Il diavolo nella mia libreria/Le antiche fole della creazione

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Le antiche fole della creazione

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Ulisse e Circe La giustizia, il pudore; e una seduta parlamentare nel dicembre 1919
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Le antiche fole della creazione

Le antiche fole della creazione dell'uomo mi guardano con pupille sì vive da questi vecchi libri come non mai! Esse mi si avvicinano; e allora mi sembrano strani e quasi favolosi i libri moderni, che parlano dell’uomo. Giacché essi ne parlano come di un animale oltremodo distinto dagli altri animali: ben vestito, e che mangia anzi le carni degli altri animali, o fresche oppure in conserva di scatole; e fa anche le leggi perchè egli è il re della natura.

Ma le antiche fole ragionano dell’uomo come degli altri animali, promiscuamente.

L’uomo è anzi rappresentato come un [p. 112 modifica] povero essere, nudo, inerme fra gli animali, che sono invece ben vestiti di squame, di pelame, di cuoio, ed hanno gran corpo. Hanno l’artiglio, il rostro, il veleno, il grande balzo, il grande volo: l’uomo a pena si poteva muovere su le delicate piante del piede.

Gli animali allora mangiavano l'uomo.

Chi lo distinse?

E per che mezzo fu l’uomo distinto dagli altri animali?

Le antiche fole raccontano che gli Iddii ebbero gran pietà della miseria dell’uomo, e gli fecero molti doni. Prometeo gli insegnò a ricavare il fuoco dalla selce, Demetra gli additò la meravigliosa pianta del grano, Atena piantò l’argenteo olivo da cui si spreme il più soave dei liquori, Dioniso quasi disegnò con la sua pianta dolcissima i luoghi della terra dove l’uomo meglio avrebbe abitato. Ermete insegnò la ruota. Apolline diede il canto. Marte donò l'asta e la freccia. [p. 113 modifica]E per tali doni l'uomo guardò la sua mano, e con la mano fabbricò le sue armi, e intraprese la gran lotta contro le belve.

Noi ne abbiamo perduto la memoria, e appena ricordiamo Ercole, con la sua clava: Ercole il distruggitore delle grandi belve.

Ma deve essere stata una ben terribile guerra, distruggere l'Idra, il Leone Nemeo; e poi Procuste, Caco, il Minotauro, cioè gli uomini-belve!

Forse allora l'uomo ebbe una sua felicità. E quale poteva essere questa felicità? Avere un tetto che faceva scudo contro le intemperie; davanti alla casa avere un campo di biade, un ulivo, un ruscello corrente dove bagnarsi. Veder crescere l’erba, crescere i figli. Questa la felicità. E al mattino dopo il gran sonno, vedere il sole che non dorme mai e torna sempre allo stesso posto, e dopo le tenebre dipinge sempre di oro il mondo. Questa la felicità! E l'uomo non trovò deità bastevoli da ringraziare, e specialmente il buon Ercole. [p. 114 modifica] E quando da una canna forata o da una corda tesa l'uomo riuscì a far venir fuori un ritmo, si mise a ballare per la gioia e a cantare, e col suo canto ringraziò gli Dei.

Le grandi belve sono scomparse dalle nostre terre: e soltanto da pochi anni è stata rivelata la esistenza di belve altrettanto piccole, anzi invisibili, quanto grandi erano l'Idra, il Minotauro, il Leone Nemeo. Ma se anche sono piccole, non perciò sono meno esiziali all’uomo: e il loro numero è spaventevole.

Contro queste invisibili belve è cominciata la guerra per la salute dell’uomo. Forse altre cose, ancora invisibili, si scopriranno nel tempo avvenire.

Ma oggi l'uomo, fatto re della terra, non ha più canti per ringraziare gli Dei. Ma io credo che Pasteur, che Volta, e altri nobili intelletti che queste grandi cose trovarono. [p. 115 modifica] riconoscessero nel loro genio come una forza che era fuori della loro umile natura. Tanto è vero che come dono divino a tutti gli uomini dispensarono il bene da essi trovato; ed essi furono uomini semplici e poveri, e i loro occhi guardarono qualche volta il cielo.