Il buon cuore - Anno XIII, n. 23 - 6 giugno 1914/Educazione ed Istruzione

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Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno XIII, n. 23 - 6 giugno 1914 Religione

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La Mostra postuma

delle opere di Filippo Carcano.


In alcune sale dell’Accademia di Brera, che lo ebbe allievo e che lo vide poi campeggiare ed affermarsi maestro, un gruppo di amici e di ammiratori fedeli, ha rievocato con documenti, se non numerosi, ricchi di pregio, tutta l’onesta operosità artistica di Filippo Carcano.

Gli elementi raccolti ed esposti, limpidi e sinceri, dimostrano assai bene l’evoluzione pittorica del Carcano, dalle opere scolastiche dei primi anni, alle prime vigorose affermazioni di verismo, per terminare e culminare nelle ultime opere grandiose, ed in quelle ultimissime visioni coloristiche, nelle quali il Carcano sembra avere raccolto in delicata sintesi tutte le finezze cromatiche dell’arte sua. Lascerà certo un gran ricordo di sè questa non vasta ed anche breve mostra di opere sane e gagliarde, che potrebbe anche sembrare monito severo ed arguto ad un tempo, a quelli che trascurando le ampie, diritte, soleggiate strade maestre dell’arte, sembrano preferire i sentieri tortuosi e faticosi.

Mancano alla mostra alcuni quadri, alcune gemme. Taluni saranno forse esposti tra giorni per altri, difficoltà pratiche insormontabili, hanno vietato che il pubblico di Milano ne potere godere.

Ma il fascino che emana dalle tele riunite, e da Ognuna di esse, è grande: è il sentimento che solo può ispirare l’opera alta e duratura, anche a dispetto delle critiche blande dovute agli scettici di professione.

Quattro, a mio avviso, potrebbero esere i periodi più sgnificativi dell’attività professionale del Carcano. Il primo, quello in cui più direttamente l’artista risentiva dei freddi dettami scolastici e che è’rappresentato nella mostra dal quadro storico Federico Barbarossa ed Enrico il Leone a Chiavenna, di proprietà dell’Accademia per aver conseguito il premio Canonica nell’anno 1860. E’ il Carcano giovanissimo, già pittore corretto e fine, che pur già presenta tra i difetti di convenzionalismo, propri della pittura dell’epoca, pregi propri di colore e di distinzione.

E veniamo al secondo periodo: quello che segna definitivamente il temperamento artisticamente rivoluzionario del mite pittore lombardo: il periodo in cui la maturità dell’ingegno gli permette di librarsi a voli arditi per campi ancora agli altri ignoti ed intentati, con la Scuola da ballo e la Partita al bigliardo.

Ammirevoli entrambi per sincerità di ambiente, gusto di composizione, nobile fedeltà di osservazione, sapienza di colorista e di prospettico, rappresentano ed in ispecial modo la seconda, un vero rivolgimento nella tecnica pittorica e nei criteri di visione e di interpretazione del vero: documenti storici anche, e di non scarso valore, se, nella stessa sala da ballo, il pittore conobbe quella che gli fu per tutta la vita compagna affezionata e fedele, e se in quella sala di un vecchio caffè di via S. Radegonda, sfilarono i più scapigliati tipi di artisti di quell’epoca.

Taluno vuol vedere oggi, in quei due quadri cosi sinceri e limpidi, la prova che il Carcano, fin da allóra intravedeva, applicandole, l’importanza pratica delle teorie divisionistiche.

Tale osservazione, che in via di fatto non è priva d. fondamento, specialmente nella Partita di b!gliardo, non credo, possa però ffermarsi in via affatto assoluta, anche se il Carcano, nelle ultime sue opere ebbe a presentare una tendenza di assai spiccata simpatia verso una tecnica divisionistica originale e propra.

Attraverso opere, che verrò accennando in fine, il Carcano, visti i nuovi orizzonti che si aprivano alla sua attività, produceva, in quello che è il periodo più produttivo e più lungo della sua arte, con una tecnica pastosa e robusta, paesaggi di un valore assoluto, nei quali la prospettiva aerea, le lontananze degli infiniti piani pittorici, hanno trovato il prmio forse, certo uno dei più valorosi assertori. [p. 178 modifica]Tali la vasta Pianura lombarda meritamente cele-, bre, seguita da taluni, superiore sempre alle imitazioni. quantunque in essa il Carcano, nella pur mirabile lontananza ottenuta, non abbia infuso quel senso di luminosità che dovevano spirare più tardi altre sue opere: le Preal pi bergamasche che mi duole non abbiano potuto allietare la mostra del loro tesoro argenteo di nubi e di monti, il Lago d’Iseo, altra vasta tela, della quale in una chiara complessiva visione, non si sa, se più sia da ammirarsi la efficacia con cui è resa la tranquilla distesa delle acque, od il vario succedersi deí monti, od il maestoso accavallarsi delle nubi su di un cielo vibrante di moto; i a chiara, tranquilla, fedele visione di Pescarenico, due vigorosi interni del Duomo, documenti preziosi di una versatilità non comune. Il Ghiacciaio di Cambrenna, è quella, tra le opere del Carcano che più si impongono per le sue qualità.11 robustezza, colorito, equilibrio. E’ l’opera veramente magistrale che assomma in sè, nei fastigi delle sue bianche cime, tutta la sapienza pittorica prodotto di una vita di studio. L’ultimo periodo di attività del Carcano, quello che. affermatosi con la esposizione individuale di Milano ne’, 1906, ha seguito — con qualche interruzione — quale il maestoso esterno del Duomo — fino alla sua morte, e che è quello che ha dato luogo alle più vivaci discussioni tra critici ed artisti, è nella mostra scarsamente rappresentato. Anche la commissione, composta di artisti competenti ed egregi, chiamata a scegliere tra le opere di proprietà dei sginori eredi Carcano quella che sembrasse più significativa e degna di figurare nella Galleria d’arte del Castello Sforzesco, non credette di pronunciarsi in favore di taluna delle diverse, vaporose, delicate tele, sulle quali l’artista insigne sembrava voler rendere immateriali quei paesi sui quali il suo occhio arguto si era tante, volte fermato, e designava invece il quadro Pietra papale, che figura nella mostra e che, pur tra i pregi di una forte pittura, non potrà portare in quella Galler’n dove già figurano opere del Carcano di epoche pressochè eguali, quella nota di varietà che avrebbe potuto presentare e che non si sarebbe dovuta, credo, trascurzre. Sembra però, a mio avviso, che le critiche•velate palesi a quello che fu l’ultimo ideale pittorico del °arcano, abbiano quasi sempre origine, più che da considerazioni obbiettive, da quello stesso senso di sincera e generale ammirazione suscitato dai suoi quadri di epoca leggermente anteriore, e che facendoli considerare come la sublimazione della sua laboriosa carriera, non poteva, a rigor di logica, che considerare come una deviazio ne dalla vita tanto magistralmente battuta, la ricerca di una nuova tecnica, diretta ad ispirare nuove sensazioni. Peccato di origine, quindi, a mio modo di vedere,: poichè l’ammirazione per quella che possono sembrare e possonò forse essere, le sue opere robuste, non deve lasciare freddi, talvolta anche ostili, davanti al fenomeno meraviglioso di chi, già vecchio e glorioso, seguendo un suo inafferrabile ideale, tentò, riassumendo in varie tele tutte le sue vaste cognizioni, di circonfondere di purissima, quasi irreale armonia di colore, alcuni semplici e

grandi concetti di filosofia e di vita: e non esitò per questo a ritenere che il quadro L’umanità, costituisca una delle sue opere più salde, se anche prescindendo dall’aspetto filosofico, lo si voglia consi ierare sotto il semplice aspetto pittorico. Come anche quelle distese di nubi, delle quali il Carcano cosi spesso si compiacque, ed a cui volle talvolta dare titoli di attualità, pure non figurando nella mostra, restano documenti alti del suo valore. Ricordo ora, in rapida rassegna, oltre le opere già accennate, quelle che rappresentano nella mostra, i punti intermedi del suo sicuro e Continuo ascendere. Un bozzetto del Giuda, soggetto che attrasse singolarmente il Carcano, inspirandogli opere anche di gran mole: La famiglia del congiurato, la vasta e calda distesa della Campagna di Orsenigo, la Colazione all’aperto, l’Isola dei Pescatori, Sulla terrazza, Sul Motterone, Montagna lombarda, Cesto di polli, opere tutte fresche e vivaci, che, unitamente ai vari pastelli, acquerelli e studi, completano armonicamente la bellezza della mostra. In epoca in cui le tecniche più eterodosse sembrano incontrare fortuna, gli addebiti mossi al valore dell’opera di Carcano degli ultimi anni, non possono essere ritenuti di un qulunque valore: l’opera sua complessiva, ad ogni modo, come bene ora risulta, è opera davvero monumentale e duratura. E’ in essa il maestro e l’artista, grandi entrambi, e degni di servire di esempio. Poichè mentre esemplare fu la sua vita di uomo, il gran conto in cui egli tenne sempre la nobiltà della propria arte, la coscienza con la quale egli si accinse anche al minimo dei lavori prodotti lo rendono degno della ammirazione di tutti. MARIO BEZZOLA