Il Trecentonovelle/CCXXVII

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Novella CCXXVII

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CCXXVI CCXXVIII

Una donna fiorentina, veggendo passere in amore, gitta un piacevole motto verso la suocera.

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Un’altra passera mi viene alla mente di raccontare con piú brevità. Nella città di Firenze morí già un gentiluomo, e lasciò una sua donna con un solo fanciullo maschio, il quale, crescendo con poca prosperità, e non molto di forte natura, la madre ne facea gran guardia; e pure, perché la famiglia non rimanesse spenta, li diede moglie una fanciulla baldanzosa e gaia e di forte natura, e con questo piacevolissima; e ogni cosa considerata, la madre, avendo paura del mancamento del figliuolo, rade volte lo lasciava giacere con lei.
Avvenne per caso che, essendo questa giovene e con la suocera e con altre donne in sala, chi cucendo e chi filando, ebbe veduta a uno orticello fuori d’una finestra, o a uno tetto che fosse, una passera calcare l’altra spessissime volte, come hanno per uso; e subito dice:
- Buon per te, passera, che non avesti suocera.
Le donne, guardando l’una l’altra, cominciano a squittire delle risa, ed ella anco se ne rise; ma la suocera torse il capo e cominciò a borbottare; e la giovene, che uscí pur oltre, che non parve suo fatto. Questa novelletta o motto si sparse per la terra in forma che, quando alcuna donna si trovava con lei, dicea:
- Buon per te, passera, che non avesti suocera.
Ed ella, come baldanzosa, se ne rideva, e anco facea piú chiaro loro la faccenda con molte ragioni.
Spesso interviene, ed è intervenuto a molte, che è dato loro marito, e poi è loro tolto o prestato a certi lunari. E non so se questa via tiene il giovane con meno pericolo però che quando se ne fa gran carestia, con maggior desiderio si sforza poi la natura, quando si congiunge insieme. Credo che, quando è dato moglie a un giovane per tale forma, si doverrebbe fare ragione della compagna, che non si marita perch’ella viva casta. E a molti è già intervenuto che, cominciando e non seguendo l’uso carnale, le donne tavolta son ite cercando di mettere uno scambio in luogo del marito; però che molto è gran follia mettere fuoco in un pagliaio, e non credere ch’egli arda. In tutte le cose chi si veste i panni del compagno non può errare.