Il buon cuore - Anno XIII, n. 35 - 31 ottobre 1914/Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno XIII, n. 35 - 31 ottobre 1914 Religione

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La rivincita della fede


L’insistenza con cui nelle cronache di Francia s’accenna a un risveglio di sensi religiosi e di pratiche di fede non può a meno di apparire sintomatico e di far vibrare in ogni anima cristiana una forte e presaga speranza spirituale.

I giornali ci portano ogni giorno le più eloquenti testimonianze del coraggio eroico alimentato dal pensiero cristiano. Sono vecchi ufficiali superiori che s’inginocchiano dinanzi all’altare prima di brandire la spada del comando; sono piccoli soldati che nell’immagine della Vergine sentono di possedere lo scudo più valido contro il nemico; sono giovani sacerdoti e religiosi di ogni ordine che corrono all’assalto con lo stesso entusiasmo con cui si appressavano agli altari di Dio. Leggendo certe lettere portate dai campi sanguinosi dei Vosgi, ci ritornano istintivamente alla memoria quelle che ci giungevano a centinaia dai campi trincerati della Libia: lettere semplici e rudi, ma profonde e sublimi a un tempo per la retta e coraggiosa concezione che le informava, del dovere cristiano.

La terribile guerra ha non solo affratellato tutte le classi del popolo in uno slancio concorde: ma ha pure ridestato nei cuori quell’antica fede che vi giaceva, soffocata in molti, addormentata nei più.

A questo risveglio ha contribuito sopratutto il servizio militare degli ecclesiastici, il ritorno dei religiosi e delle suore tra le file dolenti dei feriti, nelle corsie degli ospedali da campo.

Migliaia di esuli, uomini e donne, cacciati bru-

talmente dal suolo francese per un preteso delitto di pensiero: quello, cioè, di volersi conservare fedeli alle tradizioni cristiane della patria, attuando tale pensiero nella pratica di una vita in comune, di sacrificio e di virtù: al primo squillo, senza essere invocati senza pur chiedersi se il proprio sacrificio potesse riuscire utile ai loro persecutori, sono accorsi unanimi sul campo di battaglia, col fucile in pugno e col segno confortatore e benefico della croce purpurea aggiunta al candido soggolo. Vinca o perda la Francia nella gigantesca tenzone, nessuno potrà mai cancellare dalla sua storia la pagina gloriosa scrittavi dall’anima cristiana: nessuno potrà mai dimenticare il magnifico spettacolo di fede e di eroica abnegazione dato in questa circostanza da un popolo che si riteneva spento per sempre ad ogni idealità cristiana.

Allermands! Venez, venez voir nos moines, nos pretres à la porte de nos bureaux de recrutement ces moines et ces pretres que nous avons chassès....». Così, nell’Homme libre, gridava, in un impeto di sincero entusiasmo, fin dall’agosto scorso, Clèmenceau.

Ed è così che gli oppressori, sino ad ieri, del pensiero religioso in Francia hanno dovuto confessare la loro sconfitta, dinanzi all’esempio magnifico e magnanimo dato dalle loro vittime nell’adempimento del più grave dei doveri cittadini.

Nessuna risposta più fiera e più bella poteva essere lanciata a quelle leggi di proscrizione che hanno sconvolta da due lustri la Francia. La massoneria francese e l’anticlericalismo giacobino sono condannati alla più umiliante delle pene: a quella di trovarsi abbracciati dal perdono delle vittime e di veder trionfare nel momento del pericolo quei principii che hanno tèntato di esiliare dalla patria. Questa umiliazione non è meno profonda di quella subita giorni or sono quando, essendo insorti, in nome dell’arte e della civiltà, a protestare contro la devastazione di Reims, si potè obbiettar loro che i cannoni tedeschi non avevano fatto forse di peggio di quanto avevano perpetrato le stesse leggi francesi col lasciare in abbandono e in balia degli elementi demolitori tutta l’arte cristiana francese, in nome del libero pensiero!

Se la storia ha la sua filosofia, speriamo che [p. 274 modifica]qualcuno sorga un giorno a trarre dall’attuale conflitto tutti quei moniti, anche dal punto di vista religioso e morale, degni di essere meditati, perchè i fatti abbiano a divenire davvero una scuola per gli uomini.

  • * *

Ogni speranza sembrava perduta. Un vento di distruzione era soffiato dalle antiche terre e su le antiche chiese: aveva vuotato i conventi e disertato gli altari: scacciati dai, templi i vecchi morti, scacciato Dio dal sacrario. E’ parso che fosse crollato tutto un mondo, laggiù, un mondo dí memorie e di fede, il mondo delle glorie e dei morti. Ed essi — i proscritti — hanno sentito un brivido di freddo passare nelle loro ossa di condannati ad un mestiere oscuro, per non morire di fame, vecchi soldati costretti a nascondere la propria divisa per non essere perseguitati. Ed altri, i più giovani, quelli che sognavano una Francia diversa, una Francia che avesse virtù di ritrovare se stessa e le sue tradizioni su gli altari infranti e nelle tombe dimenticate, hanno avuto come un senso improvviso di schianto, quando la tempesta è passata, e si sono piegati a confortare i vecchi che vacillavano, che tendvano le braccia alle chiese deserte, ai conventi trasformati in caserme, agli altari divenuti banchi di vendita o mangiatoie di scuderia, per la sovrana volontà di piccoli sindaci volterriani, persuasi di interpretare la libertà come Tiberio interpretava il potere imperiale Che cosa n’era dei morti, dei cari morti, sotto la terra? Che facevano essi, nei solchi in cui erano caduti, con la spada nel pugno e un raggio di fede su la fronte, mentre un glorioso fantasma di vittoria passava per i cieli radiosi, sfogliando lauri per i campi rosseggianti di sangue e una selva cli spade affilate si levava alto a salutare il sole? Che cosa n’era della speranza ch’essi avevano seminata, morendo, nello stesso solco di terra che li aveva raccolti, e che doveva fiorire dal tronco delle loro lame, benedette dal sacerdote di Cristo? Tutto era finito dunque? La vecchia Francia cristiana era stata abbattuta come un sol tempio, sotto un solo piccone? Questo si chiedevano, piegati sotto il soffio devastatore, gli esuli lontani. Fino a ieri. Oggi si sono risollevati*in piedi tutti. Qualche cosa risplendeva, laggiù, su la città del sogno cristiano, come un gran sole che toccasse, con l’estremo suo raggio, la bruna fronte merlata di Notre Dame, e la cupola d’oro degli Invalidi, e un nome era suonato con la voce di bronzo delle campane, con la voce d’argento delle trombe: Giovanna d’Arco. Fra la Francia dei morti, la Francia di ieri, la Francia credente e guerriera che li chiamava dall’esilio: era la loro Vergine, la piccola Vergine dalla spada nuda e dal bianco vessillo crocesignato, che aspettava laggiù, con la fronte cinta d’un’aureola di speranza. Ed essi si sono guardati, con un velo di lacrime nelle pupille: e i vecchi si sono stretti ai giovani, e si sono mossi tutti, sono partiti tutti....

Una parola nuova, la buona parola del conforto, l’eroica parola della speranza li accompagnava: ad essi che avevano sofferto, ad essi che avevano piegato il capo ad ogni umiliazione e ad ogni amarezza, ad essi che si erano sentiti stranieri nella terra loro, quella parola nuova diceva: — Tornate nella patria comune, alla comune preghiera! La Francia che vi scacciò non è la vostra. Si è potuto, è vero, proclamare il divorzio della Francia (( ufficiale» da Cristo. Ma l’altra Francia restava: la Francia cristiana alla quale tutti gli editti e tutte le leggi che l’ultimo decennio ha fatto germogliare su le rovine putrefatte dell’affaire, non pos- • sono, nè mai hanno potuto togliere, il diritto di credere e di aver fede. Lasciate che i piccoli uomini compiano le piccole cose. La storia è più grande degli uomini che vogliono rifarla. La fede è più potente dei governi. Io vi ridarò la Francia vostra: perdonata all’altra ed amate questa. Essa è ancora quella che conosceste voi, vecchi, e che aveva ancora un sogno di gloria su la fronte: essa è quella a cui voi, giovani, dovete domandare che sia degna del suo passato. Giovanna d’Arco è risorta. Per le terre rosse di sangue, sotto un cielo rosso di fiamme, nella rossa furia della guerra, essa è tornata tutta bianca, come una Vergine di sogno, sul suo cavallo bianco, col suo bianco vessillo nel pugno. E su quel vessillo, che vide le schiene nemiche volgere in fuga lungo i solchi in cui le essa dei morti fecondavano le messi venture, erano scritti due rioni: Cristo e la Patria! Scriveteli voi pure, questi nomi, nei vostri cuori, ora che ripigliate la via del ritorno nella terra in cui nasceste e in cui i vostri morti aspettano. E nel nome di lei, siano benedetti gli entusiasmo per cui quei morti caddero e per cui voi risorgete!

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Ah, che la politica è ben piccola cosa, e ben lontana oggi! La Francia «ufficiale», quella che ricopre le sue miserie sotto il grembiale verde delle logge, non sa e non può certo commuoversi, di fronte a manifestazioni che tocchino, oltre che la fede,, il patriottismo del popolo: essa che ha rinnegata la patria il giorno in cui l’ha venduta ai banchieri israeliti. Ma l’altra, la vera e grande Francia, la Francia cristiana, non ha mai distolto gli occhi dalla cupola che il genio di Michelangelo incurvò su l’orizzonte della città eterna. Essa bramava solo di sapere se veramente, come le dicevano,ogni traccia del passato fosse stata dispersa, se veramente sugli altari deserti non dovesse piegarsi, una volta per sempre, la bandiera di Gravelotte e di Saint Privat, morta come ogni altra cosa. Ed ecco tornare dall’esilio i profughi, e riprendere il loro vessillo, il vessillo di Giovanna d’Arco, e risollevarlo alto su le fronti dei loro fratelli. Oggi, è la fede,. non la politica che ha dato la sua risposta e il suo monito. Domani i solchi della Francia se lo ripeteranno, con la voce che parlava alla pastorella di Domremy, e i morti, sui quali pur passarono i talloni prussia [p. 275 modifica]IL BUON CUORE ni, si risolleveranno per ricordare ai vivi la vergogna dell’ultimo nemico: quello che, ha spezzati i vecchi tralci con la gialla gragmuola dell’oro truffandino, e ha raddoppiata l’onta dell’invasore straniero con l’invasione interna di una gente senza patria e senza Dio. RODOLFO RAMPOLDI.