Il buon cuore - Anno XIII, n. 10 - 7 marzo 1914/Religione

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Religione

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Educazione ed Istruzione Beneficenza

[p. 76 modifica] Religione

Domenica 21 di Quaresima Testo del Vangelo.

«In quel tempo il Signore Gesù venne nella città di Samaria, che è detta Sichar, vicino alla tenuta, che diede Giacobbe cih suo figliuolo Giuseppe. E quivi era il pozzo di Giacobbe. Onde Gesù, stanco dal viaggio si pose così ’a sedere sul pozzo. Ed era circa l’ora sesta. Viene una, donna Samaritana ad cr4tinger acqua. Gesù le dice: Dammi da bere. (Imperocchè i suoi discepoli erano andati in città per comprare. da mangiate). Rispose adunque la donna Samaritana: tjoine mai tu, essendo Giudeo, chiedi da bere a me chi’ sono Samaritana? Imperocchè non hanno comùnione i Giudei coi Samaritani. Rispose Gesù, e disse,le: Se tu conoscessi il dono di Dio, e chi è co.:ui che ne avresti forse chiesto ti dice, Dammi da bere, a lui ed egli ti avrebbe dato di un’acqua viva. Dissegli la donna: Signore, tu non hai con che attingere e il pozzo è profondo: in che modo adunque hai tu quell’acqua viva? Sei tu forse da più di Giacobbe nostro padre, il quale diede a noi questo pozzo, donde bevve esso e i suoi fiArlivali e il suo bestiame?, Rispose Gesù, e disse: Ognuno, che beve di quest’acqua, avrà sete novellamente: chi poi berrà di quell’acqua, che gli darò io, non avrà più sete in eterno: ma,_!’acqua, che io gli darò, diventerà in esso fontana di acqua che zampillerà sino alla vita eterna. Dissegli la donna: Signore, dammi di quest’acqua, affinchè io non abbia mai sete, nè abbia a venir qua per attingerne. Le disse Gesù: Va, chiama tuo marito, e ritorna qua. Risposegli la donna, e dissegli: Non ho marito. E Gesù le rispose: Hai detto bene, Non ho marito. Imperocchè cinque mariti hai avuti;" e quello, che hai adesso non è tuo marito: in questo hai detto il veró. Dissegli la donna: Signore, veggo che tu sei profeta. I nostri padri hanno adorato (Dio) su questo monte, e voi dite, che il luogo, dove bisogna adorarlo, è in Gerusalemme. Gesù le rispose: Credimi, o donna, che è venuto il tempo, in cui nè su questo monte, nè in Gerusalemme adorerete i! Padre. Voi adorate quello, che non conoscete: noi adoriamo quello, che conosciamo, perchè la salute viene dai Giudei. Ma verrà il tempo, anzi è veniate, in cui adora/ori veraci adoreranno i: Padre in ispirito e verità. Imperocchè tali il Padre cerca adoratori. Iddio è spirito: e quei, che l’adorano, adorar lo debbono in ispirito e verità. Dissegli la donna: So, che viene il Messia (che vuoi dire il Cristo); quando questi sarà venuto, ci istruirà di tutto. Dissele Gesù: Son que: desso io, che teco favelle. E in quel mentre arrivarono i suoi discepoli: e si meravigliavano, che discorresse con una donna. Nissuno però gli disse, Che cerchi tu, o di che parli tu con colei? Ma la donna lasciò la sua secchia, e eli; dossene in città, e disse [p. 77 modifica]a qualda gente: Venite a vedere un uomo, il quale mi ha detto tutto quanto ho fatto: è egli forse il Crz sto? Uscirono dunque dalla città, e andarono da lui E in quel frattempo lo pregavano i discepoli: Maestro, prendi un poco di cibo. Ma egli rispose loro: Io ho un cibo da:ristorarmi, che voi.non sapete. I discepoli perciò si dicevano l’un l’altro: V’è egli forse stato qualcheduno, che gli abbia portato da mangiare? Disse loro Gesù: Il mio cibo è di fare da volontà di colui, che mi ha mandato, e di compiere l’opera sua. Non dite voi: Vi sono ancora quattro mesi, e poi viene la mietitura? Ecco ch’io vi dico: Alzate gli occhi vostri e mirate le campagne, che già biancheggiano per la messe. E colui che miete, riceve Ja mercede, e raguna frutto per la vita eterna: onde insieme goda e colui che semina e colui che miete. Imperocchè in questo si verifica quel proverbio, Altri semina, e altri miete. Io vi ho mandato a mietere quello, che vbi non avete g:avoraio. Altri hanno lavorato, e voi siete entrati nel lbro lavoro. Or dei Samaritani di quella città molli Credettero in lui per le paroie di quella donna, la quale attesstava, Egli mi ha detto tutto quello, che io ho fatto. Pui ifitú4 dunque da lui quei Samaritani, lo pregarono a trattenersi in quel luogo. E vi si trattenne due giorni E moCti più credettero in lui in virtù della sua parola. E dicevano alla donna: Noi già non crediamo a riflesso della tua parola: imperocchè abbiamo noi stessi udito, e abbiamo conosciuto, che questi è veramente il Salvatore del mondo. S. GIOVANNI, cap. 4.

Pensieri. La retta ragione nella scorsa domenica — confortata ed illustrata dalla voce e dagli esempi di Cristo — ci ha dato una concezione della vita umana assai diversa — anzi’ contradicente dal concetto generale umano. La vita umana — anche di per sè Considerata -- ha il suo valore nello elevarsi, nello staccarsi dal materiale, dal basso; nello spogliarsi delle sue esigenze esagerate. Cristo ha conforhto queka sublime teoria della elevazione e spiritualizzazione umana nella vittoria sua sopra la triplice tentazione, che Satana gli tende, ma questo dimostra Purtroppo, come fino a quel momento il mondo erasi Piegato ed inginocchiato a ben altra e diversa filosofia. D’altra parte l’altissima concezione e valore morale della vita ci deriva ed è illustrata dalla luce religiosa: dall’altra dice che l’uomo — solo e di per sè — ineluttabilmente, senza l’aiuto esterno — piegherà sempre verso il comodo, il piacere, e non verso la virtù, la lotta, il sacrificio, il dovere. Al mondo, che idolatra la vita-piacere, l’uomo cristiano grida che la vita vera è il dovere clelija vita stessa. Potrà ancora il mondo ammirare questa nostra filosofia, questa ardita concezione, ma il mondo ie sterà pur sempre impotente innanzi a tale idealità per la mancanza di religiosità, di spirito religioso.

Il brano evangelico d’oggi illustra quanto più sopra. La Samaritana s’interessa di Gesù fin da principio: la sua scortese risposta data dal pretesto politico mostra la voglia di una polemica, che risponde e risolve dei dubbi, che la rodono di giorno e l’abissano la notte. Stanca di poi d’una fatica quotidiana, s’interessa della’ parola di lisi, che le promette riposo... stanca di pretesti varii, vani, quante volte l’anima dell’incredulo dello.scettico, dei mondano, del peccatore sente l’allettamento soave della pace, della quiete religiosa: quanto è stanca dei continui travagli delle passioni d’ieri, come prevede furiosa la passione della Bimane... oh! come quest’acqua trista delle passioni umane (carne, superbia, avarizia!) mai non soffoca, non estingue, disseta... forse Gesù?! Ma di Gesù, del dogna rigido, logico, irreducibile nelle sue pratiche conseguenze della vita. Oh! sì, ha paura... le si vorrebbero addomesticate, più adattabili fra la legge, il dovere e le... passioni fameliche. Ed ecco pretestare — come la Samaritana — il diversivo religioso: cercare nella religione la quistione acuta, sottilizzare, distinguere, contradistinguere, sofisticare dove è luce, dove il dovere impone, dove un’autorità inconcussa impone. Oh! no: non è in questo o quel monte che si debba cercare Dio! il monte è pretesto: d’ora in avanti gli adoratori di Dio sono gli adoratori dello spirito nella verità e nella sincerità. E che mendicate allora i vani pretesti?! Perchè lamentare una mancata pace, una sfuggita quiete dello spirito quando questa pace voi non la cercate con sincerità e verità? Dio solo a questo patto si dona: Egli, luce, illumina i più oscuri angoli e meandri dell’anima, e — geloso — si ritrae se in quell’anima che deve essere altare di luce e virtù, s’asconde l’altare delle passioni e dell’umane, concupiscenze. Dissipiamo gli equivoci, togliamo i pretesti con cui ci reggiamo nelle nostre passioni, negli amori a ciò che Dio colpisce ed odia ed allora piegheremo a Gesù che non si nasconde a chi sinceramente lo chiede e gli promette ossequio sincero. Alla donna peccatrice si manifesta con semplicità divina: Io sono, quello che ti parlo! Si è Cristo che ti parla: ti parla un forte linguaggio, generoso, eroico: ti parla di lasciare l’idra delle passioni che non ti dissetò giammai: ti parla e ti invita fra i suoi: ti parla, ti commuove, t’aiuta. Da solo nulla potresti! Alle donne risposero i concittadini dicendo che la lor fede derivava dalle parole di Gesù, non dal testimonio di lei: ebbene così sia! Per reggerci, per durare in questa lunga tenzone contro ciò che ieri adorammo (mondo, carne, noi stessi), occorre la grazia sua: grazia — aiuto esteriore — che Dio non toglie, non nega a chi sinceramente gliela chiede e domanda. Ma non illudiamoci: le passioni nostre hanno una [p. 78 modifica]adattabilità stupefacente: s’occultano, piegano, s’ergono, si camuffano a meraviglia: occorre azione di vigilanza, azione di preghiera, azione di lotta. Una vita senza lotta non dà luce, senza sacrificii non dà profumo, senza fede subisce la più forte svaltdazione morale. B. R.

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COMP/ASSIONE Quando incontro un poverello Solingo per la via Senza né pan nè ostello, Punge l’anima mia Un crudele rovello Per la sua sorte ria, lo chiamo fratello, con malinconia I suoi cenci rimiro, Contemplo nel suo volto Una storia di stenti, Pietosa i suoi lamenti Con tenerezza ascolto.... invano ahimè sospiro i Torino.

Contessa ROSA DI SAN M•RCO

Lunedì mattina, spirava serenamente una ben nota gentildonna:

CLELIA PASTA - FERRANTI Nel c -n-rente mese avrebbe compiuto il novantasettesimo suo anno. Quante memorie, quante tradizioni in quella vita longeva e serena, tutta intessuta di bontà, di arte, di santi amori! Nata da una grande artista — la celebre cantante Pasta — la signora Clelia ebbe geniali manifestazioni, che si trasfusero nel culto alla madre e a’ suoi ideali artistici e, più ancora, si ripeterono nella figlia Carlottina, la notissima virtuosa di pianoforte, della quale un illustre personaggio dicev: L’ugola dell’ava si è tr isfusa nelle dita della nipote. • •

I funerali riuscirono una commovente manifestazione di affetto. Sulla facciata della chiesa di S. Bartolomeo leggevasi una breve, ma bellissima epigrafe che metteva in evidenza le virtù della venerata Signora, la quale ha cessato di pregare in terra per continuare a pregare in cielo per i suoi cari.

Al Cimitero il Rev. Can. Mons. Luigi Vitali pronunciò il seguente discorso: Mi sia permessa una parola. È da cinquant’anni che io conosco la persona che noi qui piangiamo. L’ho conos-iuta in circostanze diverse della vita, or liete, or tristi. Come mi è sempre apparsa? Una bell’anima, un’anima superiormente cristiana, che aveva la fede per base, la poesia per forma; poesia che non la toglieva di considerare il lato serio della vita. Vedeva e sentiva Dio in tutto, dappertutto, nella natura, nella famiglia, nell’amicizia, nell’arte. L’anima sua mi pareva un’anima francescana, animata da una benevolenza universale: amava i fiori, gli uccelli, il cielo stellato, i tramonti: aveva squisiti i sentimenti di famiglia; si dilettava fra una schiera di amici, esultava nelle liete vicende della patria, gioiva delle bellezze dell’arte. Un’arte le fu specialmente cara, l’arte musicale, della quale aveva in casa un memorando ricordo nella madre, una cultrice appassionata e distinta nella figlia. est’arte aveva resa l’anima sua tutta un’armonia: u Le hote morali discordanti non avevano accesso presso di lei: non fu mai udita parlar male di nessuno: pensar bene di tutti, era come l’espressione abituale del suo spirito. Prima di partire per la campagna d’autunno, con pio presentimento, chiese ed ottenne di ricevere in casa, Cristo in s cramento; l’olio santo consacrò gli ultimi momenti di sua vita. Quale fosse l’ultima inspirazione di questa sua abituale elevazione era palese in quell’atto che aveva in uso di ripetere sempre, il segno della santa croce: era vera in senso assoluto per lei la frase: il segno di croce è il segno del cristiano: veniva spesso sulla sua persona perchè era sempre nel suo cuore. Consoli questo pensiero il cuore afflitto de’ suoi cari e specialmente della figlia che le tu indivisibile compagna sempre, e più in questi ultimi anni, e che soleva dire di vivere della vita di lei: perdere i propri cari è sorte di tutti, ed è doloroso per tutti: non però a tutti Dio concede il favore, come in questo caso, di aver potuto contiuuare con essi la vita sulla terra ad una così tarda età, sicchè in essi non era tanto da meravigliarsi della morte, ma della vita. Addio! anima buona: è tolta l’unione della presenza; resta l’unione della preghiera; tu prega per noi, noi pregheremo per te. AIM11111~~1111/ Breve e violenta malattia ci ha tolto un amico carissimo, un ottimo professionista, un padre esemplare,

l’Ing. GIUSEPPE SCOLA. Nell’al di là della vita, Egli ha portato un’anima intemerata, capace solo di bene, retta, amorosa, fedele alle più belle tradizioni. Dio aveva premiato l’amico nostro con una sposa ideale — la signora Angela Polti — e più tardi con figli maschi ben degni di tramandare il nome immacolato. La di lui salma da ’Milano è stata trasportata a Lecco, poco discosto dal famoso palazzo Manzoni al Caleotto, del quale la famiglia Scola è proprietaria. "9111191~1111.111~.

A Lecco si è dischiusa una tomba per accogliervi troppo preàto la salma di un concittadino da tutti amato:

LUIGI VITTORIO STOPPANI A Milano, dov’è mancato ai vivi, un numeroso corteo [p. 79 modifica]ha onorato il caro defunto, accompagnandolo alla chiesa parrocchiale di S. Tomaso, ove una breve epigrafe caratterizzava la di lui anima pia, e a Lecco, sua città natale, i concittadini lo hanno accompagnato in gran numero all’ultima dimora, ricordando le virtù del suo cuore eccellente. Noi pure lo abbiamo conosciuto, apprezzato ed amato nella sua candida bontà, nella sua dolcezza, nella sua rettitudine, ed ora esprimiamo il nostro cordoglio inviando sentite condoglianze ai congiunti, specie alla vedova — signora Gina Banfi -- e al fratello prof. sac. don. Pietro Stoppani.

Ringraziamento La fiera di Beneficenza a favore delle famiglie bisognose degli ammalati degenti all’Ospedale Maggiore e dell’Associazione Nazionale per la difesa della Fanciullezza Abbandonata, ha avuto un esito veramente degno delle tradizioni milanesi di carità. L’introito complessivo raggiunse la somma di L. 14.510.— risultato oltremodo confortante e dovuto in massima parte al concorso generosissimo delle Signore e delle Signorine Che nella preparazione della Fiera e nei quattro giorni della vendita gareggiarono di slancio catitatevole. Le Presidenze delle Opere beneneficate esprimono la più profonda riconoscenza alle gentili venditrici ed a quanti concorsero alla splendida riuscita della benefica impresa. - Nel sorteggici dei doni reali, il dono di S. M. la Regina Elena venne assegnato alla signora Susanna Dolifus e quello di S. M. la regina Madre alla signora ErMinia Bonacossa Noseda.