Isaotta Guttadauro/Sonetti d'Ebe/Il fiume

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Il fiume

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Sonetti d'Ebe - Il cavaliere della morte Sonetti d'Ebe - Il canto

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IL FIUME

I.

Quando lungo il selvaggio
fiume la mia signora
navigava, a l’aurora,
con pomposo equipaggio,

si faceva canora
la riva a ’l suo passaggio
e li uccelli di maggio
volavan su la prora.

Scendevano i tappeti,
di color rosso e giallo,
ne l’acqua di turchese.

E i galanti roseti
salutavano il gallo
dipinto su ’l palvese.

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II.

Per virtù de’ miei canti
emergevan da l’onda
amorosa e feconda
mille fiori odoranti;

e la signora bionda
da’ grandi occhi stellanti
arrideva alli incanti,
con voluttà profonda.

Prendeano singolare
forma ne ’l dubbio lume
alti i pioppi d’argento

e parean s’abbracciare
giù ne ’l letto de ’l fiume,
co ’l favore de ’l vento.

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III.

Sorgean quindi, nutrite
da ’l padre fiume, vive
selve lungo le rive
e s’aprian ne ’l ciel mite.

Da le sedi native
le ninfe sbigottite
correvano inseguite,
candide fuggitive.

E pe’ i recessi impervi
de i divini soggiorni,
ne ’l silenzio divino,

bramivan come cervi
li egipani, bicorni
iddii da ’l piè caprino.

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IV.

La bianca dama il ciglio
con la man, dolcemente,
schermia da la nascente
forza de ’l sol vermiglio

e l’altra man pendente,
simile a un molle giglio,
tenea fuor de ’l naviglio
entro l’acqua corrente.

E nulla era più bello
e leggiadro de l’atto
ch’ella facea, tra i raggi,

cogliendo un ramoscello
o un gran fiore scarlatto
da li argini selvaggi.

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V.

Quando a terra posava
ella il suo piè ducale,
la selva fluviale
tutta in fiore cantava.

Saliva il nuziale
inno a l’ospite flava;
e a ’l tuono era la cava
selva una catedrale.

Io, piegando i ginocchi,
dicea: - Bionda signora,
un servo, ecco, si prostra.

Ella chinava li occhi,
bella come l’aurora,
e dicea: - Sono vostra.