Il mondo è rotondo/XXIII

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XXIII - Il figlio dell'uomo

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XXII XXIV

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Capitolo XXIII.

Il figlio dell’uomo.

Così sarebbe nato il figlio di Scolastica e del calzolaio. Anzi, forse era nato.

Egli, Beatus, ammirava il re dei bolcevichi che pigliava con le mani le sue verità incandescenti, senza nessuna esitazione. Anzi tutte le cinque parti del mondo ammiravano. Ciò non significa che la verità del re dei bolcevichi sia la verità; è un mutamento di verità, che durerà finchè non sorgerà un’altra verità. L’umanità è come il serpente boa; fa un pasto copioso e furibondo di una verità, poi si assopisce in letargo finchè ha digerito; e allora si avventa per divorare un’altra verità.

Ma a Beatus non piacque, e scrisse alla signora Alice una garbata lettera dove diceva che se quella cosa che sarebbe nata da Scolastica, invece di spedirla alle balie e alle nutrici, se la fossero voluta tenere in casa, così facessero pure. [p. 198 modifica]

Quella cosa che sarebbe nata da Scolastica, poteva essere un maschio oppure una femmina. Ed anche non credendo al pithecanthropus erectus del naturalista tedesco Haeckel, è certo che una somiglianza esiste tra l’uomo e il pitecantropo. Osservando attentamente l’uomo, anche meglio vestito, questa somiglianza viene fuori come una seconda imagine.

«In me, per esempio, — dicea Beatus, — ora si vede benissimo. Eppure...! Nella donna si vede meno, forse in grazia di quella soavità incantevole del volto e dei capelli, che costituiscono essi pure un bellissimo inganno».

E molto probabile che da due mostri, come Scolastica e il calzolaio, sarebbe venuta fuori una cosa molto vicina al pitecantropo: ma non è detto che la natura non faccia anche strani scherzi: può venir fuori anche una cosa discreta. Infine, poi, di bestie ne teneva tante in casa! Ora l’usignolo essendo morto, un bimbo o una bimba ne poteva fare le veci.

Qui, Beatus si ricordò come una cosa lontana, lontana, e che forse aveva letto nei poeti o nei libri per l’infanzia, che i bimbi danno lietezza alle case: fanno miagolii, cantano. [p. 199 modifica]Sembrano genietti occulti. Il popolo dice che parlan con gli angioli, o diceva così una volta quando il popolo credeva negli angioli.

«Così Scolastica non dirà più: questa casa è una tomba».

Ma insieme si ricordò di quella smisurata parola che adoperavano i latini per significare quando quella gaiezza se ne va dalla casa, cioè la morte dei figli. Dicevano orbatio, quasi privazione di luce. E orbi erano detti i padri a cui erano morti i figli. Qualche volta i figli chiudono gli occhi ai padri, e ciò è bello; e qualche volta i padri chiudono gli occhi ai giovanetti, e ciò non è bello. Orbatio! l’uomo solo, senza posterità, che va brancolando come cieco!

«Ecco: se io non avessi studiato il latino — continuava Beatus nel suo vaniloquio — non avrei questo pensiero.

«Il re dei bolcevichi farà bene ad abolire il latino».

Ma, veramente, il re dei bolcevichi, mandando quelle cose che nascono dall’uomo e dalla donna, alle balie, alle nutrici, ai buoni allevamenti in comunità, abolisce quel dolore dell’orbatio. [p. 200 modifica]

Ma abolisce anche quella gaiezza.

«È sorprendente! — esclamò Beatus — Per fare il re dei vari bolcevichi, bisogna pensar poco. Se si pensa, non si ha più il coraggio di toccare nessuna verità, e non si è più re dei bolcevichi».

Comunque, tutto ben considerato, poichè le cose si presentavano così, Beatus non si trovò affatto pentito della sua deliberazione di tenersi in casa, anzi di allevarsi il figlio o la figlia di Scolastica.

Idiota, no, non lo avrebbe voluto, anche se fosse stata una femminuccia, ma nemmeno troppo intelligente: con un’anima sì, ma non con troppa anima. Un’anima — ecco — senza interrogativi. Quel tanto che basta a mandare avanti l’esercizio quotidiano della vita. Saper distinguere, per esempio, se la porta è aperta o chiusa, saper mettere in ordine i libri del suo studio dalla parte dello schienale, saper scrivere con esatta scrittura, ricordarsi dove sono le chiavi, il borsellino; non amare il denaro, ma possedere il senso del denaro, venire a casa la [p. 201 modifica]sera presto, trovar buona la minestra di casa, ubbidire senza domandare ogni volta perchè.

Se poi fosse una donna, ricordarsi che dovendo mettere un pollo nella pentola, bisogna levare prima la vescichetta del fiele; saper cercare con la scopa negli angoli delle stanze; saper fare un rammendo. E perchè no, saper fare le torte come le suore?

Tutte cose che Scolastica faceva assai imperfettamente.

Lui, poi, nelle ore di riposo, avrebbe insegnato le lettere dell’alfabeto; si sarebbe divertito a raccontare le vecchie fole del re Mida, del buon Tobia, di Polifemo, di Bertoldo, della bella regina delle Mille e una notte. La sola cosa un po’ preoccupante era quel furore che prende i giovani, anche i più pacati, in sull’aprirsi della pubertà, per cui avviene che alcuni si lanciano come proiettili, ed è il caso di dire che dimenticano padre, madre — come dice Cristo — per quel furore. E se stanno quieti, fanno anche più compassione. Ma per questo c’è tempo da pensarci! Sì, sotto questo aspetto, l’idea di allevarsi in casa la creatura che fosse nata da Scolastica, non gli dispiaceva. [p. 202 modifica]

Dato il caso che lui, Beatus, fosse vissuto ancora, il figlio di Scolastica gli avrebbe letto il giornale, quando è la sera, con amorevole pazienza: considerando che la sua vista si faceva torbida. Lo avrebbe condotto a spasso anche, qualche volta. Chi avrebbe condotto? Lui Beatus avrebbe condotto il bimbo? oppure il bimbo avrebbe poi condotto lui? È strano questo mutamento; ma è così.

Antigone conduce Edipo.

Nella civiltà bolcevica, Antigone, la dolce Antigone, non condurrà più Edipo, nè darà più sepoltura al fratello.

Ah, il re dei bolcevichi dovrà abolire anche il greco!

Qualche volta, ancora, per le vie, si vedono uomini vecchi a cui non basta più il bastone, ma ci vuole un altro uomo o donna che faccia da bastone. Qualche volta muore prima la memoria, e ci vuole una persona, la quale ricordi le cose vicine, perchè le lontane si ricordano. Qualche volta, muore una parte dell’anima, e il vecchio si mette a ridere, e dice e fa cose stolte, e ci vuole uno che dica: «padre, non fate; non parlate, caro padre, perchè dite cose stolte; accontentatevi di [p. 203 modifica]mangiare questo savoiardo e mettetevi il tovagliolo. Fiutate il vostro tabacco, o fumate la vostra pipa; ma non andate solo per via, perchè i monelli vi scherniscono, e se voi alzate il bastone, è ben peggio.»

Ma queste cose devono essere dette molto amorosamente, e più con senso di lietezza che di pietà; come Beatus ricordava di aver visto, una volta, una figlia bellissima, verso il suo vecchio padre.

Nei tempi antichissimi, prima che Solone poetasse le sue leggi umane, i figli uccidevano i padri imbelli; e questo costume vive ancora presso alcune tribù. Non è però meno vero che anche nelle famiglie per bene si ode talvolta mormorare così: «quando finirà quel vecchio, quella vecchia di mangiare savoiardi? di sporcare?» Qualche volta si ode anche: «quando ti ordinerò la bara, caro padre?»

Ma arrivato a questo punto, Beatus inorridì:

«Dovrò io diventare così?» Eh, se tu non morrai, diventerai così e ringrazia di potere essere così. [p. 204 modifica]

Egli aveva col nato da Scolastica foggiato, senza avvedersene, il suo automa per il suo egoismo. E allora si ricordò di un’altra leggenda che aveva udito intorno al re dei bolcevichi: ha avuto pietà per i bimbi; ma per i vecchi non ha avuto pietà.

Facendo un salto avanti, il re dei bolcevichi è tornato indietro? Ma è lui o è la nuova umanità che vuole così?

Beatus si accorse che con la sua ragione soltanto egli era sempre nella condizione di colui che si trova in un terreno paludoso. Da qualunque parte si volge il piede, la terra ingoia.

Se non c’è un sostegno dall’alto, fuori della terra, si rimane ingoiati!