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Ircana in Ispaan/Lettera di dedica

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Lettera di dedica

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Ircana in Ispaan L'autore a chi legge

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A SUA ECCELLENZA

LA SIGNORA

METILDE ERIZZO

NATA MARCHESA BENTIVOGLIO1.

S
ONO parecchi anni, ch’io vengo onorato dalla protezione di due Nobilissime Dame Sorelle, Zie Paterne dell’E. V.: in Bologna l’Eccellentissima Signora Marchesa Eleonora Albergati 2, ed in Ferrara l’Eccellentissima Signora Lucrezia Rondinelli 3. Ragionarono esse meco sì dolcemente dei pregi ammirabili di V. E., e tanto nelle due suddette Città sentii con ammirazione parlarne, che m’invogliai di conoscerla, e di acquistarmi il di Lei Patrocinio. Parvemi che la sorte favorisse i miei voti, allorché intesi essere l’E. V. destinata in Isposa all’Eccellentissimo Signore MARCANTONIO ERIZZO, Patrizio Veneto, dicendo fra me [p. 412 modifica]medesimo: viene l’Illustre Dama a felicitare la nostra Patria, e potrò forse agevolmente accostarmi a Lei davvicino, e conseguire il bene desiderato. Non m’ingannò la speranza. Cercai la permissione di poter a Lei presentarmi, e con mìa estrema consolazione trovai il di Lei animo benignamente in favor mio prevenuto; e assicurato ch’Ella delle Opere mie compiacevasi, mi lusingai di esser io stesso dalla protezione sua decorato. Giunto il giorno per me felice, in cui ebbi l’onore la prima volta d’inchinarmi all’E. V., conobbi da me medesimo quanto giustamente la Fama empie il mondo delle ammirabili qualità che l’adomano; poiché la pratica che ho del mondo, e l’uso fatto per abito e per mestiere, rade volte m’inganna. Trovai nell’E. V. una dolcezza e affabilità di contegno, che nell’atto medesimo attrae l’animo di chi la tratta, e gl’infonde ammirazione e rispetto. I suoi ragionamenti senza affettazione eruditi, e le sue massime pronunziate col cuore, mostrano la chiarezza del suo intelletto, e la moderata opinione4 di se medesima, cose in vero pregievolissime, e non sì spesso in una persona sola accoppiate. Due caratteri sono assai da compiangere: l’ignorante ed il prosontuoso. Il primo desta la compassione, il secondo il dispregio. Chi non sa per povertà d’intelletto, trova nella natura ingrata la scusa, ma chi sa, ed invanisce, perde il merito del sapere, e la volontaria colpa lo aggrava; e siccome ingiusti sono coloro che oltraggiano gl’ignoranti, resi tali o dalla macchina sconcertata, o dalla educazione infelice, così vili e adulatori son quelli che soffrono l’alterigia5 di chi dell’intelletto e delle cognizioni acquistate abusa con vanità ed orgoglio. De’ due caratteri, che ho accennati, il primo è inutile alla società; ma il secondo è incomodo e fastidioso. Si può facilmente soffrire mo stolido; ma non si può senza sdegno tollerare un altero: e siccome l’immagine più odiosa sopra la terra è quella dell’ignorante e superbo, non vi è la più amabile oltre quella del dotto ed umile. Tale è l’E. V. Nè io qui intendo confondere coll’adulazione la lode, spendendo il termine di dottrina per quello che commemente risuona. La scienza del [p. 413 modifica]costume, quella del mondo, quella di noi medesimi credo io preferibile agli6 studj metodici, che confondono l’intelletto, vincolandolo a duri precetti ordinati da quei che furono prima di noi, quasi che noi non potessimo per avventura pensar meglio di loro. Beati quelli che formano il cuor da se stessi, coll’esempio de’ buoni, colla scorta del buon criterio, coll’ammaestramento della sana Filosofia destata in seno della Natura, e perfezionata dalla Religione. Con tali buoni principi si può leggere senza temer di guastarsi, in quella maniera che le industriose Api succhiano da Varj fiori quei succhi che più convengono ai loro stomachi delicati, e li convertono in dolce mele. La ragione per cui molti invaniscono del lor sapere, si è, perchè credono di sapere molto più che non sanno; e perchè giunti ad intendere qualche cosa di una scienza all’intelletto loro difficile, si persuadono di possederla, ed alzano la stima di se medesimi al di sopra della ragione. Altrimenti ho scorto io contenersi l’E. V. Ella non ama gli7 studj che adulano l’intelletto, ma quei che perfezionano la Volontà; quindi e, che conoscendo per pratica la vera virtù, fa di questa quell’uso che la rende quieta in se stessa, ed amabile alla società. Quest’elogio ch’io formo a V. E., comecchè comune a tutti quelli che pensano, com’Ella pensa, non sembrerà ad alcuni bastante per una Dama nata di sì illustre Sangue, e da un sì sublime nodo legata. Ma lascio altrui la briga di fantasticare a suo senno: se ho da parlare di Lei, non crederei di farle quell’onor ch’Ella merita, mendicando le lodi dai doni eccelsi della Fortuna. Sa tutto il Mondo, che la famiglia illustre de’ BENTIVOGLI, e sovrana, e privata, vantò in tutti i secoli Gloria, Dignità, Onori, e tutti sanno egualmente, che unendo un si gran sangue a quello degli ERIZZI, la provvidenza si è meritata anche in ciò le acclamazioni e gl’incensi. Ma quel che forma il bene della Repubblica, non basterebbe a far Lei felice, se la Virtù non prevalesse nel di lei animo; ed io per questa seco Lei mi congratulo, e le do quelle laudi che dar le posso. La felicità ch’Ella gode, forma quella di chi ha l’onor di [p. 414 modifica]conoscerla e di trattarla; ed io, che di un piccolo raggio restai contento, misurar posso il bene di chi le vive dappresso, e molto più del felicissimo Sposo, che la possiede. Iddio, dator d’ogni bene, conoscitore del vero merito e fonte d’ogni virtù, benedica, e prosperi, e d’ogni grazia ricolmi il Pargoletto che le ha concesso, e sia di consolazione alla Madre; ed ella serva ad esso d’esempio. Cresciuto il caro germe in età, fra le grandezze della Famiglia, e fra gli onori che gli prepara la Patria, se mai gli giungono per avventura i miei volumi dinanzi agli occhi, deh! non isdegni mirarvi impresso il nome grande della sua venerabile Genitrice. Ammiri per una parte l’animo suo benefico e generoso, onde ha Ella fregiato chi di esserle servidore si vanta, e impari da così egregia Maestra, che l’onesta Commedia non è spregievole e indegna. Sì, nobilissima Dama, la scienza del buon costume, che voi amate, spicca nelle morigerate Commedie; e da ciò nacque il diletto che in tali Opere voi prendete, conoscendo da voi medesima, che se io non giunsi alla meta, non cessai almeno di battere questa strada. Il vostro genio felice può incoraggiarmi a tentar più oltre i progressi, e già sento validamente animarmi, dacché vi degnate l’offerta di quest’Opera mia benignamente accettare, e l’onore mi concedete di potermi umilmente ed ossequiosamente soscrivere

Di V. E.

Umiliss.mo Devotiss.mo Obbligatiss.mo Servidore
Carlo Goldoni.



Note

  1. La presente lettera di dedica uscì in testa all’Ircana in Ispaan nella prima stampa della commedia, cioè nel tomo VI del Nuovo Teatro Comico dell’Avvocato Carlo Goldoni, edito a Venezia, presso F. Pitteri, nel 1760
  2. La bella e imperiosa marchesa Eleonora, nata Bentivoglio d’Aragona, e sposa del senatore Luigi Albergati Capacelli, era nipote del famoso cardinale Cornelio Bentivoglio, traduttore della Tebaide, e fu madre nel 1728 di Francesco Albergati, futuro commediografo (v. dedica e Nota storica della Serva amorosa, nel vol. VIII della presente edizione, e dedica del Cavaliere di spirito, nel vol. XIV). A lei dedicò Piar Jacopo Martello una sua tragedia, l’Edipo tiranno (nel t. IV delle sue Opere: Seguito del Teatro Italiano, Parte I1, Bologna, 1723, pp. 499-504); e molti de’ suoi prolissi canti Giampietro Cavazzoni Zanotti (Poesie, Bologna, 1741, t. II e t. III); e il padre Bonifazio Collina La Morte di Cesare di Marianna Barbier, tradotta dal francese (Bologna. 1724); e, più tardi, una canzonetta il padre Bettinelli (Opere, t. XVIIIU. Venezia, 1800, pp. 243-247). Vedova fin dal ’51, sopravvisse al marito vent’anni, ma Francesco si separò dalla madre fin dal 1766 e passò a vivere prima a Verona, poi a Venezia.
  3. La marchesa Lucrezia Bentivoglio d’Aragona, sorella di Eleonora, sposò il marchese Ercole Rondinotti di Ferrara, del quale fu ospite per più giorni il Goldoni nella primavera del 1752. Nella lettera allo stampatore Bettinelli, che serve di prefazione alla Famiglia dell’antiquario (nel tomo III delle Commedie, edito a Venezia nel 1752), narra il Goldoni come a questa nobilissima dama “piena di spirito e di talento” leggesse le sue commedie “ed il Molier specialmente” (v. pure Lettere di C. Goldoni con pref. e note di G. M. Urbani ecc., Venezia, 1880, p. 56). Nel ’53 a lei con riconoscenza dedicò l’Avventuriere onorato (v. volume VI della presente edizione).
  4. Nel testo: oppinione.
  5. Nel testo: alteriggia.
  6. Così l’ed. Pasquali, nell’ed. Pitteri: ai.
  7. Ed. Pitteri: i.