Il buon cuore - Anno XIV, n. 25 - 19 giugno 1915/Religione

Da Wikisource.
Religione

../L. Vitali ../L. Meregalli IncludiIntestazione 3 marzo 2022 50% Da definire

L. Vitali L. Meregalli

[p. 194 modifica]Religione


Vangelo della domenica IVa dopo Pentecoste

Testo del Vangelo.

Il Signore Gesù disse ai Farisei: Eravi un certo uomo ricco, il quale. si vestiva di porpora e di bisso, e faceva ogni giorno sontuosi banchetti; ed eravi un certo mendico, per nome Lazzaro, il quadle, pieno di piaghe, giaceva• alla. porta di lui, bramoso di satollarsi dei minuzzoli che cadevano dalla mensa del ricco, e niuno gliene dava; ma i cani andavano a leccargli le sue piaghe. Oro avvenne che il mendico morì, e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco, e fu sepolto nell’inferno. E alzando gli occhi suoi, essendo nei tormenti, vide da lungi Abramo, e Lazzaro nel suo seno, esclamò e disse: Padre Abramo, abbi.misericordia di me, e manda Lazzaro che intinga la punta del suo dito nell’acqua per rinfrescare la mia lingua, imperocchè io sono tormentato in questa fiamma. E Abramo gli disse: Figliuolo, ricordati che tu hai ricevuto del bene nella tua vita, e Lazzaro similmente del male: adesso egli è consolato, e tu sei tormentato. E oltre tutto questo, 1422 grande abisso è posto tra noi e voi: onde chi vuoi passare [p. 195 modifica]di qua a voi, non può, nè da cotesto luogo tragittar fin qua. Egli gli disse: Io ti prego dunque, o padre, che tu lo mandi a casa di mio padre, imperocchè io ho cinque fratelli, perchè li averta di questo, twciocchè non vengano anch’essi questo luogo di tormenti. E Abramo gli disse: Eglino hanno Mosè e i profeti; ascoltino quelli. Ma disse egli: No, Padre Abramo, ma se alcuno morto ànderà ad essi, faranno penitenza. Ed egli gli disse: Se non ascoltano Mosè e i profeti, nemmeno se risuscitasse uno da morte non crederanno. S. LUCA. Cap. 16.

Pensieri.

Tre grandi verità sono ricordate nell’odierno Vangelo: una verità soci&", una verità Morale, una verità dogmatica.

  • * *

La verità’ sociale, che si potrebbe dire anche storica, è il fatto della esistenza simultanea e permanente nella società dei ricchi e dei poveri. Ricchi e poveri ci saranno sempre. E’ una delle utopie irrealizzabili del socialismo quella di credere che con leggi apposite, gli uomini si possono ridurre a condizione eguale tra loro. La natura e la volontà degli uomini ad un tempo si oppongono. Non è possibile l’uguaglianza della condizione, perchè non esiste l’uguaglianza della natura e non è possibile quella della volontà. Chi nasce sano e robusto, chi nasce malaticdio e debole; chi si conserva sano, chi cade ammalato, chi muore presto, chi muore tardi;,chi ha volontà audace e ferma, piena di iniziativa e di attività, chi ha volontà fiacca, piena di titubanze, vinta e spossata alla prima difficoltà.Questa doppia diversità di cause morali e fisiche determina una inevitabile e necessaria diversità di condizioni in mezzo gli uomini. Si supponga pure che un bel giorno, per effetto di una legge draconiana, universale, si dividessero tutte le ricchezze del mondo, dandone una porzione eguale a tutti gli uomini; dopo tempo brevissimo la disparità tornerebbe a sorgere: chi lavora, aumenta la sua proprietà, chi’ non lavora la vede scemare; chi resta sano può lavorare, chi si ammala non può più, fino a che è ammalato, lavorare; consuma e non guadagna. Chi ha molti figli, chi ne ha pochi, o non ne ha, altra ragione a determinare la varietà delle condizioni umane. Chi volesse stabilire le dose diversamente, diventerebbe a un tempo stolto e tiranno; tiranno perchè violerebbe ad ogni istante la libertà umana, stolto perchè passerebbe ad ogni istante di sconfitta in sconfitta. Il fatto permannete della esistenza dei ricchi e dei poveri, in tutte le epoche, presso tutte le nazioni, è una gran prova che questo fatto è una necessità, una verità sociale: pauperes semper habebitis vobiscum. Questa parola l’ha detta. Cristo: la parola del. Vangelo conferma, in questo punto,. la parola dell’esperienza e della natura. Vediamo piuttosto che cosa si debba fare, data questa inevitabile diversità. La coesistenza dei ricchi

e dei poveri crea una doppia serie di doveri, che, bene e fedelmente compiuti, sarebbero fonte. di grandezze morali, che compenserebbero colla loro bellezza tutti gli inconvenienti che pur si vogliono ravvisare in questo stridente contrasto quotidiano dei ricchi da una parte e dei poveri dall’altra. I ricchi, delle ricchezze che possiedono, siano poi l’effetto di erediti o di lavoro personale, devono usarne in bene; in bene per sè, in bene ner gli altri. Un dovere speciale nasce in essi dal fatto di essere ricchi, il dovere di pensare e provvedere a quelli che sono poveri e sventurati. La beneficenza, nei ricchi non è soltanto una bella azione, ma azione libera; no, è un’azione obbligatoria, è un dovere: chi non lo fa, non solo tralascia di fare un bene, commette un male. E beneficenza non è solo distribuire una moneta ai poveri senza preoccuparsi d’altro: la beneficenza più doverosa e più vantaggiosa è quella che Studia il modo di sollevare un maggior numero di miserie, e di prevenirle. La più bella beneficenza non è quella di soccorrere il povero e lo sventurato, ma di mettere il povero in grado che non abbia più bisogno della carità, di aiutare lo sventurato in modo che siano tolte le conseguenze della stia sventura. Io ricordo sempre, con un senso di commozione e di ammirazione, una frase che io stesso udii uscire dalla bocca del conte Paolo Taverna: — Vi sono le miserie sociali dei sordo-muti e dei ciechi, egli disse: è uno stretto dovere dei -ricchi il provvedere alda loro istruzione, togliendo, non la sventura, ciò che non è possibile, ma Te conseguenze della sventura)). E questa sua sentenza è tanto più preziosa, quanto, presse’ il conte Paolo Taverna, il fatto era confermato dalle parole alle parole. Quanto bene possono fare i ricchi colle loro ricchezze bene impiegate l Come giustamente essi possono rappresntare sulla terra la. Provvidenza divina! Quante gioie essi possono procurare a sè in tante attività ridestate, in tante lacrime asciugate presso gli altri! • E i poveri?•Essi soffrono, soffrono per comodi che loro mancano, soffrono per mali che li hanno colpiti e li accompagnano: forse la loro povertà è fatta più sensibile perchè effetto non della necessità, ma della malvagità e della ingiustizia degli uomini. Ma se il povero nella sua miseria è rassegnato, è sereno, è forte; se chiede, ma non pretende; se soffre ma non impreca, non maledice; se soffre, ma non si dispera, anzi spera; se, quanto più grandi e prolungati sono i mali, più forte contrappone ad essi la volontà di sostenerli, di superarli, la spettacolo che egli presenta non è forse uno spettacolo degno di tutta la nostra ammirazione? il suo esempio non è forse un contributo alla grandezza morale di tutta l’umanità? in questo caso il povero non può dirsi più ricco del ricco? Tale’ è lo spettacolo che ci si presenta nell’odierno Vangelo. Il ricco Epulone era cattivo?’ No. ricco Epulone godeva ricchezze di cattivo acquisto.? Non è detto, nè si può pensare. Il suo peccato [p. 196 modifica]consisteva nel pensare una cosa sola,’nel pensare soltanto d’esser ricco; non si ricordava che, essendo ricco doveva essere anche benefattore; egli doveva ricordarsi che vi erano intorno a lui dei poveri, e che a lui, per disposizione della natura e di Dio, incombeva l’obbligo imperioso di aiutarli’, colla prestazione della persona e coi soccorsi materiali. Egli invece non pensava che a vestirsi con lusso, a ’banchettare splendidamente... non accorgendosi che sulla soglia della sua casa, anzi del suo palazzo, il povero Lazzaro, coperto di piaghe, sospirava inutilmente le bricciole che cadevano dalla sua mensa. I cani, che venivano pietosamente a lambirgli le piaghe, erano più umani di lui,. erano più uomini dell’uomo. Che spettacolo edificante invece quello che ci presenta Lazzaro! Piagato, affamato, col contrasto del chiasso e del banchetto lussureggiante che si svolge nelle sale di Epulone, egli non ha una parola di lamento, egli non ha imprecazione, che pur sarebbe parsa così giustificata, così naturale.... Non invidio l’Epulone; amo, ammiro Lazzaro.

  • * *

Alla verità sociàle succede la verità morale. I.a intelligenza, il cuor dell’uomo, sono contenti, son soddisfatti di questo stato di cose? Da una parte il ricco che banchetta e gode, nè si dà pensiero (l’altro e di altri, e dall’altra il povero Lazzar(. infermo, senza mezzi di sostentamento, senza alcuno che si muova a pietà di lui, che lo soccorra? No, l’intelligenza il cuor dell’uomo non sono contenti, anzi protestano; questo contrasto offende il senso della giustizia. Ci deve essere un compenso; deve venire un momento in cui le parti devono invertirsi; chi non pensa che a godere, deve essere punito della sua inconsideratezza che si risolve in crudeltà; e chi soffre, chi soffre senza colpa, chi soffre rassegnato, deve pur trovare una sosta, un compenso ai suoi dolori, un premio alla sua rassegnazione, alla sua forza d’animo. E se questo compenso non c’è nella vita presente, bisogna pur che ci sia nella vita.futura: l’esigenza della legge morale lo impone. Questo argomento basta da solo a provare l’esistenza della vita futura. E’ ciò che si legge nell’odierno Vangelo. Morì il ricco e fu sepolto nell’inferno; morì Lazzaro e fu dagli angeli portato nel seno di Abramo. Dinnanzi a questa soluzione, il cuore è soddisfatto, il cuore si ricompone; è fatto l’equilibrio; è giusto che chi ha fatto male, fosse pur nel non far bene, sia punito; è giusto che chi ha fatto bene, non abbia soltanto il testimonio della buona coscienza presso di sè, ma il testimonio della approvazione e del premio da parte degli altri. E’ qui- dove il socialismo incredulo si presenta colpevole di una suprema imprevidenza, di una suprema crudeltà.. E’ imprevidente e stolto quando sogna una eguaglianza di condizione fra gli uom:ni, che la natura e la volontà degli uomini egualmente respingono; ma è più imprevidente. e più crudele ancora

quando riduce tutta la vita dell’uomo alla vita presente, quando dice che la felicità dell’uomo, l’uomo la deve cercare qui, trovare qui; quando spegne dinnanzi all’uomo ogni luce di speranza futura; quando deride questa speranza; quando chiama ciurmadori quelli che la predicato. Cercano la felicità dove non c’è, nè può esserci, e la negano dove c’è!! E ciò con effetto di suprema contraddizione contro il loro sistema della eguaglianza sociale tanto sonoramente strombazzato. Combattono i ricchi, e predicando che la felicità è solo sulla terra, spingono tutti a diventar ricchi; e non potendo divenirlo coi mezzi regolari e legittimi, fanno sì che tutti si affannano di giungervi coi mezzi irregolari e ingiusti, colle frodi, coi furti, colla violenza. Quanti ladri, e in alto e in basso, infestano l’attuale società! E quando il furto è scoperto, per sfuggire alle consegnen7e. la scappatoia più comune è il suicidio! Delitto dinnanzi alla società, delitto più grave dinnanzi alla religione! Predicano il sollievo degli umili, dei poveri, (lei diseredati, e negando la fede e il conforto dei premi promessi nella vita futura, negano ad essi il solo conforto vero e possibile; supremamente crudeli nel punto stesso in cui gridano di essere generosi

Ma è vero che c’è la vita futura, è vero che c’è l’inferno, è vero che c’è il paradiso? Ecco il terzo punto che noi chiamiamo la verità dogmatica. «Andate là... i preti vi danno il paradiso», si dice intono ironico, canzonatorio, come se i preti dicessero una solenne corbelleria o ciurmeria. E riguardo all’inferno. «C’è l’inferno? ci credete voi all’inferno?». E il modo di dirlo è tale che esclude dal discutere che pur ci sia. Con quanta leggerezza si buttano là queste frasi senza riflettere quali gravi conseguenze includono! Perchè il paradiso e l’inferno non si vedono, si dice: non ci sono! Perchè non si sa bene il loro modo di essere, si nega il loro essere! Si è riflesso che cosa si nega col negare il paradiso e l’inferno? Si nega semplicemente... la giustizia! Come è più sapiente, come anzi è solamente giusto in questo punto il Vangelo! E il Vangelo nell’affermare apertamente la verità della vita futura colla ’eternità delle pene e dei castighi, trova la piena conferma nella credenza di tutti i popoli, in tutti i secoli, su tutta la faccia della terra. Si possono trovare individui, non si trovano nazioni che non abbiano creduto nella vita futura. Ci vuole un bel coraggio a dire: tutto il genere umano ha torto; ho ragione io! Non credete a nessuno, neanche a Cristo; credete a me! Oh se qualcuno fosse tornato dall’altro mondo, dicono alcuni; se qualcuno fosse tornato dall’inferno... allora sì, crederei... ma non è mai tornato nessuno! Non si pensa che questo fatto del non essere tor [p. 197 modifica]nato nessuno dall’inferno, anzi che essere una prova che l’inferno non esiste, può esse:e una prova che afferma l’esistenza dell’infernò? Appunto perchè l’inferno esiste, ed esiste col suo carattere di eternità, chi vi entra più non ne esce; non è mai tornato nessuno, e nessuno più tornerà. Anche l’Epulone aveva sperato che mandando qualcuno ad avvertire i suoi fratelli superstiti che egli era all’inferno, i fratelli avrebbero creduto e avrebbero fatta migliore la loro vita. Il Vangelo dice che è un’illusione. Dio ha già dato agli uomini le ragioni del credere, nel fatto della divina rivelazione. Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino quelli. Noi, per credere, abbiamo qualche cosa-di più di Mosè e dei Profeti; abbiamo Cristo, abbiamo gli Apostoli, abbiamo la Chiesa. Chi non crede a questi argomenti, che hanno convertito il mondo, che bastarono a convincere le più alte e sottili intelligenze, si può ammettere che abbiano a credere dinnanzi ad altri argomenti, anche al ritorno di un morto? E’ facile supporre la risposta che darebbero gli scienziati: siamo dinnanzi ad una illusione dei sensi, ad una apparizione fantastica! E poi bisognerebbe che questa apparizione si ripetesse per ogni incredulo, perchè nessuno di essi crederebbe alle asserzioni di un altro. Ah, non tocca a noi imporre a Dio le condizioni colle quali solo vogliamo credere; basta che gli argomenti che ci ha dati Dio valgano a provare la verità delle dottrine della fede. Per trovare questi argomenti bisogna studiare? Studiamo. Bisogna riflettere? Riflettiamo. Studiare e riflettere è forse occupazione meno degna dell’uomo? E’ anzi occupazione noilissima fra le sue più nobili occupazioni. Il farlo è dovere, il farlo è grandezza. Guardate che, non credendo, ciò avvenga non perchè non vi siano le ragioni del credere, ma perchè non le conoscete; non perchè la religione manchi di verità e di chiarezza, ma perché poi, colla pretesa di una grande scienza, non siete, in questo punto, che le misere vittime della superficialità e dell’ignoranza I Verità sociale: ricchi e poveri vi saranno senipre; ma il ricco deve essere benefattore, moralmente e materialmente, il povero deve essere operoso e rassegnato. Verità morale: il ricco che, potendo, non beneficò nella vita presente, sarà punito nella vita futura; il povero che nella vita presente •soffrì rassegnato, nella vita futura sarà premiato. -;Verità dogmatica: l’esistenza del paradiso e dell’inferno è provata a un tempo dalla coscienza dell’uomo, dalla parola di Dio. L. V.

L’Enciclopedia dei Ragazzi è il libro più completo, più divertente, più utile, che si possa regalare.

On addio ai noster soldaa

Addio bei giovinotti, bei soldaa! Mi ve saludi cont’el coeur in fiamm; Invidi el vost coragg, la vostra etaa, Perchè sont vece e podi pu prestamm. Mi podi pu prestamm e l’è on pe-caa Perchè, podend, mi savaria ingegnamm A fa quell che ona volta già hoo faa Con la camisa rossa... menand gramm! Intendi di col pestò giò ben ben Sui maledetti crapp del gran crapon, Feroce impiccador, pien de velen. Se podi pu combatt, ve mandi almen La mia caldissima benedizion, Con l’auguri della vittoria in pien. FEDERICO BUSSI.