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Il Trecentonovelle/LXXXV

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Novella LXXXV

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LXXXIV LXXXVI

Uno Fiorentino toglie per moglie una vedova stata disonestissima di sua persona, e con poca fatica la gastiga sí ch’ella diviene onesta.

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Nella città di Firenze fu già uno, secondo che io udi’, che ebbe nome Gherardo Elisei, il quale tolse per moglie una donna vedova; la quale essendo disonesta e vana con l’altro marito, era stata tenuta assai cattiva di sua persona; e avea nome monna Ermellina. Ora, come questo Gherardo tolse questa donna per moglie, molti suoi parenti e amici, anzi che consumasse il matrimonio, dicono:
- Gherardo, che hai tu fatto? tu sei savio, e hai tolto cui tu hai: che fama ti fie questa? - e molte altre cose.
Dice Gherardo:
- Io vi fo certi che io so chi costei, che io ho tolto, è stata: e so che, s’ella non mutasse modo, io averei mal fatto; ma con la grazia di Dio io credo far sí che con meco ella non fia com’ella è stata, ma fia tutto il contrario; e però di questo non ne prendete piú pensiero che me ne prenda io.
La brigata si strignea nelle spalle, e tra loro se ne facean beffe, dicendo:
- Dio ti dia bene a fare.
E cosí dopo alquanti dí monna Ermellina ne venne una sera a marito, e avendo cenato, ed essendo l’ora d’andarsene al letto, n’andò alla camera, là dove Gherardo ancora si rappresentò, com’è d’usanza; e serrato, monna Ermellina, accostandosi al leccone, comincia a ragionare amorosamente col detto Gherardo; e Gherardo si comincia a spogliare in farsettino, e monna Ermellina in giubba. Ed essendo le cose tutte ben disposte a tal vicenda dalla parte di monna Ermellina detta, e Gherardo esce dall’uno de’ canti della camera con un bastone in mano, e dà, e dà, e dà alla sposa novella. Costei comincia a gridare, e quanto piú gridava e Gherardo piú bastonava. Quando ebbe un pezzo cosí bastonato, e la donna dicendo:
- Oimè, fortuna, dove m’hai tu condotto? ché, senza saper perché, la prima sera io sono cosí acconcia da colui con cui io credea aver sommo piacere; volesse Dio che io mi fosse ancora vedova, ché io era donna di me, e ora sono sottoposta in forma e a cui io non sarò mai piú lieta.
E Gherardo rifà il giuoco; e bussato insino dove volle, e la donna dicendo pur: «Perché mi fa’ tu questo?»; e Gherardo gli dice:
- Io non voglio che tu creda, Ermellina, che io t’abbia tolta per moglie che io non abbia molto ben saputo che femina tu se’ stata; e bene so, e ho udito che costumi sono stati e’ tuoi e quanta onestà è stata nella tua persona; e credo che, se ’l marito che avesti t’avessi gastigata di quello che ora t’ho gastigat’io, queste battiture non bisognavono. E però considerando, ora che se’ mia moglie, gli tuoi passati costumi le tue disonestà e’ tuoi vituperi non essere stati gastigati, io, innanzi ch’io abbia voluto teco consumare il matrimonio, ho voluto purgare ciò che tu hai fatto da quinci addietro con le presenti battiture; acciò che, considerando tu se per li passati falli da te commessi quando non eri mia moglie io t’ho data disciplina, pensa quella che io farò e che battiture serebbono quelle che da me averai, se da quinci innanzi, essendo mia moglie, di quelli non ti rimarrai, e piú non ti dico: tu se’ savia e ’l mondo e grande.
Brievemente, questa buona donna si lagnò assai, e avea di che, facendo scuse di quello che Gherardo dicea. Alla fine s’andò al letto, e non che quella notte, ma durante un mese o piú non gli giovò trovarsi col marito, come quella che era tutta pesta. Di tempo in tempo, rabbonacciandosi con Gherardo, queste battiture ebbono tanta virtú che, com’ella era stata per li passati tempi dissoluta e vana, cosí da indi innanzi fu delle care, delle compiute e delle oneste donne della nostra città.
Oh quanti sono li dolorosi mariti che fanno cattive mogli! piú ne sono cattive per difetto de’ mariti che per lo loro. Da’ una fanciulla a uno fanciullo e lascia far loro. Che dottrina imprenderà ella dall’ignorante giovane? e quella via ch’ella piglia, per quella corre.
E non si truova sempre il bastone di Gherardo né quello che si conterà nella seguente novella.