Il buon cuore - Anno XIV, n. 23 - 5 giugno 1915/Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno XIV, n. 23 - 5 giugno 1915 Religione

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LA MORTE DI CAVOUR



Col giorno 6 di questo mese ricorre il 54.o anniversario della morte di Cavour, avvenuta precisamente il 6 giugno 1861. Come torna caro. e più dovercAo degli altri anni, il ricordarne questa data nel momento in cui l’armata italiana con alla testa il Re, muove alla liberazione delle ultime parti d’Italia, rimaste ancora schiave del duro giogo straniero! Abbiamo annunciato la recente pubblicazione del prof. M. Mazziotti Il Conte di Cavour e il suo confessore. Quel libro risolleva una questione gravissima agitatasi in quel momento. Si voleva ad ogni costo sostenere da molti che Cavour non fosse morto religiosamente, per poter gridare: ecco come muoiono i nemici del Poter Temporale! Quattro mesi prima il Conte di Cavour, il 14 marzo, in Parlamento, presenti gli austriaci nel Veneto, vivo ancora il Potere Temporale in Roma, aveva solennemente proclamato Italia una con Re Vittorio Emanuele II e Roma Capitale! Che trionfo per la Chiesa Cattolica, allora e poi, il poter dire: Cavour, il grande ministro, la niente diplomatica più insigne dell’epoca, è morto chiedendo e ricevendo i Sacramenti, Cavour è morto cattolico! Il giornale religioso, il Conciliatore, che allora si pubblicava in Milano, potè dare questa consolazione ai suoi lettori’, pubblicando una corrispondenza da Torino, anonima, che io ho fortissime ragioni per ritenere che fosse stata mandata dallo stesso Padre Giacomo, confessore di Cavour.

La consolazione provata dai cattolici in quei giorni, credo utile il rinnovarla adesso, riportando, in parte, quanto in quella circostanza pubblicasse il Conciliatore.

Gli ultimi momenti del Conte Camillo di Cavour.

Torino, 6 giugno 1861 I particolari d’ella morte del conte Camillo di Cavour nei rapporti religiosi sono siffattamente importanti che deggiono essere conosciuti dal pubblico, onde reputo di fare opera buona ed utile trasmettendo a lei, egregio signore, queste notizie da potersi pubblicare nel suo pregiato giornale, come quelle che io tengo da fonti dirette ed autorevolissime, delle quali perciò posso garantire la più scrupolosa esattezza. TI Conte di Cavour era profondamente cattolico. Più volte essendogli occorso di conversare di cose politiche toccanti la religione, presente il suo curato, il rev. Padre Giacomo da Poirino dei Minori Osservanti Riformati, parroco di Santa Maria degli Angeli, aveva conchiuso, volgendo a questi la parola per assicurarlo, col suo fare piacevole e schietto, come egli fosse tuttavia un buon cattolico. Ed altre alte, ripetendo la stessa dichiarazione a quell’egregie suo curato, il pregava a tenersi presente come egli volesse morire da sincero cristiano come si era, ed a ricordarsi di non tardare ad accorrere nel momento in cui il facesse chiamare. Oneste disposizioni d’animo dell’illustre uomo di Stato erano notissime ai suoi famigliari perch’egli non le aveva giammai dissimulate; ed anche nei primi giorni della sua ultima malattia, precisamente il secondo dì, ad una cameriera entrata nella stia stanza per qualche servigio raccomandò che, aN5vicinandosi un pericolo, non si tardasse punto a fargli il suo curato. Addì 5 (ieri) aggravatasi il male e divenuto minaccioso, un congiunto ed amico del conte, che infinite amorevoli cure gli prestò fino agi: estremi momenti, richiese i medici se non fosse giunto il tempo che il malato potesse ricevere i confort’della religione, ben sapendo egli, soggiungeva loro, come ettesti ne fosse desideroso e dispostissimo. Avuta rispo- [p. 178 modifica]sta affermativa, fu domandato e venne tosto il Padre Giacomo. La Marchesa Alfieri di Sostegno, nipote dell’illustre infermo, gliene diede l’annuncio; ed egli ravvivatosi tosto e tutto animato rispose alla nipote che subito facesse entrare il curato, non dovere questi starsene fuori ad attendere. Avvicinatosi il Padre Giacomo al conte di Ca vour, questi gli prese e gli strinse la mano; e ringraziatolo quindi della sua venuta, cominciò poco dopo la propria confessione, che fu lunga perchè interrotta dalle soste che si dovettero fare nei momenti, in cui la mente dell’infermo si affaticava o gli si offuscava. Compiuto il reciproco pietoso e sacro ufficio,.il conte rese nuove grazie al Padre e con effusione d’animo gli disse sentirsi ormai pienamente tranquillo contento. Il richiese del sacro viatico, che il pio curato gli promise fra breve. Fu disposto che questo gli sarebbe impartito nelle ore pomeridiane e lo stesso Padre, giunto il tempo, ne porse annuncio all’illustre infermo. E come in quel momento erano pure ivi raccolti i medici tentare le ultime prove dell’arte in un consulto, il conte disse al curato che per ricevere il santo viatico avrebbe pur anco, se fosse abbisognato, fatto di rire il consulto. Però, come non vi era estremo pericolo, cosi fu deciso che il santo viatico sarebbe stato impartito tosto dopo; e frattanto, a richiesta del conte, il.curato si rimase di continuo al suo letto. L’atteso conforto religioso gli fu quindi recato dal vice curato Padre Teodoreto da Alba, accompagnato da quattro altri religiosi in cotta e da molto seguito di popolo accorso mestissimo e commosso a far onore all’au`gusto rito. Il conte ricevette l’Eucaristia con intima soddisfazione, che assai era dimostrata dai tratti del v(-1.-o dagli altri modi della persona, quali consentivali il travaglio del male. Le accennate circostanze del modo onde Fillustre ministro adempì ai riti della religione sono, come dissi di sopra, esattissime; e tuttavia mi inducono a credere, che altri e più minuti particolari circa gli. ultimi comportamenti di quell’illustre uomo, rispetto alla religione, porrebbero in maggiore e vieppiì; chiara luce questa importantissima parte della sua vita che non è fatta con questi nudi cenni. Bensì aggiungerò che il conte di Cavour, dopo aver fatto la sua confessione, visitato da un chiarissimo uomo di Stato, suo amico, gli dichiarò come egli avesse assolti i doveri della propria religione e come bramasse che da tutti si sapesse avere egli ciò fatto, ed averlo fatto spontaneamente e per intima suo convincimento.

Il canonico Gio. Batta AVignone, Direttore del giornale Il Conciliatore, fece seguire la importante relazione, ricevuta da Torino, colle seguenti riflessioni, che al discreto lettore torneranno un saggi() del modi, concettoso ed elevat:, col quale Can. A vignone sapeva scrivere, acquistandosi in mezzo al pubblico una incontestata autorità.

Grati oltremodo alla cortesia, di chi ci trasmise gli esatti e importanti ragguagli della precedente corrispondenza, non possiamo impedirci dall’esporre ai nostri lettori alcuni riflessi che essa ci suggerisce. La morte religiosa di un uomo in cui tutte le doti della natura ed i frutti di studi profondi e la potente operosità nella pubblica vita eransi in gran copia raccolte, non può rimanere senza molta efficacia di bene. Una intera nazione era avvezza a riguardare in questo uomo qualche cosa di più che la scorta fidata di novelli destini: il suo pensiero, la sua parola esercitavano un predominio cosi singolare, da non trovargli facile riscontro nella storia; e la nazione gliene diede ineluttabile prova quando anche nel fervore dei più accesi desiderii mosse, ristette, riprese il viaggio così e colà dove il grande politico accennò. Ora, quest’uomo, in un momento forse abbastanza felice per la sua gloria, ma certo troppo immaturo per noi, corona una vita straordinaria con una morte religiosa. La cattolica Torino era stata da poco tempo conturbata da un altro genere di morte in persona, per diverso titolo, di molta rinomanza e aveva udito su quella tomba, non benedetta, profetizzare il vicino abbandono della fede ai popoli d’Italia. Noi crediamo meglio all’augurio contrario che possiamo trarre dalla morte religiosa del primo ministro d’Italia. E quei timidi di cuore e infermi di credenza che non hanno il coraggio di professarsi apertamente cattolici, apprenderanno anch’essi come le pratiche religiose non tolgano alla grandezza vera di un mino, anzi la cingano di un’aureola più venerata e più cara che quella dei semplici bagliori della gloria terrena. Essi che il moderno satirico chiamerebbe un’altra volta cristianelli annacquati, apprenderanno a non temere il sorriso dell’incredulo. E perchè n’abbiano maggiore fidanza, potranno esser certi che il Conte di Cavour non si condusse (come qualche giornale ha creduto) alle pratiche religiose per insinuazione Ilei congiunti, ma di propria e spontanea volontà. Del resto questa morte anche nella sua amarezza viene, crediamo, a recare una conferma ai principi propugnati dall’illustre defunto e di cui lasciò alla nazione il definitivo attuamento. La grande formola libera Chiesa in libero State, che riassumeva per lui il concetto dei rapporti tra le due supreme autorità e dava la sintesi della futura posizione rispettiva, è ancora male intesa da molti e anche abusata. Alcuni vi riscontrano il completo divorzio dei principii politici dai religiosi; alcuni altri vi sottintendono la Separazione della nazione dalle pratiche e dalle credenze religiose. Gli ultimi momenti del Conte di Cavour sono una pratica spiegazione del senso da lui attribuito a quella formola, il solo in cui essa sia, non solo accettabile, ma feconda di beni. Egli che fu il più sincero amatore di liber [p. 179 modifica]tà, che per amore e rispetto di essa rese possibili tanti atti anche ostili al governo, ma non uscenti dalla sfera della legalità, egli lascia questo grande documento morendo: l’amor della patria congiunto colla libertà della fede. E chi sa che Iddio pietoso ai nostri tanti dolori, col sacrificio di questa vittima illustre, non abbia voluto preparare un più pronto e definitivo componimento di tanti sdegni, di tante prevenzioni che nel Conte di Cavour si appuntavano, come nella persc nalità più nemica? Chi sa che, tolto il velo di questa personalità da tanti nemici sì male giudicata, essi non si affaccino più direttamente alla verità ed al principio che in essa si assumevano? La storia ci avverte quante volte un dirittb fu disdonoSciuto perchè rappresentato da un nome non amato. Ebbene: oggi, dietro la magnanima ombra dell’estinto, appare tutta intera una nazione che dice come lui: io voglio essere una, io voglio rimanere cattolica! Questo grido concorde non sarà che l’eco d’una voce del morente, ma di una voce ingigantita come il rumoreggiar d’un torrente, che, precipitando, si sparpaglia tra i dirupi. Onesto sarebbe come dell’Estinto la gloria maggiore, così del popolo, da lui tanto amato il completo trionfo Avignone.

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La corrispondenza da Torino e l’articolo dell’Avignone vennero pubblicati nel suppl. straordinario del Conciliatore N. 68 dell’8 giugno t861: nel numero precedente io aveva pubblicato la relazione dei funerali fatti in Duomo per Cavour, e l’aveva sotto’scritta, mentre d’ordinario gli articoli., tranne quelli (lel Direttore, erano anonimi. Di quell’articolo tra-, scrivo qui la chiusa: «Mestamente pia fu la cerimonia: vi assistevano tutte le autorità civili, militari, ecclesiastiche: il popolo raccolto nelle grandi navate portava sul volto una sola espressione di dolore, perchè un sol sentimento era nel cuore di tutti. «Sali, o anima grande, all’amplesso di Dio che ha segnato sul tuo volto un raggio più splendido della sua divinità: dalle città e dai villaggi, dalle Chiese e dai Chiostri, dalle labbra dei sacerdoti e dal cuor del soldato, si eleva una voce di propiziazione al Padre, perchè tosto vi ’voglia accogliere nel soggiorno dell’eterna gloria. Salito presso Dio, non scordarti di proteggere colla preghiera quella causa che fu il tuo voto in terra. Noi non disperiamo della Provvidenza, che ci ha salvi e protetti in momenti assai di questi più difficili e dolorosi: anzi vedendo come essa frange questi istrumenti che sembrano indispensabili al pieno nostro trionfo, crediamo che essa stessa voglia con un intervento più sensibile venite in nostro soccorso, a confusione di chi ci combatte,- a conforto di chi ci ama. L’Italia non può perire, tutto è salvato, avete detto voi vicino a rendere l’estremo sospiro, dopo esservi riamicato con Dio e detta "l’ultima volontà a chi vi assisteva: non può perire, tutto è salvato; noi lo credia

mo perchè la concordia di -un popolo intero sulla vostra tomba raccoglierà un solo pensiero, una sola volontà, la vostra volontà, il vostro:pensiero; noi lo crediamo perchè al breve braccio dell’uomo, Dio sostituirà il suo braccio onnipotente. L’immortalità dell’opera vostra si asside sulla vostra tomba accanto all’immortalità della vostra fama.» Sac. Luigi Vitali.