Il buon cuore - Anno XIV, n. 09 - 27 febbraio 1915/Religione

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Vangelo della seconda Domenica di Quaresima

Testo del Vangelo.

Il Signore Gesù venne nella città di Samaria, che è detta Sichar, vicino alla tenuta clic diede Giacobbe al suo figliolo Giuseppe. E quivi era il pozzo di Giacobbe. Onde Gesù stanco del viaggio si pose così a sedere sul pozzo. Ed era circa l’ora sesta. Viene una donna Samaritana ad attinger acqua. Gesù le dice: Dammi da bere. (Imperocchè i suoi discepoli erano andati in città per comperare da mangiare). Rispose adunque la donna Samaritana: Come mai tu essendo Giudeo, chiedi da bere a me che sonò Samaritana? Imperocchè non hanno comunione i Giudei coi Samaritani. Rispose Gesù, e dissele: Se tu conoscessi il dono di Dio, e chi è colui che ti dice: Dammi da bere, tu ne avresti forse chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato di un’acqua viva. Dissegli la donna: Signore, tu non hai con che attingere, e il pozzo è profondo; in che modo adunque hai tu quell’acqua viva? Sei tu forse da più di Giacobbe nostro padre, il quale diede a noi questo pozzo, donde bevve esso ed i suoi figliuoli ed il suo bestiame? Rispose Gesù, e disse: Ognuno, che bevve di quest’acqua avrà sete novellamente: chi poi berrà di quell’acqua, che gli darò io, non avrà più sete in eterno; ma l’acqua che io gli darò, diventerà in esso fontana di acqua che zampillerà sino alla vita eterna. Dissegli la donna: Signore, dammi di quest’acqua, affinchè io non abbia mai sete, nè abbia a venir qua pe’i attingere. Le disse Gesù: Va, chiama tuo marito, é ritorna qua. Risposegli la donna, e dissegli: Non ho marito. E Gesù le rispose: Hai detto bene: Non ho marito. Imperocchè cinque mariti hai avuti, e quello che hai adesso non è tuo marito; in questo hai detto il vero. Dissegli la donna: Signore,’ veggo che tu sei profeta. I nostri padri hanno adorato Dio su questo monte, e voi dite che il luogo, dove bisogna ado rarlo, è in Gerusalemme. Gesù le rispose: Credimi, o donna, che è venuto il tempo, in cui nè su questo monte, nè in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quello che non conoscete; noi adoriamo quello che conosciamo, perchè la salute viene dai Giudei. Ma verrà il tempo, anzi è venuto, in cui adoratori ve [p. 68 modifica]raci adoreranno il Padre in ispirito e verità. Imperocchè tali il Padre cerca adoratori, Iddio è spirito: e quei che lo adorano adorar lo debbono in ispirito e verità. Disseg’li la donna: So che viene il Messia (che vuol dire il Cristo): quando questi sarà venuto, ci istruirà di tutto. Dissele Gesù: Son quel desso io, che teco favello. E in quel mentre arrivarono i’suoi discepoli: e si meravigliarono, che discorresse con una donna. Nessuno però gli disse: Cht cerchi tu, e di che parli tu con colei? Ma la donna lasciò la sua secchia, e andossene in città, e disse a quella gente: Venite a vedere un uomo, il quale mi ha detto tutto quanto ho fatto; è egli forse il Cristo? Uscirono dunque dalla città -eandarono da lui. E in quel frattempo lo pregavano i discepoli: Maestro, prendi un poco di cibo. Ma egli rispose loro: Io ho un cibo da ristorarmi, che voi non sapete. I discepoli perciò si dicevano l’un l’altro: V’è egli forse stato qualcheduno, che gli abbia portato da mangiare? Disse loro Gesù: Il mio cibo è di fare la volontà di Colui, che mi ha mandato, e di compiere l’opera sua. Non dite voi: Vi sono ancora quattro mesi, e poi viene la mietitura? Ecco che io vi dico: Alzate gli occhi vostri e mirate le campagne, che già biancheggiano per la messe. E colui che miete, riceve la mercede, e raguna frutto per la vita eterna; onde insieme goda a colui che semina e colui che miete, imperocchè in questo si verifica quel proverbio: Altri semina e altri miete. Io vi ho mandato a mietere quello che voi non avete lavorato. Altri hanno lavorato, e voi siete entrati nel loro lavoro. Or dei Samaritani di quella città molti credettero in lui per le parole di quella donna, la quale attestava: Egli mi ha detto tutto quello, che io ho fatto. Portatosi dunque da lui quei Samaritani, lo pregarono a trattenersi in quel luogo. E vi si trattenne due giorni. E molti più credettero in lui in virtù della sua parola. E dicevano alla donna: Noi già non crediamo a riflesso della tua parola: imperocchè abbiamo noi stesso udito, e abbiamo conosciuto, che questi è veramente il Salvatore del mondo. (S. GIOVANNI Cap. 4).

Pensieri. Gesù Cristo è sempre grande nelle scene del Vangelo; sulla sua fronte, nella sua persona, nella sua parola, traspare sempre quel riflesso di luce divina, che ricorda a un tempo la sua origine e la sua misione; in lui si vede sempre il maestro, il legislatore, il redentore, l’amico, il pastore,- il padre. In alcuni momenti questa sublimità della persona di Cristo, pel concorso di circostanze fortuite o volute, pel luogo in cui parla, per le persone a cui parla, per le dottrine che espone, appare più evidente, si circonda di una luce così viva,• vibra dintorno a sè una affermazione così splendida e completa della sua divina missione, che colpisce la mente, innamora e trasporta il cuore, da,strappare dal labbro la parola di Pietro: Tu es Christus filius Dei vivi. Una di queste scene caratteristiche ci è presentata nell’odierno vangelo; è il Vangelo detto della Samaritana.

Tutto è bello in questa scena; bella la cornice in cui la scena si svolge, mirabili le dottrine esposte, preziosi gli effetti ottenuti. Siamo in aperta campagna, vicino ad un pozzo storico, l’antico pozzo di Giacobbe. La regione è la Samaria, paese di scisma, abborrito da Giudèi, non abborrito da Cristo che nei traviamenti trova una ragione del suo maggior interesse; Cristo, accompagnato dagli Apostoli,, è stanco pel viaggio; sublime stanchezza, prova della sua vita laboriosa, stanchezza che dovrebbe essere da noi altamente invidiata, come segno e trofeo della nostra attività. Gli Apostoli procedono verso la città dei’ Sichem a provvedersi di cibo; Cristo si arresta solo e siede vicino al pozzo: Arriva una donna Samaritana coll’idria per attingere acqua: pare incontro fortuito, non lo è nel disegno di Cristo; quella donna è la preda aspettata pel suo divino apostolato: in quella donna egli ravvisa l’umanità intera colpevole e infelice, che aspetta l’opera della sua redenzione. L’arte, la pittura si è impadronita di questa scena, e ne ba, fatto uno degli oggetti più frequenti, più seducenti del suo pennello. I pittori ritraggono la scena degli occhi, noi dobbiamo ritrarre quella dello spirito e del cuore. Quanto è grande! Tre punti la formano: il pregio della grazia, la spiritualità del culto, la dignità della donna.

Dammi da bere, dice Cristo alla giovine donna che arriva. Come tu chiedi da bere a me, dice la donna, a me Samaritana, tu Giudeo? C’è scisma tra noi e voi. La donna, vittima dei pergiudizi, adduce per scusa di rifiuto, quella divisione della mente e dei cuori, che Cristo era venuto a risanare, che formava anzi l’oggetto precipuo della sua missione. Cristo non sa trattenersi; l’ideale del suo apostolato gli brilla imperioso alla mente; il desiderio vivissimo di attuarlo gli parla nel cuore; non ha circonlocuzioni, non ha reticenze; parla, e la sua parola è l’espressione completa di tutta l’anima sua di Divino Redentore. Se tu conoscessi, rispose Gesù, il dono di Dio, e chi è colui che ti dice dammi da bere, tu ne avresti chiesto a lui, ed egli ti avrebbe dato un’acqua viva. E spiega subito quale sia la natura di quest’acqua. Quelli che bevono dell’acqua di questo, pozzo torneranno ad aver sete; ma chi beve dell’acqua che dò io, non avrà più sete in eterno: l’acqua che io gli darò, diventerà in esso fontana d’acqua viva, che zampillerà sino alla vita eterna. I Santi Padri sono concordi nell’affermare che quest’acqua che toglie per sempre la sete a chi ne beve, e che zampillerà fino alla vita eterna, è senz’altro la grazia di Dio. Oh, se sapeste, grida Cristo inspirato e commosso a un tempo, che cosa sia questo dono! E questo grido, rivolto alla Samaritana, è rivolto a tutto il mondo, a tutti gli uomini, di tutti i tempi, di tutti i luoghi, di tutte le età. Cos’è la grazia? Per ben conoscerla, bisogna fare un’altra domanda: cos’è la natura? la natura, [p. 69 modifica]prima di tutto, ne’ suoi elementi più elevati e puri? La natura è l’intelligenza, la natura è la volontà, la natura è il libero arbitrio, la natura è la forza morale, la natura è l’amore, la natura è il coraggio, la natura è l’entusiasmo, la natura è l’eroismo; la natura è l’uomo, l’uomo in tutta la sua grandezza, in tutta la sua bellezza, l’uomo fatto originariamente da Dio a sua immagine e somiglianza. Cos’è la grazia? E’ un elemento divino che eleva la natura ad un ordine superiore: l’uomo fatto da Dio apparve così bello al suo creatore, che lo elevò ad un tratto all’ordine soprannaturale. La grazia non è già la sostituzione, la negazione della natura; è la elevazione della natura; natura e grazia non sono due beni che si elidono; sono due beni che si sommano e si completano, formando un assieme di perfezione ideabile. La natura, pel peccato, in parte è d’ecaduta. L’opera della grazia non cessa, diventa doppia; è_opera di riparazione e di elevazione della parte conservata. Nell’un caso e nell’altro, la grazia è sempre elevazione della natura, elevazione nel togliere la parte cattiva, elevazione nel far più buona la parte buona. La grazia è la completa ristorazione dell’uomo per ricondurlo alla grandezza primitiva, quale era uscito dalle mani di Dio. Quanta ragione, parlando della grazia, ha quindi il Cristo di esclamare: oh, si scires donum Dei! All’intelligenza la grazia è luce, alla volontà, la grazia è forza, al libero arbitrio la grazia è agilità e slancio, all’amore la grazia è purezza e fiamma, al coraggio la grazia è sostegno, all’entusiasmo, all’eroismo, la grazia è ad un tempo freno e spinta, la grazia è santità; è considerata in tutta la vita dell’uomo, la grazia è merito, merito di nuova grazia, merito di premio. La grazia riassùme tutta l’opera di Cristo; è per darci la grazia che Cristo venne sulla terra; è per darci la grazia che Cristo divenne nostro maestro; è per darci la grazia che Gesù Cristo patì, morì sulla Croce; è per darci la grazia che Cristo si perpetua con un miracolo quotidiano nel Sacramento dell’Eucaristia! Chi ha la grazia è sapiente, è innocente, è forte, è felice, dà valore di merito infinito a tutto il bene che fa. Oh, se tu sapessi il dono di Dio, o anima traviata nell’errore, come cercheresti nella grazia la verità; come cercheresti nella grazia il perdono e la pace, tu, o anima afflitta dalla colpa e dal rimorso; come nella grazia cerchereste la rassegnazione, voi, anime oppresse dal dolore; come in un pensiero di speranza al -cielo, voi, anime disilluse dalle miserie della terra, cerchereste, in momenti di supremo abbandono, la forza morale, la pace! Ci furono le anime che udirono questo grido e lo ascoltarono; sono le anime dei santi: santi innocenti, santi penitenti: Maddalena, Giovanni, Paolo, Ambrogio, Agostino, Bernardo, Orlo, Teresa, Luigi; siete voi, o anime buone che leggete, se la grazia di Dio è con voi 1

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Si sale di grandezza in grandezza. La Samaritana ha udito la grande parola di redenzione, ma è necessario che ella abbia una prova che colui che le parla abbia l’autorità di pronunciarlo, abbia il potere di compiere il prodigio che la parola esprime. Va, chiama tuo marito, le dice Criàto. — Io non ho marito, risponde la donna. — Dicesti il vero, soggiunse Cristo, tu hai avuto cinque mariti, e quello che ora hai, non è tuo marito... La donna è dinnanzi a una rivelazione e ad un rimprovero; una rivelazione che attesta una sapienza divina, un rimprovero che nasce dalla santità. La Samaritana ne è doppiamente colpita; ella comprende che ha dinnanzi a sè un essere superiore; lo sente, lo esprime: Signore, veggo che tu sei Profeta! Allora, con volo sublime, la donna, alla presenza di chi le manifesta di esere in possesso della verità, sente il bisogno di sciogliere un grande quesito. I nostro Padri, ella dice, hanno adorato Dio su questo monte- (il monte Garizim), e voi (Giudei), dite che i il luogo dove bisogna adorarlo è in Gerusalemme. E la brama della verità, che parla nella Samaritana; la grazia già compie i suoi preziosi effetti nell’anima" sua. Quanto prontamente Cristo soddisfa quella brama! La donna è entrata direttamente nella elevatezza dei suoi disegni. Gesù Cristo risponde; e la risposta di Cristo è una delle enunciazioni più elevate e comprensive che si trovino nel Vangelo; è un programma; è una dottrina che caratterizza il culto che Gesù Cristo vuole sia reso dell’uomo a Dio, culto puro, spirituale, universale, che si differenzia da tutti gli altri culti materiali, esclusivi, ristretti a un popolo solo. — Credimi, o donna, dice Cristo, che è venuto il tempo, in cui nè su questo monte, nè in Gerusalemme adorerete il Padre.... verrà il tempo, anzi, è venuto, in cui adoratori veraci adoreranno il Padre in ispirito e verità.... Iddio è spirito, e quei che l’adorano, adorar lo debbono in ispirito e verità. La grande parola è detta: universalità, spiritualità del culto, ecco il culto solo veramnete degno di Dio. Universalità, non sono più solo i Giudei e i Samaritani, privilegiati nel pregar Dio nei templi di Garizim e Gerusalemme; Iddio avrà templi in tutte le parti della terra; è la Chiesa Cattolica in vista.... Spiritualità; non son più le cerimonie esterne, che costituiscono l’omaggio principale a Dio e il bene maggiore dell’uomo: il primo culto, l’altare più accetto per la Divinità, è il cuor dell’uomo, sono i sentimenti di fede, di adorazione, di conformità alla sua volontà, di amore, che destano la compiacenza del suo cuore divino, e formano la sua gloria. Il culto esterno è necessario, perchè l’uomo deve onorare Dio con tutto sè stesso; il culto esterno è necessario, perchè è per l’opera dei sensi che l’uomo si eleva alle cose spirituali; il culto esterno è necessario perchè l’uomo è un essere sociale, e perciò ha il bisogno e il dovere di associarsi cogli altri nel culto della divinità. Ma il culto esterno è soltanto l’involu [p. 70 modifica]cro del vero culto; il culto vero è quello degno dello spirito.; della mente che pensa, della mente che crede, del cuore che ama, del cuore che spera. Entrate pure nel Duomo di Milano, entrate pure nel Tempio di San Pietro di Roma; se voi vi entrate col corpo, e non collo spirito, se vi entrate con preoccupazioni umane, con presenza puramente materiale e non con silenzi ed elevazioni divine, il vostro culto non arriva a Dio; se le cento aguglie e la grande cupola non segnano alle vostre preghiere la via del cielo, la volta dei due gran templi non è la vita, è la tomba del vostro, culto. La verginella nel tuo sen regale. La sua spregiata lagrima depone; E -a te, beata, della sua immortale Aima gli affanni espone. La verginella è l’anima; le lagrime, il sangue del cuore sono il culto; Maria indica il posto di Dio.

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So, dice la donna, che viene il Messia, e quando sarà venuto, ci instruirà in tutto. Dissele Gesù:Son io quel desso che teco favello! Quale esplicita e preziosa attestazione di Cristo nella sua divinità!... Che fa la donna? La donna, onorata, esaltata, presa da sacro entusiasmo pel grande beneficio ricevuto, pel grande mistero di cui tiene il segreto, dimentica la sete, dimentica la secchia, ritorna affrettatamente in città, e, invasa da ardente zelo, proclama ai suoi cittadini che ha veduto il Messia, che le ha ’rivelato tutta la sua vita. E’ un vero apostolato, è una vera predicazione. I cittadini sono colpiti a quelle parole; si affrettano ad andare incontro a Cristo; lo pregano di venire a soffermarsi nella loro città. Cristo acconsente; entra in città; predica.... Sichem viene ’in possesso della verità e della grazia, prima di Gerusalemme. I tutto ciò pel ministero della donna. Gesù Cristo ha fatto grandi tutti col beneficio della sua redenzione. Ma la donna ebbe nel Cristianesimo una redenzione di privilegio. I benefici che le ha recato parvero forse più grandi di quelli recati all’uomo, perchè, prima dell’opera di Cristo, la donna era nelle sue condizioni domestiche e sociali assai più depressa dell’uomo. La donna è dalla religione considerata eguale all’uomo. Nell’ufficio dell’apostolato domestico della religione, la donna ha un incarico speciale, più intimo, più efficace: è la parola, è l’esempio della mamma che depone e fomenta i primi semi della fede nel cuor del fanciullo: la donna è il sacerdote della casa. Oh, apprezzi la donna questa santa missione! ella divide in ciò la missione.stessa di Cristo! Si proclama spesso la riabilitazione della donna, come se la donna fosse, in confronto dell’uomo, in uno stato di inferiorità: lo sarà in certi rapporti civili, di una importanza assai discutbile; ma nei rapporti morali, nei rapporti religiosi, la donna non potrebbe aspirare a maggiore grandezza di quella a cui l’ha

elevata il Cristianesimo. Chiamata, come la Samaritana, nelle confidenze del cuor di Cristo, essa ne è oggi la casta amica, per divenirne domani l’apostolo. C’è un tipo di donna ancor superiore a quello della Samaritana, superiore allo stesso uomo: senta la donna in questa donna il proprio onore e il proprio esempio. Tutti gli uomini confessano di essere minori e si inchinano a Maria; anche Carducci: Ave Maria! Quando su l’aure corre l’umil saluto, i piccioli mortali scovrono il capo; curvano la fronte Dante ed Aroldo

L. VITALI.

Il sentimento della patria

Ogni convinto fautore e patrocinatore della neutralità, che pensi potersi solo con essa, nel momento presente, salvaguardare gli interessi del nostro paese, deve approvare le parole pronunziate nella prima seduta della Camera dal Presidente del Consiglio, e la sua decisione, espressa nella seduta successiva, di non rispondere a nessuna interrogazione riflettente la politica estera. E’ evidente che la gravità del momento storico che attraversiamo è tale, che ogni indiscrezione, ogni sintomo di divisione e di screzio possono essere immensamente dannosi. Le Camere potranno discutere di politica estera a Berlino ed a Parigi, ove l’unanimità dei sentimenti e delle vedute è nota, ove l’idea patriottica invade tutti gli uomini e tutti i partiti, indistintamente, soffocando ogni velleità personale. In Italia, invece, il sentimento della patria ognuno lo concepisce un poco a modo suo, e vi sono quelli che non lo concepiscono affatto, tanto che per fare prevalere il proprio tornaconto, o le proprie vedute particolari, non si avrebbe, da certuni, difficoltà di gettare sassi in coldmbaia, grandi come i selci della strada. Ha fatto dunque bene l’onorevole Salandra a rammentare ai deputati e per essi, a tutti gli italiani, che è dovere di tutti di mantenere salda ed invitta la fede nella,patria, le ’cui sorti non si racchiudono nella angusta cerchia di una generazione. Negsuno potrebbe negare che le parole del Presidente del Consiglio, non siano più che opportune, e che debbano essere meditate da ogni buon italiano. Per un fatto, solo apparentemente strano, il sentimento della patria si è andato in Italia, -rapidamente affievolendo. Diciamo strano solo’ in apparenza perchè l’Italia è bensì sorta sotto gli auspici di un unitarismo che si vestiva con le vesti smaglianti ed affascinanti di un patriottismo tutto da fare, ma ogni setta politica lo volle foggiato secondo il suo gusto e secondo il suo interesse. I patrioti veri, disinteressati, furono ben rari, e non avendo raccolto che amarezze e disillusioni, scoraggiarono quelli che venivano ap [p. 71 modifica]presso, e l’affarismo trionfò sempre dovunque, deturpando e Snaturando il vero sentimento della patria. I cattolici per i quali siffatto patriottismo affarista appariva come era di fatto, in antagonismo ad ogni sentimento morale; come la negazione di ogni principio religioso; come un’arma contro la Chiesa ed il Papato, sentirono una invincibile ripugnanza per ciò che per sè stesso avrebbe avuto in essi i più sinceri e fedeli sostenitori, cosicchè sino dal suo inizio, tale deturpazione del patriottismo fu condannata ad una precoce decadenza! Giustamente l’onorevole Salandra, e con lui gli ’ uomini più autorevoli del’partito liberale, videro che con un sentimento di patria che non guarda che all’interesse personale, o a quello del proprio partito politico, o, al più, della propria generazione, non si possono affrontare i gravissimi problemi che agitano attualmente la politica italiana, e si fa appello a tutti indistintamente i cittadini, perchè facciano sorgere in se stessi e nelle loro anime un sentimento superiore, che comprenda il bene della patria come una cosa tanto alta, da sorpassare la generazione presente,.e possa abbracciare anche le generazioni che verranno e che raccoglieranno quello che noi avremo seminato. Però evidentemente se l’amor di patria deve sorpassare la vita di una generazione, tanto più deve sorpassare quella di una setta, di un partito politico, che durante una generazione possono mutare molte volte indirizzo r che possono morire e risorgere trasformati ad ogni stagione che volge; quindi affinché il monito giustissimo del Presidente del Consiglio possa diventare una realtà, bisogna che il sentimento di patria riacquisti il suo carattere universale, lontano dalle lotte intestine e dalle gare, e che cessi di essere una prerogativa dell’anticlericalismo e del massonismo, ma che divenga il patrimonio di tutti. Si comprende che se il partito anticlericale e quello massonico cessassero di promuovere guerra alla Chiesa, ed alla religione, cesserebbero di esistere, e ciò sarebbe tanto di guadagnato anche pel sentimento della patria, che non può essere partigiano del diavolo. Certo che i nemici della patria bisogna ora andarli a trovare nell’estrema sinistra sociale e non all’estrema destra, come si pretendeva di trovarli un 30 o 4o anni fa. Ed è appunto per ciò, ’e approfittando di quella giustizia che la storia imparziale accorda sempre a quelli che hanno ragione, che noi oggi possiamo con piena coscienza e conoscenza, fare nostre le parole dell’on. Salandra incitando i nostri concittadini a coltivare sentimenti di patria, che sorpassando gli angusti interessi e le anguste vedute di una generazione, e sorvolando sugli scopi del momento presente cerchino e vogliano il bene d’Italia nel senso’ che essa sia elemento di civiltà e di coltura in nlzzo agli altri popoli. Civiltà e coltura che invano si cercherebbero fuori del cristianesimo.E’ ambito tanto vasto, questo, che in esso possono trovare ricetto tutti i sentimenti di patria onestamente professati ora e per Dall’Osservatore Romano del 22 corr. sempre!

Le colonie dello Stato di S.ta Catharina (Continuazione del numero 41

MINAS. Le miniere di carbone. La zona dei nuclei coloniali di Nuova Venezia, che si stende alla base della Serra, si prolunga a nord, est fino a raggiungere il piccolo nucleo italiano di Nuova Palermo, nelle vicinanze di Minas. Minas de Carao, distante da Nova Belluno 34 chilometri,’ da Jordao 29, da Treviso 22, è capolinea della Ferrovia Donna Teresa Cristina, la quale fu costruita 3o anni or sono, espressamente per favorire lo sfruttamento dei giacimenti carboniferi che ivi si trovano. Ma lo sfruttamento delle miniere non fu, si può dire, neppure incominciato, per le diffcoltà sorte; è riconosciuto prima di tutto che il carbone quivi esistente, sebbene un po superiore alla lignite di S. Jeronimo nel Rio Grande do Sul, pure non è gran cosa: contiene una forte quantitg di zolfo ed altri elementi che ne rendono impossibile l’uso immediato nell’industria; occorrerebbe prima sottoporlo ad un processo di raffinamenti, riducendolo, in mattonelle, come si usa fare dei carboni consimili. Si dice inoltre che per procedere allo sfruttamento delle miniere, manca sul luogo una mano d’operi capace. Il fatto è che sul luogo non si vedono attualmente che tre o quattro pccole gallerie scavate nel monte appena pochi metri, che non hanno altra importanza che di saggi. ’ La zona carbonifera di Minas è di proprietà della Società brasiliana Lages, la quale vi tiene qualche impiegato ed impedisc eil disboscamento pei dintorni, poichè il legname costituirà una risorsa importante per fare le armature delle gallerie, in caso di ripresa dell’industria. Questi giacimenti carboniferi non si limitano alterrit orio di Minas, ma si estendono per larghissimo tratto ai piedi della Serra e se ne trovano traccie tanto al nord fino al Paranà, come a sud fino sotto NuoVa Venezia ed Araranguà. Certamente quando queste miniere venissero aperte, la zona coloniale italiana ne risentirebbe un vantaggio economico notevole, non solo per la valorizzazione dei fondi, ma per il movimento di lavoro e. di denaro che si verificherebbe in tutta quella parte. In tal caso si vedrebbe tutto il fiore della gioventù italiana delle colonie, assorbita nei lavori minerari; ciò che, de da un lato porterebbe alle colonie miglioramenti economici, non mancherebbe di causare anche tutti quegli inconvenienti che si lamentano nella vita delle miniere. Credo che ad ogni modo, i nostri coloni che possedessero nei propri lotti coloniali, giacimenti di carbone, non potrebbero avvantaggiarsene o venderli, poichè ho notato che in tutti i titoli di concessione di lotti, le Compagnie ed il Governo, supponendo [p. 72 modifica]la possibilità di richezze minerarie, si sono riservati sempre la proprietà del sottosuolo e la facoltà di sfruttamento del medesimo. Il centro di Minas, oltre la stazione ferroviaria, non ha che poche case di negozio. Possiede peraltro un movimento commerciale di transito, dovuto alla sua situazione sulla strada do Oratorio, che è una buonissima strada carozzabile, la migliore che salga sull’altipiano della Serra. Questa strada è continuamente battuta da tropeiros brasiliani, conducenti carovane numerose di bestiame, ovvero di muli carichi di cuoio, di crini di cavallo e di latticini, provenienti dai Canipos; tornando in su portano prodotti agricoli delle colonie o prodotti industriali che mancano nell’altipiano. (Continua)