Il Trecentonovelle/CCXXVI

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Novella CCXXVI

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La Castellana di Belcari, veggendo passere da una finestra, e poi un asino, gitta un piacevol motto.

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Alcuna inframessa è da dare a questi inganni, però che le piú volte n’escono cattivi scherzi; e voglio venire a certi motti venuti da piacevoli donne e oneste, come che quelli paiano disonesti nelle parole. Verso la Proenza vicino al Rodano, non molto di lungi a Vignone, è una terra che si chiama Belcari, e ’l suo principe si chiamava il Castellano di Belcari, e la sua donna era chiamata la Castellana di Belcari, donna bella e valorosa e piacevole piú che altra. Stando costei a un balcone del suo palagio un giorno di primavera, e avendo a piedi di sé la sua cameriera, guardando verso una piaggetta vicina di rincontro dove augelli e bestiame molto usava, ebbe veduto una passera calcare ben cento volte un’altra, e scendere e salire, e dire pi pi, com’elle fanno. E avendo l’occhio a questo giuoco, sopravvenne che un asino ragliando, con la ventura diritta, corre verso l’asina per dare nella chintana; onde, levato la donna gli occhi dal primo giuoco, veggendo il principio e la fine del secondo, chiama verso la cameriera, e dice in sua lingua:
- O Marione, per mie foy, ch’egli è meglio uno aiari che cento pi pi; che mala ventura è, giú e su, pi pi, e sali e scendi, pi pi.
La cameriera, o Marione che vogliamo dire, piacevole anco ella molto, dice:
- Madama, egli è bella ciosa a sapere vedere e conoscere la natura degli animali; lo passere rade volte fa, se non male, e non è quasi se non da danno all’umana natura; l’asino è lo contrario, ché porta e adduce per servire a noi; e nostro Signore volle nascere appresso di lui, e anco lo portò, come savete. Sí che a me pare che ’l vostro judicio diritto sia a parerve meglio l’opere dell’asen che quelle del passer; e io vorrei innanzi un asen che mille passere.
Dice la Castellana:
- Io non credea, Marione, che tu sapessi cosí la santa scrittura, che cosí bella oppinione con essa hai diffinita: e per certo, al partito che piglieresti, non mi pare che tu sia matta; ma tengo che aggi molto saggia la mente.
Marione rispose:
- In fine, madama, io v’ho detto senza menzogna; se ho detto cosa di vostro piacere, son molto contenta; se non l’avessi detto, serebbe difetto dell’appetito e dell’ignoranza, della qual vi domanderei continuo perdono.
E cosí si terminò questa disputazione.
Piacevole Castellana, e piacevole Marione, che per passare tempo con sollazzo mosse questa opinione. E cosí li signori e le loro donne con piacevolezza spesso muovono detti che paiono sozzi e vituperosi, e nelle loro operazioni sono stati onestissimi, come che chi disse: «Qui de terra est, de terra loquitur », e altri assai tengono che di quello in cui uomo e donna si diletta, di quella materia li giova di parlare. Io credo che sono molti che parlano di cose non molto oneste per diletto, che negli effetti sono onestissimi; e cosí per e converso gl’ipocriti nelle parole e negli atti mostrano santi e negli effetti sono diavoli, come già vidi alcuno che tanto avea diletto quanto pescava e stava nell’acqua, e non mangiava mai pesci; e cosí di molti simile si potrebbe dire.