Il Trecentonovelle/LIX

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Novella LIX (frammento)

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LIV LX


... e presso a quel luogo era fatta una fossa per sotterrare un pellegrino. Il signore, veggendo questo, dice:
- Che questione è questa?
Dicono i contadini:
- Signor nostro, egli è morto qui un pellegrino, il quale alcuna cosa non troviamo ch’egli abbia di che si possa sotterrare. Noi, per meritare a Dio, abbiamo fatta la fossa; preghiamo il prete rechi la croce e’ doppieri, acciò che lo sotterriamo; e’ dice che vuol denari, e mai non lo farà altramente; e ’l cherico dice peggio di lui, e hacci voluto quasi dare.
Disse il signore:
- Venite cià, o messer lo prete, e voi messer lo cherico; è vero quello che costoro dicono?
Dice il prete e ’l cherico a un tratto:
- Signore, noi dobbiamo avere el debito nostro.
Disse il signore:
- E chi vel de’ dare? il morto che non ha di che?
Ed e’ risposono:
- Noi dobbiamo pur avere il debito nostro, chi che ce lo dia.
Disse il signore:
- E io vel darò io: debito vostro è la morte; dov’è il morto? adugélo qua; mettetel nella fossa: pigliate ’l prete; cacciatel giú: dov’è il cherico? mettetel su; mo tira giú la terra.
E cosí fece sotterrare il prete e ’l cherico sul morto pellegrino, e andò a suo viaggio.
E stato alcun dí a questo suo luogo, ritornò a Melano; e tornando per una via, dov’era un’altra delle sue prigioni ed era su l’ora di terza, gli prigioni, che aveano sentito il beneficio ch’egli avea dato agli altri, sentendo il signore passare, cominciorono a gridare:
- Misericordia, misericordia.
Quelli ristette, dicendo:
- Che è quello?
Il guardiano si fece innanzi.
- Signore, sono li prigionieri, che vi domandono misericordia.
Disse il signore:
- Sí, hanno apparato dagli altri.
Chiamò uno de’ suoi famigli da cavallo, e disse:
- Va’, metti in prigione questo guardiano cogli altri, e guarda la prigione tu, e fa’ che tu non déi né mangiare né bere ad alcuno di loro, se io non torno da Chiaravalle, là dove io andrò com’io avrò desinato; e guarda che tu faccia ciò che io dico, ch’altrimenti io t’impiccherò per la gola.
Come detto, cosí fatto. Il signore andò a desinare, e come ebbe desinato, montò a cavallo e andò a Chiaravalle, dove è una gran badía, e uno bellissimo abituro per lo signore: e stato là tutto quel dí e l’altro, alla reina venne grandissimo male; di che subito gli fu mandato a dire. Come lo sentí, che cosí avea d’usanza, benché fosse di notte, subito fu mosso per vicitar la reina; e questo credo fosse fattura di Dio, perché quelli prigioni non morissono, ch’erano già stati quarantadue ore sanza mangiare e sanza bere, avendovi di quelli già che cominciavono a balenare. Tornato che fu, ebbono tutti mangiare e bere, come poteano, ringraziando tutti il loro Creatore.
Or queste tre cose avvennono, si può dire, in un piccol viaggio: la prima fu di gran carità, e volle che fosse sí valida ch’ella valesse eziandio a chi v’era per debito: la seconda fu mossa da justizia, e fu seguita con gran crudeltà: la terza fu sdegno, e tòr materia che ogni dí non avessi avvenire.
Non notando quelli comuni queste cose che sempre stanno in cacciare l’uno l’altro, e non vogliono vicino, non conoscendo il bene che Dio ha dato loro.