Il continente misterioso/25. Le immense pianure dell'est

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25. Le immense pianure dell'est

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25.

LE IMMENSE PIANURE DELL'EST


Gli australiani, dopo di essersi precipitati verso il lago senza osare contrastare il terreno agli assalitori, che credevano moltissimi, e di essersi rifugiati fra i pantani, accortisi che avevano da fare con due soli uomini, ritornavano verso il campo furiosi per lo scacco sofferto, trascinati da Niro-Warranga che era miracolosamente sfuggito alla scarica del mastro.

Ma ormai, per buona fortuna dei fuggiaschi, l'incendio aveva circondato completamente il campo, opponendo una barriera insormontabile fra quegli antropofaghi e gli uomini bianchi. Le fiamme si erano riunite e divoravano d'ambe le parti i grandi vegetali che si estendevano a guisa di semicerchio attorno al campo, addossandosi, colle due estremità, verso le sponde del lago. Voler attraversare a piedi nudi e senza alcun riparo quel mare di fuoco, sarebbe stata una pazzia, sicché lo slancio degli australiani si ruppe contro i primi tizzoni e le prime vampe. Niro-Warranga, vedendo però uno spazio libero verso la capanna contenente le armi, lanciò alcuni uomini in quella direzione per salvare la mitragliatrice, che Diego aveva abbandonata dopo di averla rovesciata. Il furfante ci teneva a quel terribile arnese di distruzione, sul quale contava per intraprendere la conquista dell'interno del continente e per schiacciare o sottomettere le tribù nemiche, ma l'incendio aveva lanciati i suoi tizzoni infiammati nell'interno di quella specie di arsenale.

Le casse delle munizioni presero fuoco e scoppiarono con orribile frastuono, crivellando gli australiani, sminuzzando le armi e contorcendo le canne della mitragliatrice. Decisamente, la fortuna proteggeva gli uomini bianchi. Gli australiani atterriti, temendo che l'intero accampamento saltasse in aria, fuggirono per la seconda volta verso il lago, lasciando così campo ai fuggiaschi di guadagnar via.

Il dottore, l'esploratore e i due marinai, udendo quegli scoppi e vedendo saltare in aria la capanna e parecchi selvaggi, dopo d'aver sostato pochi minuti sulle rive di un torrentello che correva verso il lago, erano ripartiti di corsa, cacciandosi sotto la foresta che si estendeva verso il nord. Diego, che si strappava i capelli dalla collera, per non aver ucciso quel traditore di Coco ogni qual tratto si arrestava sperando di vederselo giungere alle spalle, ma il dottore lo costringeva a riprendere la corsa. Bisognava approfittare dell'incendio per guadagnar via, poiché, appena cessato, i selvaggi non avrebbero esitato a lanciarsi sulle loro tracce per vendicarsi della sanguinosa sconfitta, riacquistare le armi e metterli allo spiedo. Niro-Warranga non li avrebbe di certo lasciati tranquilli. All'una del mattino, dopo una corsa di quasi due ore, si arrestavano sulle sponde di una vasta palude, coperta di fitti canneti e circondata da grandi boscaglie.

— Dove siamo? — chiese Cardozo.

— Nelle paludi di New-castle — rispose il dottore.

— Fermiamoci — disse Herrera, che pareva esausto di forze. — Quei miserabili antropofaghi mi hanno guastate le gambe, tenendomi rinchiuso in quel tugurio.

— No, amico — disse Alvaro. — Siamo troppo vicini al lago Wood e per conseguenza a quel brigante di Niro-Warranga. È necessario fuggire, guadagnare spazio, allontanarsi da questa regione.

— L'incendio avvampa sempre laggiù, dottore — disse Cardozo. — Tutto l'orizzonte meridionale è in fiamme ed i selvaggi non potranno per ora inseguirci.

— Lo so, ma quando si spegnerà, seguiranno le nostre tracce ed essendo essi rapidi camminatori, ci raggiungeranno facilmente.

— Credete che duri molte ore, l'incendio?

— Forse un giorno, due, tre e anche più; finché le fiamme troveranno alberi continueranno a divorare, ma i selvaggi possono guadagnare a nuoto qualche punto della costa, girare l'incendio e mettersi egualmente sulle nostre orme. Tu già sai, che sono valenti nello scoprire le tracce.

— Per Bacco! Il nostro australiano ha seguito le vostre senza mai ingannarsi, ma... toh! Abbiamo abbandonato il nostro amico e la sua famiglia, Diego.

— Bah! Egli non ci avrà aspettati, Cardozo — disse il mastro. — Incendiata la foresta, si sarà affrettato a prendere il largo ed a raggiungere la sua tribù.

— Avevate trovato un amico? — chiese il dottore sorpreso. — Spero che mi narrerete le vostre avventure e che mi spiegherete in qual modo siete giunti al campo degli antropofaghi e vi siete impadroniti della mitragliatrice e dei fucili. Amici miei, voi siete due uomini che valete quanto due compagnie di marinai, e che possedete un coraggio ed un'audacia a tutta prova. Non mi ero ingannato nella scelta.

— Vi racconteremo ogni cosa alla prima fermata e vedrete che non abbiamo fatto grandi cose — disse Diego. — Ah! Se avessi potuto agguantare quel Coco!... Sarei contento ora, avessi dovuto lasciare sul campo un orecchio od anche tutti e due, ma il cuore mi dice che tutto non è finito fra noi e lui, e spero di mandarlo a tenere compagnia al suo amico stregone.

— Lo ritroveremo, Diego — disse il dottore. — Egli ci inseguirà, ne sono certo e tutto tenterà, per raggiungerci prima che noi tocchiamo le sponde dell'oceano.

— Sa dove andiamo? — chiese Cardozo.

— Sì, sa che noi ci dirigiamo verso il golfo di Carpentaria e che colà ci aspetta il cutter di sir Hunther.

— Che ci sia già quella nave? — chiese Diego.

— Dovrebbe esserci da quindici o venti giorni.

— Siamo lontani dal golfo?

— Trecento o trecentocinquanta miglia per lo meno — disse Herrera.

— Diavolo! che passeggiata!...

— Anzi, consigliamoci sulla via da tenere — disse il dottore. — Cosa dite voi, Herrera?

— Vi consiglierei per ora di salire verso il nord fino al fiume Elsen o allo Strangways, per non affrontare le sterili pianure dell'est, poi di piegare lungo il 16° parallelo e cercare di raggiungere il fiume Kanguro o lo Sterculia che si gettano nel golfo di Carpentaria di fronte alle isole Edward Pellew, punto di ritrovo dell'yacht.

— Approvo il vostro piano, Herrera — disse il dottore. — Mi pare che sia la via più breve per giungere al golfo di Carpentaria. In cammino, o prima di due giorni avremo alle spalle tutta quella banda di bricconi.

Infatti, la prudenza consigliava di allontanarsi rapidamente da quella regione. Quantunque i boschi continuassero a bruciare verso il lago, tingendo il cielo d'una luce sanguigna, gli antropofaghi di Niro-Warranga potevano avere costruite delle zattere ed essere sbarcati sulle sponde opposte del Wood. È vero che in questo caso sarebbero stati costretti a fare un giro immenso, ma essendo tutti rapidi camminatori, non avrebbero tardato a raggiungere i fuggiaschi. Il piccolo drappello si rimise adunque in marcia con molta lena, costeggiando quella vasta palude e si diresse verso quelle di Hower, che si estendono al di qua e al di là del 17° parallelo, su una lunghezza complessiva di trentacinque o quaranta miglia. Per sette ore i fuggiaschi continuarono a marciare verso settentrione, inoltrandosi fra pianure sterili e sabbiose, dove a malapena crescevano pochi cespugli di nardà e pochi black-woods semi-intisichiti.

Non si vedeva alcuna selvaggina attraversare quei terreni bruciati dal sole, però Diego fu tanto fortunato di abbattere una coppia di perameks obesule, specie di scoiattoli biancastri, che si tenevano celati fra le foglie di un banano selvatico ed Herrera di trovare tre o quattro di quelle grosse radici bulbose e succolenti dette warrang.

Fecero una fermata sulle coste meridionali delle grandi paludi di Hower per prendere un riposo di alcune ore, essendo tutti quattro sfiniti per quella rapida marcia ed affamati. Avevano percorso, in quella notte, ben quaranta miglia e non ne potevano proprio più.

Per non farsi sorprendere dagli australiani, che forse erano riusciti a girare la foresta incendiata, si nascosero fra un fitto canneto che copriva una lingua di terra fangosa, inoltrandosi nella palude per parecchie centinaia di metri e colà accesero il fuoco e allestirono la colazione.

Durante il pasto, nessun australiano comparve sulle aride pianure del sud, né udirono alcun lontano grido che annunciasse l'avvicinarsi degli inseguitori. Diego, cominciava a tranquillarsi ed a sperare che quegli antropofaghi avessero rinunciato a riprendere la rivincita; il dottore invece cominciava a diventare inquieto. Egli temeva quel miserabile Niro-Warranga, sapendolo ormai capace di tutto.

— Egli ci aspetterà in qualche punto della costa — diss'egli ai suoi compagni. — Sa dov'è l'appuntamento nostro col cutter di sir Hunther e temo che egli ci prepari qualche brutta sorpresa.

— Che ci sorpassi, per giungere prima di noi all'appuntamento? — chiese Cardozo.

— Sì, giovanotto mio — disse il dottore. — Malgrado i nostri sforzi e il nostro vantaggio, noi non possiamo gareggiare colla velocità dei selvaggi australiani.

— Sono veri cavalli — disse Herrera. — In pochi giorni attraversano delle distanze incredibili.

— Se Coco ci tenderà un agguato, tanto meglio — disse Diego. — Non voglio abbandonare questo continente, senza aver fatto pagare il conto a quel miserabile.

Sostarono in quel nascondiglio tre ore, poi nulla vedendo di sospetto, ripresero le mosse piegando verso il nord-est. Tutti avevano fretta di raggiungere le sponde del golfo di Carpentaria; ormai la loro missione era terminata e più nulla avevano da fare nell'interno di quel continente.

Alla sera giungevano sulle rive del Daly-Waters, un fiume che non si sa dove nasce e che s'ignora dove finisce, ma lo trovarono privo d'acqua. Diego e Cardozo batterono i magri cespugli che crescevano qua e là, ma non trovarono una sola costoletta. In mancanza di altri animali, si sfogarono sulle kakatue che abbondavano e portarono al campo un non piccolo arrosto.

Alla notte vegliarono attentamente per turno, ma nulla apparve. Avevano gli australiani rinunciato all'inseguimento, o li avevano già sorpassati per aspettarli in un luogo favorevole?... Ecco quello che si chiedevano insistentemente il dottore ed Herrera, i quali diventavano sempre più inquieti. L'indomani ripresero la marcia per raggiungere il fiume Strangwavs, che forse non era completamente disseccato. Il territorio che attraversavano era di una aridità spaventosa; pareva la continuazione di quel terribile deserto di pietre, che avevano superato a prezzo di così immense fatiche. Le pianure si succedevano alle pianure, sparse di pietre e di sabbie, prive d'alberi, di cespugli, di un filo d'erba e sprovviste di selvaggina. Quelle terre sconosciute, forse mai prima di allora attraversate da alcun uomo bianco, mettevano paura, e tutti, il mastro compreso, erano vivamente impressionati. Quei disgraziati, affamati, assetati, poiché non avevano più né viveri, né una goccia d'acqua, erravano come smarriti su quelle vaste pianure silenziose e calcinate dal sole.

Per tre giorni si avanzarono verso settentrione, o meglio si trascinarono, poiché le loro gambe, indebolite dalle marce precedenti e dalla fame si rifiutavano di sostenerli, facendo sforzi sovrumani per non lasciarsi cadere, sapendo che non si sarebbero più rialzati. Al quarto giorno Cardozo che precedeva i compagni, scorse le cime di alcuni alberi.

— Un bosco! — gridò. — Laggiù vi è il fiume!

Quel grido rianimò tutti. Facendo uno sforzo disperato si spinsero innanzi trascinandosi l'un l'altro, e due ore dopo cadevano o meglio rotolavano sulle sponde dello Strangwavs, fra i cui canneti si vedeva scintillare ancora un po' d'acqua.