Il buon cuore - Anno XI, n. 19 - 11 maggio 1912/Religione

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Vangelo della domenica quinta dopo Pasqua


Testo del Vangelo.

Disse il Signore Gesù a’ suoi discepoli: In verità, in verità vi dico, se alcuna cosa domanderete al Padre in nome mio, ve la concederà. Fino adesso non avete chiesto cosa alcuna in nome mio: chiedete, e otterrete affinché il vostro gaudio sia completo. Ho detto a voi queste cose per via di proverbi. Ma viene il tempo che non vi parlerò più per via di proverbi, ma apertamente vi favellerò intorno al Padre. In quel giorno chiedete in nome mio: e non vi dico che pregherò io il Padre per voi; imperocchè lo stesso Padre vi ama perché avete amato me, e avete creduto che sono uscito dal Padre. Io sono uscito dal Padre, e sono venuto nel inondo; abbandono di nuovo il inondo e vado al Padre. Gli dissero i suoi discepoli: Ecco che parli chiaramente e non fai uso d’alcun proverbio. Adesso conosciamo che tu sai tutto, e non hai bisogno che alcuno t’interroghi; per questo crediamo che tu sei venuto da Dio.

S. GIOVANNI, Cap. 16.


Pensieri.

Ottimamente Cristo rimprovera a noi di non pregare a dovere, ossia male, giacche io non credo siavi al mondo persona che faccia senza della preghiera. Per me sta questo: tutti pregano: tutti o quasi tutti si meritano invece il dolce lamento di Cristo di pregare male, di non saper pregare bene, e quindi di ottenere poco o nulla da una preghiera imperfetta, mentre ci è promessa qualunque cosa quand’essa sia chiesta al Padre suo in suo nome.

Che poi tutti preghino è certo, giacchè l’uomo — nella sua imperfezione, nella sua debolezza — sente il bisogno di chiedere aiuto, affidarsi ad un essere, ad una forza di lui maggiore, che non conoscerà nè chi, nè ove sia, ma alla quale non cessa d’affidare lui — vinto e sopraffatto da una forza maggiore — la causa propria. Ma di questo non ce ne occupiamo. Piuttosto sono a ricercarsi le cause per cui molti cristiani o non pregano quasi mai o pregano assai male.

Ci pare possano riassumersi in tre: primamente in molti sta la mancanza di fede: essa sta in quei cuori se non morta, ammortizzata: si sveglia sotto i soli colpi di tempesta, di difficoltà umane, di bisogni temporali.

In secondo modo si manca, se non di fede, di riflessione: invece d’una fede che crea echi e azioni pratiche, si ha una credenza del momento, una manifestazione vivace ma fatua; in terzo luogo non si prega per mancanza d’amore a Dio: a Lui ci inchiniamo per paura non per amore.

Occorre alla preghiera la fede, e tale fede che non sia nè monca nè incerta. Bisogna passare oltre il materiale, sopra il sensibile, vedere sopra gli enti tutti, l’Ente Supremo: nè basta vederlo in incerto, in un ambiente chiuso, quasi nebuloso: bisogna crederlo così col nostro intelletto da possederlo.

Eppur mentre il creato e l’azzurra vòlta dei cieli dice l’opera di Dio, molti sono che non sanno leggervi il nome dell’Autore divino!...

Non ve lo scorgono: ne sono impediti dal succedersi violento, irrompente d’altre occupazioni, d’altre brighe che non siano le spirituali. L’uomo terreno — che vive del momento — atrofizza il suo spirito, lo priva della facoltà di riflettere, d’elevarsi, di parlare e di sentire e vivere con un mondo al quale s’è reso straniero ed indifferente. Colla fede nel solo presente, e momentaneo come conversare — pregando — coll’eterno, col soprasensibile, con ciò che ripugna ed esclude la materia.

Come amare poi ciò che s’ignora? Come sentire una vita di cui mai abbiamo provato desiderio?

Gesù che ci predicò colle sue parole, ci insegnò pur colle sue azioni. Mai — nella sua vita mortale — operò alcuna delle sue benefiche azioni senza mandare innanzi la sua preghiera al Padre. Nelle nozze di Cana, nella mancanza di chi avesse coraggio di porgergli una preghiera, anche là non si mosse senza che una gli fosse porta e fu la preghiera della Vergine sua Madre. La preghiera è la forza della nostra debolezza, è la potenza della nostra infermità, è la strana sapienza della nostra ignoranza.

Il segreto dei santi fu la preghiera: questa forza strappò preziose confessioni anche a degli infelici. Koch — l’infame romanziere — fa chiedere da un suo protagonista ad un infelice se preghi: No?! — Siete un infelice, pregate, pregate!...

Dal loto vengono ripetute le parole di Gesù «Pregate ed otterrete ed il vostro gaudio sarà pieno».

B. R.