Il corsaro/Canto II/I

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Filosofia

Canto II
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Canto II Canto II - II
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I.

Di leggiere galee folta la baja
È di Coròne, e di Coròn le grate
Splendon di faci, ch’a notturna festa
Seìd Pascià le sale sue dischiuse.
5Di venturi trïonfi è gioja; i feri
Pirati ei move a debellar, e trarli
Vinti pur spera e incatenati al lido.
Questo sul brando per Allà giurava,
E or quì fide al suo giuro, e al suo firmano
10Ubbidïenti, adunansi le prore,
E le ciurme s’addensano, e tal n’odi

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Audace millantar, che sebben lunge
È il nemico che spregiano cotanto,
Già già dividon prigionieri, e spoglie.
» Salpisi, e sorgerà, ma sui domati
» Ladroni, e su l’infame arso ricetto,
» Il nuovo Sol. Squadre, e custodi al sonno
» Cedan se il braman; sognin prede, e morti,
» Ma sien preste a ogni cenno.» Su la riva
Molti intanto s’aggirano, e il coraggio
Avvalorano e l’ire, e vansi in mente
Volgendo qual de l’abbonito Greco
Trarran vendetta, e snudano l’acciaro,
E già il sollevan su lo schiavo inerme,
Condegna inver di Mussulmano impresa.
Struggeran l’empio asìlo, ma nel sangue
Che gavazzin non fia, ch’oggi pietoso
Esser de’ il braccio, ancor che forte, e sdegna
Ferìr, perchè il potrìa, se pur nol mova
Capriccio allor, o barbaro disìo
Di provar qual suo pondo un giorno fora
Su più degno rival. Banchetta intanto,
Esulta ognun, nè v’è chi muto starsi
Osi in disparte, se sua vita apprezza;
Finchè sgombra è la spiaggia di periglio,
Imprecando così vanno que’ crudi
Fra il convito, e il piacer.