Il Tesoro (Latini)/Illustrazioni al Libro V/Capitolo II

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Brunetto Latini - Il Tesoro (XIII secolo)
Traduzione dalla lingua d'oïl di Bono Giamboni (XIII secolo)
Capitolo II
Illustrazioni al Libro V - Capitolo I Illustrazioni al Libro V - Capitolo III
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Ilvl.USTR AZIONI

Capitolo I.


La dottrina di liriiuetto sull’occhio dei serpenti non espressa con troppa evidenza, è tratta da Solino. «Auguibus universis he13es visus est. Raro in adversum contuentur, noe frustra, quuni oculos non in fronte habeant, sed in t(3Uij(»oribu15, adco ut citius audiant. ijuam quid aspiciant (Cap. XL). *

Capitolo II.


La dottrina dei serpenti qui esposta da Brunetto, ci richiama alla memoria i versi dell’Allighieri nel canto XXIV deW Inferno:

Più non si vanti Libia con sua rena;
Che se chelidri, jaculi, e farèe
Produce, e ceneri con anfesibeua;

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Né tante pestilciizic, uè sì ree

Mostrò giammai cou tutta l’Etiopia, Né con ciò che di sopra il mar Rosso èe.

I paesi indicati in questi versi, come quelli dov’è maggior copia di serpenti, sono quelli come tali nominati altresì dal Latini.

Intorno ai nomi è la medesima incertezza nei testi, perchè tratta vasi di scienza imparata a memoria, tradotta da altre traduzioni, e non riscontrata sui luoghi, almeno in copiosi musei di storia naturale. Di questi rettili, e di altri animali registrati nel libro precedente, Brunetto con qualche varietà recitò i nomi altresì nel Tesoretto, cap. V, il quale brano è nella Illustrazione al libro III del Tesoro, in questo secondo volume, a pag. 74. Tanti egli confessa essere gli animali, «che non sa ben dir quali.» Siamogli adunque indulgenti se sbaglia qualche nome.

Questo è il testo di Solino, qui tradotto dal maestro Brunetto:

Plures diversaeque aspidum species sunt, veruni dispares eflfectus ad nocendum.

Dipsas siti interficit ( Brunetto: Dlfisc fa con suo fiato moiHre l’uomo. Forse lesse flatu, o suo liiatu, ìwìwoo di siti). Hymale (Brunetto, pria/is quod sonino necat, teste etiani Cleopatra, emitur ad mortera. Haemorrois ( Brunetto, emori) morsu sanguinem elicit, et dissolutis venarum commerciis, quidquid animae est, evocat per cruorem. Proester, quem percusserit distenditur enormique corpulentia necatur,

extuberatus. Ictus sepium, statini juitredo sequitur [p. 275 modifica]

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Zi’)

( HiMUU’tll) (li diK’.s(ii’|)Oiili. /iroes/t’/-. e sepes, lece imo solo, che disse jì/’csfo).

V an fin tenia accennata nel caititolo appresso, h V anfesihena di Dante.

L’aspide deiiii antichi, non meno che quello del volgo anche oj:i, è un seri)ente thnùistico, e quanto alle forme, e quanto alle proprietà attribuitegli. I moralisti facendone mille applicazioni, perpetuarono la favola, ch’egli chiuda le oreccliie alla voce dell’ incantatore. Deve essere molto antica, perchè vi allude anche il Salmo LVII: Sicut aspidis surdae, et obturantis aures suas quae non exaudiet vocem incantantium, et venefici incantantis sapienter.

Non l’aspide, ma qualunque serpente velenoso di Egitto, potò col suo veleno agevolare il decantato vsuicidio di Cleopatra.

Il serpente chiamato da Linneo coincer aspis, è una vipera dell’Italia, e della Francia meridionale.

Capitolo III.

Basilisco, B«T/X/ffKoç significa piccolo re, in latino spesso regulus. Nella Volgata è chiamato coll'un nome, e coll’altro: Super aspidetn et I)asiliscuDi ambidalns ( Ps. XCI). Ecce ego mittam vobis serpentes regìdos (Jereni. VIII).

È i)ur (juesta una creazione fantastica degli antichi, della quale scrissero seriamente e Aristotile e