Il tesoro del presidente del Paraguay/5. Il capodoglio

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5. Il capodoglio

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4. Il combattimento 6. Una terribile notte


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V.

Il capodolio.


A
quell’annuncio, che per tutti e tre aveva una grandissima importanza nelle condizioni in cui si trovavano, così lontani da terra e su quel pallone, che poteva fra breve scendere in mare per non più rialzarsi, il mastro e Cardozo balzarono in piedi, precipitandosi verso il parapetto della navicella.

L’agente del Governo non si era ingannato. Verso il sud, sulla nitida e azzurra superficie dell’oceano appariva distintamente un grosso punto nero, che pareva si dirigesse verso l’est, cioè sulla via che allora seguiva l’aerostato. Sopra di lui non si scorgeva alcun pennacchio di fumo, nè alcuna cosa biancheggiante che indicasse delle vele; ma la sua forma allungata somigliava a quella di una nave e, cosa importante, malgrado la lontananza, quella strana nave si vedeva camminare con non comune velocità.

— Cosa sarà mai? — si chiese il mastro, che aguzzava gli occhi. — Nè fumo, nè vele, nè alberi! È un nuovo genere di vascello?

— Che sia un rottame? — domandò Cardozo.

— Non camminerebbe, e invece fila con notevole velocità.

— Che sia qualche corazzata? Tu sai che talune portano solamente un alberetto pei segnali. [p. 38 modifica]

— Potrebbe essere una corazzata. Ah! Se avessi un cannocchiale!

— Quanto stimi lontana quella nave?

— Otto o dieci miglia.

— Se facessimo dei segnali?

— L’idea è buona, Cardozo; dammi le carabine che le scarichi.

Il ragazzo prese le armi, le caricò con cura e le passò al mastro, il quale le scaricò in aria.

Le detonazioni si propagarono a grande distanza, ma non ebbero alcuna risposta. Anzi ai due marinai parve che quella misteriosa nave affrettasse la sua marcia.

— Quei galantuomini non sono troppo educati, — disse Cardozo, sorridendo. — Quando si saluta, si usa rispondere.

— A me sembra strano che non ci abbiano scorti. Per Bacco! Se ci fossero delle nubi o delle montagne attorno noi, lo comprenderei; ma navighiamo in mezzo ad una atmosfera purissima. Che pensate voi, signor Calderon?

— Nulla, — rispose l’agente.

— Mi sembra che a voi la presenza di quella nave non faccia alcun effetto. Eppure, signore, si tratta della nostra pelle.

L’agente non s’incomodò a rispondere.

— Come vi piace, signore, — disse il mastro un po’ piccato. — Non siete un amabile compagno, ve lo assicuro.

— E dunque cosa decidi di fare, marinaio? — chiese Cardozo. — Bisogna cercare tutti i modi possibili per avvicinare quella dannata nave.

— Lo so, ma non trovo nessun modo, — rispose il mastro, che si grattava furiosamente il capo, come se in quel modo volesse far scaturire una qualche idea.

— L’ho trovato! — esclamò ad un tratto il ragazzo. — Se ci abbassassimo di qualche po’?

— Ben detto, figlio mio!

— A poche centinaia di piedi dall’oceano quei naviganti ci vedranno di certo, tanto più che il vento ci spinge sempre sulla loro via. [p. 39 modifica]

— Hai ragione.

— Abbassiamoci adunque.

— È presto fatto, Cardozo.

Il mastro, senza calcolare quali disastrose conseguenze poteva portare quella discesa nel caso che non venissero raccolti, afferrò senza esitare la funicella della valvola e diede uno strappo. Tosto in aria, verso la sommità dell’aerostato, si udì un leggero fischio, seguìto tosto da una serie di piccole detonazioni. Il gas, che non cercava che una uscita per lasciare l’involucro di seta, sfuggiva rapidamente.

Il pallone cominciò subito a discendere lentamente con un largo dondolamento, pur continuando ad avanzarsi verso l’est, ossia verso il preteso vascello, che continuava la rapida marcia.

Cardozo, cogli occhi fissi sul barometro che continuava a salire, contava:

— Duemilacinquecento metri... duemila... millecinquecento... mille... cinquecento... quattrocento... trecento...

— Basta! — disse Diego, lasciando andare la funicella.

Tutti e due si precipitarono sul bordo della navicella. Sotto di loro, ad una distanza brevissima, muggiva l’oceano, percorso da larghe ondate spumeggianti che s’innalzavano verso il pallone, quasi fossero desiderose di afferrarlo e d’inghiottirlo.

A sei o sette chilometri il vascello continuava a camminare; ma, cosa strana, ora pareva quasi completamente sommerso, e, cosa ancora più strana, su di lui non si vedeva nè la bianca superficie della tolda, nè un albero qualunque, nè una ciminiera,1 nè una manovra qualsiasi.

Il mastro e Cardozo si guardarono in viso, interrogandosi reciprocamente cogli occhi.

— Ci capisci tu qualche cosa? — chiese infine il ragazzo.

— Temo di aver commesso una grande bestialità, figlio mio, — rispose il mastro.

— Perchè, mio buon Diego? [p. 40 modifica]

— Perchè quello là non deve essere un vascello.

— E cosa vuoi che sia?

Il mastro non rispose. Curvo sul bordo della navicella, colle mani dinanzi agli occhi per ripararsi dai raggi del sole, guardava fisso fisso, colla fronte aggrottata, la supposta nave. Ad un tratto un grido di rabbia gli sfuggì:

— Maledizione!...

— Cosa è accaduto? — chiese Cardozo con inquietudine.

— Guarda!

Il ragazzo guardò nella direzione indicata e fece un gesto di stupore. La pretesa nave, che pochi momenti prima ancora navigava, era scomparsa!...

— Inabissata? — chiese egli.

— Lo vedi.

— Era un rottame adunque?

— No, una balena, un capodolio, un mostro marino insomma.

— È impossibile!...

— Ho veduto io con questi occhi, che sono ancora molto buoni, la sua coda alzarsi e poi abbassarsi.

— E abbiamo salassato il nostro pallone per una balena!...

— E che salasso, Cardozo! Non siamo più che a centocinquanta metri dalla superficie del mare!

— Ma abbiamo della zavorra, Diego.

— Lo so, ma la nostra situazione è peggiorata e il vento soffia ostinatamente dall’ovest!

— E le nubi si alzano, — disse l’agente del Governo, uscendo dal suo mutismo.

Infatti verso l’ovest, là dove l’oceano si confondeva col cielo, una massa, che diventava rapidamente nerastra, era allora allora comparsa e saliva con una certa velocità, ingrandendo a vista d’occhio. Poteva portare solamente un buon acquazzone, ma poteva anche scatenare uno di quegli uragani che godono una sì trista fama sulle coste dell’America meridionale e specialmente della Patagonia.

— Tutto è contro di noi, — disse il mastro, crollando a più riprese il capo. — Sarei curioso di sapere come finirà questo viaggio del malanno. [p. 41 modifica]

— Ci occuperemo più tardi di ciò, marinajo, — disse Cardozo, che non pareva troppo spaventato. — Per ora occupiamoci della nostra colazione, così brutalmente interrotta dalla comparsa di quella dannata balena. A tavola, signor Calderon, se vi sentite un po’ di appetito.

Il bravo e coraggioso ragazzo si assise sui sacchi di zavorra e si mise a sgretolare alcuni biscotti, mentre il mastro, ritornato di buon umore, apriva una scatola di carne conservata e faceva saltare il collo ad una bottiglia di vecchio vino di Spagna, rinvenuta in fondo ad una cassa, dove teneva compagnia ad un rispettabile barilotto di wiscky della capacità di una ventina di litri, e che doveva essere di non poca utilità nei brutti momenti.

Finito il pasto non troppo succulento, ma assai sostanzioso e abbondante, i due marinai accesero le pipe e si rimisero in osservazione. L’agente del Governo, che era ritornato muto e impassibile, si sdrajò invece sui sacchi, immergendosi in profondi pensieri.

Il pallone, malgrado il «salasso» subito, come diceva Cardozo scherzando, si comportava sempre bene, filando rapidamente sopra le onde dell’oceano a centocinquanta o centosessanta metri d’altezza. Nondimeno, sia in causa della perdita del gas o per qualche difetto di costruzione, talvolta faceva delle brusche discese fino a pochi metri dalla superficie liquida, per poi riprendere però l’altezza di prima.

Il vento disgraziatamente non accennava a cambiare, allontanandolo sempre più dalla costa americana, che ora doveva essere lontana parecchie centinaja di miglia, e per di più la nube segnalata non cessava di alzarsi, prendendo delle tinte minacciose.

Verso il mezzodì, quando maggiore era il calore, un fenomeno strano venne a rompere la monotonia del viaggio. Mentre i due marinai aguzzavano gli occhi verso il nord nella speranza di scoprire qualche veliero o qualche piroscafo che li raccogliesse, scorsero, con una sorpresa che si può bene immaginare, un pallone un po’ più piccolo del loro, ma esattamente simile in quanto alle forme, e che portava anch’esso [p. 42 modifica]nella sua navicella due uomini, che parevano intenti a guardare nell’istessa direzione.

— Toh! — esclamò il mastro, stentando a credere ai suoi occhi. — Un altro pallone!... Sogno io forse, o il vino di Spagna mi ha ubriacato?

— No, non sogni, poichè lo vedo anch’io, — disse Cardozo con viva emozione.

— Ma cosa fa qui quel pallone? Da dove è venuto, che prima non lo abbiamo veduto?... Chi sono gli uomini che lo montano?... Signor Calderon!... Signor Calderon!...

L’agente del Governo si alzò lentamente, guardò per alcuni istanti il pallone che filava nell’istessa direzione di quello da lui montato.

— Toh! — esclamò il mastro, che cadeva di sorpresa in sorpresa. — Gli uomini sono diventati tre!...

— E diventerebbero quattro, se il nostro ne avesse tanti, — disse l’agente del Governo.

— E perchè, signore? — chiese Cardozo.

— Perchè quello là è il nostro pallone.

— Ecco una cosa che stenterò a crederla, — disse il mastro. — Vi dico che quello là è un altro pallone, e non vorrei che quegli uomini fossero argentini o brasiliani lanciati sulle nostre tracce per carpirci il tesoro del Presidente.

— Alzate le vostre braccia.

Il mastro ubbidì, e vide uno di quei tre uomini fare esattamente lo stesso.

Poco persuaso però, rinnovò i movimenti, agitò il cappello, fece sventolare il proprio fazzoletto, poi spiegò una piccola bandiera coi colori paraguayani, e vide fare altrettanto con scrupolosa precisione.

— È un fenomeno molto strano, — disse.

— Ma abbastanza comune, — rispose il signor Calderon, che diventava, cosa davvero insolita, loquace.

— E come si chiama?

— Il miraggio.

— E come avviene?

— Basta che gli strati d’aria abbiano delle densità disuguali. Allora i raggi solari, rifrangendosi, dànno una se[p. 43 modifica]conda immagine dell’oggetto in vista, come se si rifrangessero in uno specchio o in una superficie d’acqua. Nel nostro caso gli strati d’aria disuguali sono vicini al mare; ma avviene talvolta che lo sieno invece quelli superiori, e allora gli oggetti si rappresentano capovolti.

— Ho udito parlare ancora di questo fenomeno, signor Calderon. Un mio amico francese, che fece parte della spedizione di Egitto col grande Napoleone, mi narrò più volte delle grandi disillusioni provate in quelle sabbie in causa del miraggio.

— Nelle pianure sabbiose il fenomeno è comunissimo in causa del grande calore.

Ad un tratto il pallone scomparve.

— Buon viaggio, — disse Cardozo.

— Il fenomeno è finito, — disse l’agente. — Gli strati d’aria hanno ripreso il loro equilibrio.

Poi abbandonò il posto, tornò a sdraiarsi sui sacchi e non parlò più.

Il mastro e il ragazzo continuarono a rimanere in osservazione scrutando sempre l’orizzonte, che si manteneva ostinatamente deserto, e seguendo con qualche ansietà il nero nuvolone che non cessava di alzarsi, minacciando di invadere tutto il cielo.

Verso le tre pomeridiane il vento, che fino allora si era mantenuto debole, quasi improvvisamente accrebbe. Una raffica uscì dal seno della nuvola e spazzò l’oceano, alzandolo in larghe ondate e facendo trabalzare vivamente il pallone, il quale raddoppiò la marcia, ora alzandosi e ora abbassandosi.

A poco a poco l’acqua prese una tinta più oscura, cominciò a ribollire come se fosse mossa da forze sottomarine, indi si formarono delle alte ondate che si misero a correre dall’ovest all’est, urtandosi e sfasciandosi con lunghi muggiti.

Alcuni spruzzi giunsero fino alla navicella, che talvolta scendeva di parecchi metri, come se al pallone di quando in quando venissero a mancare le forze.

— Siamo ammalati, — disse Cardozo, che esaminava attentamente l’aerostato. — Il poveretto a poco a poco perde il suo sangue. [p. 44 modifica]

— Purtroppo, figliuol mio, — rispose il mastro, che era diventato pensieroso. — Il gas sfugge attraverso i fori del tessuto, nè vedo alcun mezzo per arrestarlo.

— E la tempesta ci è alle spalle!

— Non inquietarti, Cardozo. Finchè abbiamo della zavorra da gettare non corriamo alcun pericolo.

— Ma l’uragano può portarci assai lontani, marinaio, e chissà poi se riusciremo a raggiungere le coste americane.

— Conto sull’incontro di qualche nave.

— Ma siamo in una regione che è poco battuta dai navigli.

— Lo so, ma possiamo incontrare qualche baleniere in rotta per le regioni antartiche. Ah!

— Cos’hai?

— Guarda laggiù!... Ancora quel dannato mostro che ci ha fatto salassare il pallone.

Infatti a quattro o cinque miglia verso l’est si vedeva emergere sulle onde una enorme massa nerastra, la quale gettava in aria delle nuvolette, emettendo contemporaneamente delle potenti note metalliche che parevano prodotte da una impetuosa colonna d’aria cacciata dentro un tubo di bronzo.

— È una balena senza dubbio, — disse Cardozo.

— No, deve essere invece un capodolio, poichè vedo una sola colonna di vapore. Un brutto mostro, figliuol mio, specialmente quando è irritato.

— Si avvicina molto rapidamente a noi.

— Fra pochi minuti sarà qui, poichè si dice che balene e capodogli percorrano la bagattella di seicentosessanta metri al minuto.

— Impiegano poco tempo allora a fare il giro del mondo.

— Un capitano baleniere, sotto i cui comandi feci una campagna, mi disse che basterebbero quarantasette giorni, seguendo l’equatore, supponendo che dodici ore al giorno siano sufficienti pel riposo, e sole ventiquattro per andare da un polo all’altro.

— Hai pescato delle balene adunque?

— Ne ho ramponata una presso il capo Horn, che aveva ventidue metri di lunghezza. [p. 45 modifica]

— Mi viene un’idea, marinaio.

— Di’ su, ragazzo mio.

— Se ci facessimo rimorchiare da quel mostro che vedo diretto verso la costa americana? Abbiamo un’àncora qui che ci può servire per...

— Là, là, tu sei pazzo. Carrai! Non mi sento in vena di fare una passeggiata in fondo al mare.

— Hai ragione, marinaio. Non avevo pensato che siffatti giganti possono tuffarsi a loro piacimento. Eccolo!... Per Bacco, come è brutto!

Il capodolio, che s’avanzava con straordinaria velocità, non era allora che a poche centinaia di passi dall’aerostato, il quale aveva senza dubbio attirato la sua attenzione.

Era enorme e, solo a vederlo, anche dall’alto del pallone, cioè fuori d’ogni pericolo, metteva addosso un certo brivido. Misurava non meno di sedici metri, con un diametro di tre e mezzo e forse quattro, e la sua testa era così grande da eguagliare il terzo della lunghezza.

La sua bocca smisurata, capace di contenere parecchie botti e di assorbire un pescecane dei più grossi, mostrava certi denti conici che non dovevano pesare meno di quattro chilogrammi ognuno.

Giunto presso il pallone, che si trovava cinquanta o sessanta metri dalla superficie del mare, il mostro si fermò come colpito da meraviglia, guatandolo coi suoi brutti occhietti a riflessi giallastri, poi cominciò a dar segni di violenta collera, emettendo lunghe note e facendo spruzzare alta l’acqua colla sua potente coda bilobata. Malgrado la sua mole, cominciò a muoversi con una vivacità straordinaria, seguendo il pallone, poi, sprofondandosi più che mezzo, con un vigoroso colpo di coda si slanciò d’un buon terzo fuori dell’acqua coll’enorme bocca aperta, tentando senza dubbio di arrivare fino alla navicella.

— Ah, mio caro, non siamo gente da lasciarci inghiottire come pesciolini, — disse il mastro. — Aspetta un po’ che ti darò io qualche cosa da masticare e che ci metterà al sicuro dai tuoi assalti. [p. 46 modifica]

Afferrò un sacchetto di zavorra e lo lanciò nelle fauci del gigante, che subito le chiuse con un colpo secco. Il pallone, così alleggerito, fece bruscamente un salto in aria, elevandosi di seicento metri, tanta è la sensibilità di siffatti veicoli aerei, ai quali basta la sottrazione di pochi grammi per innalzarsi.

Il capodolio, punto soddisfatto di quel cibo insolito e forse spaventato da quell’improvvisa elevazione del pallone, si rovesciò bruscamente su di un fianco, battendo con furore l’acqua, poi s’immerse, formando un largo vortice.

— Buona digestione! — gridò Cardozo.

In quell’istante il sole sparve sotto l’orizzonte e la nera massa di vapori, che aveva già invaso quasi tutto il cielo, s’illuminò sotto la livida luce del primo lampo.

  1. Fumajuolo.