Il buon cuore - Anno XI, n. 10 - 9 marzo 1912/Educazione ed Istruzione

Da Wikisource.
Educazione ed Istruzione

../Beneficenza ../Religione IncludiIntestazione 14 aprile 2022 75% Da definire

Beneficenza Religione

[p. 75 modifica] Educazione ed Istruzione


Giubileo commovente


Settant’anni di dimora in un medesimo Istituto! È caso più unico che raro. Questo caso è avvenuto nell’Istituto dei Ciechi, e lo si è ricordato con scena commovente il giorno 4 corrente.

La signora maestra Gambarini Maddalena, dell’età d’anni 82, ora in pensione, compieva il 4 corr. il settantesimo anno della sua entrata quale allieva nell’Istituto.

Entrò come cieca, ma, in seguito a operazioni, riacquistò un notevole grado di vista, tanto che come non più cieca avrebbe dovuto essere allontanata; ma il fondatore Barozzi la trattenne, dicendo: potremo farne una maestra.

E maestra dei lavori divenne infatti nel 1868, e continuò ad esserlo, fino a tre anni sono, quando i superiori, non volendo che sottostasse a un peso superiore alle sue forze, la dispensarono dall’insegnamento, trattenendola in riposo nell’Istituto, per riguardo ai molti servigi prestati, e prestati con diligenza e zelo eccezionali.

Lunedì, la Comunità femminile volle rendere alla venerata maestra, l’attestato della propria riverenza e affezione.

Alla mattina, si celebrò una messa nell’oratorio dell’Istituto, con accompagnamento di alcuni pezzi di musica; e alle ore 9, la Comunità femminile, raccolta nella grande sala di lavoro, già campo di battaglia della signora Gambarini, si procurò la consolazione di offrirle alcuni piccoli doni.

Una bambina dell’Asilo le presentò un mazzo di fiori, dicendo:


A te, nonnina cara,
Qual simbolo d’amore
Interpreti di tutti
Offriamo un bacio, un fiore.


Un’allieva, fra le più grandi, offrì altro mazzo di fiori, accompagnando il dono colla recita di alcune strofette, e le ultime erano le seguenti:


Nel buon riposo de la tua giornata
Ti veglia, o cara, il palpito divino
Dei grati nostri sensi: è riserbata
Viva dolcezza a l’util tuo cammino.


E per te prega il ben che ognor t’avvinse
Di questa casa ai figli sventurati;
L’anelito d’amor che ti sospinse
Ai gaudi puri nella fe’ celati.


Sul tuo tramonto risfavilla il raggio
Di quella pace che il buon Dio non nega
A chi amando compi lungo viaggio
E alla fatica del lavor non piega.


Il Rettore chiuse la cara festicciola con alcune parole, che riassumevano tutta la vita passata dalla Gambarini nell’Istituto, prima come allieva e poi come maestra, benamata da tutti, da superiori e da allieve, per la sua bontà, pel suo spirito di sacrificio, per l’amore sempre portato all’Istituto, come fosse la sua famiglia. Ricordò la spontanea offerta fatta dalla Gambarini, in un anno di minaccia del colera, di essere pronta ad assistere le allieve, rifiutando ogni proposta di compenso.

Con dolore abbandonò la vita attiva dell’insegnamento, vivendo ora in mezzo alla Comunità, come una memoria permanente e cara di tutta la vita passata dell’Istituto.

Le fu offerta come ricordo perenne della bella giornata una catenella d’oro, con breloque portante incise le due date: 4 Marzo 18424 Marzo 1912; e nel presentargliela il Rettore disse: è una catena; ricorda il [p. 76 modifica] vincolo che l’ha unita e la unisce alla Comunità; è catena d’oro, perchè i sentimenti di questa unione non potrebbero essere più preziosi: da una parte l’amore e il sacrificio, dall’altra l’amore e la riconoscenza.

La vecchia maestra ricevendo il dono pianse!

Le maestre e le allieve applaudivano.

La solenne distribuzione dei Premi nell’Orfanotrofio Maschile ai “Martinitt„

Gentile omaggio al Conte di Torino.

(3 marzo 1912)


Quest’anno la festa annuale della distribuzione dei premi all’Orfanotrofio Maschile assunse un carattere solenne per la presenza di un principe della Casa Regnante, pel grande concorso di pubblico eletto, e per la speciale solennità che si volle ad essa attribuire, allo scopo di far convergere sopra l’Istituto, che si può ben chiamare glorioso, l’attenzione affettuosa della cittadinanza.

L’aula magna dell’Istituto in corso Vittoria era stata ornata con molto sfarzo: il palcoscenico appariva tutto tappezzato di drappi tricolori, di bandiere e di stemmi producendo un bellissimo effetto.

L’avvento del Conte di Torino fu salutato dalla fanfara dell’Istituto. Fra le autorità erano il prefetto senatore Panizzardi, il tenente generale Di Majo, comandante il corpo di armata, l’assessore prof. Ferrari, in rappresentanza del Sindaco, mons. Giuseppe Polvara, in rappresentanza del Cardinale Arcivescovo, il maggor generale Pirozzi, i senatori Sormani e Pirelli, l’ingegnere Edoardo De Marchi, il provveditore agli studi comm. Ronchetti, l’ingegnere Pestalozza, l’ex presidente Carnelli, il capitano Conte Caccia, ufficiale d’ordinanza del Principe, e gli ufficiali d’ordinanza dei generali, il colonnello d’Ajala, l’avv. cav. Giulini, il comm. Ricordi, l’ing. T. Brioschi, Luisa Anzoletti, l’avv. M. Gennari, e numerose altre notabilità.

Furono ricevuti con squisita gentilezza dall’illustre e benemerito presidente dell’Orfanotrofio avv. comm. Giuseppe De Capitani d’Arzago e dall’on. Consiglio.

Le autorità salirono sul palcoscenico del salone del teatro, decorato con fine eleganza, e la sala fu invasa dalla folla giovanile e dagli invitati.

Prima della distribuzione dei premi, il benemerito presidente comm. De Capitani pronunciò un discorso richiamando con accenni efficaci gli scopi dell’Orfanotrofio e specialmente trattando dell’educazione quivi impartita ai figli del popolo più disgraziati e bisognosi.

Disse come nell’Istituto gli educatori mirano sopratutto a formare il carattere morale dei giovanetti, in modo che questi usciti dalla vita di convittori portino sempre e profondamente radicati nella loro anima quei sentimenti elevati, quei sensi lealmente e saldamente professati che saranno loro usbergo nella vita di cittadini, di operai laboriosi ed esperti, allontanandoli da ogni malsana forma di scetticismo e di egoismo.

«L’opera didattica e paterna del nuovo direttore professor Brian — aggiunse l’oratore — che a questo obbietto è volta, con la fermezza, e la soavità, dà buon affidamento per questi alti principi di civile educazione che il Consiglio, con tutto l’animo, si propone di raggiungere per il bene dei convittori».

Accennò poi alla Commissione per lo studio delle riforme all’Istituto che i tempi nuovi esigono, per farne un organismo sempre più saldo, più vitale, più giovane, curando in primo luogo che meno crudo ed impetuoso sia il passaggio degli adolescenti ricoverati alle lotte della vita.

Terminò — con nobile perorazione — ricordando le nuove sorti della patria e il magnifico spettacolo dato dalle sue forze latenti, e salutando il Conte di Torino che con tanta premura — e dando con la sua presenza uno speciale significato — ha voluto essere presente alla cerimonia.

Il discorso fu vivamente applaudito.

Dopo che il Presidente ebbe parlato, fu presentata al Conte di Torino una pergamena, lavoro degli allievi dell’Orfanotrofio, dono che riuscì graditissimo. L’epigrafe è la seguente:

«A S. A. R. il Conte di Torino — per vincolo di mutua pietà patria — gli orfani di Milano — ardenti di giovinezza feconda — nel giorno della distribuzione dei premi — umilmente — offrono».


Parlò quindi il nuovo Direttore dell’Istituto, professore M. A. Brian, spiegando i suoi concetti per fare dei giovanetti affidati alle sue cure degli uomini con una coscienza virile ed elevata, e perciò appunto egli affermò doversi allontanare da ogni forma di volgare materialismo per raffinare invece gli alti sensi e le idee, che sono propagatrici di fede, di attività, di amor patrio.

Riaffermò poi le riforme già accennate dal Presidente e spiegò il nuovo ed ampio campa che — in questa rinnovata Italia — si apre specialmente alla intelligenza, al buon volere degli educatori.


Il Principe, consegnò poi, personalmente, i premi e i diplomi di merito, agli alunni, man mano che venivano chiamati. Per tutti ebbe parole buone incoraggianti; ed essi, che si presentavano seri, compunti, un po’ confusi, tornavano raggianti tra i compagni, stringendo il libretto di risparmio, o il volume educativo, o la menzione onorevole.

Dopo le premiazioni il Principe, accompagnato da tutte le Autorità, visitò l’Istituto, ammirandone l’ordine, la pulizia, le belle, ben disposte ed ariose camerate; e nel salone superiore ebbe luogo un piccolo trattenimento — un coro eseguito dagli allievi — che fu assai applaudito.

Una calorosa ovazione salutò il Conte di Torino mentre si allontanava lasciando in tutte le persone presenti alla cerimonia felicemente riuscita ottima impressione dell’Istituto, augurando ognora più al suo miglior avvenire.

Siamo lieti di presentare ai nostri gentili lettori lo splendido discorso dell’ill.mo e nobil signor avvocato [p. 77 modifica] comm. Giuseppe De Capitani d’Arzago; discorso, che fu pronunciato con tale sentimento, da produrre in tutti gli invitati una vivissima e molto visibile commozione.

L’illustre personaggio, che da più anni occupa la carica di Presidente di codesto filantropico ed importantissimo Istituto, ha saputo merce il suo grande ingegno ed il suo nobile cuore, far accrescere vieppiù la lama della ben nota e pia istituzione.


Altezza Reale, Signore, Signori,

A nome del Consiglio, interprete sicuro del sentimento di questi nostri orfani, porgo a S. A. R. il Conte di Torino il saluto riconoscente e devoto, l’omaggio sincero, ed il ringraziamento per l’auspicata Sua presenza a questa solennità: il Principe di Savoia è qui fra il suo popolo, fra la parte più sventurata a cara del suo Popolo — fra mezzo gli orfani è davvero dunque nella sua Gran Casa!

Ricorderanno i Martinitt questo giorno fra i più fulgidi della lor giovinezza.

Grazie pure alle Autorità qui presenti, a tutti quanti presenziano alla distribuzione dei premi.

È questo un momento assai importante per la vita dell’Istituto, perchè pone in evidenza, ed anche segna ad esempio, chi si distinse: per i premiati è il coronamento di generosi sforzi fatti; pei loro colleghi è la tangibile prova di quanto si può ottenere con la forza di volontà.

Così la distribuzione dei premi diventa un ottimo coefficiente di educazione morale e tende a facilitare l’arduo compito nostro, e della Direzione dell’Orfanotrofio: la formazione del carattere. Ecco la meta sognata da noi! formare il carattere al giovane che esce da queste ospitali mura, fargli d’attorno la corazza adamantina e fulgente che lo guiderà nella vita.

Il carattere è, dopo Dio, la più eletta aspirazione umana: è tutto per l’Individuo e per la Patria, e il più imperioso dei nostri doveri è quello di dotare questi figli di popolo di una salda educazione che gli faccia poi non solo uomini onesti, lavoratori coscienti nel letterale e morale senso della parola, ma centri luminosi di onestà, divulgatori di principii, di convinzioni saldamente e lealmente professate, entro le immutabili basi del bello e del buono; in una parola: giovani, giovani sempre ed ad onta dello incalzar degli anni nella comprensione del sentimento: sprezzatori convinti dello scetticismo e dell’egoismo gretto!

A questa meta tende il Consiglio.

Ai miglioramenti materiali ognora portati nell’Orfanotrofio, alle innovazioni risguardanti alla educazione fisica dei Martinitt, alle provvidenze intese a renderli, non già discreti apprendisti o garzoni all’uscita dell’Istituto, ma esperti operai, noi vogliamo aggiungere qualche cosa di più; vogliamo qui approfondire lo studio della psiche dei giovinetti; curarlo con affettuosità e fermezza ad un tempo: tutto questo abbiam fede d’ottenere sotto la geniale e appassionata direzione del prof. Marcantonio Brian che qui giungendo riassunse, con sintesi felice, il futuro suo atteggiamento col detto: soaviter et fortiter: tutto questo realizzeremo dico, se, come non dubitiamo, con entusiasmo i suoi dipendenti lo aiuteranno nell’aspro compito.

Il cinquantenario glorioso della Patria risorta, ha provvidenzialmente risvegliato nel Paese una forza in se stesso latente ma non mai indebolita.

La meritata e più alta soddisfazione ebbe invero l’Augusto ed amato nostro Sovrano nel trovarsi così all’unissono col suo Popolo nell’ora del cimento, attorniato da un esercito, da una marina gloriosi e fortissimi, che destarono nel mondo ammirazione.

Ma più in là, assai più in là, giunge la ripercussione della data memoranda, e in ogni centro, in ogni parte d’Italia nostra si riaccende la fiamma del bene, si intensifica l’idea vivificatrice del miglioramento sociale e morale, e ogni organismo, ogni ente si ripiega quasi su di se stesso, si esamina, e cerca la via d’ascesa per raggiungere il suo ideale.

Qui, noi l’abbiamo l’ideale da perseguire: un ideale bello e santo, quello di riparare alla sventura che colpì i piccini.

L’Orfanotrofio deve ripetere con cosciente sicurezza le soavi parole: sinite parvulos venire ad me, venite a me ch’io vi darò l’aiuto, il consiglio del padre, la carezza, il bacio della mamma che forse non v’ha sfiorata la guancia! questa è la sua missione.

Così, studiando il presente, e scrutando l’avvenire dei nostri Martinitt, sentiamo la responsabilità che ci grava.

Già da più d’un anno un’apposita Commissione, nominata nel seno del nostro Consiglio, studia quali siano le riforme da potersi introdurre nell’Orfanotrofio maschile onde renderlo sempre più consono alle moderne esigenze.

Tal delicato lavoro noi compiamo avendo sempre avanti la mente la necessità di conservare la bella fisonomia data all’Istituto dalle antiche e gloriose sue tavole di fondazione, monumento di sapienza e preveggenza insieme, ma pur pensando che un organismo, se vuol conservarsi solido e vitale, non deve fossilizzarsi, ma plasmarsi invece secondo le poliedriche esigenze dei tempi.

Seguendo questi concetti, esaminando quanto lungi da qui, in Italia ed all’Estero, si va facendo in tema d’educazione artiera e professionale, già abbiam fissati i cardini per una riforma che s’ispira fra gli altri numerosi e varii concetti, al desiderio di rendere meno crudo e impreparato il passaggio del Martinitt dall’Orfanotrofio alla Società, addolcendo con nuovi organismi questo pericoloso periodo nel quale il giovane, d’un tratto si sente libero dalla disciplina dell’istituto, e affatto disarmato per sostenere la lotta, e troppo spesso le insidie della vita per l’inesperto lavoratore: libertà s’acquista e non si dona.

La riforma sarà ben ponderata, si farà per gradi, a titolo di esperimento e di premio per i migliori allievi, avvalendoci, caso per caso, dell’aiuto della famiglia ove se ne presenti la opportunità, e non verrà adottata se prima non se ne sarà scrupolosamente esaminata ogni diretta e indiretta conseguenza.

Già, frattanto, coll’illuminato concorso della Autorità [p. 78 modifica] Municipale, si sta cercando il modo di intrecciare nuovi accordi fra la Casa nostra che produce operai, e la gran macchina industriale del Comune che ognora ne abbisogna.

Il problema dei miglioramenti per gli orfani è complesso, ma affascinante, e Noi, qui al cospetto d’un valoroso Principe, che sì degnamente rappresenta l’amata dinastia che guida l’Italia per un cammino sempre più radioso, delle Autorità governative e cittadine che ci attorniano di benevoli attestazioni, promettiamo di dare ogni miglior fibra di noi stessi a vantaggio di questo Istituto: d’aver sempre in cuore questi Martinitt, che nel fatidico giorno furon per Milano i baldi araldi della vittoria e che saranno ognora il fiore della forza e della gentilezza del popolo nostro!