Il buon cuore - Anno XIV, n. 25 - 19 giugno 1915/L. Vitali

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L. Vitali

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Il buon cuore - Anno XIV, n. 25 - 19 giugno 1915 Religione

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Il Clero e la guerra


Un fatto impressionante e della più alta importanza si avvera tutti i giorni, sotto dei nostri occhi; la partecipazione spontanea, schietta, universale, del clero alla guerra. A questa partecipazione del clero corrisponde la soddisfazione, la fiducia, la compiacenza del pubblico.

E questo fatto è tanto più eloquente in confronto di quanto avvenne nella guerra del 1866. La diffidenza del pubblico verso il clero era pur troppo universalmente accentuata, e il governo l’accentuò ancor di più col mandare molti sacerdoti a domicilio coatto.

Da che provenne così profondo e universale mutamento? Quando dalla stoffa della Chiesa venne tolto il filo di cotone del Poter temporale, che si trovava da per tutto, la Chiesa, nell’accettazione del pubblico, acquistò il cento per cento. Pio X prima, Benedetto XV poi, col non parlar più del potere temporale, nè come diritto, nè come aspirazione, operarono la prodigiosa trasfomazione. Benedetto XV poi, nell’ultima lettera al Cardinale Vannutelli, usò una frase che richiamava la fatidica frase colla quale Pio IX aveva iniziato il movimento dell’indipendenza e della libertà d’Italia. Gran Dio, benedite l’Italia, aveva detto Pio IX; la nostra diletta patria l’Italia, disse Benedetto XV.

Ora la conciliazione è fatta; anzi, più che la conciliazione, l’accordo, la fiducia, l’intimità.

Un documento è comparso in pubblico, che sorprese ed elettrizzò: la lettera che il giovane sacerdote Edoardo Gilardi, cappellano militare, scrisse dal campo a S. Em. l’Arcivescovo di Milano. Chi

non l’ha ancor letta, proverà la più grata soddisfazione nel leggerla; chi l’ha già letta, non sarà spiacente di rileggerla.

Ecco il documento portato dall’Italia. del giorno ii Giugno 1915.

Ad un gruppo di sacerdoti raccolti per la congregazione plebana, S. Eminenza il Card. Arcivescovo lesse la lettera seguente, ricevuta dal campo di battaglia:

8 giugno 1915.


«Eminenza rev.ma. — Voglia perdonare se mi permetto scriverle in matita; sotto la tenda manca proprio tutto il necessario per il più elementare scrittoio. Alla corrispondenza da campo si perdona molto.

Sono un pretino novello, uno degli ultimi ordinati, già provato con quattro giorni di combattimento. Ho fatto il mio dovere di prete e di soldato. Il comando del reggimento mi ha proposto per una medaglia al valore. Sarò forse il primo cappellano decorato in guerra.

Sapesse che cosa è una battaglia moderna! Non v’è proprio penna che la possa descrivere, nè fantasia per immaginarla. Prima del combattimento il colonnello (ora proposto generale), mi presentò alla truppa con parole calde di fede e di amor patrio. Impartii a tutto il reggimento inquadrato, dopo le dovute istruzioni, l’assoluzione in massa, giacchè non aveva potuto confessare particolarmente. Durante il combattimento ripetevo poi a gruppi l’assoluzione.

Il giorno i giugno dopo 10 ore di marcia, 4 di combattimento. Il 2, il 3 ed il 4 si è combattuto giorno e notte. Furono giorni di continuo assalto alla baionetta sotto il fuoco delle artiglierie e delle mitragliatrici, nei quali il ibersaglieri si è coperto di gloria. Come sta bene un prete in prima linea di combattimento! Incoraggiare i combattenti, confortarli coi soccorsi religiosi. Il Signore poi aiuta. Immagini che ho una scarpa da museo. Fu crivellata da mia pallottolina di shrapnel senza che mi ferisse. Merita proprio di essere appesa a qualche altare della Madonna. Ufficiali e soldati furono meravigliati come di un prodigio. Come è commovente in certi [p. 194 modifica]momenti di dolore vedere attorno a.sè ufficiali:• soldati che chiedono l’assoluzione, una benedizione! Tutti mi cercano una medaglietta; i feriti parecchie volte mi abbracciavano piangendo conm fossi la loro buona mamma. Arrischiare la vita per la salvezza delle anime non è eroismo per un prete, ma una esigenza, un conforto dell’anima. Eminenza, io ho bisogno tanto di preghiere: mi raccomandi a tante anime buone. Le unisco due piccoli ricordi di guerra. La prego consegnarli a mons. De Giorgi, perchè li recapiti alla mia buona mamma: Domani forse, in un nuo-vo combattimento, la morte potrebbe chiudere i miei 23 anni di vita. li Signore sarebbe troppo buono con me per finire i miei giorni in mezzo a tanto bene. Domani andrò a visitare i miei feriti, poi ritorneremo alla vita d’apostolo sul campo di battaglia. Godo un’ottima salute. Il Signore mi benedice e conforta in mezzo ai pericoli. Sono sempre allegro. La prego a riverire e ringraziare.mons. De Giorgi, Superiore del Seminario. Sarei felicissimo se potesse comunicare ad essi le mie notizie. Saluti a don Giovannino. BadandoLe caldamente la mano, con affetto di figlio Sac. Edoardo Gilardi. Capp. 12° bersaglieri. Mi mandi la sua benedizione coll’indulgenza plenaria in articulo mortis, qualora morissi. Perdoni il mal scritto. Il Cardinale è stato costretto a:.ostare nella lettura dalla commozione intensa. A questo documento, ne facciamo seguire un altro non merlo prezioso. La buona madre del sacerdote Edoardo Gilardi, cappellano militare del 12° bersaglieri, di cui abbiamo pubblicato sopra la bella e patriottica lettera diretta a S. Em. il card. Ferrari, ha fatto all’Italia tenere uno dei preziosi ricordi speditole dal campo. Si tratta della lettera del colonnello De Rossi (ora promosso generale e decorato dal Re per meriti di guerra), scritta a don Gilardi in seguito agli episodi di valore avvenuti negli scontri del 2, 3, 4 giugno. Ecco i1 documento: Cividale, 6 giugno 1915. Caro Don Gilardi, Il suo calmo e sereno coraggio ha valso tanto, forse quanto la mia, volontà, a ricordare a tutti il proprio dovere. i-Io potuto, ammirare in lei il prete e l’uomo. Non- mi dimenticherò mai di lei che ha saputo trarmi in salvo e apprestarmi le prime cure nel momento del maggior pericolo. Vorrei scrivere al capitano medico per esprimere anche a, lui quanto altamente io abbia. apprezzato la sua fredda condotta al posto di medicazione verso gli, altri feriti, malgrado i proiettili nemici. Vorrei scrivergli ancora che alle sue cure ed alla sua, pronta decisione debbo certo la vita. La pre go di esprimergli questo mio pensiero. di ringraziare altresì il sottotenente medico, assicurandoli che sarà per me una gioia se potrò rivederli ed averli presso di me. Mi dico di loro e mi tenga, reverendo, di lei obblig.mo e riconoscente Colonnello E. De Rossi. Quanto bene questi documenti devono fare,sullo spirito pubblico! Come il sentimento antipatriottico del clero, vero o supposto, aveva determinata l’avversione del pubblico, con tutte le perniciose conseguenze di questa avversione; principalissima, fra tutte, l’affermazione della scuola laica, coll’esclusione dell’insegnamento del catechismo dalle scuote, così è a sperarsi che la rinnovata amicizia del clero riconduca al ravvicinamento degli antichi rapporti col laicato; l’Italia ritorni l’Italia col programma ttadiizionale di patria e religione, che, come ha fatto la sua grandezza nel passato, la confermerà e la farà crescere sempre più nell’avvenire. L’Italia escirà (la questa guerra non solo redenta ed unita politicamente, ma in condizioni assai migliorate anche religiosamente. Si avvererà forse quanto • io vado ripetendo spesso: l’Italia, sinceramente cattolica, è la migliore guarentigia delle guarentigie. Chi ha fatto liberamente la legge, si trova nelle più sincere ed efficaci condizioni per farla rispettare. L. VITALI.