Il buon cuore - Anno XII, n. 46 - 15 novembre 1913/Religione

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Domenica prima di Avvento

Testo del Vangelo.

Uscito Gesù dal Tempio, se n’andava. E se gli appressarono i suoi discepoli per fargli osservare le fabbriche del tempio. Ma egli prese a dir loro: Vedete voi tutte queste cose? In verità io vi dico, non resterà qui pietra sopra pietra senza essere scompaginata. Ed essendo egli a sedere sul monte Oliveto, se gli accostarono i discepoli di nascosto, e gli dissero: Di’ a noi quando succederanno queste cose? e qual segno avremo noi della tua venuta e della fine del secolo? E Gesù rispose e disse loro: Badate che alcuno non vi seduca. Imperocchè sentirete parlare di guerre e di rumori di guerre. Badate di non turbarvi: conciossiachè bisogna che queste cose succedano; ma non finisce qui. Imperocchè si solleverà po polo contro popolo, e regno contro regno; e vi saranno delle pestilenze, e carestie, e terremuoti in questa e in quella parte. Ma tutte queste cose sono il principio• dei dolori. Allora vi getteranno nella tribolazione e vi faranno morire; e sarete odiati da tutte le nazioni per causa del nome mio. E allora molti patiranno scandali, e l’uno tradirà l’altro, e si odieranno l’un l’altro. E usciranno fuori molti falsi profeti, e sedurranno molta gente. E per essere soprabbondata l’iniquità, raffredderassi la carità in molti. Ma chi persevererà. sino alla fine, questi sarà salvo. E sarà predicato questo Vangelo del regno per tutta la terra, per testimonianza a tutte le nazioni, e allora verrà la fine. Quando adunque vedrete l’abbominazione della desolazione, predetta dal profeta Daniele, posta nel luogo santo (chi legge comprenda): Allora coloro che si troveranno nella Giudea, fuggano ai monti, e chi si troverà sopra il solaio, non iscenda per prendere qualche cosa di casa sua, e chi sarà al campo, non ritorni a pigliar la sua veste. Ma guai alle donne gravide, o che avranno bambini al petto in que’ giorni. Pregate perciò che non abbiale a fuggire di verno, o in giorno di sabato. Imperocchè grande sarà allora la tribolazione, quale non fu dal principio del mondo sino a quest’oggi, nè mai sarà. E se non fossero accorciati que’ giorni, non sarebbe uomo restato salvo; ma saranno • accorciati que’ giorni in grazia degli eletti. Allora se alcuno vi dirà: Ecco qui, o ecco là il Cristo; non date retta. Imperocchè usciranno fuora de’ falsi cristi e de’ falsi profeti, e faranno miracoli grandi e prodigi, da fare che siano ingannati (se è possibile) gli stessi eletti. Ecco io ve l’ho predetto. Se dunque vi diranno:. Ecco che egli è nel deserto; non vogliate movervi: Eccolo in fondo alla casa, non date retta. Imperocchè siccome il lampo si parte dall’oriente, e si fa vedere sino all’occidente; così la venuta del Figliuolo dell’uomo. Dovunque sarà il corpo, quivi si raduneranno le aquile. Immediatamente poi dopo la tribolazione di que’ giorni, si oscurerà il sole, e la luna non darà più la sua luce, e cadranno dal cielo le stelle, e le podestà de’ cieli saranno sommosse. Allora il segno del Figliuol dell’uomo comparirà nel cielo; e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra e vedranno il Figliuol dell’uomo scendere sulle nubi del cielo con potestà e maestà grande. E manderà i suoi angeli, i quali con tromba e voce sonora raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un’estremità de’ cieli all’altra. Dalla pianta del fico imparate questa similitudine: quando il ramo dì essa intenerisce, e spuntano le foglie, voi sapete che la state è vicina: così ancora, quando voi vedrete tutte queste cose, sappiate che egli è vicino alla porta. In verità io vi dico, non passerà questa generazione, che adempite non siano tutte queste cose. Il cielo e la terra passe, ranno; ma le niie parole non passeranno. Quanto poi a quel giorno e a quell’ora, nessuno lo sa, nemmeno gli angeli del cielo, eccetto il solo Padre. E come (fu) a’ tempi di Noè, così sarà ancora al venire del Figliuolo dell’uomo. Imperocchè siccome nei giorni [p. 365 modifica]avanti al diluvio gli uomini se ne stavano mangiando e bevendo, sposando e dando a marito le donne, sino a quel giorno che Noè entrò nell’arca; e non si detter pensiero, lino a tanto che venne il diluvio, e uccise tutti; così sarà alla venuta del Figliu»l dell’Uomo. Allora due saranno in un campo: uno sarà preso, e l’altro abbandonato. Due donne saranno a macinare al,mulino: una sarà presa, e l’altra abbandonata. Vegliate dunque perchè non sapete a che ora sia per venire il Signor vostro. S. MATTEO, Cap. 24.

Pensieri.

Dalla lettura, del lungo brano, che narra la profezia di Gesù in vista di Gerusalemme, mi pare scaturisca un inno di vittoria, che lo spirito dovrà cantare sulla materia. Questa è la mia impressione: e per vero Gesù dalla materialé distruzione della fedifraga e deicida città prevede la distruzione del mondo, in cui tutto verrà distrutto e purificato di mezzo a desolazioni e fuoco: di poi — in seguito alla completa:confusione e disorientamento degli uomini per le commozioni telluriche e sideree — annuncia il sopravvenire maestoso e tranquillo del Figliuolo dell’Uomo sulla generale rovina. Chi non ci vede l’esito finale, la conclusione dell’eterna secolare lotta fra lo spirito e la materia? Non è vittoria, la vittoria dello spirito, quello di venire — sulla rovina universale -- in potenza e maestà il Figlio di Dio? Non è l’inno del trionfo, il fulgore della luce più libera, più svelta sulla tenebre che grava.e nasconde l’orrore della ecatombe e strage generale? Allora, o signori, il terribile finale cozzo fra le due forze che si contendono l’uomo: La materia, che ci ha gravato, impedito il passo, distratta la meta, cadrà infranta: scomparso. il fenomeno, le molteplici forme sotto cui camuffavasi dovrà chinarsi alla superiore forza dello spirito: il vizio alla virtù, l’ignoranza, l’errore, alla scienza, alla verità. Cristo ci toglie la paura ha soggiunto, che, quando accadranno tali cose abbiamo a «guardare e levare il capo: giacchè s’avvicina la vostra redenzione»; in altre più umili parole Cristo ai mille che soffrono, ai mille che lottano, agonizzano per la verità lo spirito, ai mille oscuri cultori della virtù Cristo assicura il dì del trionfo, il dì della vittoria; ai seguaci del Galileo vilipeso, ai seguaci d’una Chiesa oppressa, svillaneggiata, insidiata, vilipesa Cristo promise il dì della gloria, il dì solenne d’una riparazione. Cristo promise il più forte, alato inno di vittoria.

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Su questo futuro evento non è possibile’ dubbio alcuno. Così vuole la parola di Cristo, a cui dà suffragio una filosofia senza pregiudizio unitamente la scienza. Ma nella frase di Cristo trovasi ancora una salutare lezione per la vita. Non so per quale ragione creati — come siamo —

per il futuro nessuno di noi vive del momento. Osserviamo. Se voi avete una gioia il vostro cuore dimentica l’jeri, non si preoccupa del domani e vi date al più lieto e giocondo ottimismo: un dispiacere, un disturbo anche minimo basta a strapparvi dall’ottimismo d’jeri per piombarvi nel più fosco e tetro umo-• re di pessimismo. Quest’uso è esiziale, disastroso, e vorrei aggiungere più disastrosa la seconda maniera perchè chi si trova umiliato così, così bersagliato sente quasi il bisogno, la necessità di richiedersi ciò se sbigottito e sfiduciato di tutto e tutti, anìi s’arma a difesa contro di tutti, poichè tutti gli nuociono, e altra speranza luce non gli rimane, fuorché sperare in sè la sola salute: Fanno compassione! Nell’aggravarsi dei loro mali, delle loro disgrazie aumenta il nero, la disperazione e eilvolta la bestemmia contro la provvidenza ingiusta a loro riguardo. Oh! a questi come vuole e può parlare la buona parola di Cristo oggidì? Perchè, o afflitti ed addolorati, piangete? perchè sentite minore la forza innanzi all’aggravarsi del male, del dolore, delle nostre agonie? perchè il timore d’una dim.ane più nera, più oscura vi agghiaccia lo spirito? vi piomba il terrore nel cuore’, vi terrifica lo spirito? Non vi ha detto Gesù che là s’inizia, incomincia la consolazione, il trionfo, la redenzione quando più stringe il male, quando più, acuta è la crisi del dolore?’ Non è appunto quella l’ora in cui ci è indicata, assicurata l’ora della... redenzione? Non è questa luce, speranza, sollievo?’

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Sciaguratissima condizione, o signori, davvero, per cui si soffre, si addolora senza una speranza, si agonizza per mesi, per anni, in una vita che val bene una morte. Disgraziati! Dalle letture di fole, dalle letture passionali, dall’apprese situazioni artificiose e violente senza un filo di speranza è alla violenza al suicidio che domandano pace e riposo. Disgraziati! Presi dal turbine delle umane vicende, sopraffatti dall,onda di neri e fantastici dolori sempre sentiti quanti — colle idee del mondo, della società corrotta — cercano al bracere, al revolver, la calma di morte... no! disgraziati! La parola di Gesù è a voi, o tormentato della vita: appoggiatevi a lui, a lui — che soffrì -- affidate le vostre pene: quando esse hanno raggiunto il colmo, ’quando l’animo s’accascia e si spezza levate il capo! Il mondo. non ha, non dà niente di scampo: Ha in cielo una Provvidenza, un Dio, she non abbandona alla desolazione d’un pianto disperato: allora è ’vicina la redenzione. R. B.

Il Municipio di Milano ha ordinato 200 abbonamenti per distribuire in tutte le scuole i fascicoli dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI. [p. 366 modifica]Alla Protezione della giovane

Il 17 Dicembre 1912, coll’adesione di S. Em. il Cardinale Arcivescovo che aveva promesso il suo intervento e che trattenuto da un imprevisto impegno, inviò i suoi auguri e le sue benedizioni, ebbe luogo l’assemblea generale dell’Opera Cattolica Internazionale per la protezione della giovane nella sede del Comitato milanese in via Castelfidardo, 9. La solerte segretaria signora Crescini, dinanzi a numerosd uditorio composto quasi intieramente di signore e signorine notissime nella palestra delle opere di carità pronunciò una relazione elevata nella forma ed eloquente nei fatti parlanti dell’Opera ispirata all’obbiettivo della salvezza delle giovani incaute che dai monti, dalle valli e dai campi vengono in città per cercare collocamento, e si trovano in balia di sè stesse esposte a mille pericoli d’inganni e di ignobili s fruttamenti. Alla carità — a questo fiore peregrino — disse la Crescini a questo fiore sbocciato all’ombra della Croce, anche la Protezione della Giovane deve la sua esistenza e il suo sviluppo, come ogni altra opera di vera civiltà. E il comitato milanese, che ha raggiun to il suo decennio di vita, ringrazia riconoscente l’inesauribile carità dei buoni, che anche quest’anno in cui la patria richiese non pochi sacrifici, pur risposero con la consueta generosità e provvidero ai bisogni dell’Opera di protezione, la quale potè così continuare, modesta ma sicura, la sua missione provvidenziale. In questo decennio il Comitato milanese enumera al suo attivo l’assistenza prestata a circa 165o giovani nella stazione ferroviaria, l’ospitalità semigratuita a 384o giovani dai 12 ai 25 anni, l’asilo gratuito a 320 povere figliuole per complessivi giorni 165o, la iscri-. zione senza spesa all’ufficio collocamento di 415o fra cameriere, bambinaie e domestiche, colla compiacenza di averne collocate in famiglie di sicura moralità più di 2620, e di aver provveduto a casi pietosissimi e urgenti, che presentavano pericoli impressionanti. Nel decorso anno, specialmente per l’infaticabile e intelligente signorina Pezzini, che parla cinque lingue, l’assistenza alla stazione centrale si è estesa a 2200 giovani operaie di passaggio in gruppi o sole, famiglie di emigranti, giovani ingenue in cerca di collocamento. Non è mai mancata la cooperazione cordiale delle autorità, del personale ferroviario, nè è mancata l’efficace intesa delle istituzioni affini, specie con l’Opera di Assistenza presieduta da S. E. mons. Bonomelli. All’ospizio si accolsero nell’anno circa 45o giovani, e all’ufficio di collocamento le domande pareggiarono le offerte. Funzionarono egregiamente le lezioni domenicali nei locali concessi dal Municipio, e funzionò per bene la Casa famiglia, sotto l’occhio vigile di due buone direttrici e l’alta direzione dell’assistente ecclesiastico, il proposto don Giovanni Schenoni.

La relatrice accennò pure efficacemente al Congresso Internazionale tenutosi in Torino nello scorso maggio, coll’intervento di illustri personaggi ecclesiastici e laici, e sintetizzò il programma approvato col proposito di intensificare la propaganda tendente all’elevazione morale e anche al benessere materiale delle nostre giovani coll’istruzione elementare, professionale e religiosa, colla buona stampa, col riposo festivo e colla giusta organizzazione mirante a combattere lo sfruttamento in ogni sua manifestazione, la stampa corruttrice, le mode indecorose, l’alcoolismo e tutto ciò che congiura contro la gioventù ed è cagione di decadenza anche delle nazioni civili. Il numeroso uditorio applaudì vivamente alla signora Crescini = una vera colonna della istituzione e si congratulò colla presidente, la contessa Carlotta Parravicini Stampa e colle signore del Consiglio. Il socio A. M. Cornelio prese la parola per mettere in evidenza i fatti importanti passati in rapida rassegna dalla relatrice, ed espresse il voto di un omaggio a S. E. il Cardinale Arcivescovo, presente in ispirito alla solenne assemblea. Rilevando l’elogio tributato giustamente al medico dell’Ospizio, il benemerito dott. G. B. Sostero, che sedeva di fronte alla presidenza, ricordò l’opera prestata dal Sostero medesimo in tempo di epidemia colerica, nel paese di Calzano, ove, nell’assistenza coraggiosa, fu per mesi e mesi al fianco del modesto ma valente arciprete Sarto, ora regnante Pontefice. In ’fine il Cornelio, congratulandosi per i risultati ottenuti e facendo voti per l’avvenire, espresse la speranza di una buona intesa per una fiera a favore di due opere abbinate la Protezione della Giovane e la Provvidenza Materna. Chiuse l’assemblea il rev: proposto don Schenoni, quale si disse orgoglioso di portare a S. Em.. il Cardinale Arcivescovo le espressioni e i voti formali nella riuscitissima adunanza.

Ammissione all’Asilo Infantile dei Ciechi (35 Ottobre)

La famigliola dei piccoli ciechi si è rientegrata dieci bimbi sono pasati dall’Asilo all’Istituto e dieci nuovi sono entrati all’Asilo. Qualcuno è di Milano, ma i più sono giunti dalla campagna coi loro parenti; talvolta s’è mosso il parroco, il medico o il sindaco del paesello per accompagnare il piccolo cieco: è bello, è confortante vedere come tutti s’inchinano alla sventura e si danno la mano per soccorrerlo. Entrano i gruppetti mestamente caratteristici nella sala, ove, il medico aspetta di visitare i bambini; si comincia da quelli venuti più da lontano per lasciar liberi i parenti per il viaggio di ritorno. C’è il piccino che non sa neppur piangere tanto è [p. 367 modifica]sgomentato dalla novità della cosa; ce n’è un altro preso da un’allegria quasi morbosa. C’è una mamma, quasi schiacciata dalla grossa bimba che porta in collo e la signora che l’accompagna dolcemente la rimprovera.d’essersi lasciata sempre troppo tiranneggiare da quella bambina. La donna tace, ma par chiedere collo sguardo triste: Come fare diversamente?» e quando la signora aggiunge: e Bisognerà abituar meglio l’altra» le lagrime solcano il viso pallido e precocemente in-, vecchiato. Povera donna! A casa ha una seconda bimba di due anni, pure cieca! Quanti sacrifici l’aspettano ancora! quanti pericoli da evitare alla piccina! quanto tempo ancora prima di poter riprendere la via dell’opificio e portare in famiglia un tenue guadagno! Oh! l’ideale di poter accoglier( nell’Asilo i bambini ciechi, sempre in maggior numero, e sollevare il peso grave che la povera creaturina porta alla propria povera famiglia! Si può facilmente indovinare che a questo pensa il buon Rettore, mentre tante mamme invocano da lui che il bimbo venga accettato, poichè hanno subito intuito, le povere mamme; che la copia fedele del divino Maestro non vive solo nel bel quadro appeso al muro del provvido Asilo e Sinite parvulos venire ad me!» Ed egli, il Ministro del Signore, il Padre dei poveri ciechi saprà suscitare l’aiuto della carità per estendere sempre più il beneficio prezioso accogliere maggior numero di bambini! Si colgono a volo domande e risposte che si rassomigliano nella triste monotonia dell’argomento. Da quando è cieca? e Aveva due mesi! La causa? Il morbillo» o e la menengite» o «è caduta nel fuoco!» Ci ha visto fino a tre anni!» oltre alla visita del pediatra, c’è quella dell’oculista. Come, ci sarebbe qualche speranza? Eh! purtroppo quel giudizio, pur necessario per assicurare che il genere d’infermità non sia di danno agli altri, conferma in novantanove casi su cento che non v’è alcun rimedio per la vista! Le mamme aspettano a bocca aperta, col cuore ansioso il verdetto dei due medici. Dopo della scienza, la mamma che ha tanto desiderato il giorno di mettere il bimbo al sicuro piangerà dirottamente dinnanzi alla realtà del distacco sentirà questo sacrificio più forte di tutti quelli fatti sin qui per la sua creaturina! allora sarà una gara gentile per rincorare la madre; la brava Direttrice, le buone donne che si sostitueranno alla madre nelle cure, nelle fatiche per il piccolo cieco; che diventeranno tante mammine pei disgraziati bambini degli altri le dicono e Fra poche ore il bambino non piangerà più, stia sicura pietosamente quanto sinceramente dimenticano, per consolare la povera madre, le prime notti in sonni, inquiete che esse stesse dovranno passare per abituare i nuovi arrivati. Pensi piuttosto alle povere mamme che non hanno potuto metter qui i loro piccini per mancanza di posto! Quelle si...!» Venga qui» e conducono le mamme sempre piangenti, i babbi che fino allora hanno creduto che solo le mamme potessero piangere, che il distacco dovesse essere un sollievo, nel cortile ove i bambini già ospiti dell’Asilo da un anno, da più anni, giocano, saltano, chiaccherano sereni e allegri. Anzi, è un giorno di gran gioia per loro quello dell’ammissione dei nuovi, in cui fanno gli onori dì casa ai piccoli». Eccoli,vengono incontro; sentite: e Venite qua, vi aspettavamo.», ecco, vedete, questo è il cavallo a scocca grande: ne abbiamo un altro più piccolo, ma è la nell’armadio, a in scuderia» perchè dobbiamo aggiustargli la testa»: E qui sono i nostri lettini; venite a vedere adesso la camera ove mangiamo tanta buona pappa». Qui, c’è la scuola, ma non piangere, Elena; ti conoscevamo già, sai? Che bella bambola hai portata. E ne vestiremo tante sai, Luisa, da vendere alla Fiera». Che bella tromba che suona forte, la tua, Carlino: vuoi sentire il mio tamburro?» e Che bel no-me hai Remo: sei tu che ti chiami così?» e Che gioia! che gioia!» A poco a poco tante chiacchere, tante feste, tante nuove amicizie, tanti giochi, tanta allegria affievoliscono il pianto dei bambini nuovi, ma sanno ascugare altre lagrime, espressione di più protendo dolore, il dolore materno, i piccoli, cari aspostoli della grande opera di carità dell’Asilo, gli stessi bimbi ciechi che ne godono il beneficio: sono essi che, col sorriso che si direbbe illuminato di gioia, fanno quasi dimenticare la loro disgrazia alle mamme consolate e benedicenti! M. C.