Il buon cuore - Anno XI, n. 06 - 10 febbraio 1912/Religione

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Vangelo della domenica Sessagesima


Testo del Vangelo.

Il Signore Gesù narrò alle turbe e ai suoi discepoli questa parabola: Ecco che un seminatore andò per seminare. E mentre egli spargeva il seme, cadde parte lungo la strada; e sopraggiunsero gli uccelli dell’aria e lo mangiarono. Parte cadde in luoghi sassosi, ove non aveva molta terra; e subito spuntò fuora, perchè non aveva profondità di terreno; ma levatosi il sole, lo infuocò; e per non aver radice, seccò. Un’altra parte cadde tra le spine; e crebber le spine e lo soffocarono. Un’altra finalmente cadde sopra una buona terra e fruttificò, dove cento per uno, dove sessanta, dove trenta. E accostatisi i suoi discepoli, gli dissero: Per qual motivo parli tu ad essi per via di parabole? Ed ei rispondendo, disse loro: Perché a voi è concesso di intendere i misteri del regno dei cieli: ma ad essi ciò non è stato concesso. Imperocchè a chi ha, sarà dato, e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo par lo loro per vie di parabole, perché vedendo non vedono, e udendo non odono, nè intendono. E compiesi in essi la profezia d’Isaia, che dice: Udirete colle vostre orecchie, e non intenderete; e mirerete coi vostri occhi, e non vedrete. Imperocchè questo popolo ha un cuor crasso, ed è duro d’orecchie, ed ha chiusi gli occhi, affinchè a sorte non veggano cogli occhi, nè odano colle orecchie, nè comprendano col cuore, onde si convertano, ed io li risani. Ma beati sono i vostri occhi, che vedono, e i vostri orecchi, che odono. Imperocchè vi dico in verità, che molti profeti e molti giusti desiderarono di veder quello che voi vedete, e non lo videro, e di udire quello che voi udite, e non lo udirono. Voi pertanto ascoltate la parabola del seminatore. Chiunque ode la parola del regno e non intende, viene il tristo e rapisce ciò che fu seminato nel suo cuore; questi è colui che ha seminato lungo la via. Colui che ha seminato lungo un terreno sassoso è quegli che ode la parola e subito la riceve con gaudio; non ha poi radice in sè, perchè è temporale. Suscitasi una tribolazione od una persecuzione per la parola, subito si scandolezza. Colui che ha seminato fra le spine è quegli che ascolta la parola, e la sollecitudine di questo secolo e la fallacia delle ricchezze la soffoca e rimane senza frutto. Colui che ha seminato in buon terreno è quegli che ascolta la parola, l’intende, fa frutto e rende dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta.

S. MATTEO, cap 13.


Pensieri.

Solo in due parabole — sempre nello stesso argomento — Gesù ha voluto spiegarle esso stesso!... Ciò dimostra che l’argomento designato nella parabola deve essere ben grande ed importante l’insegnamento che ne deriva, se Gesù volle per questo fare ciò che per l’altre non fece, abbandonandole alla nostra interpretazione.

Qui abbiamo le varie fasi che subisce la parola di Dio quando giunge al cuore dei fedeli. La parola è una semente... non si butta invano una parola. Dapprima sveglia intorno a lei una piccola, minima eco da noi non temuta, forse disprezzata: pazientate... l'eco piccina sveglierà altre eco maggiori, più lontane, e niuno di noi — Dio solo lo può — potrà mai seguire l’azione, la responsabilità, l’efficacia d’una parola.

Pur la parola di Dio è semente destinata a cadere e fruttificare nei nostri cuori: qui appunto toccano a questa divina semente varie e disparate sorti cosicchè essa può dare o meno frutti a seconda delle disposizioni con cui la si accoglie e lavora. Così a lei come alla semente dell’agricoltore: buttata, se essa cade ove trovi terreno adatto, e principii sufficienti dà ottimi risultati, riuscendo negativa quando alle sue energie non trovi principii assimilabili.

Cade lungo la via.... La calpesta il passeggero; gli uccelli la beccheranno. Questa la fine che l’aspetta.

La via aperta a tutti, dove tutto passa, dove ci assorda il rumor dei viandanti, dei carri, le grida scomposte della folla come dice bene il cuore di chi riceve la parola di Dio col cuore vuoto, dissipato, dove ci sta — ai medesimi, identici affetti — la parola di Dio e quella del mondo... il pensiero religioso ed il pensiero mondano, terreno, basso.... Su quella via tutto passa... l’impronta non ve la può lasciare il piede dell’angelo che si libra che vola, no, no, altri vi lasciano orme gravi, pesanti...

Cade fra i sassi? Cade là dove han turbinato altre tempeste, dove ruggono fiere tentazioni, dove l’amor del temporale, dell’umano, della vita han già inaridito ogni buona fonte.... Buttatela là la divina parola... Se potesse aprirsi un varco in quei sassi.. se sapesse spezzare quei macigni di orgoglio, egoismo, oh! allora... ma più ratta del baleno passa lasciando breve la gioia come breve il rimpianto del bene perduto.

Fra le spine. Non ha eco la divina parola la entro. Fa troppo rumore la ricchezza: troppo strepitano le comodità presenti: alzano troppo la voce le sollecitudini le voluttà della vita, del piacere.... Li, cresce e aumenta la semente finchè l’erbe più assai abbarbicate e forti non la vanno soffocando....

La semente è di ottima lega: farebbe miracoli. Come va ch’essa così poco fruttifichi?

La colpa è del terreno che male accoglie — dei nostri cuori male preparati.

Si va alla parola di Dio. Molti anzi, quasi tutti — nella prossima quaresima — si dorranno di mancare al discorso quaresimale dello stesso identico dolor di una mancata veglia o danza nel presente carnevale. È la stagione in cui — come ieri la danza — è di moda la religiosità. Quistioni d’abito, d’uso, costume.

Ma come dovrà attecchire, mettere radici in questo terreno la parola di Dio? Su quelle vie?fra quei sassi? in quei cuori dove sono spine acutissime? Non si trema vedendo come questa divina parola cerchi i cuori non dico mondi ma perfetti?

Eppure si celia: dopo una predica rimaniamo ciò che eravamo prima: sempre si frequenta la medesima occasione, amicizia, società malvagie: sempre siamo ai medesimi giornali e letture, sempre noi rimaniamo cogli stessi vizi, colpe e difetti di prima.

Non è vero che per la predica si muta d’abito, ma non si muta d’individuo?

B. R.