Isaotta Guttadauro/Intermezzo melico/Romanza XII

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Romanza XII

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ROMANZA

Dolce ne la memoria
quella vista si leva.
Su l’Aventino ardeva
lento il giorno: una gloria

come di bianche rose
versava il ciel su ’l colle
e copría de la molle
neve tutte le cose.

A ’l pian nebbie leggere
si spandeano da ’l fiume:
parean, ne ’l dubbio lume,
volubili riviere

traenti in loro ambagi
favolosi navigli.
Dietro, grandi e vermigli
tra i cipressi i palagi

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su ’l colle imperiale
parean arsi da chiusi
fochi. In un sol confusi
romor profondo eguale,

suoni d’opere umane
salian da la vicina
ripa; a Santa Sabina
squillavan le campane.

Una pace serena,
la pia pace che amavi
ne’ tuoi cieli soavi,
o Claudio di Lorena,

si spandea ne l’occaso,
piovea su’ cuori oblio.
Vinto l’essere mio
da quel fascino e invaso,

tutto de la recente
voluttà pieno ancora
(come, o dolce signora,
la tua bocca era ardente!),

all’alto all’alto, anélo,
tendea, spenta ogni guerra.
E parea che la terra
illuminasse il cielo.