Il giornalino di Gian Burrasca/16 ottobre

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16 ottobre

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16 ottobre.


È appena giorno.

Ho preso una grande risoluzione e, prima di metterla in effetto, voglio confidarla qui nelle pagine di questo mio giornalino di memorie, dove registro le mie gioie e i miei dispiaceri che sono tanti, benché io sia un bambino di nove anni.

Stanotte, finita la festa, ho sentito un gran bisbigliare all’uscio di camera mia, ma io ho fatto finta di dormire e non hanno avuto il coraggio di svegliarmi: ma stamani, quando si alzeranno, mi toccheranno certamente delle altre frustate, mentre non mi è ancora cessato il dolore di quell’altre che ebbi l’altro giorno dal babbo.

Con questo pensiero, non ho potuto chiudere un occhio in tutta la notte.

Non c’è altro scampo, per me, che quello di scappar di casa prima che i miei genitori e le mie sorelle si sveglino. Così impareranno che i ragazzi si devono correggere ma senza adoprare il bastone, perché, come ci insegna la storia dove racconta le crudeltà degli Austriaci contro i nostri più grandi patriotti quando cospiravano per la libertà, il bastone può straziare la carne ma non può cancellare l’idea.

Perciò mi è venuto l’idea di scappare in campagna, dalla zia Bettina, dove sono stato un’altra volta. Il treno parte alle sei, e di qui alla stazione in mezz’ora ci si va benissimo.

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Sono bell’e pronto per la fuga: ho fatto un involto mettendovi due paia di calze e una camicia per cambiarmi... In casa tutto è silenzio, ora scenderò piano piano le scale, e via in campagna, all’aria aperta...

Viva la libertà!...

A questo punto il giornalino di Gian Burrasca ha una pagina sgualcita, e quasi interamente occupata dall’impronta di una mano sudicia di carbone, sopra alla quale è, a caratteri grossi e incerti come se fosse stata scritta con un pezzo di brace, una frase interrotta da un fregaccio. Riproduciamo fedelmente anche questo documento, che è di non lieve importanza nelle memorie del nostro Giannino Stoppani.