Il milione (Laterza,1912)/XLV

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XLV. Di Lop

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XLV (LVII)

Di Lop.

Lop è una grande cittá ch’è a l’entrata del gran diserto, che si chiama lo diserto di Lop, ed èe tra levante e greco; e sono al Gran Cane, e adorano Malcometto. Quegli che vogliono passare lo diserto si riposano in Lop per una settimana, per rinfrescare loro e loro bestie; poscia prendono vivanda per un [p. 52 modifica] mese per loro e per le loro bestie.1 E partendosi di questa cittá, entra nel diserto:2 ed èe sì grande, che si penerebbe a passare un anno; ma per lo minore luogo si pena lo meno a trapassare un mese. Egli è tutto montagne e sabbione e valli, e non vi si truova nulla da mangiare. Ma quando se’ ito un di e una notte, truovi acqua,3 ma non tanta che n’avesse oltra cinquanta o cento uomeni con loro bestie: e per tutto il diserto conviene che uomo vada un dì e una notte, prima che acqua si truovi; e in tre luoghi o in quattro truova l’uomo l’acqua amara e salsa, e tutte l’altre sono buone, che sono nel torno da ventotto acque. E non v’ha nè uccelli nè bestie, perchè non v’hanno da mangiare. E sì vi dico che quivi si truova tale maraviglia: egli è vero che, quando l’uomo cavalca di notte per lo diserto, egli avviene questo: che se alcuno rimane adrietro degli compagni per dormire o per altro, quando vuole poi andare per giugnere gli compagni, ode parlare ispiriti in áiere, che somigliano gli suoi compagni, e piú volte è chiamato per lo suo nome proprio, e è fatto disviare talvolta in tal modo che mai non si truova; e molti ne sono giá perduti:4 e molte volte ode l’uomo molti istromenti in aria, e propriamente tamburi. E cosí si passa questo gran diserto5. Or lasciamo del diserto, e diremo della provincia ch’èe all’uscita del diserto.

  1. i e posa entrano in lo deserto.
  2. Pad. e segondo che dixe la giente,... quel dexerto è sì longo che apena podesse l’omo azonzer a l’altro cavo in uno ano; e lá dove l’è plui streto, si è briga a pasarlo in uno mese.
  3. Cas. ch’è bona da bere, ma no ne avrave asai grande gente, ma cinquanta o cento omini n’avraveno asai illi e le soe bestie.
  4. Pad. e alcuna fiata olde l’omo de bel zorno chiaro voxe di demòni, e tal fiata par che sona instrumenti... e spizialmente tanburli.
  5. Pad.* con gran paura.