai leggieri cosa a dire, e nd intendere.

Alcuna volta puoi tu ricordare ’ tutte le parti che tu dici nel tuo divisamente, e che tu prometti di provare, e^ ricordare tutte le ragioni, e come tu le hai provate, e confermate. Alcuna volta puoi tu dimandare gli auditori, in questa maniera: Signori, che dimandate voi ? che altra cosa volete voi più? Io vi ho detto, e provato, questo e quell’altro. In tale maniera ricordi tuo detto, e tuoi argomenti, che gli auditori ricorderanno meglio, e crederanno * che tu non abbi più a provare \

Alcuna volta puoi tu ricordare le ragioni tue, e tue provo, senza dire alcuna delle ragioni di tuo avversario ^ ed alcuna volta dire di sue ra 1) Ommesso a prima di parti, coi mss. Ambr. Vis. e Fio.

2) Omraesso di prima di ricordare, vizi-^.sa ripetizione dello scrivano: manca al t.

3) Aggiunto meglio, e crederanno coi ms.s. Vis. e Fior, e col t: mieulx, et cuideront.

4) Il T; que il n’ à ait plus a prover.

5) Aggiunto ine, e tue prove, senza dire alcuna delle ragioni, col ms. Vis. e col t: les rainons, et prover sanz noiant dive des raisons.

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238
2.38

gioni ’ (li suoi argomenti appresso li tuoi, in tal maniera, che quando tu dici uno do^li argomenti di tuo avversario, tu diclii immantinente come tu r hai dilformato "; elio questa ò una maniera di ricontare, porchò gli auditori si ricordino di tutto ciò che tu hai confermato e differmato.

Alcuna volta puoi tu nominare alcun altro uomo, sì come egli parlasse, e metter sopra lui tuo riconto, in questa maniera: Io v’ho ben insegnato e mostrato questo e quell’ altro; ma se fosse qui Tullio, che gli addimandereste più ?

Alcuna volta puoi tu nominare alcun’ altra cosa che non sia uomo, sì come legge, o un ^ libro, una città, od altre cose simigliami, e mettere sopra lui tuo riconto, in questa maniera: Se la legge potesse parlare, non si ripiangerebbe ella dinanzi da voi, e direbbe: Che volete? Che dimandate più ? Quando l’ uomo prova quello e queir altro, e mostra chiaramente, come voi avete udito contare.

1) Di sue ragioni, manca al t forse aggiunto dall’ amaiiuense per compensare il lettore dell’ ultima lacuna. È aggiunto anche al ms. Vis.

2) Ut: de ferme et dejfaciè.

3) Ommesso altro, prima di libro, perchè manca al ms. Vis. ai Fior, ed al t

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239
E sappi, che in queste due maniere, cioè d’un

altro corpo d’ uomo, o d’ un’ altra cosa, puoi tu seguire tutte le varietà, che sene poste qui di sopra.

Ma la general dottrina di tutte maniere di ricontare, si è, che da ’ ciascun de’ tuoi argomenti tu sappi trascegliere, e prender quello che più vale, e ricontarlo al più breve che tu puoi, in tal maniera, ch’egli paia che la memoria sia rinovellata, e non il parlamento.

Capitolo LXV.

Come nasce lo disdegnamento -.

Disdegnamento è quella fine del conto, in che il parlatore mette un corpo d’ uomo, od altra cosa, in grande odio, ed in gran malavoglienza. E sappiate, che questo disdegno nasce di quel medesimo luogo di che nasce il confirma 1) Aggiunto da che manca pure al ms. Vis. col t: de chasctin.

2) Il T: desdeinrj.

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240
monto, od il disforraamento, e dolla propriolà del

corpo dolla cosa, secondo che divisa il libro qiu\ in dietro in quo’ capitoli ’, elio quelli son luoghi por li quali l’uomo può accrescere l’ oiï’ese, e forfatti, e disdegni tutti. Ma non per tanto lo maestro insegna qui dottrina, che appartiene dirittamente a disdegno.

E nota, che li luoghi che appartengono a mostrar disdegno son quindici ^

Lo primo Inogo di disdegno si è preso per autorità, ciò è a dire, quand’ io dico, che la cosa è stata di grande istudio a Dio. ed agli uomini di grande autorità; e ciò può esser mostrato per ragioni di sorti ^ o di divino comandamento, o di profeti, o di miracoli, o di simiglianti cose. Altresì può egli esser mostrato per ragioni di loro antichi, o di nostro signore, o della città, o della gente, o di trasavi uomini, o del senato, o del popolo, di quelli che fecero la legge. Vero fu che quando Giuda abbandonò li discepoli per la sua tradigione, gli altri apostoli gittaro le loro

1) Corretto quel capitolo in que’ capitoli, col ms. Vis. e col T: en ses chapilles Così anche i ms. Amb. e Gianf.

2) E nota che //li luoghi che appartengono a mostrar iisdegno sono quindici, manca al testo, ed al ms. Vis. ed e glossa del Volgarizzatore.

3| Corretto ^Hon, che ò pure nel ms. Vis. in sorti, col t: par raison de fors. La correzione è ripetuta poi.

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241
sorti per vedere chi dovesse essere messo in suo

luogo: le sorti vennero sopra Mattia; e fu apostolo in luogo di Giuda. Ma s’egli se ne fosse iscusato ’. e non fosse voluto essere, l’ uom potrebbe metter lo disdegno sopra lui, in questa maniera: Nullo ti dee amare, quando tu riiìuti quello che Iddio ha mostrato di queste sorti. Di quest’esempio si passa lo maestro, perchè basta bene ad intendere gli altri luoghi detti dinanzi.

Lo secondo luogo di disdegno si è, quando il parlatore cresce lo forfatto per cruccio, e mostra a cui appartiene; che s’ egli è contra tutti gli uomini, contra li più, ciò è gran crudeltà, e s’egli è contra li maggiori, e * che sono più degni di noi, ciò è grande disdegno. E se ciò è contra nostri pari ^ ciò è grande disdegno ^, e gran malvagità. E se ciò è contra li fievoli, ciò è grande ferità.

Lo terzo luogo di disdegno è preso, quando il parlatore dice altresì come dimandando % il

1) Il t: mais se il se Just escondiz.

2) Aggiunto e, che manca pure al ms. Vis. col t: et qui sont.

3) Corretto padri, che è pure nel ms. Vis. in pari, coi mss. Ambr. e Gianf. e col t: pares.

4) Grande disdegno, manca al ms. Vis. ed al t.

5) Corretto dimandò in dimandando coi mss. Ambr. e Vis. e Fior, e col t: en demandant.

16

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242
malo elio ne può addiveaire, so gli altri faceano

quel cho suo avversario ha fatto. E che se Tuonio gli perdona questo misfatto, molta gonte so ne ardirà di fare colali maggiori viltadi ’, onde puote addivenire grande pericolo.

Lo quarto luogo è, quando il parlatore dice a’ giudici, che molte genti guardano a quel ch’egli ordineranno sopra quel misfatto, per sapere quello che lor * convenia di fare, e ^ s’ elli perdonano a lui.

Lo quinto luogo è, quando il parlatore dice, che se tutti altri giudici fossero contra il diritto, potrebbero esser ammendati; ma questo peccato ha tal natura, che ciò che ne tìa giudicato una volta sarà stabilito, che non si potrebbe rimovere per altra sentenza, o por giudicio d’alcuno.

Lo sesto luogo si ò, quando il parlatore dice che suo avversario ha fatto ciò appensatamente e per consiglio: e che nullo dee perdonare lo misfatto che l’uomo fa * appensatamente, già sia

1) Corretto opere in viltadi, col t: villez. Il ras. Vis. M. 47, 36, L. 23 colali e peggiori opere.

2) Corretto li in lor, coi mss. Fior.

3) Aggiunto e, che manca pure al ms. Vis. col t: et se il pardonent.

4) Aggiunto che l’ uom fa, col t: tjtce V om fait. Il ms. Vis. li forfatli eh’ egli mostra di suo grado.

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243
ciò che r uomo alcuna volta debba ’ perdonare a

quelli che operano contra loro grado, e no ’1 sappiano.

Lo settimo luogo si ò, quando il parlatore sì dice, che suo avversario per sua possanza e per sua ricchezza ha fatto una crudele cosa, e sì disperata, come ch’ella è a udire.

L’ ottavo luogo si è, quando il parlatore dice, eh’ è una pessima cosa che non fu unquanche veduta, ne udita; e che nullo tiranno, né nulla bestia ^ ne giudei, né pagani non l’osaro unque fare, cioè contra suo padre, o contra suoi figlioli, contra moglie, o contra suoi parenti, o contra suoi sudditi, contro suoi antichi, o contra suo oste, contra suo vicino, o suo amico, o suo compagno, suo maestro, o contra morti, o contra prigioni, contra fievoli, o contra quelli che non si movano ad aiutare, come sono fanciulli, o vecchi, femine, o malati; che di tutte colali cose nasce un crudele disdegno, perchè gli auditori sono fieramente commossi contra quelli che fanno cotali cose, e ^ simili opere.

1) II T: on puist.

2) Aggiunto né nulla bestia, col ms. Vis. e col t: ne nule heste.

3) Aggiunto cose e, col mg. Ambr. e col t: lei chose, et semblable oevres. Il ms. Vis. fanno colale, e somiglianti.

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244
liO nono luogo ò, quando il parlatore ricorda

un’altra ^lan malvagità provata, e dice, che ciò che suo avversario ha l’atto, è d’ assai più grave e ’ di maggiore pericolo che quell’ altra.

Lo decimo luogo ò, quando il parlatore ricorda tutta quanta la bisogna per ordino, sì come fu nella cosa facendola, e che ^ fu appresso fino alla fine, e cresce lo disdegno e la ^ crudeltà di ciascuna cosa per sé, tanto come può, e lo dimostra agli auditori, sì come eglino l’avessero veduto in loro presenza.

L’ undecime luogo è, quando il parlatore dice, che colui che ha ciò fatto no ’1 doveva fare, anzi dovea mettere l’anima ed il corpo * per difender che ciò non fosse mai fatto.

Lo duodecimo luogo è, quando il parlatore dice sì come per cruccio, che l’ uomo ha ciò fatto a lui prima che mai non fosse fatto a nessuno.

Lo terzodecimo luogo è, quando il parlatore dice, che ^ oltra i mali che suo avversario gli ha

1) Mutato in e, eoi ms. Vis. e col t: et.

2) Corretto chi in che, coi mss. Ambr. Vis. e Gianf.

3) Corretto della in e la, col ms. Vis. e col t: et la cruantè.

4) Il T; cuer et cors.

5) AggMunto dice che con M. 47, o col t.

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245
fatto, e’ gli disse ’ molto crudeli motti, e rimprocci,

e minacele.

Lo quartodecimo luogo è, quando il parlatore priega gli auditori che si rechino sopra loro lo torto che l’ uomo gli ha fatto, ciò è a dire, che se il male è di garzone, eh’ elli lo rechino sopra li loro garzoni, e se è di femina, eh’ elli lo rechiuo sopra le loro femine.

Lo quintodecimo è, quando il parlatore dice, che ciò che gli è addivenuto, dovrebbe ^ esser paruto grave e crudele al suo avversario.

Ed in somma ciò che ’1 parlatore dice per disdegno, egli lo dee dire più gravemente che egli mai può, sì che mova li cuori de’ suoi auditori contra suo avversario; che questa è una cosa che molto aiuta a suo fatto ^, quando gli auditori son mossi per cruccio contra il suo avversario.

1) Corretto egli dice in e’ gli disse, con M. 43, e col t.

2) Il T: suelt sembler grief.

3) Il T: movAt profite à sa cause.

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246
Capitolo LXVJ.

Di acquistare pietà

Pietà è un detto, che alla fino acquista misericordia dagli auditori. E però il pai latore clic volo finire, e concludere suo detto per pietà, dee fare due cose. L’ una è, eh’ egli addolcisce li cuori degli uditori ■ in tale maniera, che non abbiano nullo turbamento contra lui: e s’ elli l’hanno, sì gli torni a bonarità. L’altra è, ch’egli faccia che gli auditori abbiano misericordia di lui, ciò è a dire, clie a loro pesi * di suo danno; però che quando gli auditori son a ciò venuti, ch’elli sono di buon aire, e che non hanno nullo turìjamento, e che a loro pesa del tuo * male, certo elli son leggermente commossi a pietà. Ed a ciò

\) lì t: De pitie.

2) Aggiunto deffli uditori, col ms. Vis. e col t; des oianz.

3) Corretto pesasse in pesi, col ms. Vis. e col t: foise. Il ms. Ambr. incresca, mss. Fior. pesi.

4) Corretto suo, clic e pure nel ms. Vis. in Iv.o, col senso, e col T: ton mol.

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247
fare dee il parlatore tornare alli comuni luoghi *,

cioè a forza di fortuna, ed alla fievolezza degli uomini; che là ove tu dici bene queste cose, e’ non sarà di sì duro cuore, eh’ egli non torni a misericordia, e massimamente quando penseranno che r altrui male possa venire sopra loro, e sopra le loro cose.

E sappiate, che li luoghi che appartengono ad acquistare pietà, sono sedici.

Lo primo è, quando il parlatore conta li beni eh’ egli soleva avere in addietro, e mostra li mali che gli convien sofFerire al presente.

Lo secondo è, quando il parlatore mostra li mali che ha avuto in addietro, e quelli che ha al presente, e quelli che avrà al futuro.

Lo terzo luogo è, quando il parlatore si compiange, e numera i suoi mali, sì come ’1 padre piangesse la morte di suo figliuolo, e nominasse lo diletto eh’ egli avea di sua gioventù, e la speranza eh’ egli avea di lui, ed il grande amore che gli portava, il sollazzo, il nutrimento, e l’altre cose simili.

Lo quarto luogo è, quando il parlatore si compiange che egli ha sofferto, o che gli con 1) Corretto al cornuti luogo, che è pure nel ms. Vis. in alli comxmi luoghi, coi mss. Berg-. e Gianf. e col t: es communs leus.

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248
viene sofforiro laide coso, o vili, o di servitude,

lo quali non dovrobl)o sofforiro, di ragiono di suo tempo, di suo lignaggio, o di sua fortuna, o di sua signoria, o per li beni ch’egli ha già fatti.

Lo ((uinto luogo ò, quando il parlatore divisa innanzi agli uditori li mali che sono addivenuti a lui, sì come eglino li ’ vedessero; chi) questa Ô una maniera por che ’ gli auditori si coramovono altresì bene per la forza d’ un fatto, come per la forza d’ un detto.

Lo sesto luogo ò, quando il parlatore dimostra che fuori ^ di sua speranza è venuto in mala ventura, o che là ov’ egli attendeva che di quella uomo, di quella cosa gli dovesse venire grandissimo prode, certo non ò venuto; anzi, n’ è caduto in grande malavvcntura.

Lo settimo luogo è, quando il parlatore torna suo male verso gli auditori, e priegali eh’ elli isguardino, e che si ricordino di loro figliuoli, e di loro parenti, ed amici.

L’ ottavo è, quando il parlatore mostra che fatto sia alcuno disconvenevole, o ciò che era con 1) Corretto il in li col ms. Vis. e col t: les veissent.

2) Mutato perche in per che, col ms. Vis. e col t: poìir quoi.

3) Corretto per forza, che è pure nel ms. Vis. in fuori, col t: hors de s^ espérance.

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venevole fatto non fu \ secondo che disse Cornelia

moglie di Pompeo.; Lassa (disse ella), che io non fui alla sua fine, io no ’1 vidi, io non udii la sua voce ^, e la sua diretana parola, nh non ricevetti lo suo spirito ! In questa maniera piangeva sua donna, e mostrava che ciò era convenevole, non era fatto: immantinente *, mostrò come fu fatto sconvenevole, là ove ella disse: Egli morì nelle mani de’ suoi nimici: egli giacque villanamente nella terra dei suoi guerrieri % e non ebbe sepoltura, ne punto d’ onore a sua morte, e sua carogna fu lungamente trascinata per le bestie salvatiche.

Lo nono luogo è, quando il parlatore torna suo detto sopra alcuna bestia, o sopra alcuna cosa

1) La stampa: che il fatto sia addivenuto, o ciò che fu addivenuto che fatto non f%. Corretto coi mss. Ambr. Vis. e Fiov. che fatto sia alcuno disconpenevole, o ciò che era convenevole fatto non fu. Il t: que fait soit aucuns desavtnans; ou que ce qui estoit avenanz, ne fu pas fait.

2) Agg-iunto Cornelia, col t: Cornele. Il ms. Vis. Cernoile.

3) Lit sua voce, manca al ms. Vis. ed al t.

4) La stampa era fatto immantinente. Mostrò etc. Corretto coi mss. Ambr, Fior, e Vis. e col t: ciò era con-. venevole nui era fatto: ed immantinente mostrò etc. Il t; ce qui estoit avenant ne fu pas fait, et tantost après monslra.

5) Ut; guerroians, cioè guerreggiami contra di lui, nemici.

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senza senno, o senza parlare; chh questa h una

maniera di parlare, che entra molto nel cuore (lepri i auditori, sì come fò la moglie di Pompeo: Guardate (disse ella) come suo albergo piange, e sue robe, e suoi arnesi ’, suoi cavalli, e sue arme, contano lo torto che gli ò fatto.

Lo decimo luogo è, quando il parlatore di sua povertà e di sua malizia, di sua debolezza e di sua solitudine conta ^, sì come fece la moglie di Pompeo: Ah ! lassa (disse) come io son oggimai povera ed ignuda, senza nullo podere; io sarò oggimai tutta sola, senza signore, e senza nullo consiglio.

L’ undet;imo luogo è, quando il parlatore parla di suo figliuolo, o di suo padre, o di suo corpo ’\ sì come fece Enea a sua gente, quando fu campato * di Troia: Io non so (disse egli) come sarà di mia vita, o di mia morte intra tanti pericoli; ma io lascio mio figliuolo tra le vostre

1) Il T ha di più: se ’plaignent.

2) Aggiunto di sna debolezza e di sua solitudine, che manca pure al ms. Vis. col t: de la maladie (tradotto da Bono malizia, il ms. Vis. malattia) de sa foihletè, et de sa solitude.

3) Aggiunto di suo corpo, coi mss. Vis. e Fior, e col T: aio de son cors enterrer.

4) Ut: chaciez, colla variante d’ un codice échappez.

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mani. Io vi priego di lui, e di mio padre, e che

’1 mio corpo sia seppellito onorevolmente, se io muoro.

Lo duodecimo luogo è, quando l’uomo si diparte da quelle persone cui egli ama teneramente^ e mostra il dolore e danno che gli addiviene, od a quelli di sua parte ’,

Lo terzodecimo luogo si è, quando il parlatore si compiange che tali genti gli fanno male e noia, che gli dovrebbero fare bene ed onore.

Lo quartodecimo luogo è, quando il parlatore priega umilmente gli auditori, sì come piangendo, che eglino abbiano pietà di lui, e del suo male.

Lo quintodecimo luogo è, quando il parlatore non si duole di suo male, anzi si compiange ^ della sciagura di suo amico, e de’ suoi parenti, sì come disse Cato contra quelli della congiura di Roma: Io non averei cura di me (disse egli), ma e’ mi pesa molto della distruzione di nostro comune, dei nostri figliuoli ^, e di nostra gente.

Lo sestodecimo luogo e, quando il parlatore dice, che a lui pesa molto del male degli altri,

1) Il ■;■: ’i cela de sa desevranee.

2) Aggiunto si coi mss. Fior.

3) Aggiunto e dei nostri Jlglimli, col ms. Vis. e col t: et de nos Jilz.

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ma non per tanto egli mostra bene d’essere forte ’,

e di sofferire ogni pericolo; eh’ egli addiviene sovente a’ principi della terra, ed agli altri che hanno signoria, ed autorità*, e virtù, che s’elli dicono ’ alte parole, e mostrano franco cuore, gli auditori se ne comraovono in misericordia più tosto, e meglio, che per preghiera, o per umiltà. E sappiate, che questo ò una maniera di parlare, a che si contornano tutti i contestabili, e signori d’osti, quando vogliono li loro uomini confortare alla battaglia.

Ora avete uditi tutti i luoghi per acquistare la misericordia degli auditori; ma il parlatore dee molto guardare, quando s’ accorge gli animi siano commossi a pietà, eh’ egli non dimori in suo compianto; ma incontanente ponga fine al suo detto, anzi che gli auditori escano della pietà fuori; che Apollonius * disse: Nulla cosa non secca ^ sì tosto come le lagrime.

1) Il t: que il ait bon cuer et franc.

2) Fd autorità, il ms. Vis. hanno autorità di signoria, manca al t.

3) Mutato dicessero in s’ elli dicono, coi mss. Ambr. e Vis. e Fior, e col t: dient.

4) Corretto Apolos, ms. Vis. Apoles in Apollonius, il t: Apollones, colle varianti Apolles, di cinque codici, Apelles di uno del Chabaille,

5) Corretto sega in secca, coi mss. Ambr. e col t: seche. Cicerone dice: arescit.

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Capitolo LXVII.

Della diversità che è tra parlatori e dettatori della conclusione

Qui sono le tre parti della diritta ^ conclusione, che appartiene a ben parlare, secondo la dottrina di Tullio; ma li dettatori sono discordanti un poclietto; che nella conclusione che è ^ parlando, dee comprendere il parlatore sua dimanda e la somma di suo ragionare, e fina suo conto l Ma nelle lettere che l’uomo manda ad altrui, quando lo dettatore ha scritta la prima parte, cioè la salute, lo prologo, lo fatto \ e la dimanda, e eh’ egli dimandò, pregò % quello che^volle, egli

1) Corretto dottrina, e della, che è pure nel ms. Vis. in diritta, col i: de la droite conclusion.

2) Corretto che, che è pure nel ras. Vis. in che è, col t: qvÀ est en parlant.

3) Corretto ^no in fina, col ms. Vis. e col t: Jlne son conte.

4) Ag-g-iunto lo /atto, col ms. Vis. e col t.

5) Corretto domanda e priera quello che vole in domandò e pregò qìiello che volle, col t: il a demandé ou prie ce que il veult.

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scrive iminantinonte il bone (.’lio può addivenire,

se r uomo fa sua richiesta, o il male so no ’1 fa, e fa fine alla ’ sua lettera, e questa ò sua conclusione.

Qui tace il maestro a parlare di conclusione, per mostrare delle altre dottrine.

CArrroLo LXVIII.

Come lo conto puoto essere di meno di sei parti

Fino a qui ha divisato il maestro le parti del conto, e ha mostrato diligentemente l’ insegnamento che a ciò conviene, secondo belle ^ autorità di Tullio, e degli altri maestri di retorica. E tutto eh’ egli dice, che uno conto di bocca ha sei parti, e che una lettera n’ha cinque, secondo che noi avemo udito qua addietro;

1) Corretto la in alla, col ms. Vis. e col t.

2) Corretto cinque in sei, col contesto, col ms. Vis. e col t: vi.

3) Belle, che è pure nel ms. Vis., manca al t.

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255
:^5ô

non per tanto la materia potrebbe essere di tale maniera, ch’ella non richiede tutte le parti dette dinanzi, anzi ha assai d’ una parte senza più, o di due, o di tre, o di quattro, o di cinque, secondo la natura ’ del fatto. E per meglio conoscere com’ è ciò, ti conviene sapere, che alcune di queste parti sono sì sustanziali, che l’ uomo non può nulla dire se non per quelle, sì come è lo fatto e la dimanda, che senza l’ una ’ di queste due, non può essere alcuno conto, né di bocca, né di scrittura. Ma le altre parti, cioè la salute, il prologo, e ’1 divisamento, il confermamente, il differmamento, e la conclusione, non sono del tutto della sustanza del conto. Che le lettere e messi, possono alcuna volta essere senza salute, però che se un altro aprisse le lettore che non sapesse lo nome, o però che il messaggio è di tale maniera, che il messaggiere nominerà l’un e l’altro più volte nel suo conto; ed allora non ha in quella lettera, ne in quella ambasciata ma che quattro parti dirittamente. Ma quando la materia ^ è sì onesta, eh’ ella per sua

1) Corretto ancora maniera in natura, col t: nature. Il ms. Vis. le nature.

2) Mutato xiìio in una, col ms. Vis. e col t: sanz une.

3) Corretto maniera in materia, col senso, coi mss. Gianf. e Vis. e col t: matière.

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250

dignità placo agli auditori senza nulla doratura di prologo, allora si puoto V uomo bone tacere lo pr)logo, e dire sua bisogna, secondo che avete udito qua addietro nel capitolo de’ prologhi. Aitrosi può r uomo lasciare lo divisamente o ’1 conferraamento e disfermamento ’, 6 la conclusione, e dire semplicemente il fatto, e la dimanda.

A questo potete voi intendere, che alcuna volta è assai a dire lo fatto solamente, in questa maniera. Sappiate ^ elio noi siamo in Francia.

Ed alcuna volta basta a dire la dimanda ^ senza più, in questa maniera: Io ti priego, ch/3 tu sia prode uomo in questa guerra.

Ed alcuna volta basta l’ un e l’altro, a dire in questa maniera: Voi vedete, che noi siamo venuti alla battaglia. Questo è lo fatto. Dunque io vi prego * che siate forti ed arditi contra i vostri nimici. E questa è la dimanda.

1) Aggiunto e il confermamento e disfermamento, che manca pure al ms. Vis. col i: et le desfermement.

2) Aggiunto sappiate, coi mss. Ambr. e Gianf. e Vis. e Fior, e col t: sachiez.

3) Corretto la domanda a dire, in a dire la domanda, coi m ss. Fior.

4) Aggiunto io vi prego, coi mss. Ambr. e Gianf. e Vis. e col t; ie vu pri.

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257
E sì come un conto ’ può essere di due parti,

di una senza più; così può essere ^ che l’ima delle due, o quelle due sieno accompagnato ad una, od a due, od a piii delT altre parti dette dinanzi, secondo che il savio parlatore vede che convegna a sua materia.

Capitolo LXIX.

Delle parti che hanno luogo determinato, e luogo stabilito ^.

E sì come nel conto ha una parte, senza quale non può essere; così n’ è un’altra, senza la quale può bene essere. Altresì hanno egli sì propri luoghi e sì certi seggi ^ che altrove ^ non

1) Ag-ofiunto come, col t: et si comme.

2) Agg-iunto di due parli, o di una senza più, così può essere, coi niss. Ambr. e Gianf. e col t: de II hranches, ou de i sanz plus; tout autressi puet estre. Il ms. Vis. e Fior, di dìie branche, o di una sola; altresì può essere.

3) 11 t: ont estahle leu déterminé.

4) Corretto se/jni, che è pure nel ms. Vis. in seggi, col T: certaine siège.

5) Corretto ancora allora, che è pure nel ms. Vis. in altrove, col t: aillors.

17

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potrebbono ’ esser».»; e l’altro sono sì mutabili,

die il parlatore può mutare dì 1uo;lmj in luog-o, sì come egli vole; che la saluto non si ()uò ^ mettere se non al cominciamento, e la conclusione alla fine; ma tutte le altre parti può il parlatore porre fuori di loro luogo, secondo sua previdenza. Ma di ciò si tace ora lo conto, perchè il maestro dice dell’altre cose.

Poscia ^ che è veduto dello ammaestramento di retorica, la quale fa qui fine; ed ora è da vedere dell’ ammaestramento dal governare la città e’ luoghi, lo quale comincierà in la seguente maniera.

1) Corretto puote in polrebbono, col ms. Vis. e col t: porvoient.

2) Corretto posnono in può, coi mss. Vis. e Fior, e col T: puel.

3) Poscia fino alla fine del periodo, manca al ms. Vis. ed al T. Il nis. Vis. porta questo periodo al principio del liln’o appresso.

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259
ILLUSTRAZIONI

LIBRO OTTAVO

Capitolo I.

Ser Brimetto profugo in Francia, tradusse in lingua volgare il trattato De inventione di M. Tullio, per compiacere un suo amico ricco e dotto, com’egli dice neir introduzione al commento del libro medesimo. Erroneamente questa traduzione fu intitolata La r et lorica di Tullio, come si legge altresì nel titolo dei codici Magliabechiani.

Erroneamente il Fontanini, nell’Eloquenza italiana, la dice traduzione del libro primo delle Partizioni. Questa traduzione di Brunetto non ci giunse intera, o perdi’ egli non la compì, o perchè smarrita. Il copiatore di uno dei codici Magliabechiani, annota in fine del volgarizzamento di cui parliamo: