Il buon cuore - Anno IX, n. 45 - 5 novembre 1910/Religione

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Educazione ed Istruzione Società Amici del bene

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I SANTI E I MORTI


I santi! Pensando ai santi, il nostro cuore si dilata, il nostro pensiero si eleva, la nostra volontà si rinvigorisce. Qualcosa di robusto e di soave, di austero e di tenero insieme viene a noi, se noi inalziamo ad essi la nostra mente.

Da che questa efficacia di conforto, di letizia, di bene?

Oh, noi sentiamo che in essi la virtù è diventata felicità. La virtù, che sola regge davanti all’eterno nel frantumarsi d’ogni cosa terrena, la virtù vera, profonda, non l’apparenza di essa soltanto, quella virtù è la causa della loro beatitudine, della pienezza della loro vita. Quella virtù che noi sentiamo nei santi ancor pellegrini quaggiù, che in essi ammiriamo, ma che ci strappa grida di dolore e di sgomento, perchè la vediamo conflitta in croce e coronata di spine e grondante lagrime e sangue, nei santi che han lasciato la terra ci appare senza sofferenza, anzi per la pena passata ancor più grande. È la virtù, senza la contraddizione del dolore; è la virtù senza lo scandalo della persecuzione; i santi ci ricordano la virtù, tutta la virtù, la sola virtù.

E alla luce che emana da loro, osservando noi stessi, proviamo un senso di smarrimento, di confusione, di timore.... Dov’è la nostra virtù, dove sono le nostre opere buone, perchè noi si possa sperare di dividere, un giorno, la loro beatitudine? Lasciamo che penetri [p. 357 modifica] in noi l’infinito sgomento, che faccia vibrare tutto il nostro spirito e poi, per farci coraggio e attinger lena, pensiamo che i santi dicono il trionfo di Dio nell’uomo, pensiamo che essi sono la rivelazione della divina bontà.... sia che li vediamo, con mistica visione, felici oltre la morte, sia che li avviciniamo, misericordiosi e grandi, quaggiù!

E i morti? I morti predicano la stessa virtù, ma in forma cruda, in forma, quasi, di terrore. Essi invitano alla virtù, mostrando a nudo le conseguenze del male. È un mezzo che può avere efficacia educativa e salvatrice anch’esso.

La morte è lo stipendio del peccato.... la morte è lo squagliarsi di tutto ciò che fu caro, che fu amato, che fu idolatrato secondo il mondo, secondo la carne.... Che rimane del piacere indegno, della ricchezza ingiusta a un’anima che lascia la terra? Nulla! Ed essa si ritroverà sola, misera, nell’al di là. Che squallore! I morti ci ricordano il peccato, tutto il peccato, solo il peccato!

Meditiamo, cerchiamo di capire fin dove il male ci stringe per strapparlo da noi, senza fiacchezza, senza indugio.... togliamo da noi, fin dove possiamo, tutto ciò che è diminuzione di spiritualità e di vita eterna!

E la Chiesa avvicina il giorno dei santi a quello dei morti; ci mostra il premio della virtù e il castigo del vizio; pare che voglia così assumere tutte le voci per stimolarci, per chiamarci....

Chiama, chiama la madre dei santi, che la sua voce non resti senza risposta, che, intorno a Lei, viva e fiorisca una larga corona d’eroi!

Vangelo della domenica terza dopo la Dedicazione


Testo del Vangelo.

Il Signore Gesù ricominciò a parlare ai Principi dei Sacerdoti e ai Farisei per vie di parabole dicendo: Il regno de’ cieli è simile ad un re, il quale fece lo sposalizio del suo figliuolo, mandò i suo: servi a chiamare gli invitati alle nozze, e non volevano andare. Mandò di nuovo altri servi, dicendo: Dite agli invitati: il mio desinare è già in ordine, si sono ammazzati i buoi e gli animali di serbatoio, tutto è pronto, venite alle nozze. Ma quelli misero ciò in non cale, e se ne andarono chi alla sua villa, chi al suo negozio: altri poi presero i servi di lui, e trattaronli ignominiosamente e li uccisero. Udito ciò il re si sdegnò: e mandate le sue milizie, sterminò quegli omicidi, e diede alle fiamme la loro città. Allora disse ai suoi servi: Le nozze sono all’ordine, ma quelli che erano stati invitati, non ne furono degni. Andate dunque ai capi delle strade, e quanti incontrerete, chiamate tutti alle nozze. E andati i servitori di lui per le strade, radunarono quanto trovarono, e buoni e cattivi: e il banchetto fu pieno di convitati. Ma entrato il re per vedere i convitati, vi osservò un uomo che non era in abito da nozze. E dissegli: Amico, come sei tu entrato qua, non avendo la veste nuziale? Ma egli ammutolì. Allora il re disse a’ suoi ministri: Legatelo per le mani e pe’ piedi, e gittatelo nelle tenebre esteriori: ivi sarà pianto e stridore di denti. Imperocchè molti sono i chiamati e pochi gli eletti.

S. GIOVANNI, Cap. 22.


Pensieri.

Ricordiamo brevemente la parabola evangelica: Un signore manda ad avvisare gli invitati a un pranzo che vengano alla sua casa, perchè tutto è preparato per la festa; ma gli invitati, chi per una ragione chi per un’altra, si scusano di non poter prender parte al convito. Allora il padrone, sdegnato, fa riempire le sale del banchetto, invitando i poveri della città.

Dio, in mille guise, chiama le anime alla sua mensa, al suo regno, le chiama tutte, sempre.... e tante accettan l’invito.

Accettar l’invito di Dio vuol dire accettare, accogliere la sicurezza della vita, della felicità.... Sì, verrò quando tu chiami, dice l’anima, perchè io voglio essere con te, Signore, sempre, sempre felice con te.

Non è difficile accettar questo primo invito, che l’anima prende come invito alla gioia....

È un’illusione così comune, questa, in numero grande di anime, le quali, pare si diano alla religiosità per mettersi al riparo degli eventi tristi e dolorosi della vita terrena....

Ma Dio chiama a convito spirituale, a elevazione sempre più eccelsa, non a goder ancor più largamente dei mondani..., perchè una comoda pietà a che si risolve se non in godimento più completo?

Dio chiama e richiama a sè, e per andar a Lui vien l’ora in cui bisogna rinunziare alle persone, alle cose più sacre e più care, l’ora in cui bisogna lasciarsi annientare, calpestare.... l’anima arriverà a Dio, a volte, vibrante d’amore e di fede, ma grondante mistico sangue.... E non tutti son pronti ad andare a queste condizioni.... e quando lo vedono, si ritraggono, dicon di no, trovan mille pretesti per non partecipare al santo, ma cruento convito. S’arrestano.... e Dio non li chiama più e si rivolge ai poveri, ai miseri, perchè nulla di terreno sazia il loro desio dell’eterno, ed essi vanno, salgono a Lui per tutte le vie più ardue, ma vanno, ma salgono a raggiungono la vita eterna.

Questi poveri noncuranti della terra sono i santi, i ricchi delle ricchezze eterne!

Lo spirito lotta per conquistare il mondo, ma il mondo non è facilmente vinto nè nella società, nè nelle singole anime! La vittoria spirituale s’effettua costante, ma lenta, ma laboriosa..., solo i più eletti l’effettuano in sè e intorno a sè.....

Questo è un fatto: però io penso che al progresso della elevazione spirituale nel mondo s’opponga, anche, il modo incompleto con cui gli educatori ripetono intorno a loro la chiamata alla virtù, al bene.... Tanti, troppi, allettano alla virtù, promettendo la gioia, la felicità, quasi quasi la prosperità terrena. Sotto c’è come l’idea di un contratto.... che sia così, che molti pensino così è reso evidente da certe frasi che si raccolgono sulle labbra di persone pie:

— Era tanto buono, perchè è così disgraziato? Era santo, perchè è infelice? Era così religioso, non meritava quello che gli è caduto adosso! [p. 358 modifica] Pare che ci sia, che ci dovrebbe essere corrispondenza perfetta, anche quaggiù, tra la bontà e la felicità (e ci dovrebbe essere davvero, ma l’esperienza dice il contrario invece!)

E ciò perchè si spiega male la frase, pur così vera: Siate buoni e sarete felici. La felicità che compagna la virtù è sicurezza, è pace interiore, non è letizia terrena, prosperità mondana. La felicità della virtù è un principio in noi della vita eterna, non è godimento più pieno di ciò che è terreno.

E noi, educatori, dovremmo esser più.... leali, direi, parlar chiaro e allettare le anime a questa forma di felicità che trascende la natura e la terra.... Allora i nostri figliuoli non si ritrarrebbero ai primi disinganni, anzi, vi si preparerebbero e accoglierebbero forti il dolore, le privazioni, la morte anche, con sereno coraggio e salda fede.

— Dunque vuoi proprio farti santa? rispondeva una volta un santo sacerdote a un’anima che gli mostrava grande desiderio di bene. La santità è sforzo costante a realizzare nella nostra vita la verità: «Veritatem facientes in charitate!» Preparati a soffrir molto, figliola! Ma è beato colui al quale nulla possono togliere gli uomini.

— Se ama molto la verità si prepari a soffrir molto — diceva anche il Rosmini ad un giovane, che fu poi un uomo insigne.

Se noi educheremo i nostri figlioli così, essi saran pronti a cogliere la chiamata divina, e non si ritrarranno mai, e avanzeranno sempre, anche se per correre al Maestro, per seguirlo, dovran salire il Calvario, dovran morire sulla croce.



Don PIETRO BUZZONI.


È un’altra veneranda figura di sacerdote che scompare dalla scena del mondo: uno di quei sacerdoti dell’antico stampo, che ricordano un’epoca passata.

Don Pietro Buzzoni nacque a Lurago il 29 marzo 1826, presto venne ascritto al clero e frequentò i nostri seminari. Erano i tempi in cui Milano fremea sotto lo straniero ed il chierico Buzzoni come tanti altri, fu un patriota. Nel 1848 abbandonò il Seminario e sì arruolò sotto le armi piemontesi e fece parte della quarta compagnia del battaglione degli studenti, e combattè le battaglie della indipendenza, poi fuggi in Isvizzera e di là discese a Milano e subito dopo, nel 1849, venne ordinato prete.

Prima mansione del sacerdote Buzzoni fu la coadiutoria di Brenno, dove stette diciannove anni, e dove si distinse per studi in materia agraria.

Fu collaboratore della Rivista comense, del Corriere del Lario ed anche del Conciliatore di Milano: compose diversi opuscoli in materia agraria che furono assai apprezzati, popolarizzò il sistema metrico decimale, i suoi meriti vennero poi premiati dal ministro della pubblica istruzione che con motu proprio gli conferì la patente di maestro elementare.

Fra gli altri opuscoli merita di essere ricordato un suo Libro di letture per contadini dal titolo Agraria (Milano, Pirotta, 1856). Più importanti però furono i suoi studi sui bachi da seta e sulla selezione cellulare per scoprire le malattie loro; anzi in ciò può dirsi un vero scopritore.

Il 15 febbraio 1868 venne nominato prevosto di San Rocco nel suburbio di Milano. Difficilmente noi possiamo farci una idea di ciò che fossero allora le parrocchie del suburbio di Milano. S. Rocco contava tre mila anime, oggidì sono trentacinque mila. Del resto se facciamo una visita alla chiesa di S. Rocco ed alla casa parrocchiale unita, possiamo vedervi in fedele ritratto di quello che erano allora le chiese e le case del suburbio, perchè Don Pietro Buzzoni fu in ciò un conservatore impenitente: non voleva che si mutasse nè si muovesse nulla degli oggetti suoi, ai quali era affezionato.

In quei tempi, come è noto, il suburbio era comune a sè, separato dal comune della città interna. Il Buzzoni venne eletto presidente della congregazione di carità del suburbio e anche presidente degli asili suburbani; trovava tempo non solo per la caccia ma anche per lo studio e venne eletto membro dell’Istituto lombardo di scienze e lettere.

In tempi posteriori egli vide, senza mutarsi e senza che si mutasse ciò che più davvicino lo circondava, il trasformarsi della sua parrocchia, e le sue impressioni raccolse in un libro bello e non privo di una vera importanza che volle intitolato: Un centenario in casa nostra. Questo libro per dati storici e statistici, per geniali considerazioni, per lo stile facile, lieto, qualche volta caustico è un bel monumento ch’egli lascia alla sua parrocchia che egli resse per ben quarantadue anni.

Ma la parrocchia reclamava un’altra chiesa, e la chiesa di S. Andrea sorse bella, grandiosa, geniale: il prevosto Buzzoni vi contribuì e in vita e in morte. Egli scrisse in proposito un’appendice al suo libro — Centenario in casa nostra, in cui parla e della nuova chiesa a delle nuove vie della sua parrocchia. Ma era troppo affezionato al suo vecchio S. Rocco, perchè lo abbandonasse.

Nella sua stanzuccia disadorna morì il degno sacerdote, con tutti i conforti della religione. Era uomo di fede veramente sentita, ma ch’egli non esprimeva, e quasi sfuggiva di esprimerla. Nel suo testamento dispose che il cartello pei suoi funerali fosse così: Pregate per l’anima del parroco don Pietro Buzzoni, che domanda perdono a tutti. Chiude poi il suo testamento con queste parole: «Invocando devotamente i nomi santissimi di Gesù e Maria, domandando perdono dei miei peccati, benedicendo a tutti e raccomandando a tutti l’anima mia, passo a sottoscrivermi». Ed ora ecco l’elenco delle opere del sac. D. Pietro Buzzoni:

I. L’allevamento del pineto in Rivista Comense, manuale della provincia di Como per l’anno 1857; 2. Agraria. Letture per contadini del sac. Pietro Buzzoni, Mi. lano, tip. Pirotta, 1856; 3. Posizione attuale della geologia lombarda dietro l’analisi degli studi geologici e paleontologici del sac. A. Stoppani, memorie del [p. 359 modifica]sacerdote P. Buzzoni, Milano tip. Salvi, 1858; 4. Il sistema metrico decimale brevemente esposto dal maestro sacerdote Pietro Buzzoni, ai suoi scolari, Milano 1860, tipografia Albertari; 5. Osservazione sulle scuole elementari di campagna in appendice al giornale Il conservatore, anno 1861; 6. Sui rapporti fra i caratteri esterni e gl’interni e microscopici delle uova dei bachi da seta in Atti della Società italiana di scienze naturali, anno 1863, vol. V.; 7. I semi dei bachi giapponesi ed i metodi principali per rilevarne o misurarne la sanità o l’infezione. Studi del sac. Buzzoni, Milano, tip. Agnelli, 1864; 8. Sulle divisioni delle famiglie agricole. Studi economici-morali di Pietro Buzzoni, Bologna, tip. Monti, 1865; 9. Intorno al libro: Note ad un corso annuale di geologia dello Stoppani. Cenni ed osservazioni di Pietro Buzzoni, Bologna, tip. del Giornale di agricoltura, 1866; 10. Note scolastiche per uso di fanciulli e fanciulle delle classi elementari, Monza 1867, tip. Paleari. Questo libretto venne composto dal Buzzoni in unione col suo amico don Giosuè Villoresi per gli scolari di Brenno e di Fabbrica; 11. Un centenario in casa nostra (19 aprile 1891-1892), Milano tip. Agnelli, 1892; 12. Appendice al «Centenario in casa nostra», del parroco P. Buzzoni, Milano, tip. Agnelli, 1900. Ho trascurato gli scritti di minore importanza come necrologi, ecc.

Per l’Asilo Convitto Infantile dei Ciechi


OBLAZIONI.

Dalla Cassetta dell’Asilo |||
 L. 22 19
Maria Giulini Crespi in memoria del suo amatissimo padre, per un letto che porti la scritta: Carlo Crespi 28 agosto 1910 |||
   » 100 —
Maria Giulini Crespi per un altro letto colla scritta: Adelaide Crespi Gallone 16 agosto 1896 |||
   » 100 —

La signora Balestrini Marianna ha dato L. 100 per l’acquisto di una macchina da cucire per la guardaroba dell’Asilo. La signora Gina Stucchi, per le lire 100 ha dato una macchina di valore assai superiore — inviando all’Asilo una maestra che insegni il modo di usarne.